Audio 2C ST 21m

 

L’ST 21m è l’amplificatore integrato che ho realizzato più di recente. Deriva dal PF-1T del quale riprende numerose soluzioni e ne migliora in maniera significativa le già ottime doti soniche, portandole a livelli di eccellenza assoluta per questo genere di apparecchiature.

Allo scopo la circuitazione è stata ancor più semplificata e abbreviata, rimuovendo altri ostacoli fondamentali al passaggio del segnale, così da ridurre in maniera considerevole le possibilità di un suo degrado nel tragitto che compie dall’ingresso alle uscite.

Ulteriori interventi sono stati eseguiti sulla sezione di alimentazione, che mantiene il poderoso toroidale da 500VA, e sugli stadi finali, in particolare per quanto riguarda le modalità di afflusso dell’energia alla componentistica attiva.

La sezione di controllo mantiene l’efficace selettore degli ingressi dotato di contatti dorati, elemento di solito poco considerato ma anch’esso importante per le condizioni di trasferimento del segnale, mentre il controllo del volume è a scelta tra il classico ALPS a variazione continua e un altrettanto valido selettore a resistenze commutate a 23 passi. A questo riguardo, forse d’importanza persino maggiore per il destino qualitativo della riproduzione, è possibile avere in opzione controlli ancora più raffinati.

Sul retro sono presenti cinque coppie d’ingressi, con la possibilità di aggiungerne opzionalmente una sesta, per gl’impianti più complessi, realizzati per mezzo di connettori con isolatore in teflon. Le uscite di potenza si avvalgono di morsetti adatti a terminazioni a forcella, banana e cavo spellato di sezione consistente.

Il connettore IEC tripolare permette l’impiego del cavo di alimentazione preferito. Raccomandato è quello che realizzo appositamente per le amplificazioni, atto a garantire un afflusso di energia ottimale e quindi il miglior comportamento dell’integrato sotto il profilo dell’erogazione, della dinamica e del dimensionamento del fronte sonoro, con particolare riguardo alle sue doti di tridimensionalità.

Le condizioni con cui l’energia elettrica perviene a una qualsiasi apparecchiatura adibita alla riproduzione sonora sono fondamentali per il suo comportamento, innanzitutto a livello sonico.

Il resto della realizzazione si avvale delle medesime accortezze impiegate per il predecessore, innanzitutto per quanto riguarda l’abbattimento delle risonanze interne al telaio e per una serie di altre peculiarità: elementi di contorno trascurati dalla produzione corrente ma che invece alla resa dei conti, ossia alla verifica sul campo, si rivelano fondamentali per l’ottenimento di una timbrica della raffinatezza imprescindibile in qualsiasi impianto realmente degno della definizione di alta fedeltà.

Le qualità sonore del nuovo integrato sono state sorprendenti anche per me, nel momento in cui l’ho collegato per la prima volta al resto dell’impianto. Immaginavo che il lavoro di semplificazione circuitale avrebbe comportato un miglioramento, ma non me lo sarei mai aspettato in tale misura.

Si tratta dell’ennesima dimostrazione di quello che è da sempre il punto cardine della mia filosofia, dall’affinità concettuale con quella tipica del mondo delle corse. In tale ambito per aumentare le prestazioni del mezzo si procede innanzitutto a eliminare tutto il superfluo, prima ancora di mettere le mani sugli elementi atti ad aumentare la potenza disponibile.

Il suo corrispondente a livello del mondo della riproduzione sonora è appunto la semplificazione delle circuiterie. Per il suo tramite si toglie di mezzo tutto quanto non strettamente necessario, proprio perché d’ostacolo al passaggio migliore del segnale e quindi alla preservazione delle sue doti d’origine. Viceversa, quello che non si può togliere si cerca di realizzarlo nel modo migliore e con la componentistica della qualità più elevata possibile, compatibilmente con i costi preventivati.

