La domanda da un milione di dollari. Ovvero, il principio della rotatoria

Adriano mi scrive:

Ciao Claudio,

avrei una domanda da un milione di dollari, fatta la premessa che segue:

il mio impianto qualche anno fa suonava piuttosto male, nonostante le elettroniche fossero di livello alto, grazie al mercato dell’usato; ci ho lavorato parecchio con piccoli e progressivi miglioramenti agli aspetti di contorno (che di contorno non sono: trattamento acustico del locale, posizione dei diffusori, mobili portaelettroniche, cavi, ecc.; in parte con l’autocostruzione) e con la messa a punto del piatto: un Micro Seiki 1500 che in versione standard suonava malaccio e che ora lavora benissimo.

Oggi il tutto suona molto bene: seta e cashmere, extra dry e barolo, dolce brezza e burrasca, ma… manca qualcosa.

Manca la magia di una tromba (Telemann,  Purcell…) o di un flauto barocco (i Bach, Vivaldi…) ascoltati da pochi metri in concerti dal vivo.

Non riesco a descrivere a parole cos’è la magia (ma se intuisci cosa intendo saprai rispondere alla domanda che arriva fra poco): posso solo dire che non l’ho mai trovata in nessun impianto, e ne ho ascoltati parecchi, anche di livello estremo (da oligarchi) nelle sale dei rivenditori, anche in occasione di eventi nei quali gli impianti dovevano essere perfettamente messi a punto (non menziono per carità di patria le fiere di settore).

La domanda è: i mezzi di registrazione sono mai stati in grado di mettere su vinile la magia? oppure anche i migliori microfoni, i mostri sacri, la perdono per strada e poi in ogni passaggio successivo si perde qualcosa e sul vinile resta (restava) quando va bene della musica di piacevole ascolto?
intendiamoci: per me la buona musica è la base e lo scopo delle ore che quotidianamente dedico all’ascolto: una buona registrazione ed una buona riproduzione sono i mezzi per meglio apprezzarla… ma… la magia… sarebbe meraviglioso poterne godere anche a casa.

Preciso che all’epoca della nascita del CD, quando i distributori di dischi smaltivano i magazzini di LP ai mercatini delle pulci ed i negozi strasvendevano, ho acquistato, al prezzo delle patate, millanta LP che non avrei potuto permettermi altrimenti; tra questi molti di gran pregio.

Non è quindi la materia prima che mi manca.

Anche per i CD ho una passabile raccolta ed un buon apparecchio per riprodurli, ma qui la gara è ancora più difficile: cara grazia se il tecnico del suono non ha massacrato il master e riescono ad essere gradevoli all’ascolto.

Mi scuso per la prolissità e per l’infantilismo della domanda: in realtà temo già che la risposta sia negativa, ma ti ho importunato sperando che invece la magia sia nascosta nei solchi e che tu, in virtù della tua lunga ed ampia esperienza, possa darmene testimonianza.

Se invece la questione è di lana caprina, non esitare a mandarmi al diavolo.

Con grande simpatia

 

Ciao Adriano,
grazie della considerazione e dell’apprezzamento.

Una premessa fondamentale: per rispondere a una domanda tanto colma di addentellati, si è reso necessario un numero di vocaboli superiore al doppio di quello utilizzato per gli articoli “normali” di questo sito che tutti mi accusano siano troppo lunghi, complessi e impegnativi.

Vuol dire che servirà, per gli stoici che sapranno arrivare in fondo, a ritrovare quel minimo di capacità di concentrazione e di attenzione che proprio gli strumenti mediatici oggi più diffusi del virtuale tendono a reprimere con ogni mezzo.

Iniziamo col rilevare che se la domanda è effettivamente da un milione di dollari, la risposta non può essere da meno. O meglio, proprio in quanto tale non potrà che andare ancora oltre. Pertanto si articola su diversi livelli, come del resto è inevitabile se l’argomento in discussione è di tale complessità.

Diciamo allora che il risultato ottenibile per mezzo di un sistema adibito alla riproduzione sonora, per quale che sia, sta innanzitutto in noi. In primo luogo in funzione del nostro approccio nei suoi confronti e per conseguenza nella misura in cui siamo disposti a non lesinare impegno, risorse a ogni livello, a partire da quelle materiali e di tempo, se ci poniamo un obiettivo a tal punto ambizioso.

Il secondo elemento è di consapevolezza. Quella che ci permette di capire che i dispositivi dei quali ci serviamo per dare luogo alla nostra riproduzione non sono gli strumenti musicali coi quali a suo tempo è stato realizzato l’evento che ci proponiamo di riprodurre, ma qualcosa di completamente diverso.

Pertanto quel che potremo ottenere da essi non sarà altro che un’approssimazione dell’evento originario.

Credibile quanto si vuole e addirittura sorprendente, talvolta, per la sua capacità di produrre in noi sensazioni ad esso somiglianti, ma che per forza di cose rimangono approssimazioni.

L’elemento di consapevolezza attiene innanzitutto una questione semantica, ossia di significati, volta a chiarire se la definizione di alta fedeltà sia da assumere nel suo significato letterale, e col riferimento a qualcosa di esistente, o altrimenti come mera denominazione commerciale, sia pure attribuita a un intero settore merceologico, con i suoi innumerevoli risvolti. In quanto tale conseguente a un’effettiva fattibilità tecnica, senza entrare nello specifico inerente il dispiego di mezzi necessari per ottenere lo scopo che ci siamo prefissi, o altrimenti solo volta a indurre una suggestione nella clientela potenziale e per conseguenza utilizzato come mero argomento di vendita. Prima ancora, come giustificazione per l’esistenza di un prodotto da offrire sul mercato con tutti i problemi che vi sono legati, innanzitutto di remuneratività.

Già qui, senza aver sfiorato neppure da lontano l’elemento tecnico che forse è quello che sta maggiormente a cuore a chiunque faccia una domanda del genere, abbiamo toccato un punto dirimente sull’argomento, tale da decretare, nel concreto, la fattibilità o meno di quel che ci prefiggiamo.

Se intendiamo il termine “alta fedeltà” secondo il suo significato letterale, quello verso cui saremmo portati, già a livello istintivo riguarda una ricerca di naturalezza. Elemento essenziale anche se non sufficiente al raggiungimento di certi scopi, che ha il grande merito di metterci sulla buona strada fin dall’inizio.

Se invece lo intendiamo in termini di mera denominazione commerciale, essenziale soprattutto per questioni di mercato, l’aspetto predominante sarà l’effetto speciale. Dato che proprio in quel modo se ne conquistano le quote più importanti. Tuttavia, per quanto l’effetto speciale sia coinvolgente e ancora più comprensibile anche a chi di certe questioni non ne mastica granché, con esso non si va da nessuna parte. Tranne ovviamente l’esserne annoiati dopo qualche tempo e dunque cercare qualcosa che vada ancora oltre, elemento essenziale per indurre il vortice del cambia-cambia. Ossia quanto di più desiderato dall’industria di settore e dal sistema di propaganda al suo seguito.

Inevitabile pertanto che in condizioni simili di realismo non avremo nemmeno l’ombra. In compenso iniziamo a scorgere, anche se forse in maniera vaga, le prime similitudini con la rotatoria.

Con le stesse premesse inoltre, se siamo pronti a devolvere risorse a oltranza, senza considerazione alcuna nei riguardi dell’aspetto economico, sempre tenendo saldo il timone nei confronti della logica utilitaristica, e poi dell’impegno personale e di ogni altro elemento materiale, per le nostre finalità le prospettive che si aprono, in merito alla rilevanza dei risultati che potremo ottenere, sono di un certo tipo.

Se invece quel che ci prefiggiamo è di ottenere determinati risultati a partire non già da un approccio determinato esclusivamente al raggiungimento dell’obiettivo in questione, ma gli attribuiamo una valenza secondaria, anteponendovi un discorso economico, di rientro, rivendibilità o addirittura di profitto, secondo la logica oggi largamente dominante e alla quale si è deciso non debba esistere alternativa di sorta, i risultati che potremo ragionevolmente pensare di raggiungere saranno del tutto diversi.

Quindi chi fa certi discorsi, e oggi è parte di una maggioranza schiacciante, molto difficilmente può arrivare a determinati traguardi. O anche solo concepirli: i suoi interessi riguardano tuttaltro e per conseguenza viene meno già in partenza la possibilità stessa non di arrivare in fondo, ma proprio d’imboccare la strada che infine possa condurre ad essi.

