Marantz PM 7000 – 2: la controprova

Poco più di un anno fa ci siamo occupati di un amplificatore integrato Marantz PM 7000. Sottoposto a un intervento piuttosto radicale, ne ha ricavato un miglioramento in termini di qualità sonora persino inatteso, un po’ su tutti i parametri.

Buona parte dell’articolo andava a sottolineare le numerose contraddizioni realizzative di quell’apparecchiatura, tipiche per le logiche della produzione di grande serie.

Ora di PM 7000 ne è arrivato un secondo esemplare, di colore nero, che sotto questo aspetto mette ancor più in evidenza l’abito mentale tipico per la categoria di apparecchiature cui appartiene. Utilizza in esclusiva viti ramate, suggerendo agli occhi dell’osservatore chissà quale cura profusa nella sua realizzazione, ma invece per quello che non si vede è assolutamente deficitaria.

Nel primo articolo dedicato a questo modello, tra le tante incongruenze si è rilevata l’inadeguatezza del cavo di alimentazione, più indicato per un lumino da cimitero che non per un amplificatore da quasi 100 watt per canale su 8 ohm. Nondimeno la propaganda al seguito fa come sempre riferimento alle capacità energetiche in termini altisonanti come da testo seguente: “Il Linear Drive Power Supply (LDPS) offre riserve di potenza illimitate per coprire picchi musicali pilotando anche i diffusori più esigenti”.

Qui troviamo una nuova esemplificazione del concetto riguardante la ricetta e gl’ingredienti.

Per mezzo di una ricetta cui si attribuisce un nome altisonante si fa credere chissà cosa, che alla verifica dei fatti viene regolarmente disatteso. In gran parte per via del ricorso a ingredienti inadeguati, spesso per motivi di costo o altrimenti anche per le necessità inerenti il posizionamento del prodotto su una scala di valori, la gerarchia all’interno del listino e il conseguente proporzionamento del prezzo di vendita. Non di rado si è obbligati a penalizzare il prodotto che per una serie di motivi dimostra di andare “troppo” bene e quindi dà fastidio a quelli di costo maggiore realizzati dallo stesso costruttore. Proprio perché nei loro confronti va a esercitare una concorrenza interna fastidiosa e poco desiderabile.

Non essendo l’amplificatore un generatore autonomo di energia, ma dovendo prelevare dalla rete quella necessaria al suo funzionamento e all’erogazione della potenza verso il carico, ossia i diffusori, va da sè che il primo elemento di penalizzazione è proprio quel cavettino da 2 x 0,75 mm quadrati. Il cui significato è che certi fabbricanti non hanno concezione alcuna del senso del ridicolo.

Del resto ci pensa la pubblicistica di regim… oops di settore, a coprirne gli aspetti più inverosimili, assicurando il suo beneplacito incondizionato. Unica formalità necessaria al riguardo, la firma di un contratto da inserzionisti sufficientemente cospicuo.

Quel che ne deriva è la produzione di piccoli eserciti di seguaci, fedelissimi fino e oltre la soglia del talebanismo, il cui tratto dominante è dato dalla convinzione incrollabile che l’industria di settore sia nata, agisca e prosperi in funzione della loro passione personale. Come tale tutto quello che fa, e come lo fa, non può che essere profondamente giusto, commendevole e al di sopra di ogni possibilità di critica.

Il vero e proprio lavaggio del cervello subito da quei seguaci in seguito a decenni di martellamento ininterrotto a forza di lodi e superlativi i più adatti a riempire la bocca, come per il virgolettato sopra, e quindi più efficaci nel predisporre il cervello a introiettare e far proprie le fandonie più inverosimili, ha come primo risultato l’eliminazione del minimo barlume di buon senso.

Appunto quello non dell’appassionato che s’immagina abbia un minimo di praticaccia con certe cose, ma dell’uomo della strada. Questi, un cavo da 2×0,75 lo usa al massimo per accenderci l’abat-jour del comodino. Non certo per alimentare un amplificatore da 2×150 watt dichiarati su 4 ohm, che per forza di cose ne deve assorbire almeno il doppio quando le richieste di energia assumono le proporzioni maggiori.

