Il cambio valvole crea dipendenza?

mullard

Valvole, componenti attivi dotati del più grande fascino, anche a livello visivo, mitizzati a volte in maniera esagerata e su cui si è detto di tutto e di più.

In particolare riguardo alla sonorità che riescono a conferire alle apparecchiature che ne fanno uso. Il suono valvolare, è appunto tra i luoghi comuni più frequentati, e abusati, dalla pubblicistica di settore ma anche palestra per i misuristi di varia estrazione in cui esercitare la loro specialissima concezione dei fenomeni riguardanti la riproduzione sonora, a metà strada tra superficialità disarmante e presunzione spinta oltre i limiti della ragionevolezza. Per quel tramite ritengono sia possibile riassumere in un numero prerogative e sfaccettature che spesso e volentieri risulta difficile descrivere nelle loro diverse particolarità persino ricorrendo al più ricco e variegato dei vocabolari, nell’olimpica sicurezza di essere nel giusto. Così da sentirsi nelle condizioni necessarie a dare dell’illuso e del visionario a chiunque suggerisca la possibilità dell’esistenza di qualcosa che vada oltre una visuale tanto ristretta.

In sostanza, allora, “il” suono valvolare non esiste. Ne esistono migliaia e forse di più, in funzione non solo dei diversi tipi di valvola e dell’interpretazione che ne è stata data da ogni produttore attivo nella loro realizzazione, e nel loro impiego circuitale, ma persino per ogni singolo esemplare.

Come sa benissimo chiunque abbia nella propria “collezione” esemplari diversi dello stesso tipo di valvola, trovarne due che suonino esattamente allo stesso modo è un’impresa fin quasi impossibile. Sia pure in un contesto di fondo che si ripete immancabilmente tra l’una e l’altra, quel che ha fatto si che alle valvole di ogni specifico produttore siano attribuite determinate prerogative soniche, vi sono poi particolarità specifiche che variano esemplare per esemplare, in funzione di una quantità di parametri non sempre considerata come si dovrebbe.

Ne deriva quella che potremmo definire croce e delizia dell’appassionato di riproduzione sonora legato alle valvole, la possibilità d’intervenire sulla timbrica delle apparecchiature che compongono l’impianto, mediante la sostituzione dei componenti attivi con altri della stessa tipologia, oppure compatibili, realizzati da produttori diversi. O altrimenti, come dicevamo poc’anzi, eseguendo semplicemente il cambio anche tra esemplari diversi dello stesso produttore, giocando proprio sulle differenze che esistono tra l’uno e l’altro, a volte sottili altre meno.

Questo tipo di intervento, non troppo difficoltoso da eseguire e ovviamente negato ai possessori di apparecchiature a stato solido, è uno tra i motivi per cui, una volta presa confidenza con le valvole, difficilmente le si abbandona.

Più spesso invece ci si lascia prendere dal gioco, andando alla ricerca della valvola particolare per sperimentarne le sonorità o anche solo per vedere se corrisponde al vero ciò che si dice riguardo alle doti soniche di quelle realizzate da un costruttore in particolare, più o meno mitizzato.

Ora trovo inutile, e in base a quanto detto fin qui in larga parte fuorviante, ripetere ancora una volta i luoghi comuni di cui sono infarcite le discussioni riguardanti questa tipologia di componenti attivi. Più interessante invece osservare come e a qual punto ci si possa lasciar prendere dal gioco del cambio valvole, fino a farlo assomigliare a una sorta di dipendenza.

Non è soltanto dovuto al fatto che si può cambiare suono alle apparecchiature, e di conseguenza a tutto l’impianto, con la stessa facilità, e al limite banalità, con cui ci si cambia d’abito, ma anche alle controindicazioni legate a qualsiasi oggetto e attività tipica del mondo reale.

Il cambio valvole è quasi del tutto sinonimo di valvole NOS. Ossia i residuati di magazzino la cui produzione risale a diversi decenni orsono. Per forza di cose e anche perché, stante una lunga serie di motivi, le valvole di produzione attuale non riescono a replicare gli aspetti più coinvolgenti della loro sonorità, più passa il tempo e più il loro costo sale.  Così in diversi casi si è andati ben oltre quello che si riterrebbe il valore intrinseco di un componente attivo siffatto, anche tenendo conto del guadagno del rivenditore professionale. Ormai gli esemplari più ambiti sono scambiati a qualche centinaio di euro l’uno, per circoscrivere il discorso alle valvole preamplificatrici. Somma che da un punto di osservazione distaccato potrebbe apparire priva di ogni legame con la realtà, la storia e la funzione di tale oggetto.

