Marantz PM7000, un esempio di logica industriale

Qualche tempo fa mi ha contattato Michele, appassionato che vive in Austria, riguardo al suo amplificatore integrato, quello di cui ci stiamo interessando.

Essendo già alcuni anni che lo ha acquistato, oltretutto usato, e volendo servirsene ancora a lungo, da possessore coscienzoso qual è ha deciso di sostituire i condensatori elettrolitici. Ossia i componenti maggiormente a rischio nelle apparecchiature che hanno più di qualche anno d’età, e anche quelli che forse più di ogni altro possono penalizzare le prestazioni di una qualsiasi elettronica nel lungo termine, data la loro tendenza a esaurirsi.

In questo modo non solo causano un netto scadimento per il comportamento dinamico, la sonorità in generale e l’erogazione di potenza, ma qualora perdano l’elettrolita interno, che è un acido parecchio corrosivo, possono causare danni non indifferenti.

 

Impeccabile davanti, ma dietro?

il PM 7000 è un amplificatore integrato di classe medio alta, a suo tempo visto da molti apppassionati come un punto d’arrivo. E’ già il suo aspetto poderoso a qualificarlo come tale; nella finitura dorata poi ha un’eleganza che non dev’essere passata inosservata tra il pubblico interessato alle elettroniche della specifica fascia di prodotti. Il frontale finemente spazzolato e di altezza consistente, le manopole di grande diametro dalla finitura lucida che contrastano su di esso con un effetto scenico obiettivamente rimarchevole, la fila sottostante di manopole e pulsanti comunicano all’istante un’idea di potenza, controllo e flessibilità d’impiego. Come tale, è in grado di effettuare una forte attrattiva sull’appassionato alla ricerca di un’evoluzione nei confronti delle elettroniche più abbordabili, e nello stesso tempo di un’amplificazione di classe ragionevolmente definitiva.

Il peso di oltre 12 chilogrammi suggerisce un dimensionamento più che adeguato per la sezione di alimentazione e una robustezza generale apprezzabile. Un paio di particolari, di quelli che magari li per li potrebbero non essere notati consciamente ma forse proprio per questo contribuiscono ancor più a rafforzare l’idea che si tratti di un’elettronica dalle prerogative di rilievo, sono la stondatura degli spigoli del frontale e la scritta HDAM.

Come molti sapranno, è la sigla distintiva degli amplificatori operazionali di linea a componenti discreti che fanno per tradizione parte del corredo delle apparecchiature Marantz di rilievo maggiore. Si tratta in effetti di una scelta pagante in termini di qualità sonora, nei confronti degli usuali circuiti integrati, più economici, sbrigativi e facili da inserire in un qualsiasi circuito per via delle loro dimensioni contenute.

Sono utilizzati negli stadi finali del PM7000, che a loro volta ne costituiscono il punto forte. Non solo per la potenza nominale di 95 watt su 8 ohm e ben 150 su 4, ma anche per via delle loro caratteristiche realizzative: circuitazioni completamente simmetriche, alettature di raffredamento indipendenti per ciascun canale e scelta dei componenti attivi dello stadio finale.

Il tutto coadiuvato da un trasformatore poderoso che da solo costituisce parte rilevante del peso complessivo dell’amplificatore. Il suo ingombro è tale da non lasciare praticamente spazi liberi all’interno del telaio, al punto che che per smontare la scheda degli stadi finali è necessario rimuoverlo dalla sua sede.

Si tratta insomma di un’elettronica visivamente studiata per colpire l’osservatore in maniera positiva. Soprattutto è esente dalle pacchianate efficaci su quella sorta di onanismo latente proprio di tante passioni, che oggi le apparecchiature di prezzo elevato sembrano fare a gara per andare a colpire. Se ne avvantaggia l’idea di serietà del prodotto e di conseguenza di chi lo realizza.

In definitiva ci troviamo di fronte a un’amplificazione caratterizzata da un’immagine di raffinatezza e insieme di rigore.

Al suo fianco il listino Marantz offriva anche il modello PM 8000, in pratica lo stesso amplificatore con differenze di dettaglio, come per il valore di alcuni componenti, e soprattutto la potenza nominale di 10 watt superiore. Un’inezia, considerando che per conseguire un incremento di 3 dB in termini di pressione sonora è necessario raddoppiare la potenza di uscita dell’amplificatore. Il modello superiore però aveva anche la possibilità di operare in Classe A, premendo su un pulsante, con la riduzione della potenza di uscita a 2×25 watt. Si trattava forse dell’elemento di maggior differenziazione rispetto al fratello minore.

Leggiamo ora la comunicazione aziendale relativa al PM 8000, che logicamente Marantz aveva tutto l’interesse di spingere, trattandosi del modello caratterizzato dal margine maggiore.

La sua alta potenza offre 2 x 105 Watt con la possibilità di operare in classe A per un suono più soffice e caldo. Amplificatore single push-pull, circuiti simmetrici con dissipatori di calore indipendenti, pannello frontale anti-risonante, componentistica personalizzata ed HDAM preservano la struttura dinamica della vostra musica assicurandovi una tonalità ed immagine accurati. Il Linear Drive Power Supply (LDPS) offre riserve di potenza illimitate per coprire picchi musicali pilotando anche i diffusori più esigenti.

Impressionante, non è vero?

Questi uomini di marketing sanno effettivamente scegliere le parole, per poi usarle in maniera ancora più appropriata, se possibile.

In particolare quell’accenno alle “riserve di potenza illimitate” deve suonare davvero affascinante, e quindi convincente, per un qualsiasi appassionato alla ricerca del suo nuovo amplificatore, che con ogni probabilità proviene dall’esperienza alquanto frustrante ricavata dall’uso di un’elettronica inadeguata proprio sotto il profilo della potenza di uscita.

Senonché si gira il PM 7000 per osservare il pannello posteriore e si scopre che il suo cavo d’alimentazione, del tipo fisso, è un risicato 2×0,75 mm quadrati.