Il grande e rinomato fabbricante, invece, quel cavo lo usa per far funzionare l’integrato riguardo al quale straparla di riserve di potenza illimitate, quando è lui stesso a limitarle, oltretutto in tale misura.

E guai se ci si azzarda a rilevare l’incongruenza, perché subito salta su il fedelissimo di turno, tale Alessio, che invia il commento con cui è convinto di far risaltare tutta la sapienza, senza rendersi conto che è di un’ingenuità e una supponenza che si riterrebbero inverosimili. Soprattutto chiarisce oltre ogni dubbio la mancanza delle basi fondamentali della materia.

Leggiamolo:

Riguardo la potenza, mah… mi pare incredibile uno come te non sappia che queste cose come tutta l’elettronica di consumo o quasi, lavora a basse o bassissime tensioni, c’è un trasformatore – e un raddrizzatore anche – che separa la rete dall’apparecchio, l’esterno dove c’è quel filo sottile che ti scandalizza tanto (e che hanno il 99% degli apparecchi così, da sempre, che siano ampli o sorgenti) e l’interno dell’apparecchio.

Conta la potenza e per l’ampli e il suono la corrente, quindi nulla di strano, la potenza è quella, che puoi ottenere con una tensione “alta” (cioè intendo la 220-240 classica alternata di casa) e correnti basse (e questo è l’esterno appunto, lato rete) o al contrario con tensioni basse o bassissime ma correnti molto più alte.

E’ ovvio che certi linguaggi sono puramente da marketing, ma non c’è alcun problema o cazzata nella potenza, per quelle fino anche a 100 W per canale (veri dico, RMS) soprattutto se non in classe A, vanno benissimo e non c’è alcun problema se hanno cavi classici, fissi o meno, con sezioni di un certo tipo o poco più. Le cose ridicole semmai sono i “pitoni” (magari dentro a molti poi ci sono i soliti filini, è tutto estetica per i gonzi) di cui son convinti della necessità assoluta anche per apparecchi da poco sia come potenza che classe e qualità, i tipici audioti, sennò non è “hi-fi” e tantomeno “hi-end” e blablabla…

In seguito il nostro amico ha inviato un ulteriore commento.

Il parallelo con quello che disse il noto “signore” a cui alludi non tiene molto comunque, perché queste aziende non è che dicono effettivamente ed esplicitamente, in pubblico, che la gente, i potenziali acquirenti e appassionati andrebbero trattati come bimbetti e neanche tanto svegli ecc., quindi in realtà non possiamo dire se lo pensano davvero e sanno per primi che certe cose sono solo cazzate di marketing, o se magari sono convinti davvero di certe cose che dicono, del resto una marea di audioti anche di quelli che si credono espertissimi e perennemente supponenti, sono convinti di una marea di stronzate senza alcuna base scientifica.

Tornando al cavo di alimentazione, non so quanto assorbe questo ampli al massimo della potenza diciamo, ma credo non più di 300 o 350 watt, ma esageriamo e diciamo 400, quindi a 220 volt (ma credo in media sia almeno 230 ormai da tempo nelle case) sono circa 1,8 ampere, nessun problema anche con cavi da 0,75mm2.

Ah, per i picchi vari di potenza e richiesta corrente poi gli ampli come saprai bene hanno dei condensatori più o meno massicci allo scopo.

Considerando sorpassato il buongusto che vorrebbe almeno indirizzare un saluto, per quanto formale, a chiunque ci si rivolga, due elementi di fondo mi sembra emergano su tutto.

Il primo è la necessità, o meglio la vera e propria urgenza, di screditare l’interlocutore, in funzione di una volontà distruttiva di tutto quanto si ritenga non conforme.