Sotto l’aspetto della potenza, invece, in campo audio è necessario un approccio differente, basato sulla necessaria consapevolezza, oggi purtroppo trascurata, che più all’amplificatore si richiede potenza e più è difficile farlo non soltanto suonare bene ma attribuirgli una vera musicalità. Ovverosia quanto di più lontano dalle sonorità tronfie e legnose di troppe amplificazioni di grossa taglia.

Questo avviene per una somma di ragioni tuttora evidenti per chi ha qualche dimestichezza nell’ambito progettuale e lo osserva da un punto di vista esente da pregiudizi, così da comprendere già per istinto che va ancora una volta a privilegiare le soluzioni improntate alla semplicità maggiore.

Agendo in modo simile magari non si produrranno i numeri che sulla carta appaiono più lusinghieri e per tanti appassionati sono motivo di convincimento, malgrado dipingano una realtà di fantasia, ma chi ha l’esperienza maggiore sa che a contare effettivamente è quel che avviene sul campo. Spesso e volentieri, per non dire quasi sempre, contraddice il dato teorico in maniera che non di rado diviene persino imbarazzante.

A questo proposito la componentistica attiva oggi disponibile permette l’ottenimento di potenze significative e più che all’altezza della stragrande maggioranza degl’impieghi a livello domestico con solo una coppia di dispositivi di uscita per canale, soluzione ideale ai fini della semplificazione e quindi della qualità sonora per i suoi diversi aspetti.

Soluzioni del genere non sono particolarmente caratterizzate dalla fotogenìa, aspetto tenuto oggi nella massima considerazione proprio perché sempre più spesso le scelte si fanno sulla carta,  e sulla scorta d’immagini il più possibile convincenti, invece che sul campo, ma per quanto mi riguarda è il senso dell’udito e il primo, se non l’unico, a dover essere soddisfatto.

A quel che non si riesce a ottenere per mezzo di un approccio del genere, si perviene con una soluzione altrettanto semplice, inerente la modularità, altro elemento dimenticato dalla produzione attuale ma che dal mio punto di vista vista rimane assolutamente fondamentale. Dunque ogni esemplare di ST 21m può essere espanso alla biamplificazione, per mezzo della quale si ottengono potenze d’uscita pressoché all’altezza di qualsiasi compito o diffusore.

Il passaggio può essere eseguito anche in un secondo tempo, così da rispondere in maniera positiva alle variate esigenze dell’appassionato, senza costringerlo a costosi cambi di apparecchiature e men che meno alle incognite connesse con operazioni del genere.

In tali occasioni, infatti, si sa quel che si lascia ma non quello che si trova. Non a caso il rimpianto per ciò che si è abbandonato, in favore di altro che si reputava chissà cosa ma poi alla resa dei conti si è rivelato tuttaltro, o anche solo manchevole di prerogative ritenute imprescindibili, è da sempre l’argomento principale di lamentela da parte del maggior numero di appassionati.

Ovviamente l’industria e poi la filiera commerciale e quella propagandistica ad essa legate hanno il maggior interesse proprio nel promuovere la frequenza di sostituzione più ravvicinata possibile, per motivi che non credo vi sia bisogno di spiegare. In questa sede invece l’aspetto cui si attribuisce l’importanza maggiore è la soddisfazione dell’appassionato e la sua possibilità di raggiungere il vero significato della definizione alta fedeltà, che non può essere legata ad altro che non sia l’evento originario e il ricreare nell’ambiente domestico la sensazione di trovarsi di fronte ad esso.

Tutto ciò senza essere costretti a investire le cifre oggi prive di qualsiasi senso della misura e peggio di qualsiasi nesso con il livello qualitativo ottenibile in termini di sonorità, cui il mercato vuole spingere il pubblico con veemenza ogni giorno crescente, che non di rado arriva alla vera e propria manipolazione.

Le doti soniche dell’ST 21m sotto il punto di vista energetico ricalcano quelle già ottime del PF-1T, essendo dotato di stadi finali basati sui medesimi componenti attivi, mosfet e sulla medesima sezione di alimentazione di grande robustezza e disponibilità di energia, sia pure ottimizzata sotto diversi aspetti.