Ora, sono convinto che già allora in Marantz sapessero perfettamente che la potenza d’uscita di un amplificatore non si materializza per l’intercessione di qualche santo protettore, ma alfine di esprimersi in maniera congrua necessita innanzitutto che siano fornite le quantità d’energia necessarie allo scopo, possibilmente anche in misura sovrabbondante.

Proprio perché il segnale audio concernente registrazioni di musica è caratterizzato da un andamento quantomai variabile sotto il profilo dinamico, e quindi costellato di picchi. Pertanto, e soprattutto nella richiesta di pressioni sonore di un certo rilievo da parte dell’utilizzatore, può necessitare dell’erogazione di potenze istantanee ragguardevoli, potenzialmente superiori a quella di targa.

Ai fini delle quali è necessario innanzitutto che all’amplificatore pervengano quantità di energia sufficienti allo scopo.

Questo un costruttore come Marantz ha ritenuto di concretizzarlo mediante un filettino di quelli che un qualsiasi individuo, il cosiddetto uomo della strada, userebbe per l’abat-jour del comodino nella stanza da letto.

Per poi parlare di “riserve di potenza illimitate per coprire picchi musicali pilotando anche diffusori più esigenti” !

Questo non solo per il PM7000, ma anche per il modello in Classe A, che notoriamente necessita di un apporto di energia molto consistente per funzionare come deve, già a vuoto.

Quale arroganza, quale presunzione. Esercitate oltretutto nei confronti delle persone cui si richiede un esborso quasi mai indifferente.

Davvero non capirò mai la forma mentale in conseguenza della quale si prende in giro il pubblico in modo simile, che si dev’essere convinti sia formato esclusivamente da stupidi. Ai quali però non ci si fa scrupolo di chiedere somme rilevanti a fronte di prodotti tanto inadeguati già nei loro aspetti primari.

Mi chiedo allora perché mai, quando un certo signore disse che a suo avviso il pubblico è formato da alunni di quarta elementare, e nemmeno dei più svegli, l’eco dello scandalo arrivò a oltrepassare i confini del sistema solare.

Disponibilità al processo d’infantilizzazione di massa ma solo a patto che abbia origini gradite e certificate?

Se certe cose le dice il tal personaggio, il sistema mediatico a reti e testate unificate ordina di strapparsi i capelli dall’indignazione. E chi non aderisce è un teledipendente inebetito, retrogrado e ignorante. Quando invece le mette in pratica il glorioso marchio vanto degli appassionati di ogni era e collocazione geografica, con le conseguenze e i prezzi che sappiamo, viene ancor più glorificato. Dal sistema di cui sopra e a cascata da quanti assimilano passivamente le suggestioni che diffonde a un tot a pagina.

Siamo sicuri che questo metodo non sia utilizzato in maniera ben poco dissimile da un telecomando, non per cancelli o televisori ma per esseri umani?

Poi, certo, non vi è dubbio alcuno che una volta portato nel luogo di culto chiamato laboratorio e messo sull’altare che in esso troneggia, presso cui l’officiante della liturgia misuristica si raccoglie quotidianamente in adorazione dell’oggetto della sua idolatria, ovvero il banco di misura e i grafici e numeri che ne fuoriescono, pur con quel cavettino da lume di cimitero l’amplificatore di turno risulterà immancabilmente in grado di erogare una potenza addirittura superiore a quella dichiarata, e con un buon margine.

Peccato che ciò avvenga con un segnale fisso e con l’impiego di un carico fittizio, ossia una semplice resistenza capace di reggere senza esplodere le quantità di potenza necessarie.

Cos’hanno a che fare quella frequenza fissa e quella resistenza con un segnale musicale e con un carico reale, ossia con una coppia di diffusori dalle molteplici caratteristiche elettriche, oltretutto mutevoli in funzione della frequenza del segnale e di un’altra lunga serie di parametri, diversi tra i quali potenzialmente ignoti?

Assolutamente nulla.

Ma questo non smuove di un millimetro i porporati della religione tecnocratica dalla loro estasi mistica e peggio dall’imposizione assolutistica della loro dottrina, con tanto di tribunale dell’inquisizione e di scomunica per gli eretici. Si limitano semplicemente a trascurarlo, fingendo che il problema non esista e comportandosi di conseguenza. Esemplificazione plateale di quel raffinato processo mentale di autoinganno che George Orwell ha definito bispensiero.

Per il suo tramite, il soggetto si trova prima costretto a rilevare una cosa, ma siccome va contro quel che ha intenzione di dimostrare e/o di accettare, la cancella deliberatamente. Per poi negare subito dopo a sé stesso di averlo fatto.

Conseguenza di tutto ciò è che l’appassionato, dopo aver speso una somma pari a metà o all’intero suo stipendio, quando va bene, confidando su quel carnet zeppo di numeri e grafici tanto convincenti, nel momento in cui andrà a riscontrare le inevitabili manchevolezze nel suo amplificatore fiammante le imputerà ai diffusori, all’ambiente e magari alla sorgente. O meglio ancora alla propria inadeguatezza uditiva, che non gli permette di cogliere l’intrinseca perfezione del prodotto, così incensato dalla stampa di settore e dalle sue “orecchie d’oro” sulla base di dati di fatto “inoppugnabili”.

Già, perché sono frutto di procedure di valutazione ripetibili, quindi “scientifiche”.

Poi che tali procedure non abbiano nulla a che vedere con quel che l’oggetto in esame è chiamato a svolgere nel mondo reale, e l’unica rassomiglianza è che in entrambi i casi occorre infilare la spina nella presa della corrente affinché si accenda, è cosa del tutto insignificante, in una nuova applicazione del bispensiero testé menzionato.

E così via che si torna di corsa dal dettagliante a spendere altro denaro, in misura ancora maggiore che in precedenza. Per nuovi diffusori, nuove sorgenti, nuovi strumenti di adattamento per l’ambiente d’ascolto, nel tentativo destinato già in partenza al fallimento di risolvere i problemi là dove non si trovano.

