La psico-pandemia ora in corso ha gli stessi numeri certificati di un’influenza. Quindi ha ottime probabilità di essere tale e nemmeno delle peggiori: quella del 2018 ha fatto più vittime. Malgrado ciò ha avuto tra le sue conseguenze l’abrogazione di qualsiasi iniziativa a carattere culturale, si tratti di rappresentazioni teatrali, concerti, mostre o altro.
La motivazione ufficiale è che causerebbero assembramenti. Gli stessi tuttavia sono tollerati o addirittura auspicati in varie altre occasioni, che oltretutto si presentano con frequenza temporale e densità territoriale alquanto maggiori.

Difficile trascurare a questo riguardo che il divieto di assembramento ha il precedente storico d’eccellenza nella dittatura fascista. Dal ripristino della quale ci avrebbe dovuto salvaguardare una Costituzione che con un pretesto mediaticamente ben orchestrato si è ridotta a carta straccia. Nel silente beneplacito dei ruoli di garanzia e di quelli giurisdizionali.
Sola differenza è che allora le forze dell’ordine ne intimavano lo scioglimento, anche coi modi spicci che la narrazione ipocrita della fase politica successiva ha inserito nel suo repertorio subdolo, gonfiandoli a dismisura per mezzo di una propaganda che funziona sempre alla stessa maniera, nelle argomentazioni e ancor più nelle finalità.
Oggi invece, che secondo alcuni saremmo in democrazia, le forze di polizia eseguono retate e rastrellamenti contro chiunque si azzardi a uscire per prendere un po’ d’aria, fare una camminata sulla spiaggia o solo a pranzare in terrazza. Impiegando allo scopo droni ed elicotteri.
Per poi comminare con sadico compiacimento e machismo da sceriffi multe d’importo talmente sproporzionato da essere causa potenziale di dissesto delle economie familiari e aziendali di tante persone. Mentre i ricorsi, doverosi, costano ancora di più. Causa già per questo di palese nullità, oltre alla normativa del tutto contra legem e irrispettosa della gerarchia delle fonti del diritto cui quelle sanzioni fanno appiglio.

Ci troviamo dunque in una condizione in cui sono le istituzioni le prime a non rispettare le norme che esse stesse hanno a suo tempo promulgato. Caso tipico quello del DPCM, che è provvedimento amministrativo di una carica pro-tempore, con il quale si pretende di cancellare norme inamovibili ai vertici del diritto, quelle costituzionali. Lo stesso vale per i decreti legge quando non convertiti entro 60 giorni dai due rami del Parlamento.
In sostanza ci troviamo di fronte al tentativo, riuscito, di eversione dell’ordinamento dello Stato, che si è tentato di mimetizzare mantenendo tutte le sue cariche. Relegate tuttavia a figuranti, necessari per tenere in piedi il fondale di cartapesta.
Si è aggirato tutto l’impianto del diritto per mezzo della paura. Quella di una sanzione d’importo spropositato, che in una condizione di difficoltà tanto diffusa fa presto a ridurti sul lastrico.
Dunque siamo al terrore, instillato nella popolazione facendo credere che un’influenza pur grave causata da un virus chimerico, quindi probabilmente sintetizzato in laboratorio e lasciato uscirne proprio allo scopo, sia una malattia pericolossima, oltremodo contagiosa e sostanzialmente incurabile. Quando invece bastano due bustine di nimesulide o altro antiinfiammatorio, prese per tempo.
O altrimenti idrossiclorochina, eparina, ivermectina e altro. Purtroppo la maggior parte di tali farmaci ha un difetto ineliminabile: essendo di uso comune costano troppo poco. Quindi non ci si guadagna abbastanza. O comunque non come è possibile con altri farmaci o preparati.
Essendo l’industria farmaceutica privata votata alla produzione e accumulazione di profitti, si ritiene libera di perseguire il proprio interesse. Nel corso di tale processo, che avviene in un’epoca in cui si è attribuito al denaro un valore assoluto e superiore a ogni altra cosa come recita la dottrina capitalista, è fatalmente giunta alla conclusione che, invece di dannarsi per curare gli ammalati, è mille volte più semplice e redditizio ammalare i sani. Nel maggior numero possibile.