Già questo è da ritenersi indicativo riguardo al movente che spinge a determinati atteggiamenti. Si cerca oltretutto di pervenire allo scopo per mezzo di argomentazioni la cui mancanza di fondamento è marchiana. Com’è possibile non rendersi più conto neppure che volendo muovere una critica, che nei modi dovuti è nel pieno diritto di ciascuno, è necessario innanzitutto che questa sia verosimile e si basi su dati di fatto tangibili e verificabili?

In mancanza diventa una provocazione, oltretutto plateale, che si ritorce in primo luogo contro chi quella critica l’ha mossa. Sembra inverosimile sfugga una cosa tanto ovvia, nondimeno quell’atteggiamento è oggi piuttosto diffuso nelle aree virtuali dedicate alla discussione pubblica, cosa che questo sito non è e non sarà mai, per quanto aperto ai commenti dei suoi frequentatori.

Una cosa sbagliata, controproducente o persino autolesionista come in questo caso, non lo è di meno se la si fa in parecchi. Tuttalpiù può diventare consuetudine, di per sè insidiosa, dato che quando ci si abitua a qualcosa si finisce con il non coglierne più gli aspetti fondamentali. Motivo di più per evitare certi atteggiamenti.

Il secondo elemento è la mancanza di considerazione, portata alla soglia dell’autismo, per qualsiasi cosa suggerisca che le proprie valutazioni e attribuzioni di merito possano non essere realistiche. In cima alla pagina principale del sito c’è lo spazio dedicato alle informazioni riguardanti la mia persona. Una volta verificate le quali sia pure frettolosamente, la domanda viene da sé: sarà mai possibile passare tanti anni nelle redazioni delle riviste specializzate senza conoscere l’uso dei condensatori e le tensioni tipiche a cui operano le apparecchiature audio, al pari di una serie di altre cose?

Nella realtà di oggi lo è senz’altro, ma trenta e più anni fa assolutamente no. Chi allora non era neppure venuto al mondo o stava vivendo la sua infanzia può non saperlo, ma almeno il dubbio gli dovrebbe venire.

Ci sarebbe poi anche un terzo elemento, riguardante la facilità con cui si può scrivere una stupidaggine o tacciare l’altro di cose senza capo né coda: bastano poche parole. Porre in evidenza i diversi aspetti per cui esse sono tali comporta molto più spazio, quindi tempo, complessità di argomentazioni e capacità di concentrazione da parte di chi legge.

In una società effettivamente rivolta al progresso, prima di tutto in termini di etica, certi atteggiamenti sarebbero evitati. In una che si cerca in ogni modo di portare all’autodistruzione, come quella in cui viviamo, si osserva invece il loro diffondersi. Oltretutto in una forma tale non da essere privi di un qualche fondamento concreto atto a giustificarli, ma proprio da non porsi assolutamente il problema. Del resto se lo scopo è il tutti contro tutti, l’assenza di motivazioni concrete o plausibili non può che innalzare il livello dello scontro.

Se rispondere ai commenti del nostro amico per quanto detto fin qui non avrebbe senso alcuno, credo sarebbe interessante capire i motivi che hanno spinto prima a scriverli e poi a premere il tasto d’invio.

A questo proposito mi sembra evidente il risentimento verso chiunque osi mettere in discussione credenze innalzate al livello di dogma religioso. Pretendendo nello stesso tempo di attribuirvi un criterio di scientificità, del tutto immaginario, pervenendo così nel modo più diretto a quel che si definisce scientismo.

Atteggiamento che si materializza in funzione dell’incapacità prima di tutto culturale di distinguere tra scienza e religione, quindi osservando l’una con l’abito mentale dell’altra e applicandole i relativi comandamenti in un contesto di passività idolatrica.

L’arma preferita dai cultori dello scientismo, e quindi anche del nostro amico, è appunto il ridurre l’interlocutore al silenzio, facendolo passare per incompetente o peggio. Applicazione evidente del meccanismo di proiezione, secondo un fenomeno ben noto nello studio delle materie comportamentali. In questa fattispecie consiste la reiterazione automatica, o meglio pavloviana, di ciò che si assorbe dai media allineati nella loro guerra senza quartiere a tutto quanto non ricalchi a perfezione il pensiero unico che sono chiamati a imporre, e verso chiunque osi porre in atto un qualsiasi tentativo di ragionare con la propria testa.