Naturalmente i nuovi diffusori li si vorranno a sospensione pneumatica, perché i bass reflex sono sbrodoloni.

Quando invece hanno solo il difetto di essere in grado di estendere la loro capacità operativa laddove le conseguenze di quel cavettino risicato si rendono più evidenti. Ossia alle frequenze più basse, che per essere riprodotte necessitano delle quantità di energia maggiori, e per forza di cose con un’alimentazione similmente strozzata non possono far altro che trasformarsi in un ammasso molliccio e informe.

Nuovo e definitivo esempio che se accorgersi dell’esistenza di un problema può non essere così difficile, individuarne correttamente le origini è tutto un altro paio di maniche. Nonché dimostrazione che le misure non sono inutili ma ingannevoli.

In primo luogo per l’appassionato che da esse si lascia abbindolare e come tali dannose.

Sono utilissime invece per il sistema di profitto che ha quale scopo il sottrarre all’appassionato la quantità maggiore di denaro dandogli in cambio il minimo possibile, come prescrive la legge immutabile del profitto, l’unica riconosciuta dalla società capitalista.

Se non bastasse ancora, con quel filettino ridicolo non solo si vorrebbe alimentare un amplificatore di tal fatta, ma anche dare corrente a ben tre apparecchiature esterne, mediante le prese appositamente dislocate sul pannello posteriore.

Pazzesco è ancora poco, qui siamo proprio al surreale.

Continuando nell’osservazione del retro, si nota la presenza di morsetti d’uscita raddoppiati, in modo da poter pilotare due coppie di diffusori, aumentando ulteriormente lo sforzo che la sezione d’alimentazione è chiamata a eseguire.

La dicitura posta sotto i morsetti, poi, raccomanda l’impiego di diffusori “da 8 a 16 ohm”.

Quanti sistemi di altoparlanti da 16 ohm oggi come allora sono disponibili sul mercato, di grazia?

Persino i diffusori da 8 ohm reali, ovverosia che scendano sotto tale valore in maniera limitata e solo per intervalli minoritari della gamma udibile, sono ormai una rarità, per motivi che abbiamo già discusso.

Ma forse nessuno si è preso la briga d’informarne Marantz. Che d’altronde non costruisce diffusori.

Quei morsetti d’uscita sono realizzati in plastica e in modo tale da rendere difficoltoso l’impiego di cavi di una certa sezione e del tutto impossibile quello delle terminazioni a forcella. Ben nota inoltre è la loro tendenza a deformarsi, non appena li si serra per tener fermo un cavo che non sia del tutto inconsistente.

In che relazione si pone, questo particolare, con le “riserve di potenza illimitate” di cui parla la comunicazione aziendale relativa a questo prodotto?

Il vero problema però è che il materiale conduttore con cui sono collegati al circuito stampato degli stadi finali è pura latta.

Lo stesso materiale è utilizzato nelle connessioni d’ingresso, malgrado quelle dedicate a giradischi e lettore CD abbiano all’esterno superfici dorate.

Ma che fa, se tanto quel che si vede è di camicia?

Poi però ci è raccontato che negli stadi finali si utilizzano i famosi e raffinatissimi operazionali a componenti discreti HDAM. Per farne cosa, se si è già provveduto a penalizzare il segnale in ingresso e in uscita per mezzo di soluzioni del genere?

Ecco un nuovo esempio della logica con cui è realizzato il prodotto industriale: all’appassionato si assicura di aver fatto ricorso al meglio delle soluzioni circuitali, per poi costringere il segnale a passare attraverso dei pezzi di latta. Al di là della contraddizione a livello tecnico, si tratta di una sostanziale presa in giro.

Soluzioni del genere non sono utilizzate soltanto da Marantz ma da un po’ tutti i costruttori attivi nei segmenti rivolti al grande pubblico. La differenza sta nel contrasto stridente tra la pretesa raffinatezza data dall’impiego di determinate soluzioni, come i già menzionati moduli HDAM, e la conduzione del segnale transitato al loro interno o inviato verso di essi per il tramite che abbiamo visto.

Del resto sono quei moduli o altre scelte consimili l’argomento pagante nella comunicazione publicitaria, mentre invece l’annuncio dell’eliminazione di quei pezzi di latta non lo sarebbe altrettanto. Oltre a essere dato per scontato, quando invece non lo è, getterebbe soltanto una luce poco piacevole sulle prassi tipiche dei fabbricanti attivi nel settore di nostro interesse.

E allora che si fa? A togliere di mezzo certi particolari non ci si pensa neppure, con modo di fare alquanto ipocrita: si fa semplicemente finta di nulla, tanto chi se ne accorge? Di certo non il recensore di turno, ammesso che noti certe cose, eventualità non molto probabile. Qualora ciò avvenisse, sarebbe la stessa autocensura che pratica in maniera più o meno conscia a evitargli di menzionare certe cose. Se anche vi accennasse, il testo incriminato verrebbe in ogni caso cancellato in sede di revisione e l’incauto redattore otterrebbe soltanto di attirare su di sé l’astio e il sospetto tali da rendergli la vita impossibile. Obbligandolo presto o tardi a porre fine alla sua attività.

E’ anche vero però che tutte le cose sono destinate a concludersi, in un modo o nell’altro. Allora, forse, tanto vale svolgerle conservando almeno la propria dignità e il rispetto di sé stessi e delle proprie convinzioni.

 

L’intervento riparatore

Così a fianco della sostituzione dei condensatori elettrolitici e dell’inserimento della presa IEC necessaria per l’utilizzo di un cavo di alimentazione più adeguato alle necessità energetiche dell’integrato, d’accordo con il suo possessore abbiamo deciso di eliminare i vecchi morsetti di uscita, per sostituirli con altri di migliore fattura ed efficacia, da collegare allo stampato degli stadi finali per mezzo di cavi dalle caratteristiche opportune.