Tra l’altro questo è il motivo per cui oggi la scienza e la tecnologia non funzionano più, se mai lo hanno fatto, proprio perché ai risultati che per il loro tramite sarebbe possibile raggiungere viene anteposto sistematicamente l’aspetto economico.

Quantomeno in quel che è destinato alle masse. Viceversa per ciò che sta a cuore a lorsignori, ossia quelli che stanno colà dove si puote, non solo non si lesina su nulla, ma non c’è esitazione nel gettarsi a capofitto in imprese per le quali non si è ancora riusciti a capire dove reperire le risorse necessarie.

Forse perché già dal loro reperimento, anche non sapendo se andrà a buon fine, ci si attendono profitti colossali.

Ricordiamo sempre che già più di 10 anni fa il cumulato di derivati, titoli fuori listino e altra carta straccia finanziaria con cui si è voluto produrre denaro dal denaro era oltre 50 volte il PIL complessivo globale.

Ammettendo che quel cumulo sia rimasto tale, cosa impossibile dato che la sua stessa esistenza è legata a una crescita esponenziale e inarrestabile, vuole dire che se qualcuno decidesse di andare a vedere quel bluff sul tavolo del sistema finanziario globale, del tutto indistinguibile da quello di un casinò, il mondo intero dovrebbe state per mezzo secolo senza consumare una briciola o una stilla d’acqua per coprire la posta in palio.

Chiaro il concetto?

Un esempio tipico è quello della cosiddetta intelligenza artificiale, per ora in realtà sistema di plagio senza limiti, e tuttavia infrastruttura data per essenziale ai fini della realizzazione della gabbia digitale in cui i padroni del mondo stanno facendo di tutto affinché ciascuno vi si rinchiuda di propria volontà, altro affare di proporzioni colossali.

Già ora, che funziona a malapena, con risultati che farebbero domandare a chiunque possieda una funzionalità intellettiva sia pure residuale quale sia il motivo della sua esistenza, che forse è solo quella di riempire con efficacia mai vista prima la bocca di tanti individui, così da inibire con incisività almeno pari le loro funzioni cerebrali, è causa di un assorbimento energetico enorme. Stimato in proporzioni pari a quelle necessarie per dare energia agli interi Stati Uniti d’America.

Questo, si badi bene, non ce lo racconta l’organo ufficiale del Partito Mondiale dei Complottisti, ma Bloomberg, vera e propria bibbia delle élite finanziarie.

Nello stesso tempo al mondo ci sono più di 100 Nazioni dal fabbisogno energetico inferiore  a quello del solo Google o di Microsoft, mentre a noi comuni mortali viene detto che dobbiamo rottamare la Panda indispensabile a recarci al lavoro, perché inquina in maniera insostenibile.

La logica è la stessa secondo la quale prima si è attribuito il monopolio del commercio al dettaglio alla Grande Distribuzione Organizzata, che in funzione delle sue modalità operative ha necessità di mettere ogni oggetto che vende, anche la singola spilla, in un contenitore di plastica. Da questo deriva per forza di cose una quantità di rifiuti insostenibile, per non parlare dei suoi costi, ma la colpa viene data alle sue stesse vittime, criminalizzate per mezzo dell’accusa di essere degli sporcaccioni, inquinatori e consumatori dall’avidità incontenibile, quando anche per il tramite della GDO i partiti e le politiche che eseguono sotto dettatura esterna ci hanno ridotto tutti quanti con le pezze al sedere.

Tornando alle questioni energetiche pertanto, in assenza di fonti delle quali è stata fino ad ora tenuta nascosta l’esistenza, cosa tra l’altro probabile, come spiegano gli studi e gli esperimenti condotti a suo tempo da Tesla, i documenti dei quali ci si è affrettati a sequestrare al momento della sua morte, non si vede come si riuscirà ad alimentare il sistema di controllo, sorveglianza e schedatura di massa che oggi è l’obiettivo numero 1 del sodalizio impenetrabile composto dai colossi finanziari, bancari, governativi e del complesso militar-industriale.

Questo tra l’altro è l’ennesima dimostrazione che la riproduzione sonora non è un microcosmo a sé stante come tanti vorrebbero e spingono a credere, e proprio in funzione di questa premessa non riusciranno mai a cavare il ragno dal buco. E’ invece qualcosa che funziona secondo le stesse identiche leggi che regolano la natura e i suoi fenomeni, quale appunto la società civile, che di giorno in giorno diventa sempre più incivile, solo perché portata nella sua totalità ad aderire, e ad essere asservita, proprio in conseguenza di quanto appena detto, agli interessi del pugno di persone che hanno quelli maggiori da difendere.

Ormai hanno raggiunto dimensioni talmente inverosimili da trovarsi fuori dalla portata anche dell’immaginazione più fervida.

Lo spiega, con una crudeltà che ciascuno di noi avrebbe ritenuto impossibile da spingere a tal punto, quel che sta avvenendo in Palestina, per la vergogna irredimibile del mondo intero e di chi lo abita. Sta assistendo non restando semplicemente impassibile al genocidio più efferato mai verificatosi sulla faccia della Terra, ma a livello ufficiale schierandosi addirittura dalla parte degli sterminatori. Peggio, imponendo a chiunque di pensare che quell’atto sia addirittura sacrosanto.

Così da indurre, per quel tramite, una perversione mentale dalle conseguenze incalcolabili.

Ma ancora non basta, perché oltre ad aver raso al suolo il campo di concentramento a cielo aperto dove sono state rinchiuse persone a milioni, solo perché palestinesi in omaggio alla folle ideologia sionista e a quel che ne tira le fila, si sta provvedendo affinché più nulla possa essere ricostruito. Come l’immagine del mezzo artigliato che avanza tra due ali di macerie estese all’orizzonte mostra in tutta la sua crudezza.

Caso strano, al telegiornale o su repubblichella 2000 certe immagini non passano.

 

Se ne potrebbero mostrare di ben più crude, ma per me è questa a dimostrare l’indole devastatrice priva di limiti e di qualsiasi remora di quanti progettano e poi eseguono azioni siffatte.

Se neppure il sentimento più remoto di umanità è ormai alla nostra portata, quindi solidarietà, compassione, e riconoscimento del diritto alla sopravvivenza, tra l’altro dignitosa e non come bestie in gabbia, non albergano nelle nostre menti, cerchiamo almeno di osservare la cosa sotto l’aspetto egoistico: se oggi tocca a loro e ai territori in cui sono stati rinchiusi, ma nessuno fa nulla per fermare il massacro, anzi ci s’ingegna per protrarlo nei modi più inverosimili, questo non potrà che proseguire.

Un passo dopo l’altro, fatalmente, toccherà anche a noi, proprio perché i suoi esecutori hanno dimostrato oltre ogni ipotesi contraria di non fermarsi di fronte a nulla e nessuno, di essere pronti, loro che considerano tutti gli altri animali parlanti, a dare fondo a tutta la ferocia bestiale di cui sono capaci nei confronti di qualsiasi cosa gli si pari di fronte.

Se neppure questo ci basta come esempio, il nostro destino non è dissimile da quello dei lemmings e presto o tardi ci presenterà il conto.

Dunque, già per il fatto stesso che ci troviamo a perseguire il nostro scopo nell’ambito dell’attuale realtà capitalista, giunta come abbiamo appena visto alle sue estreme conseguenze, ossia lo sterminio per denaro e potere, proprio perché sotto la sua egida l’unica legge riconosciuta è quella del profitto, le difficoltà cui andiamo incontro non possono che essere moltiplicate. O meglio pressoché insormontabili.

Ne deriva che maggiormente saremo in grado di rendere estranea la logica capitalista ai nostri tentativi, e quella imperialista che di essa è conseguenza diretta e invitabile, da intendersi non solo in termini di conquista di territori ma anche di mercati, e relative quote dunque di pubblico e suo plagio, più avranno probabilità di successo.

In base a quanto appena detto, gli impianti e apparecchiature per oligarchi cui viene fatto riferimento nella domanda, sono quanto di più lontano dall’idea stessa che infine possa condure a determinati obiettivi.

Non solo perché sono l’esemplificazione migliore, applicata alla specialità di nostro interesse, della logica capitalista e dell’imperialismo che ne è conseguenza primaria, ma proprio in funzione della loro destinazione d’uso, che nulla ha a che vedere con la riproduzione sonora. E’ ridotta solo a un pretesto per porre in evidenza le capacità di spesa, e quindi di potere, di chi acquista certa roba.