L’accenno ai condensatori di filtraggio e alle basse e bassissime tensioni cui lavorerebbero tutte le apparecchiature che rientrano nel novero dell’elettronica di consumo, non raccontano tanto dell’ignoranza di chi scrive certe cose, quanto dell’assenza del minimo senso della realtà e delle relazioni che legano gli elementi di base della materia di cui ci occupiamo.

Per capire il significato di quel che si scrive basterebbe averli visti dal vivo almeno una volta quei condensatori. Occasione in cui l’occhio cadrebbe con ogni probabilità sul valore che c’è scritto sopra. A quel punto una mente non del tutto assopita si chiederebbe perchè un costruttore che dà prova di tirare a risparmiare su tutto, e in particolar modo su quello che non si vede, ne usi di adeguati a reggere tensioni tanto rilevanti, se queste sono basse come si suppone.

Nello stesso modo, costruirsi un cavo con un conduttore adeguato allo scopo, per poi vedere se per caso cambi qualcosa a seguito del suo impiego, avrebbe richiesto meno tempo rispetto allo scrivere quel mucchio di cose senza senso.

Ma niente: la fiducia che si ripone in esse è tale che l’idea di provare a verificarle in pratica non passa manco per l’anticamera.

O magari è solo paura: quella di trovarsi a dover mettere in discussione la realtà parallela che ci si è costruiti a uso e consumo della propria tranquillità mentale.

Del resto Orwell ha scritto “L’ignoranza è forza“. E di seguito “La libertà è schiavitù”: concetti rispetto ai quali troviamo giorno per giorno nuove testimonianze.

Schiavitù appunto, in quella che diviene nei fatti la rappresentazione allegorica dello strenuo difensore delle sue stesse catene e di tutto quanto lo inganna da tempo immemore, a fini di lucro. O meglio di rapina nei suoi confronti e per forza di cose lo farà fin quando resterà su questa terra.

Proprio perché sprovvisto dei mezzi che gli permettano di rendersene conto e per di più immunizzato nei confronti di quello che il sistema di profitto dominante considera il peggio del peggio, alla stregua di una devianza patologica, in quanto unica minaccia alla perpetuazione della sua egemonia: la capacità di osservare quel che ci circonda e trarne il minimo insegnamento.

E’ possibile che l’atteggiamento del nostro amico si debba alle conseguenze del sistema educativo, didattico e mediatico di cui è vittima inconsapevole, da decenni impegnato a produrre greggi che si lascino condurre docilmente alla tosatura e infine al macello, non certo individui in grado di applicare in proprio capacità di analisi e spirito critico, usando quel minimo di raziocinio donato da Madre Natura a ciascuno di noi. Si preferisce invece calpestarlo, secondo un riflesso condizionato abilmente predisposto, come col nemico più temuto e probabilmente odiato.

Dunque, in quanto vittima, gli andrebbe devoluta la solidarietà che saremmo pronti a riconoscergli per motivazioni etiche e d’inclinazione personale. Non più, tuttavia, nel momento in si mette in cattedra con tanto d’indice alzato, e procede all’assalto e al dileggio, in conformità a quanto insegnatogli, di chiunque azzardi il minimo dubbio nei confronti degli articoli di fede cui crede con lo stesso trasporto dell’infante pronto a giurare sull’esistenza di Babbo Natale, e a battersi e possibilmente eliminare contro chiunque osi negarla.

D’altronde individui così fanno comodo al sistema. Comprano l’amplificatore da 300 watt, senza neppure dubitare che il cavettino risicato con cui si pretende di alimentarli sia adeguato alle loro necessità. Non penseremo mica che un marchio tanto noto voglia perdersi in piccolezze simili. Meno che mai farebbe un torto del genere ai suoi affezionati e fedeli estimatori che da sempre lo portano in palmo di mano.