Dato che la sezione finale tutto sommato non è malaccio, e in conseguenza dell’intenzione di pilotarla in futuro per mezzo di una preamplificatore esterno, al posto della seconda coppia di morsetti abbiamo installato i connettori RCA per il suo collegamento diretto.

Questo ha richiesto la realizzazione di una piastra di sostegno e, alla fine del lavoro, il retro del PM 7000 si presentava così.

Lo stesso, purtroppo, non è stato possibile nei confronti dei connettori d’ingresso, dato il loro numero e la loro realizzazione in un blocco unico. Questo avrebbe obbligato a sostituirli tutti, invece di limitarsi solo ai più importanti, lavoro che si sarebbe rivelato particolarmente annoso e dai costi non indifferenti.

In pratica avrebbe comportato lo spostamento anche della doppia scheda d’ingresso, necessario per fare spazio a connettori di qualità maggiore, più ingombranti, e ai relativi collegamenti allo stampato.

In sostanza, quindi, non a tutte le contraddizioni tipiche della produzione industriale è possibile mettere riparo in un secondo momento, se non per mezzo d’interventi parecchio costosi.

L’eliminazione della seconda coppia di morsetti d’uscita, inoltre, ha tolto di mezzo un altro tra i difetti grossolani causati da quella soluzione, ossia la difficoltà praticamente insormontabile di utilizzare cavi di potenza decenti, dato che i morsetti sono troppo ingombranti e appiccicati gli uni agli altri. Dimostrazione ulteriore di come le cose si facciano senza cervello e del modo in cui le soluzioni conseguenti all’impiego di metodi siffatti si diffondano al punto da monopolizzare il settore.

Tutte le elettroniche realizzate dai marchi che realizzano apparecchiature di grande serie utilizzano quel tipo di morsetti, malgrado i problemi enormi da essi posti a chiunque cerchi di utilizzarle in maniera congrua, o comunque di metterle in condizione di esprimere una parte ragionevolmente completa del loro potenziale.

In sostanza, ti vendono qualcosa che già all’origine non è possibile utilizzare in modo da tradurre in pratica il suo potenziale tecnico, che pertanto resta ancora una volta relegato alla teoria. Come tale, la sua utilità è limitata soltanto ai fini propagandistici.

Insieme all’installazione della presa IEC per il cavo di alimentazione, è stato rifatto anche il relativo cablaggio interno, che in origine era altrettanto deficitario di quel che si rendeva visibile.

Il possessore dell’integrato, inoltre, aveva già provveduto all’acquisto di operazionali Burson a componenti discreti. Sono stati montati al posto dei circuiti integrati presenti nella sezione preamplificatrice.

Insomma, nella veste originaria del PM7000, gli amplificatori operazionali che la scritta HDAM inalberata con orgoglio sul frontale sembrava escludere, li si ritrovava nella sezione di linea e nei controlli di tono. In sostanza quel che si credeva fosse uscito dalla porta lo si è fatto rientrare dalla finestra, ovviamente in silenzio.

Altro elemento ingannevole che ancora una volta va a significare come le apparenze differiscano dalla realtà, anche nell’esempio dato da marchi di reputazione non indifferente.

Dunque si prendono in giro gli appassionati con tanta sfaccciataggine, per poi lamentare che il settore è in crisi, non c’è ricambio generazionale e il mercato non tira, secondo la sequenza canonica della litania intonata in coro dagli operatori del settore.

Detta fuori dai denti, ai miei occhi la questione assume i contorni di una truffa. Ecco allora arrivare l’azzeccagarbugli di turno a spiegare con aria dotta e indice alzato che la scritta HDAM riguarda semplicemente l’adozione in un punto della circuitazione, cosa che in effetti è avvenuta, e non certo l’eliminazione totale e definitiva dei circuiti integrati dal percorso del segnale.

Cosa rispondereste voi? Io con un sonoro invio a quel paese.

Per la sostituzione dei condensatori si è fatto ricorso a componentistica specifica per gl’impieghi audio, dai costi decisamente maggiori rispetto a quella diciamo così commerciale, ma che ha già dimostrato di poter fornire alla sonorità dell’elettronica che se ne avvale quel qualcosa in più, che in realtà è ben più di qualcosa e soprattutto non è ottenibile altrimenti.

Il comportamento all’ascolto ne ha tratto un giovamento ragguardevole un po’ sotto ogni punto di vista, e in particolare quello della musicalità e dell’assenza di asprezze, essendo scontato l’incremento di dinamica e della resa del particolare conseguente all’impiego di componentistica fresca e di modalità di alimentazione più in linea con le necessità energetiche dell’amlificatore.

In queste condizioni il PM7000 si è rivelato più all’altezza di un impianto hi-fi finalmente degno di questo nome, e soprattutto di elevarsi nei confronti del vorrei ma non posso tipico dei simulacri gracchianti che richiedono comunque esborsi non indifferenti per il loro acquisto.

Qui di seguito le impressioni del suo possessore.

Accendo l’ampli e non sento più il forte ronzio del trasformatore. Forse c’è ancora, ma molto lieve. D’altronde è stato fatto un trattamento antirisonante (Più probabilmente è tra i risultati della rimozione dei fattori gravemente limitativi che ne penalizzavano la funzionalità nella veste d’origine n.d.C.C.). 

La sorgente e´un Marantz CD 5005, anche questo preso usato e vecchio di soli due anni.

Il primo CD che inserisco è l’album di Joe Satriani del 1995. Le sonorità sono hard rock blues con musicisti di alto livello.
Parto con la prima traccia Cool#9. Premetto che vivo in appartamento e non posso alzare troppo i volumi. Lascio il volume a circa un quarto della corsa…

Subito devo abbassarlo perché è troppo alto. Continuo ad ascoltare e i bassi risultano cosi tanto definiti, si possono seguire le linee di basso e la batteria anche in passaggi complessi come nella seconda traccia “If”.