Occorre quindi togliersi dalla testa che per quel tramite si possa giungere a un qualsiasi risultato dal legame sia pure remoto con la musicalità.

Le cronache delle manifestazioni più recenti dedicate al settore, e più ancora i commenti di quanti vi hanno presenziato, offrono descrizioni significative al riguardo.

 

Evento originario. Si ma quale?

Abbiamo parlato prima di attinenza all’evento originario, e già su questo ci sarebbe da mettersi d’accordo riguardo a quel che per esso intendiamo: con ogni probabilità un accadimento del tutto simile a un altro, ma traslato nel tempo, nei luoghi, nelle sonorità e persino nelle condizioni atmosferiche in cui ha luogo potrebbe dare sensazioni diverse a chi vi si trovasse di fronte.

Per conseguenza non potranno che essere diverse le modalità per mezzo delle quali tenteremo di riprodurlo, le possibilità di avvicinarsi ad esso nelle sue diverse peculiarità e le impressioni stesse che ricaveremo dalla sua riproduzione.

Un esempio, se vogliamo banale: ormai parecchio tempo fa ho avuto modo di assistere a un concerto la cui sonorità era sublime. Mai più ho avuto modo di ascoltare nulla di simile provenire da un palco, anche nel caso dell’esibizione di artisti particolarmente rinomati e quindi ipotizzabilmente attenti alla sonorità delle loro esibizioni.

In compenso ho potuto ascoltare molto di peggio, in particolare negli ultimi tempi, purtroppo per noi di decadenza, che come tale coinvolge tutto nel suo procedere.

Dunque, a quale esempio di evento reale dovremo riferirci, pur considerando per praticità solo la mia esperienza personale, per attribuire all’evento riprodotto la patente non dico d’identità ma almeno di rassomiglianza all’originale?

Probabilmente all’idea che di esso ci siamo fatti, della quale ne esiste una per ciascuno di noi, per forza di cose poggiante sul vissuto che abbiamo nel nostro retaggio.

A questo proposito è inevitabile rilevare che l’ascolto di musica dal vivo è attività marginale, seppure, per la stragrande maggioranza degli appassionati di riproduzione sonora, la cui vera inclinazione è quella nei confronti degli impianti e dei componenti necessari per allestirli.

Lo testimoniano già i loro gesti concreti e, se non bastasse, il computo delle letture suddiviso per ciascun articolo pubblicato sul mio sito, dove quelli dedicati alla musica sono regolarmente a fondo classifica.

E’ possibile che le mie qualità descrittive rispetto alla musica e relative pubblicazioni siano oltremodo deficitarie, anzi probabile. Tuttavia una differenza di numeri tanto marchiana un qualche significato lo deve avere. Va esattamente nella direzione che ho sempre detestato sentirmi raccontare, malgrado la mia collezione di supporti fonografici sia tuttaltro che carente, per quanto ristretta ad alcuni generi specifici, come penso per chiunque altro abbia nei confronti della musica una vera passione, e quella per la riproduzione sonora è una sua conseguenza.

Il maggior numero degli appassionati ha una connotazione diversa: tutta la loro passione si rivolge ad apparecchiature e impianti, per i quali spendono magari somme improbabili, mentre la musica è questione sostanzialmente accidentale, purtroppo necessaria per farli funzionare.

Motivo tra l’altro per cui la liquida ha tanto successo: agli occhi dell’appassionato-tipo, per la musica è imperativo spendere meno che sia possibile, dato che tutto deve andare all’impianto. Poco importa se, nel lungo termine, si finirà con l’aver speso molto di più rispetto al necessario per entrare in possesso di una collezione fonografica rispettabile.

Come tutte le medaglie di questo mondo, anche quella del tutto e subito ha due facce.

Cosa ce ne faremo poi di questo tutto, se il tempo che abbiamo da dedicargli è per forza di cose limitato non è dato saperlo, anche se nella realtà di oggi si tratta non di questioni di lana caprina, ma difficili innanzitutto da inquadrare.

 

Primo non spaventare

Esaurita sia pure in modo tanto superficiale la fase dei preamboli, entriamo più nello specifico della domanda, in particolare per quello che viene raccontato nella sua prima parte, di per sé conferma di quanto appena detto, se solo si ha la volontà di osservarlo.

Altro aspetto, appunto quello della volontà di tenere conto di quel che insegna la realtà concreta, da ritenersi essenziale ai fini del traguardo che ci prefiggiamo.

Quanto raccontato nella prima parte del messaggio direi sia emblematico della situazione reale riguardante la riproduzione sonora e dell’insussistenza del suo paradigma fondamentale che certe fonti, sappiamo benissimo quali, vorrebbero innalzare a verità irrefutabile.

Allo scopo hanno fatto, e scritto, di tutto.

Stando alla loro versione, la cui ambientazione ideale è il mondo di Disneyland, vale a dire quello in cui ogni appassionato trova soddisfazione istantanea di tutti i suoi desideri, anche di quelli che non sa di avere, basterebbe spendere molto, anzi il più possibile, per avere automaticamente il meglio del meglio, senza bisogno di fare altro. Accomodi le apparecchiature dove capita, rimane più comodo, fanno più bella figura o lo permettono mogli, madri, fidanzate e affini, le vere signore della casa, inserisci le spine nella presa, accendi e via.

Si tratta di una narrazione non palesemente falsificata ma del tutto inverosimile, come dimostra la realtà concreta, in tutta la testardaggine di cui è capace. Eppure da parte dei media allineati s’insiste su di essa a oltranza, forti del principio goebbelsiano che per trasformare qualsiasi cosa in verità basta ripeterla il numero di volte necessario allo scopo.

Dopodiché, se qualcuno ci sbatte la testa, è solo colpa sua.

Il pubblico di quelle fonti è se possibile ancora più ostinato nel credere a ogni fandonia che gli viene propinata. Oltretutto con tale generosità.

A livello dei media si fa probabilmente così per non spaventare chi va invece preparato, massaggiato e umettato a dovere per ricevere la fragorosa sberla conseguente ai prezzi da manicomio criminale che oggi sono la norma e si ostinano a giustificare. E soprattutto va convinto che quel che ne ricaverà non sia migliorabile se non sottoponendosi a un altro devastante bagno di sangue.

E’ logico del resto che sia così: i media stanno lì appositamente per spingere le apparecchiature degl’inserzionisti, in misura proporzionale alle dimensioni dei contratti pubblicitari da questi sottoscritti. Quindi nessun’altra via di miglioramento deve poter esistere, se non quella che passa attraverso l’acquisto dei prodotti da essi reclamizzati.

In forma palese, per mezzo delle pagine che dicono “Compra questo e vivrai felice” e dissimulata nelle prove tecniche e d’ascolto.

 

Spara di più e sempre più in alto

Dissimulata abbiamo detto, ma non lo è più così tanto, nell’epoca inaugurata ormai diversi anni fa in cui per la prova di un amplificatore che si reputò al vertice assoluto dell’efficacia, lo assicuravano le misure, si è stampato in copertina a caratteri cubitali lo slogan “L’alba di una nuova era“.

Tranne poi, tempo dopo, incontrarlo in carne e ossa e vederlo prendere sberle a due a due fino a che non diventavano dispari da un oggetto non solo venti volte meno costoso, ma reputato il brutto anatroccolo del listino di cui era parte.

Come abbiamo già detto, ma è opportuno ripeterlo, all’atto pratico “la nuova era” non è stata quella di un livello di prestazioni senza paragone col passato, ma appunto quella dei prezzi folli oggi giunta all’apice del suo splendore e con la quale siamo costretti a fare i conti. A fronte dei quali il livello di sonorità che si riceve in cambio è carente al punto da risultare semplicemente scandaloso.

Solo che quei grandissimi esperti, convinti di essere i massimi conoscitori del settore, non se ne sono accorti. O meglio hanno preferito rivolgere altrove la loro attenzione, fingendo ancora una volta di averlo fatto a propria insaputa, dato che i prezzi di listino fuori di testa di quella roba li conoscevano eccome.

Hanno semplicemente fatto finta di niente, dicendosi convinti che a fronte di cotanta esclusività misuratoria, massima sommità dell’autismo ad essa correlato, nella cui induzione ha la finalità primaria, fosse proprio quello il prezzo giusto.