Il punto però è che una coppia di valvole realmente valida e ben assortita può fare una differenza tale, in termini di qualità sonora, da trasformare un’apparecchiatura tendente al mediocre in ben altra cosa, con influssi benefici su tutto il resto dell’impianto. All’atto pratico quindi, proprio per via dell’incremento che può determinare in termini di piacere d’ascolto, una simile coppia di valvole in pratica non ha prezzo.

Non solo per i suoi effetti ma anche perché di esemplari dotati delle caratteristiche necessarie a fare ‘o miracolo ce ne sono pochi, pochissimi. Oltretutto diventano sempre meno, quindi le probabilità d’imbattersi in una coppia davvero giusta vanno rarefacendosi sempre più. Dato che chi le ha, ovviamente, se le tiene strette e per forza di cose più passa il tempo e più si va a raschiare il fondo del barile.

Questo significa che valvole un tempo scartate per la loro non rispondenza a tolleranze più o meno ristrette, oggi vengono comunque date per buone, proprio perché di meglio non c’è.

Non solo, esemplari che per molti anni hanno funzionato da calmiere per i prezzi delle NOS, esempio tipico le Philips JAN a suo tempo commissionate dalle forze armate statunitensi in un numero di esemplari particolarmente ampio, sono diventate anch’esse indisponibili presso vari fornitori, in particolare per alcune tipologie tra le più diffuse, come la 6922. Così l’ultima tipologia di valvola NOS dal costo allineato alle consimili di produzione attuale, oggi si trova difficilmente sotto i 30 euro l’una. Per forza di cose la tendenza si è estesa al prezzo delle valvole dello stesso tipo che godono di una reputazione maggiore.

Così una coppia di semplici ECC 88 Amperex fabbricate nel 1962 al 108% dell’emissione la si può trovare offerta a 250 euro, sia pure da un venditore che gode di una certa reputazione.

 

 

Non esiste peraltro alcuna assicurazione preventiva riguardo alla capacità della valvola di assurgere al rango che si potrebbe definire paradisiaco, o anche a un livello qualitativo “solo” impeccabile. Sia pure in presenza della convalida dei responsi strumentali, per un motivo o per l’altro può accadere che non riesca ad arrivare a tanto.

L’unica è mettere le valvole in funzione e verificarne le doti sonore. Che oltretutto possono variare a seconda delle scelte tecniche e circuitali operate in sede di progetto e realizzazione dell’apparecchiatura di cui entrano a far parte.

In sostanza, quindi, la cosa funziona come una mano di poker: per vedere è necessario fare la propria puntata, mettendo mano al portafogli.

Come ho scritto in altra sede, le valvole della mia collezione che reputo migliori sonicamente sono quelle di cui sono entrato in possesso per caso, altro elemento che ritengo significativo in merito alla lotteria, perché di tale si tratta, delle valvole NOS.

Con esse, allora, si può riempire più di qualche scatola, per ritrovarsi poi a utilizzare sempre le solite due o tre coppie.

Se tutte queste cose, messe una in fila all’altra, possono far desistere l’interessato potenziale, una volta che si è entrati nel gioco e si ha coscienza di cosa rappresenti la posta in palio, vanno a far parte della somma di variabili che per motivi più o meno reconditi possono scatenare il vortice della dipendenza.

Va detto anche che una volta presi dalla smania di verificare valvola per valvola il suo comportamento a livello sonico, e prima ancora l’efficacia del suo accoppiamento con esemplari simili, il che prevede l’inserimento e la rimozione dai relativi zoccoli con fare che a volte finisce con l’avvicinarsi alla compulsività, è possibile anche far danno. Ossia rompere la valvola, oggetto intrinsecamente fragile.

I piedini metallici, per quanto realizzati in una lega piuttosto morbida, sono comunque annegati nel vetro, che è ben più esposto a rotture.

Anche in questo caso ci troviamo di fronte a una variabile, dato che le valvole di costruzione russa danno l’idea di essere più robuste rispetto in particolare alle europee. Malgrado ciò nella mia scatola degli esemplari passati a miglior vita c’è qualche esemplare anche di esse. Sia pure in quantità minore rispetto a quelle di provenienza occidentale.