La gamma bassa è ulteriormente migliorata in termini di estensione, ora sostanzialmente illimitata, ferme restando le sue doti di controllo e di rilascio dell’energia.

La differenza sostanziale nei confronti del predecessore si ha sotto il profilo della fluidità di emissione e dell’assenza di asprezze, che hanno tratto grande giovamento dalla semplificazione circuitale. Il loro miglioramento va di pari passo a quello per il dettaglio e più in genere per i segnali di entità minore, che trovano finalmente l’attenzione che meritano da parte di un’amplificazione a telaio singolo.

Anche le componenti di ambienza acquisiscono il rilievo effettivamente attribuito loro all’origine, nella fase di registrazione del programma riprodotto, dando all’ascolto una completezza e un livello di soddisfazione del tutto inusuali, tantopiù a partire da elettroniche di costo abbordabile.

In realtà il miglioramento rispetto al PF-1T si verifica un po’ su tutti i parametri legati alla riproduzione sonora, in virtù della maggiore efficienza funzionale dell’elettronica, dando vita a un integrato dalla musicalità rara da incontrare a qualsiasi livello di prezzo.

Oggi del resto è dell’effetto speciale che si va alla ricerca e ad esso si attribuisce la massima importanza. Questo perché l’acquirente potenziale va conquistato, se possibile nel tempo più breve. Allo scopo occorre fargli credere chissà cosa già al primo impatto e questo non può avvenire altro che con una manipolazione delle sonorità studiata allo scopo, che per conseguenza non possono essere altro che artefatte. In questo modo non ci si può che allontanare da una vera musicalità, la percezione della quale e in particolare dei suoi elementi d’eccellenza non è mai giocata sugli elementi di grossolanità marchiana in cui s’indulge al giorno d’oggi.

Viceversa è fatta di piccole cose, elementi sottili che per essere colti necessitano di concetrazione e di esperienza. Quindi di tempo, che occorre concedersi per comprendere la vera essenza della sonorità di un’apparecchiatura realmente fedele.

A questo riguardo, e per concludere, vediamo brevemente le impressioni di due suoi utilizzatori.

Iniziamo da quelle di Vito, che oltre ad ascoltare musica normalmente utilizza l’impianto anche come supporto audio del suo videoproiettore. In questo preferisce restare sulla normale stereofonia, piuttosto che sul tradizionale multicanali, in quanto la ritiene più realistica e come tale corretta.

Come ti dicevo ho approfittato di questi giorni per ri-vedere le linee di collegamento tra i vari apparecchi, eliminando i cavi più vecchi e accorciando/semplificando i percorsi del segnale, verso l’essenziale.
Quindi ieri ho rimesso all’opera dopo quasi tre mesi il proiettore, finalmente accompagnato di nuovo dalle casse. Il risultato è stato notevole. Considera che, non diversamente da quanto accade per i brani musicali, alcuni passaggi di presa diretta o di colonna sonora si può dire li so a memoria, eppure il livello di dettaglio mi è apparso impressionante; oserei dire più nella restituzione del realismo d’ambiente (forse perché spesso i suoni emergono dal silenzio) che nei “fraseggi” di accompagnamento musicale in senso stretto, in cui comunque emergono sfumature mai colte prima.
Quindi sono molto contento, poichè il coinvolgimento è aumentato. E di pari livello, la soddisfazione di riconoscere che è più giusto così.

Con le parole di mia moglie, che non si è mai interessata a certe questioni: “Certo che quello di prima non gli rendeva proprio giustizia!” riferendosi all’ampli che utilizzavo in precedenza, ho avuto la conferma che non è solo una mia suggestione ma un effetto ben tangibile.

Qui di seguito le impressioni di Marco, che oltre a essere un appassionato è anche musicista di grande esperienza.

Il tuo ampli è una meraviglia! Ma non avevo dubbi. I dischi blues e jazz sono delizia per le orecchie. Ho un disco blues con un brano con cassa stile trap veramente gonfissima e non c’è una sbavatura…. Incredibile!

Credo non ci sia bisogno di aggiungere altro.