Come avranno fatto per scoprirlo, forse girando la ruota della famosa trasmissione condotta da Iva Zanicchi?

Solo che invece della fortuna, quella era la ruota della sfiga universale, dati i risultati pratici di quel costosissimo buco nell’acqua, descritti qualche riga fa.

Ecco quel che si ottiene per mezzo dell’idolatria nei confronti di banchi di misura, costosissimi ma per combinazione molto simili ad altari, e delle misure senza attinenza alcuna con la realtà che ne costituiscono la liturgia. Amministrata guardacaso da individui del tutto convinti di essere i campioni assoluti del pensiero razionale.

Se la vergogna non è di questo mondo, in certi begli ambientini, dove l’astrofisica per combinazione è di casa, si troverà probabilmente al di là delle galassie conosciute.

L’accaduto tra l’altro è stata la prima conferma, quando ancora la sua definizione era di là da venire e oltretutto di parecchio, che la cosiddetta hi-fi per oligarchi a tutto può servire tranne che a produrre sonorità migliori.

Da che mondo è mondo infatti, il buongiorno si vede dal mattino.

 

L’essenziale è crederci

In altri casi al nome dell’apparecchiatura sottoposta a prova d’ascolto si mette per sottotitolo, nell’articolo ad essa dedicato “Il finale che eclissa i rivali”. E’ noto del resto che quantità sempre più ampie di persone fingano letteralmente, innanzitutto nei confronti di sé stesse, di non comprendere quel che non è solo evidente dinnanzi ai loro occhi ma assume una chiarezza disarmante.

Del resto le fonti in questione sanno perfettamente che l’opera d’istupidimento generalizzato che si ostinano a perseguire da decenni ha dato frutti persino superiori a quelli che si sarebbe potuto immaginare a priori. Per conseguenza tutto quanto ecceda il meccanicismo delle incombenze elencate prima sarebbe davvero troppo complicato per il loro lettore tipo. Inevitabile dunque convincerlo che basti solo fare lo stretto indispensabile nell’impiego delle sue apparecchiature, appunto il poggiarle dove capita e dargli corrente, mentre presto anche la questione dei collegamenti apparterrà al passato.

Dopodiché, se si vuol migliorare, si metta mano al portafogli per abbandonarsi ancora una volta con fiducia alla guida della propaganda di regim… ehm di settore per la grande corsa a tappe: il Gran Tour del cambia-cambia.

E’ lunga e piena d’insidie ma prima o poi, ci viene detto, se si seguiranno fedelmente le indicazioni che con generosità impagabile quelle stesse fonti lasciano cadere dall’alto, tutti arriveranno immancabilmente al traguardo.

Si, ma in quale posizione?

E ancora: nel momento in cui non è più possibile distinguere la pubblicità dal resto, o meglio ancora tutto è diventato una sorta di pastone pre-digerito per vitelli da latte da inviare al macello, come arrivare solo a prefigurarsi determinati obiettivi?

 

Il nuovo che avanza

Se possibile l’inganno eseguito da social, forum e compagnia bella è ancora peggiore.

Tolta di mezzo o comunque resa irrilevante la categoria dei gazzettieri di regime, i quali fino a qualche decennio fa avevano almeno la necessità di corrispondere a criteri di cooptazione ben precisi, che almeno in teoria impedivano si scrivessero corbellerie troppo grosse, anche se poi le si scrivevano lo stesso e persino peggiori, il grosso dello sforzo propagandistico è stato lasciato nelle mani dei suoi stessi destinatari.

La tendenza ha preso piede a tal punto che da anni ormai siti e riviste reclutano proprio tra social e forum i loro redattori, scegliendoli tra quelli che sanno alzare i polveroni più grossi, che dimostrano le maggiori capacità di affabulazione o solo di affermare le assurdità più inverosimili restando perfettamente seri, ovviamente credendo ad esse con tutti sé stessi.

Già, perché per scrivere “L’alba di una nuova era”, “il finale che eclissa i rivali” e tutto il resto delle baggianate consimili ammannite a getto continuo già a livello di contenitore, come L’accademia dell’audio, l’affare del mese e via farneticando tra medagliette e trofeucci inventati di sana pianta lungo decenni di pubblicazioni ininterrotte, prima ancora di ideare una qualsiasi di quelle formule a tal punto colme di sprezzo del ridicolo, occorre crederci.

Con quali esiti per l’attendibilità stessa delle asserzioni messe nero su bianco da quelle pubblicazioni non c’è bisogno di dirlo.

Il meccanismo descritto funziona appunto secondo la trappola della comunicazione da pari a pari, del tutto identica a quella che in ambito politico ha dato luogo alle formazioni pluri-stallatiche, con tutto quel che ne è derivato in termini di decadimento morale, intellettivo e peggio ancora a livello di prospettive per la politica, le istituzioni e il futuro stesso dell’intera nazione.

In realtà quel progetto rispondeva all’esigenza improcrastinabile di allestire un’opposizione fantoccio, fatta apposta per canalizzare, e quindi continuare a controllare, il dissenso di un elettorato ormai esausto del marciume annidatosi in ogni singolo ganglio dello Stato e in qualsiasi luogo si eserciti anche il minimo di potere, fosse pure la bocciofila di quartiere.

Occupato militarmente da una legione di apparatchik pronti a qualunque nefandezza pur di arraffare e poi conservare una poltrona, per quale che sia. Così da sottrarsi, con quel mezzo, al destino cui sanno benissimo ciascuno dei comuni mortali sia stato destinato e per materializzare il quale il loro contributo è d’altra parte essenziale. Eseguito per mezzo del cosiddetto voto in aula, atto a sancire e legalizzare anche la più rivoltante e antiumana delle porcate.

Si chiama democrazia, per chi non se ne fosse reso conto.

I componenti di quella legione sono dunque pronti all’obbedienza cieca anche e soprattutto nei confronti di chi è intenzionato a prendere il controllo del Paese e delle sue istituzioni per portarli allo sfacelo insieme ai suoi abitanti, che tra le attività possibili è la più remunerativa in assoluto, come sempre con lo scopo di lucrare profitti incalcolabili. Ovviamente chi si prefigge finalità del genere è anche quello che promette le ricompense migliori, o meglio irresistibili, per chiunque si allinei ai suoi desideri.

In sostanza, allora, per prendere il controllo di una nazione e dirigerla laddove possa meglio conformarsi agli interessi politici, economici e così via, dei componenti di una cupola arrivata a detenere la forza necessaria a prospettarsi realisticamente obiettivi tanto ambiziosi, è necessario non assecondare i desideri del popolo, ma generare malcontento, nella maniera il più possibile capillare e cucinarlo a fuoco lento quanto più a lungo.

A quel punto, anche in virtù di un’azione mediatica abilmente indirizzata allo scopo, proprio a questo servono i Travaglio, i Santoro e compagnia cantante, sarà quello stesso malcontento a generare il desiderio di riscatto, e quindi a cercare un’alternativa.

Essendo questa impossibile a verificarsi, proprio in virtù del modo con cui è progettato il sistema di consenso e di controllo che siamo stati abituati a definire democratico, ma in realtà dittatura mascherata dove è del tutto evidente che a tenere le redini sono sempre gli stessi sconosciuti, i quali a loro volta si servono delle pedine date in pasto alla pseudo-informazione allineata e da questa all’opinione pubblica, il popolo è pronto ad accettare qualsiasi cosa che possa assomigliarle. E soprattutto a credervi.

Basta allora confezionare il prodotto meglio indicato a tale evenienza, per poi mettere ai suoi vertici, ovviamente falsificati come tutto il resto dell’operazione, un guitto di terz’ordine. Che si chiami Reagan, Macron, Grillo o Zelenski poco importa, ecco pronta l’opposizione fantoccio. Che come tale non farà sforzo alcuno per arrivare al potere, nel momento ritenuto opportuno. Proprio perché è proprio quel che per essa è stato deciso, oltretutto da tempo.

La vera opposizione viceversa, qualora possa ancora esistere, si farà in modo che al governo non ci possa arrivare mai.

Così facendo è possibile produrre disastri cui è impossibilitato qualsiasi governo di forma e genesi tradizionali. Proprio sull’onda dell’entusiasmo generato dalla falsa impressione di aver finalmente conquistato la sovranità scritta su quello che è e a tutti gli effetti è sempre stato un pezzo di carta straccia, ma che il popolo è stato addestrato ad adorare come un feticcio e a credervi come l’infante crede a Babbo Natale.