Pertanto, nei confronti dei più efficaci di quei farmaci si è adottata la stessa tecnica usata abitualmente con gl’interlocutori scomodi: discredito e menzogna. Come sempre a reti, testate e fonti unificate. Sempre perché siamo in democrazia.
Col pretesto della pandemia causata dal virus che viene ucciso dal sole, si è imposto l’obbligo di restare chiusi in casa. Per poi trasformare le forze di polizia in persecutori inflessibili dei contravventori. Una nuova Gestapo che semina terrore comminando a chi non si sottopone alle misure con cui è più probabile ammalarsi sanzioni facenti capo a una serie di norme totalmente e palesemente contraddittorie, illegali e incostituzionali.
E’ possibile che sia un governo ad attuare politiche basate sul terrore come quelle cui assistiamo da oltre un anno a questa parte? Oltretutto assicurandosi il supporto mediatico per mezzo di somme distribuite a pioggia su reti e testate grandi e piccole, sinonimo di corruzione. E nel caso, con quale diritto permane in carica?
Quando si mette in piedi una giungla di leggi e disposizioni contrastanti, affinché una norma amministrativa prevalga sulla Costituzione, non può che instaurarsi la legge della giungla.
Così, da un anno a questa parte, chiunque detenga una posizione di potere, per quanto infima, si sente in diritto di trasformarsi nel suo individuale “Braccio violento“.
Non “della legge” ma dell’illegalità. Più totale, arrogante, sfacciata e anarcoide.
Uno tra gli aspetti più interessanti al riguardo è che gran parte del consenso nei confronti della situazione descritta fin qui, e delle misure attuate in via palesemente monocratica da un pugno di subdittatori nazionali, di tirannetti di contrada e persino da cortile, sembri provenire proprio da chi nella propria agenda ideologica personale ha una sola voce, la lotta al fascismo. Nella ferma intenzione di riconoscere come tale solo quello in littorio ed orbace, per combinazione estintosi decenni fa. Invece di quello colorato di fucsia-arcobaleno oggi in auge, innalzato idolatricamente a unico orizzonte politico ammissibile, rifiuta di osservare la realtà e ancor più le finalità distopiche con isteria fanciullesca.
Perché fanciullesca, nonché ipocrita? Semplice: se il golpe è dei colonnelli o comunque di fazioni che egli reputa politicamente antagoniste, urla e si strappa i capelli per il vile e inaccettabile attentato alla democrazia che hanno perpetrato, quale sfogo alla loro indole tirannica. Se invece viene eseguito da forze che reputa politicamente amiche come l’ultracapitalismo globalizzato della cupola bigfarma, lo avalla, se ne compiace e lo sostiene. Lambiccandosi il cervello alla ricerca di motivazioni che lo rendano plausibile, per quanto fantasiose e inverosimili possano essere, nel più tipico esempio di visuale selettiva.
Non solo, a chiunque si azzardi a rilevare che essendo entrambe eversioni violente dell’ordine democratico, anche se messe in atto in maniera più o meno subdola, non possono che trovarsi sullo stesso piano, costui non esita a dare del fascista.
Quando un potere si arroga il diritto di decidere del corpo umano altrui si è in dittatura conclamata.
L’ultima volta è accaduto coi Mengele e gli Eichmann. Ora lo stesso potere che a suo tempo ha creato quelle figure, il che dovrebbe farci comprendere quali sono state le vere origini di ciò che reputiamo “il male assoluto”, ci riprova. A dimostrazione di quali siano le origini e gl’intenti della situazione attuale.
La sola differenza è che nella realtà dell’Europa degli anni 1930 e anche in quelli in cui la guerra era in corso, si poteva trovare salvezza in molti luoghi. Oggi non ce n’è più uno ove sfuggire alla dittatura mondialista.
A questo proposito, il viceministro dell’interno ha dichiarato: “Le case non sono zone franche“. In spregio totale dell’articolo 14 della Costituzione e quale chiaro invito alla delazione, pratica odiosa che nessun individuo in possesso almeno di un barlume delle sue facoltà mentali si sognerebbe mai d’incentivare.
Tradotto: abbiamo intenzione di scovare i renitenti casa per casa. Se qualcuno riesce a scorgere una qualche differenza con quel che hanno fatto le SS a suo tempo, per motivi ideologico-religiosi e non certo pseudo-sanitari, è pregato vivamente di segnalarmeli.