Poi salto alla mia preferita “Down down down” e durante il riff iniziale l’aumento di energia emessa dal sistema è tale che inizia a tremare tutto! Entrano in risonanza il mobile con l’ampli e le casse. Eppure l’ampli sta nello stesso posto di prima. Tolgo le casse dal mobile e risolvo il problema.

Risultato, la potenza dell’amplificatore è aumentata molto e non oso immaginare se alzo il volume a metà corsa. Non lo faccio per rimanere in buoni rapporti col vicino che ha appena avuto un figlio.

Poi cambio album e vado con un altro capolavoro di Steve Vai con l’album “Fire Garden Suite” e suono la traccia omonima. Qui ci sono parti heavy con bassi e distorsioni ad alto gain intervallate da parti di chitarra acustica. Anche qui chiudendo gli occhi riesco a seguire tutti gli strumenti e gli alti non danno fastidio ma sono cristallini.

Poi testo un brano di Nora Jones “Don´t know why” e mi sembra che mi parli nell´orecchio perché sento tutti i suoi respiri e la sua voce sembra reale. Utilizzando come sorgente il PC naturalmente tutto diventa diverso e più pastoso, perdo la definizione del CD e anche la scena.

Rimane però la potenza immane dei bassi suonando “Black Dynamite” di Julian Vaughn.

Riassumendo, l´amplificatore ha guadagnato potenza, dinamica e precisione, probabilmente anche grazie alla sezione pre dove è stato installato un operazionale Burson Classic.

Naturalmente ho voluto anche aprire il coperchio per vedere il lavoro eseguito. Tutto e´stato fatto col maggior ordine possibile e con componenti di qualità.

Concludo affermando che Claudio ha eseguito un intervento da degno mastro artigiano pieno di passione per il suo lavoro.

In una società dove le lobby-banche hanno preso ormai il comando di tutto privandoci della vera libertà di pensiero e opinione, della salute, del tempo per progredire nella crescita interiore, del “boccone” di sopravvivenza e programmandoci come zombie per soddisfare il pensiero unico propagato dai mass media, Claudio ha saputo fare qualcosa di unico con amore e passione.

Sono molto soddisfatto e ora mi godo la musica che risulta che molto più piacevole, interessante e anche terapeutica.

Se mi servirà un DAC saprò a chi rivolgermi.

Grazie del bel lavoro.

 

 

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12 thoughts on “Marantz PM7000, un esempio di logica industriale

  1. Ciao Claudio
    Ho letto con particolare interesse questo tuo articolo
    perché sono un felice possessore (ma soprattutto utilizzatore) dell’amplificatore in oggetto.
    Trovo molte cose che hai detto sui produttori veritiere ed aborro il pensiero unico (probabilmente per questo motivo mi sono allontanato da quasi tutti i gruppi di audiofili)
    Anche io ho acquistato il mio PM7000 usato ed ho quasi subito dovuto metterci mano per rimediare al problema principale di cui soffrono quasi tutti i Marantz prodotti in quel periodo e cioè le stramaledette saldature fredde, che sono state tutte rifatte con stagno di qualità con dentro la sua giusta percentuale di piombo. (odio il lead-free)
    Avrei anche pensato di procedere alla sostituzione dei connettori sia di ingresso che di uscita (oltre che all’installazione di un connettore IEC c14)
    Ma a questo punto mi è sorto un dubbio
    Pur migliorando la qualità e la relativa impedenza caratteristica del contatto in ingresso e la qualità del contatto sui connettori di potenza
    I vari, numerosi, relè sulla linea del segnale sonoro, con la loro piccola superficie di contatto, sia in ingresso ma soprattutto in uscita, non inficerebbero l’efficacia di tale operazione?
    Utilizzare grossi cavi e connettori su un segnale che poi passa per il contatto di un relè (neanche tanto grande) mi ha sempre un po’ lasciato qualche dubbio.
    Puoi darmi qualche indicazione al riguardo?
    secondo te sostituire i relè originali con un modello adatto a potenze maggiori (e quindi con una superfice di contatto più ampia) porterebbe benefici?

    Grazie per l’articolo e se avrai tempo ed occasione anche per la risposta
    Saluti
    Sandro