Non a caso a capo dell’Assemblea che a a suo tempo l’ha scritta e ratificata venne messo un massone del grado più elevato. Proprio in quanto destinato ad amministrare gli esiti di quanto deciso fin dal secolo precedente, e forse da prima ancora, dalla loggia massonica che lo ha designato.

Nel modo descritto si ottengono due scopi fondamentali. Il primo è porre l’intero Stato non più a capo ma al servizio degli interessi di privati, che proprio per mezzo dell’averlo spodestato, a seguito delle conseguenze proprie del meccanismo di accumulazione e monopolizzazione capitalista, sono divenuti pressoché onnipotenti.

L’altro è produrre una rassegnazione nel popolo ingannato e poi disilluso, tale da permettere alla politica, o meglio al simulacro che nel frattempo è stato messo al suo posto, di servire gli interessi di quei privati nella maniera tanto sfacciata, vergognosa e faziosa al punto da non essere immaginabile a priori.

Proprio la situazione in cui il nostro Paese versa al momento attuale.  Fase immediatamente precedente al momento in cui il garante supremo, forte dei poteri attribuitigli dalle leggi che egli stesso è il primo a calpestare, non essendo previsto un secondo mandato per la sua carica, rimetterà al governo, che a sua volta ricopre ormai soltanto compiti di sottopotere, o meglio dell’esecuzione di ordini che arrivano dall’esterno e dell’amministrazione dei loro effetti, il partito che ha perduto sistematicamente ogni singola tornata elettorale cui ha partecipato. Ma che, negli ultimi 30-35 anni, in un modo o nell’altro è finito con altrettanta regolarità a tenere le redini del Paese, sia pure se su procura di poteri ad esso esterni e nel totale asservimento ai loro confronti.

Arrivati a una situazione del genere, qualsiasi nefandezza è possibile senza che il popolo accenni alla sia pur minima reazione. Così è possibile infierire su di esso, e ancor più nei confronti del territorio su cui vive, nel modo più spietato. Come su un sacco riempito di sabbia, appunto in funzione della disillusione cocente, ma soprattutto definitiva cui lo si è portato.

Ne resta fuori giusto una percentuale trascurabile, che a quel punto basta far etichettare dai media allineati e coperti sotto il sistema delle reti unificate, nel modo di volta in volta ritenuto più adatto alla situazione contingente, per come lo suggerisce la fantasia: anarco – insurrezionalisti, complottisti, no vax, anti-$cienza e così via.

Costruendo così un nemico, immaginario ma sempre efficacissimo per compattare le greggi e renderle meglio rispondenti agli ordini di quello cui è stato ordinato di condurle al patibolo. Esegue quell’ordine credendo invano di salvarsi poiché finge di non sapere che il destino di ogni servo è il fatidico calcio nel didietro, una volta che ha completato il compito assegnatogli.

In un quadro simile la libertà d’informazione è rigorosamente proibita, se non nella norma quantomeno nei fatti. Proprio come l’arresto di Pavel Durov e la prolungata detenzione di Rainer Fuellmich stanno dimostrando in questi giorni. Il primo è accusato di complicità coi delitti più efferati perché non fornisce le chiavi di decrittazione del suo sistema di messaggistica, che in realtà sono nelle mani di suo fratello. Se questa è la ratio, allora anche lo Stato è complice di chi fa rapine e violenze o ammazza vecchi, donne e bambini, dato che gli ha costruito le strade che dopo il delitto usa per fuggire.

Fermo restando che anche quella potrebbe essere una messinscena, per mezzo della quale arrivare a risultati che scopriremo immancabilmente a cose fatte, quando ormai è troppo tardi.

Per revocare il diritto alla libertà d’informazione e di espressione del pensiero basta, come abbiamo appena visto, un uso sufficientemente spregiudicato della semantica e qualsiasi legge, diritto o articolo costituzionale lo si aggira senza alcuna difficoltà. Basta persino una semplice parola, a condizione che sia utilizzata sempre e comunque, da tutte le fonti allineate, ovviamente alla volontà del potere che ha condotto a uno stato di fatto come quello che stiamo vivendo.

Quella parola è disinformazione: con il suo impiego accorto, ossia per mezzo di un bombardamento ossessivo, coordinato con tutta una serie di inganni realizzati proprio per rafforzare nell’opinione generale il concetto desiderato, cui fa seguito immancabilmente il varo di leggi appositamente designate, e che stavolta si faranno rispettare con una logica ferrea, è possibile addirittura revocare la libertà di pensiero e della sua libera espressione malgrado siano sancite dalla Costituzione.

Quello descritto è il sistema problema-reazione-soluzione.

Si crea un problema, tale da indurre nell’opinione pubblica la reazione desiderata, e a quel punto si ha già pronta la soluzione, che è esattamente ciò a cui si voleva arrivare, fin dapprincipio.

Se si osserva col minimo di attenzione un qualsiasi accadimento, che sia a livello storico, politico, sociale o economico non fa nessuna differenza, ci si accorge che lo schema di fondo è sempre quello descritto.

Il diritto alla libera circolazione lo hanno già revocato, con il consenso della maggioranza schiacciante della popolazione, cui per l’occasione è stato permesso di rivalersi tramite la possibilità d’infierire con ogni mezzo nei confronti del reo di pensiero non unificato, inventando l’emergenza del malato asintomatico. Ossia immaginario, proprio come nella commedia di Molière, vecchia di secoli ossia troppo perché qualcuno potesse cogliere il nesso.

Il tutto tra i battimani e gli urrà degli astanti, che a forza di brasarli a mo’ di stufato, secondo la ricetta della rana bollita, si è portati a uno stadio di assuefazione e abulia senza precedenti, tale da renderli incapaci persino di comprendere le condizioni in cui li si è portati a sopravvivere.

Ma soprattutto, pronti a lottare con ogni mezzo e fino alla morte per difendere le loro catene.

Nello stesso tempo quel trattamento sembra aver prodotto in loro stessi un sistema anticorpale non più adibito a combattere i sintomi o l’incipienza di una qualsiasi malattia, a quelle ci pensa la $cienzah, ma operante con un’efficacia inimmaginabile nei confronti della ragionevolezza, del senso della realtà e della sua accettazione, entrambe rifiutate a oltranza con tutti sé stessi.

Non crederai ai tuoi occhi o alle tue orecchie, ma solo a quello cui ti ordina di credere il Partito.

G. Orwell

La logica alla base e a cui rispondono forum, social e loro partecipanti è esattamente la stessa.

Quanti vi contribuiscono credono, orwellianamente, s’intende, ossia secondo la logica del bispensiero, di fare informazione e divulgazione riguardo alla materia di cui sono appassionati. In concreto invece fanno esclusivamente pubblicità e ovviamente la guardia all’ortodossia, intesa nella sua accezione più retriva, operando quali casse di risonanza di una propaganda ancor più pervasiva e devastante di quella veicolata per mezzo dei metodi tradizionali.

A questi infatti viene imputato il peccato originale di conflitto d’interessi, elemento alla base del meccanismo d’inganno descritto fin qui e inventato apposta per conferire un’arma atta a colpire dove meglio si crede a quanti ne hanno a carico uno di proporzioni enormemente maggiori. Senza contare che in realtà sono le Istituzioni stesse a esserne portatrici primarie e insuperabili, oltretutto in un numero di esempi pressoché incalcolabile.

Dunque la propaganda operata per mezzo del sistema da pari a pari non è solo più efficace, in quanto ritenuta erroneamente monda dal peccato originale, ma dati i mezzi che utilizza ha una diffusione di capillarità impareggiabile. E’ eseguita da quanti ne hanno introiettato i fondamentali in maniera non si sa quanto inconsapevole e ancora una volta sfruttano l’inganno del da pari a pari, secondo la logica dell’uno vale uno.

Ossia la stessa delle rotatorie stradali, finalmente ci siamo arrivati, per il tramite delle quali è stato abolito quello un tempo noto come diritto di precedenza, elemento fondamentale di regolazione del traffico e del suo fluire senza danni ai mezzi e soprattutto alle persone.

Ma prima ancora ci si è abolito il criterio di attribuzione della gerarchia, quindi delle priorità e per conseguenza della possibilità, da parte dell’individuo, di attribuire una logica e una prospettiva al proprio pensiero e alle proprie azioni.