Qualcuno dirà: “Eh ma le Fosse Ardeatine…” In quell’occasione gente che almeno aveva la svastica al braccio, e quindi si rendeva riconoscibile nella sua natura e intenzioni, ha sparato ad alcune centinaia di vittime, un colpo e via. Qui invece si sono torturati per giorni e settimane migliaia di anziani inermi, prima lasciando che si aggravassero per attaccarli alle macchine di ventilazione forzata, condannandoli a una penosa agonia. Pratica di altissima civiltà e democrazia, ma soprattuto segno inequvocabile della pietà che distingue il genere umano dalla bestia.
Horst Seehofer, ministro degl’interni tedesco, già nel 2008 ha detto: “La lobby farmaceutica è più potente della politica. È così da 30 anni. Quelli che decidono non sono eletti, e quelli che sono eletti non hanno nulla da decidere“.
Se alla vera consapevolezza sociale e democratica, quella che non si fa incantare dal colore di una bandiera o dalla doppiezza di una manica di collaborazionisti comprati per 30 denari, si affianca anche una passione per la musica, l’astinenza da concerti ed eventi culturali in genere è uno tra gli aspetti che rendono ancora più indigesta questa fase storica.
Solo poco più di un anno fa l’avremmo ritenuta del tutto impossibile da verificarsi. Dimodoché chiunque azzardasse a pronosticarla, anche in una forma molto meno radicale e pervasiva rispetto a quella in cui si è concretizzata effettivamente, lo si sarebbe definito un pazzo visionario o peggio un complottista da cui tenersi alla larga.
A questo proposito rileverei che fino all’inizio dello scorso anno l’azione di un qualsiasi governo di un qualsiasi Paese si è invariabilmente informata a due principi di fondo, risalenti all’età della Roma Antica: Divide et impera e Panem et circenses.
Se il Divide et impera è più che mai in auge, tanto è vero che gli stessi governi e i media allineati hanno scatenato il tutti contro tutti a livello globale, appunto riattualizzando la legge della giungla, il Panem et circenses ha tutta l’aria di essere stato messo in disarmo.
La devastazione dell’economia causata dai governi che hanno imposto la segregazione di massa, la chiusura forzata di tante attività e la riduzione al fallimento di innumerevoli altre, comporta che per milioni di persone panem non ce ne sia più. Quanto ai circenses, sono stati rinviati sine die.
Se un governo che non risponde più al popolo ma muove al suo attacco, decide di fare a meno di quello strumento di consenso è probabile abbia in animo di ricorrere a mezzi più efficaci e convincenti per imporre le proprie decisioni.
Un brutto giorno Benito Mussolini espresse la convinzione che fossero necessarie alcune migliaia di morti per potersi sedere al tavolo della pace. Tutti sappiamo quel che ne è seguito. Oggi invece nessuno ha il coraggio di spiegare perché si sono causate tante vittime con i protocolli deliberatamente sbagliati, con la “raccomandazione” equivalente a un obbligo di evitare le autopsie e con “tachipirina e vigile attesa”. Neppure vi è notizia che la parola pace o altra significante un effettivo avanzamento sociale sia stata pronunciata da alcuno a tale riguardo.
A meno che non si voglia far passare per tale l’affare di proporzioni incalcolabili delle automobili elettriche, che inquinano più di un diesel euro 0 e sono causa di morte, depredazione e sfruttamento dell’infanzia nei territori ricchi delle materie prime ad esse indispensabili. Malgrado ciò piacciono tanto a ogni ecologista radical-chic che si rispetti, quindi sono assurte al ruolo di nuovo e più ambito status symbol.
Un altro grosso affare connesso alla Nuova Normalità instaurata per mezzo dell’emergenza è quello del 5G. A questo proposito, il grande benefattore dell’umanità che corrisponde al nome di Colao ha fatto passare, di soppiatto come d’obbligo per la sua casta di usurpatori, l’aumento di oltre 10 volte per il valore delle radiazioni elettromagnetiche ammesse dalla legge. Da 6 a 61 V/m: da qualche giorno dunque si è inaugurata una nuova libertà, quella di ficcarci tutti in un immenso forno a microonde a cielo aperto.
Ovviamente, sempre e solo per il nostro bene.