Pertanto, nel momento in cui si renderanno conto, semmai avverrà, delle sue limitazioni energetiche, non li coglierà il dubbio che sia possibile porvi rimedio. D’altronde il loro prodotto è perfetto per definizione come recitano i mantra del Coro Degli Entusiasti A Prescindere.

Quindi si sveneranno più e più volte per comprare amplificatori di potenza sempre maggiore, che con ogni probabilità saranno caratterizzati dagli stessi identici problemi, in conseguenza delle logiche tipiche del prodotto industriale. Così da alimentare il sistema di profitto che sta in piedi ed ha assunto la sua forma attuale proprio in virtù della loro credulità.

Abbiamo dunque una massa di persone private di raziocinio ma efficientissime nel ripetere qualsiasi fandonia sia stata loro inculcata, basta che la sua fonte si sia auto-attribuita una qualche autorevolezza. Quindi come nel caso specifico reiterano quel che hanno appreso sui libri di scuola o chissà dove, senza neppure porsi il problema della sua verosimiglianza e tantomeno della sua applicabilità al contesto in questione. Sono del resto cavilli troppo speciosi e complessi per poter essere concepiti, prima ancora che considerati.

 

La controprova

Per fortuna ci viene in aiuto l’esperienza pratica, quella alla base del cosiddetto empirismo, elemento fondamentale di qualsiasi progresso della conoscenza. Anche quella cui possiamo accedere nel nostro piccolo.

L’occasione di accumularne un altro frammento del quale fare tesoro ci è stata offerta proprio dall’arrivo del secondo esemplare di PM 7000 e dai desideri del suo possessore, che vedremo più avanti.

Del primo, quello che ha beneficiato dell’intervento eseguito a fondo, ricordo ancora l’ottima sonorità che se n’è ottenuta, sostanzialmente priva di elementi atti a ricondurne l’appartenenza a un’elettronica gravata dalle limitazioni tipiche del prodotto di serie. Il suo possessore del resto, col quale sono rimasto in contatto, ancora oggi mi rende partecipe della sua grande soddisfazione.

Per l’esemplare di cui ci occupiamo ora, di colore nero, l’utilizzatore non desiderava un intervento così approfondito. La sua intenzione era di limitarsi a quelle che si potrebbero definire apparenze, ma che invece hanno dimostrato di avere un influsso decisamente concreto sulla sua sonorità.

Collegato all’impianto nelle condizioni in cui è pervenuto, al pari del suo predecessore il PM 7000 nero ha messo in evidenza una timbrica strillata e di scarsa corposità. La predominanza veniva attribuita alla gamma media, caratterizzata come quella superiore da una sostanziale durezza e spigolosità, così da attribuire al tutto una connotazione primaria di vero e proprio fastidio.

Si tratta del resto di un’elettronica che ha i suoi anni, cosa che ovviamente non ne favorisce la piacevolezza d’ascolto. Non per l’età in sé ma per la fatica probabilmente accumulata dalla componentistica interna.

L’intervento si è limitato alla rimozione del cavo di alimentazione originale, al montaggio di una presa IEC e alla realizzazione di una piastra in alluminio su cui sono stati montati nuovi morsetti di uscita e una coppia di RCA utilizzabili in un futuro, per il collegamento diretto della sezione finale a un preamplificatore esterno.

Allo scopo sono state rimosse le coppie di morsetti montate in origine, caratterizzate dai mefitici conduttori in pura latta – ma le viti che fissano le componenti meccaniche del telaio sono di rame eh, sia chiaro! – e il collegamento allo stampato del finale è stato effettuato con del cavo Monster Cable.

Anche il cablaggio interno di alimentazione è stato rifatto, mediante due spezzoni come in origine. Il primo va dalla faccia interna della presa IEC allo stampato dell’alimentazione, la seconda da questa al trasformatore.