Oggi, per effetto di esse, non a caso costruite in proporzioni sempre più grandiose e in numero ridondante per qualsiasi necessità presente o futura, chiunque provenga da qualsiasi direzione ha lo stesso identico diritto di chiunque altro a impegnare la carreggiata, non importa in modo alcuno l’importanza della strada e la prevalenza degli assi principali sulle vie secondarie e di queste su carrarecce, tratturi o sentieri da pascolo. Fatti apposta proprio per le greggi cui sono ridotte masse umane sempre più ingenti proprio grazie ai criteri squisitamente zootecnici con cui le si conduce.

Ai loro occhi, pertanto, il sentiero su cui transitano non solo non differisce in modo alcuno dall’autostrada, ma alla lunga non avranno più modo neppure di concepire la differenza.

L’unica regola tenuta in piedi è quella del chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori. Ogni riferimento alla vita reale e ai meccanismi che ne regolano la strumentalizzazione cooptativa e discriminatoria è puramente casuale.

Effetto secondario, che nella logica odierna è spesso quello desiderato più di ogni altro, è la perdita totale dell’orientamento: ti mettono quattro o cinque rotatorie posizionate strategicamente l’una rispetto all’altra e tutte di seguito: in men che non si dica non sai più da che parte stai andando.

Nello stesso identico modo in cui quando si fa girare su sé stessa una persona per qualche secondo alla giusta velocità, perde l’equilibrio e la consapevolezza del luogo, della direzione in cui si trova e persino la capacità di mantenere la propria postura, cadendo regolarmente a terra afflosciata come un fantoccio.

Quante volte, da bambini, abbiamo fatto questo gioco?

E quante altre, noi malati di progressive e assimilati, abbiamo guardato a oltranza l’etichetta degli LP Vertigo mentre girava, per trarne quel senso lieve ma evidente di disorientamento?

Per combinazione, oggi gli LP che hanno quell’etichetta hanno i prezzi più alti del mercato. I Vertigo successivi invece, quelli con la nave spaziale, emblema che tra l’altro dal punto di vista artistico ha ben altro valore, sono alla stessa stregua di tutti gli altri.

Non è un caso allora che decadenza e restaurazione del settore di nostro interesse siano andate di pari passo col diffondersi delle attività nelle cosiddette aree di discussione pubblica, così da togliere di mezzo quanto di buono accumulato negli anni in cui la riproduzione sonora si è finalmente liberata del fardello dei grandi marchi, ovvero dei fatturati e dei profitti che anno per anno devono portare a casa, immancabilmente. Pena il crollo del loro valore di borsa, che proprio il pubblico degli appassionati è chiamato a sopportare. Si è data così la possibilità di coprire quegli spazi rimasti sguarniti a realtà di dimensioni molto minori.

Come tali più libere di perseguire finalità dal maggior addentellato con quelle primarie della riproduzione sonora. Non riguardano il convincere ogni appassionato che sia doveroso o meglio inevitabile comprarsi il finale da centomila watt che suona uno schifo e costa come una villa a Portofino, ma il dare la possibilità al maggior numero di persone di avere una sonorità realistica spendendo il giusto.

A questo punto qualcuno salterà su come al solito, oltretutto reso più sicuro nelle sue considerazioni e nei suoi intenti da anni e anni spesi a perseguire la qualunque in quei luoghi resi disponibili dal virtuale ma dagli effetti mai così ben tangibili di devastazione materiale dei principi, dei concetti e dei fini, chiedendo cosa abbia a che fare quello di cui abbiamo parlato fin qui con la domanda inviatami e più ancora con gli scopi dei quali si richiede una valutazione in merito alla loro plausibilità.

Si dice che non si dovrebbe mai rispondere a una domanda con un’altra, ma per una volta facciamo uno strappo alla regola: come si potrà mai pensare di arrivare una destinazione, per quale essa sia e a maggior ragione se di tale ambizione, se non solo non si sa dove ci si trova ma neppure si ha una vaga idea al riguardo?

Frutto appunto di quell’opera incessante, secondo le regole dell’assalto concentrico, da parte di media, social e forum, nei confronti di un appassionato che non solo è sempre più alla loro mercé e come tale privo di qualsiasi ipotesi di acquisizione di un’esperienza concreta, in grado di assisterlo nella ricerca dei suoi traguardi, ma ridotto ormai a un’entità della quale disputarsi e spartirsi ogni brandello, secondo la stessa logica del maiale, di cui non si butta via niente.

In condizioni del genere come pensiamo di poter raggiungere un qualsiasi obiettivo che non sia quello di rafforzare ulteriormente le entità e i poteri che si materializzano in conseguenza di esse e come tali vanno a incistarsi sempre più in profondità nel settore, influenzandone ogni manifestazione, e il cui primo intendimento è ridurre ciascuno a elemento atto a contribuire e a rafforzare le loro rendite di posizione?

Per prima cosa allora è necessario sbarazzarsi di quel fardello e iniziare ad agire in maniera del tutto indipendente.

Per quanto possano essere grossolani gli errori cui si andrà per forza di cose incontro, i loro effetti saranno di entità trascurabile in confronto a quelli che patiremmo restando al nostro posto nella condizione fin qui tratteggiata.

D’altronde qualsiasi destino è meno peggiore di quello del maiale, ingozzato a forza fin quando lo si tiene in vita, proprio per avere la resa maggiore nel momento in cui lo scanna. Mentre lui crede che lo si faccia perché lo si apprezza, è di compagnia e gli si vuole bene.

Proprio come l’appassionato è fermamente convinto, e nulla potrà mai indurlo a prendere atto di qualsiasi ipotesi diversa, che le apparecchiature destinate alla riproduzione sonora siano progettate, realizzate, distribuite e vendute esclusivamente in funzione della sua passione, al fine di assecondarla in tutto e per tutto.

 

Eterno presente

Ogni disco è stato distrutto o falsificato, ogni libro è stato riscritto, ogni immagine è stata ridipinta, ogni statua e ogni edificio è stato rinominato, ogni data è stata modificata. E il processo continua giorno per giorno e minuto per minuto. La storia si è fermata. Nulla esiste tranne il presente senza fine in cui il Partito ha sempre ragione”.

George Orwell – 1984

Qualcuno ha detto argutamente che ci hanno dato persino il manuale delle istruzioni, ma noi insistiamo a pensare che si tratti di un romanzo e a leggerlo come tale.

L’eterno presente è esattamente quello che viene costruito dalla pubblicistica di settore per mezzo della sarabanda infernale costituita dalle prove tecniche e d’ascolto infinite sulla quale impernia il 99,9% dell’attività editoriale, volta altresì al proprio finanziamento.

Apparecchiature su apparecchiature si susseguono l’una all’altra senza alcuna soluzione di continuità e vengono osannate regolarmente come il meglio del meglio, ma soprattutto ciascuna di esse è definita immancabilmente come superiore a qualsiasi altro suo concorrente.

Questa giostra va avanti ormai da decenni e nulla o nessuno può fermarla, sistema volto appunto alla costruzione dell’eterno presente nel settore di nostro interesse, realizzato per mezzo di un meccanismo del tutto indistinguibile da quello della heavy rotation radiofonica, ovvero della reiterazione ai ritmi più sostenuti dei brani, e nel nostro caso delle apparecchiature a cadenza martellante.

Il tutto avviene proprio secondo la logica delle rotatorie, dove il completamento del percorso riporta immancabilmente al suo inizio e non a caso sono designate con lo stesso termine.

Conseguenza di questo sistema, per il suo destinatario, è la perdita di qualsiasi capacità di valutazione, giudizio indipendente o solo di orientamento tra le proposte del mercato e le direttrici da percorrere ai fini dell’ottenimento di un risultato, per quale che sia. Alla fine non si sarà nemmeno più in grado di immaginarne uno.

D’altronde far coincidere la fine del percorso col suo inizio è nell’ordine delle cose e necessario più che mai sotto l’aspetto economico e ancor più quello materiale. Se al termine del tragitto si porta qualcuno in una posizione definita, come lo si potrà convincere a passare ancora una volta dal via, e senza manco le duemila Lire del Monopoli ma dicendogli anzi che deve ricominciare a spendere e per un multiplo di quel che ha speso fino ad oggi?

Se così non si facesse, cosa accadrebbe ai destini economici del comparto merceologico che ci riguarda?