A seguito di operazioni di inserimento e smontaggio non eseguite in modo corretto, e ancor più qualora siano state inserite in zoccoli che oppongono una resistenza troppo elevata all’ingresso e alla rimozione dei piedini, si possono produrre microfratture che istantaneamente oppure a lungo andare causano la rottura del vetro, quindi l’ingresso di aria all’interno della valvola e di conseguenza il suo mancato funzionamento. Anche se la frattura ha dimensioni infinitesimali, e quindi riesce in qualche modo a mantenere il vuoto all’interno del vetro, col tempo tende a estendersi, fino al punto in cui l’aria finisce per entrare e per prima cosa va a bruciare il filamento.

Eventi del genere sono purtroppo alquanto comuni tra gli abitudinari del cambio valvole e comportano la trasformazione del flash getter, la metallizzazione posta in genere alla sommità della valvola, da argentea a biancastra.

A quel punto la valvola è buona soltanto per la discarica. Sola alternativa, lasciarla in bella mostra sull’altarino dei sacrifici eseguiti in onore delle divinità della riproduzione sonora. Proprio come Burt Munro, la cui storia è raccontata nel film intitolato “Indian, la grande sfida”, dal marchio della moto classe 1920 con cui negli anni ’60 tra lo scetticismo generale ha battuto diversi record di velocità sulla pista del lago salato di Bonneville. Dei cilindri, pistoni e altri pezzi distrutti nella sperimentazione delle modifiche eseguite allo scopo di porre il suo mezzo nelle condizioni di oltrepassare le 200 miglia orarie, insieme ai trofei conquistati aveva fatto una specie di piccola mostra, dedicata appunto agli dei della velocità.

Il film, girato nel 2005, è interpretato da un Anthony Hopkins in forma smagliante, malgrado l’età, e narra le peripezie realmente accadute del viaggio di Bill dalla Nuova Zelanda agli Stati Uniti. Molte di esse erano dovute alla sua ingenuità, tale da avergli fatto ritenere che non ci fosse bisogno d’iscrivere la sua moto per poter tentare la corsa al record. Era deciso ad affrontarla con gli stessi pantaloni usati per il suo matrimonio e con gomme rivestite di lucido da scarpe che passava personalmente a mano, dopo aver rimosso con un coltello da cucina lo strato superficiale del battistrada.

Malgrado tutto è riuscito al primo tentativo nella sua impresa, poi ripetuta altre volte, a monito ed esempio per chiunque ritenga che solo con amplificazioni e diffusori da decine di migliaia di euro si possano ottenere certi risultati.

Proprio nel metodo di Bill sta la vera sfida, quella che dà soddisfazione quando la si volge a proprio favore. A “vincere facile”, ossia con larga disponibilità di mezzi superiori sono capaci tutti. Ben altro invece è ottenere determinati risultati a partire da mezzi modesti o addirittura inadeguati, almeno in apparenza.

Per la riproduzione sonora valgono le stesse considerazioni. Almeno a mio modo di vedere.

Tornando alle nostre valvoline, conosco un appassionato la cui capacità di accoppiare le valvole a orecchio è tutt’altro che disprezzabile. Proprio nel compimento di tali operazioni, alla ricerca del suono migliore, ne ha rotta più di qualcuna, anche esemplari di pregio notevole.

Quindi meglio fare attenzione, afferrando la valvola nella parte inferiore del vetro, il più vicino possibile ai piedini, evitando di forzare lateralmente. In questo modo il rischio di cancellare le scritte esterne è maggiore, rispetto alla presa dalla cupola superiore, ma sempre meglio una valvola funzionante con le scritte cancellate tutte o in parte, che una con scritte impeccabili passata a miglior vita.

Va detto anche che ormai la dizione NOS ha perduto in larga parte il suo significato originario, da New Old Stock, traducibile con nuovo da vecchio assortimento. Ormai con tale sigla si definisce qualsiasi valvola d’epoca, anche quelle che hanno già funzionato più o meno a lungo.

Quindi nel loro acquisto è sempre meglio sincerarsi delle effettive condizioni. I piedini ancora una volta, in base al loro stato, possono indicare se la valvola abbia funzionato o meno. Anche se per eseguirne selezione e accoppiamento è necessario innestarla nello zoccolo.