Perché mai siamo reclusi in casa da oltre un anno, quando è dimostrato che l’esposizione alla luce del sole è il mezzo più rapido ed efficace per annientare i virus e più in generale rinforzare il sistema immunitario fornitoci da Madre Natura, così efficace da averci permesso di sopravvivere per svariate migliaia di anni fino a oggi?
Forse perché qualcuno si è convinto lo sia troppo?
Un tempo per capirlo sarebbe bastato il buon senso, ma alfine di pervenire a quest’epoca di neoprimitivismo lo si è dovuto eradicare dalla mentalità delle persone. Sicché per qualunque cosa, anche dire solo che a mezzogiorno il sole è alto nel cielo, va allegato il riferimento alle fonti. Riducendole così alla stregua delle figurine dei calciatori: ce l’ho, ce l’ho, me manca.
Anche per poter sostenere una cosa tanto ovvia ci vuole lo studio sc-sc-scientifico, proprio come diceva Peppe il Boxeur, alias er Pantera. Ne ha realizzato uno l’Università della California di Santa Barbara, in collaborazione con l’Istituto per l’Ingegneria Ambientale dell’Eidgenössische Technische Hochschule di Zurigo, con il Dipartimento di Matematica dell’Università di Manchester e con il Translational and Integrative Sciences Center – Dipartimento di Tossicologia Molecolare dell’Università Statale dell’Oregon.
Coordinati dal professor Paolo Luzzatto-Fegiz, docente presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’ateneo statunitense, hanno gettato le basi della propria ricerca a partire dai risultati dello studio “Simulated Sunlight Rapidly Inactivates SARS-CoV-2 on Surfaces” pubblicato già nel luglio del 2020 sul The Journal of Infectious Diseases. Realizzato dalla professoressa Shanna Ratnesar-Shumate del National Biodefense Analysis and Countermeasures Center (Maryland), ha dimostrato che il 90 percento delle particelle virali del SARS-CoV-2 veniva eliminato in 6-8 minuti nella saliva simulata e in 14 minuti in terreni di coltura, in condizioni ambientali paragonabili a una soleggiata giornata estiva.
Quante menti, quanta didattica, quanto tempo e quanti denari gettati via per una cosa tanto ovvia, che si sarebbero potuto utilizzare per ben altri scopi. Ma ora sappiamo con precisione i minuti e i secondi, eh!
Eccoci di fronte ai destini magnifici e progressivi della conseguenza prima e inevitabile dell’ipercapitalismo globalizzato: il neoprimitivismo. Oggi possiamo osservarli in tutto lo splendore.
Proprio con l’ausilio imprescindibile del neoprimitivismo si è trovato il modo d’imporre le misure più efficaci per favorire, diffondere e prolungare l’emergenza. E senza trascurare il supporto dei media unificati, autori di una instancabile azione terroristica a tappeto. Le fonti ufficiali tuttavia continuano ad assicurarci che il terrorismo può essere soltanto quello delle brigate rosse e dei NAR, celebrandone le azioni nei documentari di regime.
Una cosa interessante però quello studio la menziona: “Al chiuso il virus rimane sostanzialmente stabile per lunghi periodi“. Ma allora perché il Ministro della Sanità, il governo, il Parlamento a Camere riunite e il CTS ci hanno impedito di prendere un po’ di sole e costretto a stare al chiuso coi metodi che sappiamo, lasciando che i media ci bombardassero implacabili coi loro bollettini di morti e contagi basati su numeri platealmente manipolati?

Divieto di cultura
Tutte le iniziative culturali sono assolutamente vietate, testimonianza migliore del dominio assoluto del neoprimitivismo e del punto cui si può spingere. Dunque concerti e rappresentazioni teatrali non se ne possono tenere, ma in compenso siamo tutti resi protagonisti della nostra personale commedia di Molière: “Il malato immaginario”.
Con tanto di (tragi)comica finale: “Dalli all’untore”.
Oppure, se si preferisce stare più sul leggero, “L’elogio funebre“.
Ulteriore dimostrazione che la nuova normalità tanto propagandata ha tra i suoi esiti anche l’aver sovvertito la consecutio temporum della storia. Se prima si presentava in tragedia e poi in farsa, oggi accade l’esatto contrario: arriva innanzitutto la farsa, talvolta con larghissimo anticipo come in questo caso, a fare da annuncio alla tragedia.
Così ci siamo ritrovati tutti, per la seconda Pasqua consecutiva, che per ironia della sorte è la festa della Resurrezione, imprigionati nella nostra abitazione.