    1. Ciao Sandro,
      grazie a te dell’attenzione.
      Ritengo che a questo riguardo la riprova migliore siano i commenti di chi ha potuto ascoltare la modifica sull’esemplare in suo possesso. A questo riguardo puoi consultare anche l’articolo dedicato all’esemplare nero, che peraltro ha goduto di un intervento meno approfondito ma anch’esso significativo per l’incremento delle doti sonore.
      Di sicuro relè, interruttori e selettori fanno i loro bravi danni. In loro assenza, almeno di quelli non strettamente indispensabili, i risultati sarebbero ancora migliori. Nondimeno, anche nelle condizioni date i miglioramenti sono ben tangibili, in termini di qualità sonora e tali da rendere ben più aleatoria la differenza percepibile nei confronti di elettroniche di rango, e costo, ben maggiori.
      A quanto mi consta, il possessore dell’integrato in questione continua ancora oggi a utilizzarlo, sempre con soddisfazione.
      Potremmo scommettere che sarebbe avvenuto lo stesso, seguendo l’itinerario classico volto al miglioramento, ossia quello suggerito da riviste e rivenditori? Con quale livello di spesa oltretutto?
      In casi del genere è mia convinzione che sia inutile stare a lambiccarsi la testa sulla base di preconcetti più o meno fondati, ossia quel che oggi sembra diventata l’attività prevalente per tanti appassionati o pseudo tali, che invece di usare il loro tempo per ascoltare e cercare vie di miglioramento preferiscono la fuffa dei pollai loro dedicati. Forse perché più ansiosi di preservare la loro tranquillità mentale che non di verificare la possibilità di miglioramenti concreti senza spendere somme esagerate o costringersi a far fronte a sostituzioni sempre punitive per il portafogli.
      Anzi, sembra a volte che il compra-compra lo si ritenga preferibile nei confronti di qualsiasi altra ipotesi, forse per l’aspetto ludico che ne è parte significativa, senza voler pensare ai problemi più comuni che ne derivano, rimandando la questione al loro presentarsi che in genere non tarda ad avvenire.
      Difficilmente infatti al cambio di apparecchiatura si possono ritrovare tutti i punti apprezzabili di quella sostituita insieme alla risoluzione dei suoi aspetti meno graditi. Spesso invece avviene proprio il contrario: si perde ciò che soddisfaceva e vi si abbinano problemi nuovi, prima inesistenti. Il che a fronte della spesa sostenuta è davvero un gran bel risultato. Soprattutto per chi vende, già pronto a soddisfare il desiderio di un’ulteriore sostituzione, con qualcosa che ha probabilità ottime di essere anche peggiore, pur costando ancora di più.
      Ci si sbatte la testa una, due, dieci volte e alla fine si abbandona, non prima di aver foraggiato generosamente il sistema, per poi ricominciare da capo, magari ad alcuni anni di distanza.
      Questo vale anche nei riguardi del tuo ultimo quesito. I relè d’inserzione delle uscite si trovano ovviamente a monte del cablaggio dei morsetti adibiti alla connessione dei cavi verso gli altoparlanti. Pertanto, quali che siano le caratteristiche del segnale che da essi fuoriesce, farlo passare attraverso un pezzo di latta che porta a morsetti peggio che andanti, come nella realizzazione di serie, piuttosto che attraverso un cavo di qualità e morsetti di ben altro livello ha i suoi effetti. Quantomeno per chi ha una volontà reale di percepirli, e possibilmente colleghi i diffusori all’amplificatore con qualcosa di meglio del filo da bucato, cose anche queste da non dare mai per scontate.
      Far eseguire modifiche del genere ha appunto il merito di far comprendere il significato degli elementi realizzati a tirar via, comprimendo i costi per quanto possibile, com’è appunto nella logica del prodotto industriale, e di quel che deriva dal tentativo di renderle appena meno deleterie. Oltre naturalmente a rendere più evidente come la sostituzione dell’oggetto sia più un antidoto alla noia che un mezzo davvero efficace per rendere l’ascolto più soddisfacente.
      Per il momento è tutto, ma se lo desideri serviti pure del modulo di contatto.

  2. Salve, l’articolo è un pò datato ma da neofita curioso :
    “al posto della seconda coppia di morsetti abbiamo installato i connettori RCA per il suo collegamento diretto” è possibile avere chiarimenti riguardo a questo passaggio ?

    1. Ciao Nando, grazie dell’interessamento.

      Il risalire dell’articolo a qualche tempo fa non ha nessuna importanza.
      Come mi sembra sia rilevato nell’articolo, il possessore dell’amplificatore stava considerando l’opportunità di migliorare l’impianto con l’impiegoa di un preamplificatore esterno.
      Anche in considerazione del fatto che, di solito, il punto debole degli integrati è la sezione pre.
      Inizialmente avrebbe dovuto pilotare i finali interni del PM 1700, per poi passare eventualmente a un finale vero e proprio.
      Dunque al posto dei morsetti di uscita per la seconda coppia di casse, del tutto inutili nel suo caso, si è occupato la spazio lasciato libero dalla loro rimozione predisponendo il necessario per quanto sopra, da perfezionare al momento opportuno collegando gli RCA ai piedini d’ingresso dello stadio finale.
      Spero sia tutto chiaro, ma nel caso riscrivi.

  3. Amplificatore top ,l’unico problema riscontrato , se qualcuno mi può Aiutare a risolverlo mi sta bruciando i finali in continuazione

    1. Buongiorno Vincenzo, mi spiace per il tuo problema.
      Se credi, descrivimelo nel dettaglio utilizzando il modulo di contatto che trovi nel menu principale.
      A presto

  4. Ciao Alberto, articolo molto interessante, non mi calo nei dettagli tecnici, del cavo di alimentazione. Mi è piaciuto il paragone della lampadina o del frigorifero e tanto basta. A pensarci bene l’incidenza del costo del cavo per una sezione maggiore sarebbe un’inezia al cospetto del valore del componente, ma nonostante tutto si preferisce risparmiare anche qualche spicciolo.
    Mi sono imbattuto in un dispositivo analogo a quello preso in esame, premetto ho studiato Elettronica alcuni decenni fa, per questo gli amici mi credono capace di aggiustare i dispositivi.
    Ritengo non sia vero, ho avuto comunque il piacere di aprire i coperchi e constatare che i transistor di un canale risultano in corto tre su quattro.
    li ho cambiati, ma non ho il coraggio di alimentare il sistema, mi sono chiesto più volte quale possa essere stata la causa di tale danno.
    Il sistema di alimentazione sembra in ordine, mi ha sorpreso che non ci sia un sistema di stabilizzazione sullo stadio di alimentazione dei finali.
    Gradirei se fosse possibile avere qualche suggerimento di misure da attuare.
    Anticipatamente Grazie
    Antonio

    1. Ciao Antonio, forse hai fatto un po’ di confusione col mio nome, ma fa niente.
      Grazie comunque per l’apprezzamento.
      Se non sei sicuro delle condizioni dell’amplificatore, la cosa migliore è rivolgersi a un tecnico, spiegandogli l’accaduto e l’intervento da te eseguito.
      Dopo le verifiche di rito potrebbe provare ad accenderlo usando un variac, così da far salire gradualmente la tensione d’alimentazione e quindi accorgersi di eventuali problemi funzionali prima che causino nuove o ulteriori rotture.
      A presto