Questo eterno presente serve allora a far si che il destinatario della propaganda non possa più neppure concepire una realtà in cui il verbo diffuso per il suo tramite non sia il confine invalicabile non dell’universo conosciuto ma di quello conoscibile. Entro il quale metodi, strumenti e finalità stesse dell’attività inerente la riproduzione sonora siano solo ed esclusivamente i più indicati all’imposizione di quella stessa propaganda e all’inverarsi dei dogmi sui quali si articola, secondo una logica indistinguibile dal “Non avrai altro Dio all’infuori di me”.

Con la sola differenza che il comandamento non è più prescritto dal ministro della fede, ma innalzato al rango di legge inemendabile dall’autoproclamato campione del pensiero razionale.

Dunque siamo rinchiusi in un recinto invalicabile, all’interno del quale siamo guardati a vista per mezzo di un ferreo sistema di controllo digitale, vero e proprio panopticon dove il controllore può vedere tutto e tutti senza poter essere visto. Ad esso ci asserviamo di buon grado e persino con entusiasmo, perché è comodo e costa poco, senza nemmeno riuscire più a cogliere l’assurdità del pagare per essere controllati.

Il tutto ancora una volta tra gli evviva e gli urrà che echeggiano e rimbalzano senza posa tra social e forum, dei quali è pertanto sancita la finalità genuinamente lobotomizzatrice,

Peggio ancora, se proprio perché paghiamo per essere controllati ci ritroviamo di fatto anche se inconsapevolmente resi incapaci a tal punto di concepire una realtà diversa da quella che stiamo vivendo, come potremo mai immaginare di poter raggiungere un obiettivo che non sia quello deciso a priori dai padroni del discorso, il quale logicamente non potrà che corrispondere ai loro interessi?

Condizione fondamentale allora è liberarsi da esso e dai suoi dogmi. Proprio come scritto, non a caso, nel sottotitolo di questo sito.

Dunque la possibilità di raggiungere determinate finalità sta innanzitutto in noi, nell’approccio con cui ci accostiamo alla materia e nella nostra capacità di concepirlo in maniera libera e quindi più indicata per le nostre prerogative e inclinazioni personali.

Questo presuppone la volontà di affrontare fatiche ben maggiori, “La libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza” ha scritto sempre il solito Orwell, dato che tra le attrattive del recinto appositamente approntato per chi intende avvicinarsi alla riproduzione sonora c’è anche quella subdola inerente la comodità di restarsene al riparo al suo interno, in mezzo al gregge, senza dover affrontare le incertezze e le difficoltà che attendono al varco chiunque intenda procedere per conto proprio.

Vogliamo mettere quanto è più facile vedersi scodellato giorno per giorno e persino ora dopo ora, quando un tempo era mese per mese, l’oggetto realizzato apposta per assecondare le nostre finalità e soprattutto essere convinti che sia tale, almeno fino al momento in cui scopriremo, nostro malgrado, di averne di nuove e più stringenti?

Anche allora però il sistema avrà già pronto quanto più indicato per accontentare non solo l’orecchio, appositamente addomesticato alla bisogna, ma anche il nostro istinto di gratificazione e ancor più quello di auto-affermazione. Siamo o non siamo pervenuti in possesso dell’oggetto di cotanta esclusività, fa niente se fabbricato in Cina in milioni di esemplari? Come tali forse non siamo parte di una ristretta élite di intenditori?

Soddisfatti questi aspetti basilari, la ricerca e la stessa capacità di concepire il realismo della riproduzione diventano marginali, e persino complicati da ipotizzare, sovrastati e assordati dal frastuono prodotto da stuoli di redattori e aspiranti tali in servizio permanente effettivo. Quindi nostri pari e ancora più credibili, che ci rassicurano non più riguardo alla misura in cui la nostra scelta sia indovinata, ma all’impossibilità materiale di poterne fare una migliore.

Proprio perché l’oggetto che ci presentano “eclissa i rivali”.

Questo naturalmente solo fino all’apparecchiatura successiva che perverrà alla loro attenzione, che sarà anch’essa e per forza di cose ai vertici assoluti dell’efficacia e come tale della raccomandabilità.

Non solo, se quanti sanciscono l’efficacia del prodotto sono nostri pari, per la legge della transitività anche noi a nostra volta potremo emettere verdetti di egual assolutezza, nella certezza inoppugnabile di essere nel giusto.

Pertanto, proprio come nelle rotatorie, dove autostrade, statali, provinciali e carrarecce sono di fatto equiparate e il termine del percorso, ovunque lo si ritenga situato, equivale immancabilmente al suo inizio, più nessuno potrà pensare di avere maggior esperienza, competenza e voce in capitolo della nostra. Realtà comportamentale e prima ancora abito mentale, che non a caso oggi è più diffusa che mai, nella nostra come in qualsiasi altra specialità.

E qualora anche fosse, il criterio relativizzato centrato sulle nostre necessità personali, del tutto esclusive e diverse da quelle di chiunque altro oggi imperante, renderà qualsiasi eventuale divario non privo d’importanza, ma di comprensibilità. Come tale pronto per essere misconosciuto o meglio ancora negato a priori.

Eccoci di nuovo privati non del senso dell’orientamento, ma per effetto di quanto sopra della possibilità stessa di concepire l’idea dell’esistenza di punti cardinali sui quali articolarlo. Pertanto qualsiasi percorso sarà ancora una volta una rotatoria. O, per meglio dire, una ruota da criceti.

Ridotti alla stregua di un roditore, che corre senza posa senza capire che a fronte di tanto sforzo rimane fermo nello stesso posto, quello da dove può essere osservato e sfruttato al meglio, come potremo confrontarci contro un altro degli ostacoli fondamentali alla riuscita dell’impresa e oltretutto pensare di risolverlo?

Per sua fortuna, almeno, nonostante il suo correre senza posa il criceto resta fermo. Quanti appassionati invece dopo aver speso somme rilevanti si ritrovano di fatto a essere andati all’indietro?

Ulteriore effetto dell’eterno presente è quello della metamorfosi dei concetti e delle finalità, più di tutti quella che abbiamo visto nell’articolo pubblicato subito prima di questo, in funzione della quale “Essere o avere” diventa infine essere per apparire.

Trasformazione inevitabile nel momento in cui i ritmi di sostituzione atti a materializzare l’eterno presente e a tenerlo attivo a tempo indeterminato, e quindi i tempi concessi da tale sistema, non permettono più alcuna valutazione concreta, basata su un’analisi dei contenuti che per essere portata a compimento abbisogna innanzitutto di tempo. E oltretutto è negata dal predominio asfissiante dei contenuti senza contenuto di cui si è già parlato.

Oggi di tempo non ce n’è, o meglio non ce ne deve essere, figuriamoci se per cose di tale complessità. Quindi restano le apparenze, che per conseguenza devono essere in grado di produrre la maggior lusinga possibile nell’osservatore, reso del resto incapace di operare un qualsiasi altro tipo di discrimine. Pena, il rifiuto a priori nei confronti di tutto quanto non assecondi la legge non scritta delle apparenze a ogni costo.

A sua volta questo induce un ulteriore svuotamento a livello tecnico e prestazionale, dato che tutto lo sforzo è rivolto all’estetica e alla fotogenia, necessaria per assicurarsi una posizione che non sia di svantaggio sulle piattaforme alle quali il pubblico si rivolge per effettuare la quasi totalità dei suoi acquisti.

 

Dal lato della produzione

Nella domanda inviatami si è poi fatto riferimenti agli strumenti che si utilizzano in tale ambito, per la registrazione di quanto si va poi ad ascoltare per mezzo dell’impianto, anch’essi s’immagina interessati da un processo evolutivo.

Se questo è del tutto vero in astratto, una volta che si scende sul terreno del concreto perde inevitabilmente d’importanza.

In primo luogo perché i costi dell’evoluzione tecnica non possono più essere affrontati se la loro destinazione è quella di materiale destinato a essere distribuito mediante piattaforme di somministrazione da remoto, che compensano ogni ascolto con millesimi di dollaro, quando va bene.

Ne consegue la tendenza esistente ormai da tempo riguardo allo smantellamento degli studi più prestigiosi, quindi all’impossibilità concreta di produrre registrazioni all’altezza. La chiusura di quegli studi comporta la messa in mezzo a una strada dei tecnici che operavano al loro interno, quindi la perdita secca di conoscenze e capacità destinata a diventare irrecuperabile.

Se anche così non fosse, resterebbero comunque in piedi i problemi legati all’impiego e alle finalità di un materiale tanto raffinato nell’ambito dello studio di registrazione, e poi all’utilizzo predominante che ne viene fatto a livello di fruizione.