Per la recrudescenza, altrettanto immaginaria, del vairuSS gli spostamenti tra regioni sono tassativamente vietati. Ma se invece vogliamo andare all’estero la malattia letale si ritira docilmente, inchinandosi di fronte alla nostra sincera attitudine cosmopolita.
Fino a quando il pecorone italiota lascerà che istituzioni sprofondate a un livello di menzogna inaudito (per ordine di chi?) prendano a calci i suoi diritti fondamentali?

Non solo chiusi in casa in assenza di sentenza motivata e senza sapere se e quando ne potremo uscire e a quali condizioni, per tornare infine a usufruire dei nostri diritti di libertà personale, ma presi per i fondelli in maniera teatrale.
Per decenni ci è stato ripetuto oltre l’umana sopportazione che fossero inalienabili. Alla luce degli eventi si può ritenere lo si sia fatto proprio affinché non credessimo ai nostri occhi nel momento in cui è arrivato qualcuno a scipparceli col più stupido dei pretesti. Approfittando della paura che lui e i suoi complici hanno instillato in ciascuno di noi ed esasperata al punto tale da far credere a molti che per scongiurare l’immaginario pericolo di morte sia necessario smettere di vivere.
Quanto accaduto finora implica la presa d’atto che soltanto a seguito di una ferma rivendicazione di quei diritti se ne potrà, forse, rientrare in possesso.
Nessuno accetterà mai di restituiceli così come ce li ha sottratti. Il motivo è semplicissimo: qualora lo facesse, potrebbe ritrovarsi in un’aula di tribunale a dover rispondere dell’accusa di crimini contro l’umanità.
A tal fine la sequenza degli eventi collegati alla psico-pandemia ha dimostrato che non c’è nessun bisogno di campi di concentramento. Basta adibire un intero Stato allo scopo, trasformandolo in uno a cielo aperto.
Anche se un bando per quasi 267 milioni di euro, venuto alla luce di recente, potrebbe significare il contrario.
Non è curioso che si vogliano allestire campi-container in ogni regione d’Italia per “eventi emergenziali” futuri e ignoti, quando gli sfollati dei terremoti sono stati sistematicamente lasciati dalle istituzioni dello Stato a marcire per mesi nelle tende?
Un precedente al riguardo c’è già.
In un documento esfiltrato dal Canada, uno dei punti della roadmap in esso elencata recita le testuali parole: “Affrontare l’acquisizione di (o la costruzione di) strutture di isolamento in ogni provincia e territorio”.
Perché quest’urgenza di organizzarsi, e in maniera tanto capillare sull’intero territorio, allo scopo di “isolare” qualcuno?
Si tratterà forse di chi non lascerà docilmente che gli si estorca la proprietà del suo corpo per utilizzarlo nella sperimentazione della terapia genica mRNA che fin qui ha causato una percentuale di vittime ben maggiore rispetto al virus pericolosissimo ed è causa probabile di malattie autoimmuni, ossia incurabili?
Sempre la stessa roba da complottisti? Forse. Allora chiediamoci ancora una volta come si sarebbe definito chi, nell’estate 2019, avesse pronosticato per la primavera successiva la segregazione agli arresti domiciliari, prolungata per mesi e ripetuta più volte dell’intera popolazione italiana, con gli annessi di chiusure e fallimenti per centinaia di migliaia di aziende oltre a un numero di disoccupati fuori controllo, senza nessuno che si ribellasse.
Ecco un altro dei motivi per la costruzione dell’eterno presente cui si è fatto a volte riferimento in questa sede, per quanto si tratti di un concetto forse complesso da assimilare.
Se si è arrivati al punto in cui siamo, speculando sulla salute di miliardi di persone e diffondendo le menzogne più umilianti, per chi le racconta e chi crede ad esse, la domanda da farsi è una soltanto: per quale motivo ci dovrebbero dire la verità su un qualsiasi altro argomento?
Jazz just like this
Un tentativo di lenire il disagio conseguente alla situazione descritta arriva dall’iniziativa ideata e realizzata da Lorenzo Vella, titolare dello studio di registrazione Nightingale, insieme a numerosi jazzisti italiani.
Stiamo parlando di “Jazz just like this“, rassegna che si articola su sette concerti eseguiti dal vivo in studio.