  5. Articolo molto interessante ma vorrei esprimere i miei dubbi su due affermazioni.
    Si critica molto tra le altre cose, la sezione del cavo di alimentazione AC dell’amplificatore. Vorrei far notare che si tratta di un cavo che porta la corrente alternata a 220-240v…non parliamo di basse tensioni e alte correnti.
    Ho fatto una piccola simulazione su un calcolatore online e tenendo fermi i 220v(ma spesso sono di più) la sezione riportata (0.75) sarebbe sufficiente per ricevere 2350w dalla rete elettrica. Dunque forse la sezione del cavo di alimentazione non è tra le priorità progettuali per avere potenza sufficiente.
    Altra perplessità riguarda la valutazione fatta dal possessore del Marantz sull’ “aumento di potenza”. In tal senso il maggiore SPL disponibile con una minore rotazione del volume non ci dice assolutamente nulla sulla potenza dal momento che sono stati fatti interventi anche sugli stadi di ingresso. Potrebbe essere benissimo semplicemente cambiata la tensione in uscita dalla sezione preamplificatrice, che nulla ha a che fare col concetto di “potenza”.
    Al netto di queste osservazioni che possono apparire polemiche,mi trovo completamente d’accordo sulla presa in giro che spesso è insita nelle realizzazioni industriali. Il mio odio totale e incondizionato va sopratutto verso il modo in cui vengono realizzati i morsetti di uscita,come giustamente viene fatto notare. Ancora non capisco perchè non si adotti a livello casalingo la soluzione in uso da anni nel mondo professionale, il connettore SPEAK-ON che è molto più affidabile e comodo oltre che certificato per correnti più che elevate.

    1. Ciao Michelangelo e grazie per l’attenzione.
      Purtroppo le regolette stampate sui manuali e sui libri di scuola non tengono conto di una serie di elementi, imprevedibili e impreveduti, che dimostrano di avere il loro influsso riguardo al funzionamento sul campo delle apparecchiature destinate alla riproduzione sonora.
      Per conseguenza, il primo elemento da tenere presente è che lo scibile umano non è ancora arrivato a spiegare la stragrande maggioranza dei fenomeni che avvengono sotto i nostri occhi. Anzi, c’è da dubitare che arrivi al 10% di essi. Tuttavia, se un fenomeno non trova spiegazione da parte della cosiddetta scienza ufficiale, che come vediamo oggi si occupa soprattutto di quanto possa dare il tornaconto più rapido e sostanzioso, o peggio sia utile a imporre nuove forme di potere atte a oltrepassare quella che si usa definire democrazia, non vuol dire che non esista.
      Esempio tipico quello dell’elettricità: se l’uomo è arrivato a fare le prime scoperte ad essa inerenti nel 17mo secolo, non vuol dire che prima non esistesse.
      Chiaro?
      In secondo luogo, ci sono alcune cose di cui quelle regolette non tengono conto, prima delle quali è che l’hi-fi non è una lampadina. E neppure un frigorifero. Questo è stato spiegato nell’articolo dallo stesso titolo, di cui allego il link. https://www.claudiochecchi.it/lhi-fi-non-e-una-lampadina/
      D’altronde basta davvero poco per rendersene conto: in un impianto che abbia le caratteristiche sufficienti per essere utilizzato come banco di verifica, sia pure rudimentale, ovvero sia ragionevolmente esente dalle conseguenze dovute al modo trasandato con cui troppi utilizzatori installano e fanno funzionare quello in loro possesso, l’impiego di un cavo di alimentazione ben realizzato mostra all’istante i suoi benefici in termini di qualità sonora.
      Il che è del tutto naturale: se le apparecchiature funzionano a corrente e non per opera dello Spirito Santo, va da sé che le condizioni con cui sono alimentate abbia un influsso evidente sul loro comportamento.
      Al di là della presunzione di teorici più o meno insigni, che trova regolarmente smentita a ogni verifica sul campo.
      Proprio perché la teoria è una cosa e la pratica ben altro.
      La percezione di una potenza apparente superiore e le motivazioni per cui ha luogo sono state spiegate nell’articolo sopra menzionato. A questo proposito vorrei rilevare che è sempre buona norma leggere quanto scritto in un sito, e soprattutto quel che è messo in rilevanza maggiore rispetto al resto, per evitare di costringere a ripetere più volte gli stessi concetti. Cosa che porta via tempo prezioso e costringe a un impegno che deve essere distolto da altro, con le conseguenze del caso.
      La questione riguarda le modalità con cui viene percepita la potenza erogata e meglio ancora la capacità di erogazione di un amplificatore. Questo fa parte dell’abc che ogni appassionato col minimo di esperienza dovrebbe conoscere.
      Oggi purtroppo ciò non avviene perché riviste e siti specializzati si limitano esclusivamente a fare pubblicità occulta, per mezzo di recensioni a senso unico, curate da quello che a ragione definisco Coro Degli Entusiasti A Prescindere.
      Di divulgazione invece non se ne fa, dato che non porta denaro e rischia oltretutto di rivelarsi controproducente, dato che appassionati consapevoli non si berrebbero più con tanta facilità le fandonie che sono il frutto delle estasi onaniste dei componenti il coro di cui sopra. Che per ovvi motivi sono assai apprezzate dagli editori e dai committenti dei loro spazi pubblicitari.
      Non credo sia mai stata effettuata una prova del genere, ma non so fino a che punto un cavo di alimentazione ben realizzato potrebbe causare un incremento di erogazione di potenza misurabile al banco di misura.
      Anche se ciò avvenisse, vi sono ottime probabilità che passerebbe del tutto inosservato. Per il semplice fatto che è necessario un raddoppio della potenza erogata per ottenere un incremento di pressione sonora pari a soli 3 dB, non particolarmente significativo ai fini dell’esperienza d’ascolto. Dunque, è ben difficile ci si accorga della differenza tra un amplificatore in grado di erogare poniamo 100 watt rispetto a uno che ne eroga 115.
      Quello che fa la differenza, invece, è il modo con cui viene erogata quella potenza. In particolar modo nel passaggio dai livelli inferiori a quelli più elevati, nella padronanza con cui l’amplificatore piega al proprio volere gli altoparlanti, per la pienezza e la solidità dell’emissione e così via.
      Le impressioni che si ricavano da evenienze del genere sono quelle che influsicono maggiormente sulla percezione relativa al comportamento di un amplificatore, e di conseguenza sulle impressioni d’ascolto e sull’idea che l’ascoltatore si fa riguardo alla sua capacità di erogare potenza.
      Proprio questi parametri sono influenzati dall’impiego di un cavo di alimentazione ben funzionante e che soprattutto sia differente e più efficace rispetto agli striminziti 3×0,75 o 3×1 mmq forniti di primo equipaggiamento. I quali sulla carta sono in grado di trasportare il wattaggio da te menzionato, ma appunto per una lampadina o un frigorifero. I quali o sono accesi o sono spenti. Pertanto il loro comportamento non è influenzato da innumerevoli condizioni diverse come quelle relative alla riproduzione del segnale audio, che cambia in continuazione e con enorme velocità su una quantità di parametri ancora più grande. E neppure dalle modalità con cui viene affrontato il passaggio dalle une alle altre.
      Quando si parla invece di riproduzone sonora, le cose cambiano e di molto. Anche se la normativa ufficiale non ne tiene conto. Cambiano appunto per il comportamento delle apparecchiature e per le impressioni relative alla qualità sonora che sono facilmente rilevabili da un qualsiasi ascoltatore. Meglio ancora se non ha la testa imbottita dai mille pregiudizi causati dalla lettura delle pubblicazioni specializzate, come dimostra l’esperienza pratica. Chiunque abbia avuto modo di farne, in particolare nell’ambito delle dimostrazioni sul campo, sa perfettamente che quelli che afferrano con maggiore rapidità e sicurezza le variazioni causate da un intervento sulla composizione dell’impianto sono proprio i non appassionati o comunque quelli che hanno meno esperienza. Caso tipico quello delle mogli degli appassionati, che dimostrano sistematicamente di cogliere differenze anche sottili con maggior prontezza dei loro mariti. Proprio a causa del pregiudizio e delle innumerevoli corbellerie che questi ultimi hanno letto sulla stampa di settore. I cosiddetti appassionati, in particolare se il cambiamento non si deve al passaggio evidente da un amplificatore a uno di costo maggiore, sia pure in presenza di cambiamenti significativi, quando si chiede loro cosa preferiscano e perché iniziano a balbettare e a mostrare incertezza, proprio in quanto non sanno dire cosa sia preferibile, sia pure a livello personale, nel momento in cui non è possibile ripetere a pappagallo quel che è scritto da gente che non di rado è ancor meno preparata e adeguata di loro.
      Tornando al discorso cavi di alimentazione, nel corso degli anni ho trovato diverse persone, anche con un retaggio a livello professionale particolarmente solido, che nel momento in cui gli si fa provare un esemplare fatto come si deve, quindi non sulle regolette del manuale e del libro di scuola, ma sulla base dell’esperienza pratica maturata in campo audio, mostrando grande sorpresa dicono che l’amplificatore così equipaggiato sembra avere una potenza maggiore.
      Proprio per via delle impressioni descritte sopra.
      Questo è e chiunque può rendersene conto, basta prendersi la briga di fare una prova al riguardo. Cosa che tra l’altro necessita di un lasso di tempo decisamente minore rispetto alla consultazione di manuali inutili o meglio fuori luogo, dell’effettuazione dei calcoli del caso e infine del redigere un commento sul sito di settore che, unico o quasi, parla di queste cose.
      Dunque, invece di teorizzare inutilmente, facendosi oltretutto idee che proprio sul campo si rivelano sbagliate, proviamo a usare il nostro tempo per fare delle prove concrete. A volte si riveleranno illuminanti e a volte meno, ma serviranno a costruire un’esperienza impossibile da farsi continuando a leggere le riviste e i siti di settore allineati, i cui testi sono spesso redatti da gente che se anche è stata messa in cattedra, e da essa pontifica con tanto d’indice alzato, non di rado ne sa ancora meno di noi.