Rottura definitiva a parte, le valvole purtroppo sono esposte a numerose altre insidie. Prima fra tutte la microfonicità, stante nella captazione di disturbi di origine meccanica che vengono trasformati in segnale elettrico, alla stregua di un vero e proprio trasduttore, che va a sommarsi a quello inerente la riproduzione sonora.

Alcune tipologie di valvole sono più sensibili alla microfonicità, come pure quelle realizzate da certi marchi rispetto ad altri. A volte per innescare il fenomeno può bastare poco, anche il semplice camminare nella sala d’ascolto o addirittura la sola presenza di emissioni acustiche.

Per ridurne l’entità è consigliabile isolare meccanicamente il contenitore dell’elettronica dalla sua base d’appoggio, mediante piedini morbidi o altro. Quelli realizzati manualmente in silicone di cui ho parlato nell’ultima puntata della serie dedicata ai giradischi, possono rivelarsi d’aiuto.

La microfonicità della valvola ha dalla sua anche una componente ambigua. Nei casi peggiori rende la valvola sostanzialmente inutilizzabile, per via dell’induzione di quel trillo fastidioso che va a a sovrapporsi al segnale audio e molti utilizzatori di valvole conoscono bene. In altri casi invece, quando l’incidenza del problema non arriva a tal punto, sembra fin quasi benefica, dato che a volte le valvole caratterizzate da un certo livello di microfonicità danno l’impressione di suonare meglio di quelle del tutto refrattarie al problema.

Ancora una volta le più esposte sembrano essere le valvole di provenienza occidentale, mentre le sovietiche, proverbialmente tetragone a ogni livello, in genere ne sono affette in misura minore. Che derivi proprio da questo, almeno in parte la loro nomea di una sonorità poco affascinante?

Col passare del tempo, e con l’accumularsi delle ore d’impiego può accadere che qualche valvola inizi a emettere rumori strani, gorgoglii, ronzii, soffio e altro. Questa è un’altra delle incertezze cui l’appassionato del valvolare va incontro e nei casi peggiori può determinare l’inutilizzabilità di esemplari costati magari un bel po’ di soldi. La maggior parte delle volte, comunque, quei rumori sono percepibili solo in assenza di segnale, così da rendere la valvola ancora utilizzabile. Alcuni appassionati tuttavia sono così pignoli da rifiutarsi di utilizzare gli esemplari affetti da problemi simili, trovandosi quindi nelle condizioni di effettuare una nuova ricerca di esemplari dalle caratteristiche soniche in grado di soddisfare le loro aspettative.

Quello che per alcuni potrebbe rappresentare un ulteriore e ottimo motivo per abbandonare i tubi a vuoto e ritornare allo stato solido, per i duri e puri del settore paradossalmente va ad accrescere ancora di più la dipendenza da cambio valvole. Fino a spingere a livello parossistico la ricerca dell’esemplare in grado di replicare con fedeltà accettabile le caratteristiche soniche di quello diventato rumoroso. O meglio ancora di trovarne uno capace di farlo dimenticare.

Obiettivo tuttaltro che facile, proprio per i motivi fin qui elencati, che rendono appunto la ricerca della valvola fatidica una sorta di caccia al tesoro.

Dato che trovarla è così difficile, oltretutto a costi tendenti vieppiù a salire, si può ritenere consigliabile fare in modo che ciascuna di esse si trovi nelle condizioni di esprimere il meglio delle proprie caratteristiche.

Queste dipendono in larga parte dalla costruzione interna, ma risentono anche di altri fattori, a iniziare dal comportamento meccanico del vetro che ne costituisce il corpo. Intervenendo su di esso nei modi che abbiamo visto qualche tempo fa è possibile variarne in qualche misura la sonorità.

Un altro elemento in grado di modificare il comportamento della valvola riguarda i piedini e in particolare la loro pulizia, generalmente trascurata. Soprattutto negli esemplari d’epoca, che hanno decenni di contatto con l’aria e i suoi agenti ossidanti alle spalle, si tratta di un’operazione da eseguire su ogni esemplare. Anche su quelli dotati di piedini dorati, che per quanto s’immagini siano più protetti, risentono anch’essi di problemi di ossidazione. La prova è data dal colorarsi di nero del tampone con cui se ne effettua la pulizia nel modo che andiamo a vedere. Figuriamoci allora le quantità di ossido che si possono accumulari su piedini realizzati in maniera meno accurata.