E’ stato poi realizzato un nuovo cavo di alimentazione, senza pretese, con del semplice conduttore da elettricista di sezione abbondante, una spina di qualità, in grado di accogliere il cavo utilizzato, e connettore IEC a saldare.

Un ultimo tocco ha riguardato la pulizia dei connettori d’ingresso, che come spesso avviene hanno rilasciato quantità di ossido inquietanti.

In sé e per sé il lavoro non sarebbe così complesso, tuttavia gli spazi particolarmente ridotti all’interno del telaio obbligano a smontare quasi tutto quel che vi si trova, trasformatore compreso

In pratica restano al loro posto solo la scheda d’ingresso e quella cui fanno capo i controlli frontali, posta a ridosso del relativo pannello.

Malgrado si tratti di un intervento basato su variazioni cui l’ortodossia neoprimitivista attribuisce totale inutilità, una volta riattaccato all’impianto il PM 7000 ha dimostrato di aver cambiato faccia.

Ora finalmente è stato in grado di porre in evidenza una sonorità da amplificatore di potenza rilevante. La gamma bassa era infatti solida, corposa e ben estesa verso il limite inferiore. Il piglio generale era di ben altra autorevolezza, anche in virtù di un mediobasso migliorato in misura almeno pari. La tonalità segaligna e pungente evidenziata al suo arrivo era un lontano ricordo, proprio per via della maggior evidenza acquisita dal comparto inferiore.

Proprio quello che per la sua emissione necessita della quantità di energia maggiori. Ma se non ci si è mai imbattuti nella Settimana Enigmistica e in particolare nelle sue vignette che prendono forma unendo i puntini, forse cogliere il nesso tra le due cose, ovvero il meccanismo di causa ed effetto tra l’intervento eseguito e le differenze materializzatesi all’ascolto può risultare complicato.

Le pecche in gamma medioalta erano quindi molto meno vistose, anche se per forza di cose sono rimaste al loro posto, sia pure diminuite di entità. La sostituzione delle componenti interne, almeno le più importanti, con esemplari freschi di qualità adeguata allo scopo, avrebbe permesso di migliorare notevolmente anche tale aspetto. Inevitabilmente però i costi dell’intervento sarebbero saliti.

Dal mio punto di vista, sapendo già quali sarebbero stati gli effetti, ne sarebbe valsa la pena. Dato che così facendo il PM 7000 avrebbe assunto una veste tale da tenere alla larga l’insoddisfazione per molto tempo, elemento primario che spinge a vendere quel che si possiede per andare alla ricerca, spesso vana, di qualcosa di meglio ai costi che sappiamo.

Forse i costi di un’operazione siffatta sarebbero stati non così distanti dal valore di mercato dell’amplificatore, che però a quel punto sarebbe divenuto inadeguato a rappresentare il livello e le prerogative del servizio da esso offerto. Da un lato perché un PM 7000 ottimizzato a tal punto sarebbe un oggetto ragionevolmente definitivo, stante la crescita rilevante delle sue doti sonore e il piacere d’ascolto che se ne andrebbe a ricavare, dall’altro perché il costo di un’apparecchiatura in possesso di caratteristiche paragonabili sarebbe assai più elevato.

Tuttavia anche così l’integrato ha ricavato una spinta considerevole, dimostrando che se si desidera un’erogazione degna di rilievo da parte dell’amplificatore in nostro possesso, per prima cosa occorre fornirgliela mediante un conduttore adeguato, che ovviamente non è quello rachitico fornito di primo equipaggiamento dal costruttore.

Il possessore dell’integrato mi ha inviato una mail, sintetica ma eloquente:

Appena riconsegnato l’amplificatore l’ho subito riattaccato all’impianto. Porca miseria se si nota la differenza!!! Con i CD è una vera bomba. La differenza si percepisce all’istante, suono molto più pulito e bassi più profondi. Sono felicissimo!! Grazie…

Del resto l’energia elettrica non perviene all’amplificatore, e da questo ai diffusori, per intercessione di qualche santo protettore. E soprattutto, l’hi-fi non è una lampadina.

 

 

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