A partire da dopomani, 9 Aprile 2021, saranno trasmessi in streaming a pagamento per una settimana ciascuno.
Al di là del livello di musicisti ed esecuzioni, che vedremo tra breve, va rilevata innanzitutto la qualità delle riprese, sia audio che video, parecchio superiore a quella cui siamo abituati dalle piattaforme d’impiego usuale.
Questo posso confermarlo in piena coscienza, avendo assistito a due di quei concerti e constatate le attrezzature impiegate, assolutamente di prim’ordine a partire da microfoni e banchi di regia e senza contare la parte video, altrettanto curata. Forse potrò assistere anche a un terzo, che avrà luogo nei prossimi giorni.
Quindi ai concerti non si può andare, stante il ferreo ma democraticissimo divieto opposto alla loro organizzazione. Almeno però si può godere del loro ascolto e visione mentre scontiamo la condanna al domicilio coatto, potendo contare su una qualità di esecuzione, ripresa e diffusione ai livelli più elevati oggi disponibili.
A questo proposito va puntualizzato ancora una volta il dispendio tecnico, economico e di risorse personali devoluto dai partecipanti alla rassegna e ovviamente da chi l’ha ideata e realizzata.
Vediamo dunque la scaletta dei concerti e i musicisti che vi hanno preso parte.
Dal 9 al 15 Aprile 2021 avremo il Trio di Luca Mannutza con ospite d’onore Maurizio Giammarco.
La formazione è Luca Mannutza al piano, Stefano Senni contrabbasso, Marcello Di Lorenzo batteria e Maurizio Giammarco al sassofono tenore.
Questo è uno dei concerti cui ho potuto assistere di persona, e apprezzare in anteprima il livello delle esecuzioni e delle riprese, davvero elevato.
Di questo concerto è disponibile il trailer.
Dal 23 al 29 Aprile avremo il trio di Francesco Mascio, con ospite Giovanni Imparato.
La formazione è la seguente: Francesco Mascio chitarra, Paolo Mazziotti basso, Domenico Benvenuto batteria, Giovanni Imparato, percussioni.
Dal 7 al 13 Maggio sarà la volta del trio di Domenico Benvenuto, con Alessandro Tedesco come ospite.
La formazione comprende Domenico Benvenuto alla batteria, Francesco Lo Giudice all’organo Hammond, Francesco Mascio alla chitarra e Alessandro Tedesco al trombone.
Seguirà dal 21 al 27 Maggio il quartetto di Max Ionata, con il titolare al sassofono, Luca Mannutza al pianoforte, Daniele Sorrentino al contrabbasso, Marcello Di Leonardo alla batteria.
Dal 4 al 10 Giugno avremo un altro quartetto, quello di Paolo Recchia, giovane altosassofonista d’indubbio talento, ancora una volta con Luca Mannutza al pianoforte, Giuseppe Romagnoli al contrabbasso, Nicola Angelucci alla batteria.
Penultimo appuntamento dal 18 al 24 Giugno con un quartetto all star: Umberto Fiorentino e Fabio Zeppetella alla chitarra, Dario Deidda al basso e Roberto Gatto alla batteria.
Chiuderà la rassegna dal 2 all’8 di Luglio il trio italo-olandese della pianista Francesca Tandoi, con Mattheus Nicolaiewsky al contrabbasso e Sander Smeets alla batteria.
Tutte le esibizioni saranno in seguito pubblicate su diversi formati audio a cura della Birdbox records.
Il costo dell’accesso allo streaming sarà di 12 euro, somma contenuta in relazione alla qualità delle riprese, dell’audio e ovviamente dell’evento in sé, che permetterà di rivedere più volte ognuno dei concerti in programma. Quello del trio di Luca Mannutza con ospite Maurizio Giammarco fino al 15 di Aprile.
Se ai concerti non si può andare, ora abbiamo quantomeno un’alternativa, meritevole di apprezzamento da parte del pubblico. Non soltanto per la qualità dei contenuti e delle tecniche di ripresa audio e video, ma anche e soprattutto per la ripartizione dei proventi. Non ci sarà il consueto e bieco sfruttamento tipico delle piattaforme di musica liquida, ma una condivisione equa tra la gestione della parte tecnica e gli artisti che hanno preso parte al progetto, secondo una formula che è sperabile trovi anch’essa il dovuto riscontro.