Tra l’altro capita a volte che proprio mediante una ulizia accurata dei piedini, i problemi di rumorosità della valvola vadano ad attenuarsi, se non a scomparire del tutto.

Personalmente ho trovato i risultati migliori nella pulizia dei piedini mediante bicarbonato asciutto, come noto agente molto efficace per la pulizia dei metalli.

Nella fattispecie si può procedere versando una certa quantità di bicarbonato in un piattino o altro recipiente dai bordi possibilmente sollevati e poi strofinarvi i piedini della valvola usando un cotton fioc. In commercio ce ne sono di un tipo speciale, provvisti di un’estremità piatta adoperati per la rimozione del trucco, che si rivelano i più adatti anche per i nostri scopi.

Non avendoli a disposizione, si possono schiacciare le estremità di quelli normali mediante una pinza piatta o altro strumento acconcio. Quindi si depone una certa quantità di bicarbonato su quella che è divenuta una specie di piccola paletta e con essa si strofina, piedino per piedino, prima all’esterno, poi all’interno e infine negli spazi tra l’uno e l’altro.

In breve si vedrà il cotton fioc scurirsi, appunto per i residui di ossido portati via con l’azione del bicarbonato, mentre i piedini acquiscono una maggiore brillantezza. Ovviamente occorre tenere saldamente la valvola con l’altra mano. Per evitare di rovinare le scritte si può avvolgere preventivamente la valvola con un pezzetto di carta usa e getta, tipo scottex o similari.

Dato che usandoli in questo modo i cotton fioc tendono in breve a disfarsi, conviene cambiarli di tanto in tanto. Tutta l’operazione porta via qualche minuto per ogni valvola, ma quando le si va a rimontare la sorpresa è notevole, dato che si può riscontrare senza difficoltà il miglioramento delle loro doti sonore. In particolare le valvole così trattate tendono a perdere quei tratti di sonorità dura e puntuta riscontrabile in alcuni esemplari, oltre a evidenziare in molti casi un miglioramento del dettaglio e della capacità di differenziare dei piani sonori.

L’aspetto più strano a questo riguardo è che col metodo appena descritto si hanno risultati che in apparenza tendono a diifferire da quelli ottenibili mediante il leggero decappaggio dei piedini, come nell’uso di una carta smeriglio finissima, tipo 1000 o 2000. Operazione a seguito della quale la valvola tende in genere ad acquisire una sonorità più aperta e brillante, a volte fin troppo, ponendo in evidenza maggiore certi difetti all’origine di sonorità alquanto esasperate. Non chiedetemi i motivi di questa differenza perché non li so spiegare. La sola cosa che mi riesce di pensare è che l’azione del bicarbonato potrebbe non avere soltanto effetti per così dire meccanici, ma anche su piani diversi.

Comunque sia, la pulizia con bicarbonato ha avuto risultati migliorativi su qualunque valvola l’abbia provata. Anche su quelle coi piedini nichelati, in apparenza i più refrattari all’azione ossidante. Infatti in questo caso il cotton fioc tende ad annerirsi in misura minore o nulla, ma i piedini diventano comunque più brillanti. Soprattutto, una volta compiuta l’operazione, la valvola mette in evidenza un miglioramento della sonorità tale da rendere più aleatorie le differenze tra valvole russe e occidentali, che oltretutto tendono a cambiare di segno, a volte conferendo alle prime la piacevolezza d’ascolto maggiore.

Questa operazione può essere compiuta anche nei confronti delle valvole di produzione attuale, dato che seppur nuove hanno comunque accumulato almeno qualche mese di giacenza nei magazzini, durante i quali l’azione ossidante ha avuto il tempo necessario a produrre i suoi effetti, sia pure in misura minore rispetto a valvole vecchie di decenni.

In ogni caso, dato il loro influsso sulla sonorità delle apparecchiature che le utilizzano, assicurarsi di utilizzare valvole dai piedini ben puliti e privi di residui di ossido è uno dei tanti modi per mettere le apparecchiature dell’impianto nelle condizioni di esprimere il meglio delle loro possibilità.

 

 

 

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