  6. Ciao Claudio,
    Ancora una volta un articolo molto, ma molto interessante. Sono un felice possessore del PM6004, per cui ho seguito con attenzione le tue considerazioni, nonché gli interventi di “lifting”. Devo dire che il mio modello, sebbene di classe leggermente inferiore, presenta delle migliorie rispetto a quello da te preso in considerazione: il cavo di alimentazione ha finalmente una dimensione congrua, e i morsetti per i cavi di potenza sono di metallo, tuttavia non accettano cavi di dimensioni importanti. La cosa più seccante, a mio modesto parere, è la presenza di uscita per 4 diffusori (o per il biwiring) che, sebbene in un primo momento ho ritenuto affascinante, il posizionamento è talmente ravvicinato da impedirne di fatto la messa in pratica.
    Ciao e alla prossima

    1. Ciao Alberto, grazie della testimonianza.
      Purtroppo i fabbricanti di grande serie ricadono sempre negli stessi errori.
      Errare humanum est, eccetera eccetera.
      Anche riviste e siti, d’altronde, certe cose sono restii a farle notare: hai visto mai ci vada di mezzo il contratto pubblicitario.
      Diciamo che per l’alimentazione sarebbe necessario l’utilizzo di una presa IEC, dimodochè l’acquirente possa decidere se restate sul cavo di serie o utilizzarne uno di qualità migliore.
      Per le uscite di potenza il discorso è grosso modo lo stesso: i doppi morsetti non sono necessari per il pilotaggio in bi wiring, diversamente da quello che succede coi diffusori. Usarne un coppia singola permetterebbe la scelta di esemplari di tipo migliore, oltre a lasciare lo spazio utile per il passaggio di cavi anche di una certa importanza. Resta comunque da vedere come sono collegati allo stampato.
      A presto

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