A livello della registrazione di musica, nello scorso periodo tutti gli sforzi si sono concentrati nella cosiddetta loudness war. Conseguenza inevitabile del digitale e delle sue limitazioni fisiologiche, che per prima cosa vanno a negare l’elemento primario del realismo della riproduzione: la dinamica. Questo malgrado margini teorici elevatissimi riguardo a questo parametro, dimostrando per l’ennesima volta l’ingannevolezza di tabelle e misure, che nulla hanno a che fare con l’elemento reale.

Se un intervallo massimo di 15 dB, quando va bene, è quello concesso dalle necessità di fare in modo che il materiale suoni “forte” e quindi in maniera gradevole per l’orecchio del profano, va da sé che tutto il resto non potremo che salutarlo, sia pure con rimpianto.

A che serve allora tanta perfezione, se l’unico scopo che ci si pone è quello di pompare il materiale registrato come se non ci fosse un domani?

Se anche questo non fosse, l’inaridirsi della vena creativa in generale è un problema che non si scopre oggi ed è inevitabile nel momento in cui tutti i media allineati esaltano come il meglio di quanto sia immaginabile gente che ai fini del successo sale sul palco solo per togliersi le mutande?

E cosa saranno i seguaci di tali “artisti”, appassionati ancora di musica o semplici guardoni?

Le finalità d’istupidimento di massa di roba simile sono palesi e malgrado ciò torme di pseudo cultori della musica esprimono nei confronti di quell’immondizia tutto il loro apprezzamento, bollando come retrogrado e fascista chiunque osi rilevare l’assurdità e prima ancora l’inconsistenza di certi fenomeni. Che però sono pompati a tutto spiano dalle solite fonti allineate, le cui sirene sono come sempre irresistibili.

Ora, seppure il materiale di quei nuovi geni della musica e dell’intrattenimento fossero registrati in maniera tanto sublime da rasentare la perfezione dell’evento originario, che ovviamente non potrà che suonare a sua volta di schifo, cosa potrei farmene?

Tenderò comunque a preferire qualcosa di registrato in maniera molto meno raffinata, ma che mi dia un’emozione innanzitutto a livello artistico.

 

I problemi del perfezionamento

Anche il perfezionamento ha le sue leggi. Quella primaria spiega che mentre si procede lungo la sua strada, i possibili elementi in grado di minarlo o negarlo diventano sempre più numerosi e sempre più sottili, fino a diventare impalpabili. Per contro assumono capacità sempre maggiori di affossare detta perfezione o solo il grado più o meno grande con cui siamo riusciti ad approssimarla. Ogni passo in avanti pertanto comporta un aumento esponenziale della vulnerabilità di tutto l’insieme, anche per cose in apparenza inesistenti.

Ricorriamo per l’ennesima volta all’esempio delle corse d’auto, come in Formula 1 dove è ormai uso comune ricoprire ogni giuntura della carrozzeria con dell’adesivo, applicato in maniera certosina e senza la minima piega o sbavatura. A quanto equivale il vantaggio ottenibile con quell’accorgimento? Forse qualche centesimo. Al di là del fatto che poi non si aprirebbero più cofani e portiere, se facessimo lo stesso sulla nostra auto, cosa potremmo ottenere? Riusciremmo ad accorgerci del suo effetto?

Oltretutto a fronte di sacrifici sostanziali, inerenti persino il poter salire in auto. Dunque la via del perfezionamento è fatto innanzitutto di rinunce, proprio perché come abbiamo ripetuto tante volte il meno è di più.

Invece cosa fanno tutti i fabbricanti di questo mondo? Imbottiscono il loro prodotto di ogni accessorio, gadget e orpello, anche il più balzano e surreale, per cercare di colpire il cuore del potenziale acquirente. Dove arriveremo seguendo quella strada, cui in tempi di pensiero unico come quelli attuali non si vogliono lasciare alternative di sorta?

 

Chi è chi, cosa è cosa

Il diffusore non è lo strumento musicale, l’amplificatore non è il musicista che lo manovra e la sorgente non è lo spartito che si legge per dar luogo all’esecuzione musicale.

Pertanto sono quelle stesse differenze che renderanno l’evento originario distinguibile per uno o più elementi rispetto alla sua riproduzione.

Quanto sono più grandi, il diffusore, l’amplificatore e la sorgente, e per conseguenza complessi, dunque volti più all’apparire che all’essere, tanto maggiori saranno le loro differenze nei confronti dello strumento musicale, dell’esecutore e dello spartito. Come tali saranno visibili con più chiarezza e da distanze sempre maggiori.

Non a caso, quando ancora era possibile una vera ricerca di perfezionamento, ossia questa non era asservita in primo luogo al discorso economico, era d’uso dire che la sorgente sonora ideale è quella puntiforme.

Oggi non usa più e per un buon motivo. Se lo si dicesse come farebbero a venderti quei diffusori dalle dimensioni ancor più che esagerate? Per forza che devono costare tanto, non vedete quanto sono grandi?

Nondimeno, se la riproduzione è eseguita secondo le modalità più indicate allo scopo, e servendosi di mezzi tecnici realizzati effettivamente tenendo quel fine come primario, potrà dare luogo a sensazioni se non del tutto identiche, tali almeno da richiamare quelle tipiche dell’evento reale sempre più da vicino e talvolta in modo persino prepotente.

Laddove invece l’approccio alla riproduzione sonora e i mezzi coi quali la si mette in atto rispondano ad altri scopi, che con essa hanno poco o nulla a che vedere, l’ottenimento di determinati traguardi o solo l’avviarsi alla loro volta non sarà evidentemente possibile.

Qui subentra l’elemento tecnico a monte, ossia quanto fatto in sede di registrazione e poi di fissaggio dell’informazione sul supporto atto a contenerla, che a dispetto della liquida e delle premesse che si vorrebbero imporre per il suo tramite, da qualche parte deve esistere e per conseguenza tale specialità falsamente innovativa si dimostra per quello che è: un dispositivo di liquidazione, prima di tutto per i cervelli dei suoi destinatari.

Ora, è vero che esiste un repertorio sterminato fatto da registrazioni eseguite in passato, da liquidarsi appunto al fine d’imporre il nuovo sistema fondato sull’abbonamento, e più ancora sull’abbindolamento di quelli cui viene fatto credere che pagare a vita, invece che una volta e per tutte, per ascoltare sempre le stesse cose sia l’affare non del mese ma del secolo.

E’ inevitabile che col passare a miglior vita di quanti sono in grado di servirsi di quel repertorio, almeno per una sua parte, esso venga pian piano abbandonato. Il suo posto sarà preso dal prodotto fatto apposta per le nuove leve e per i nuovi sistemi di diffusione, sul cui contenuto artistico è meglio non indagare ulteriormente.

Realizzato sulla base di possibilità di remunerazione quantomeno aleatorie, e comunque realizzabili solo a fronte di milioni o meglio miliardi di ascolti, va da sé che ovunque non vi sia la certezza di successo in dette proporzioni sarà giocoforza realizzare tutto al massimo risparmio.

E ancora non basta, si ricorrerà sempre più al fai da te, proprio al fine di abbattere i costi, con l’impiego dei mezzi tecnici più adatti allo scopo, che quindi rispondano innanzitutto al criterio inerente la massima ristrettezza economica. Nel frattempo le maestranze specializzate scompariranno e il risultato complessivo sarà l’analfabetismo. Ossia quello che nella sua forma di ritorno abbiamo imparato a conoscere tanto bene nell’ambito dell’analogico, coi risultati che sappiamo.

Laddove la gran parte del prodotto reperibile corrisponda a tali prerogative, per quale motivo al mondo anche chi sa di avere in tasca tutti gli ascolti necessari a pagarsi quantomeno i costi dovrebbe impegnarsi ai fini della qualità di registrazione, elemento imprescindibile ai fini di quella di riproduzione?

Essa stessa anzi, diverrebbe elemento di diversità dal consueto e quindi di rifiuto da parte delle masse lobotomizzate coi metodi che abbiamo visto fin qui.

Non solo sarebbe uno spreco di risorse, ma al di là dell’equivalere a darsi la zappa sui piedi, con ogni probabilità non vi sarebbe più nessuno in grado di comprenderla, ammesso e non concesso che i mezzi di riproduzione utilizzati dalle nuove leve permettano di cogliere la differenza.

Dunque, ogni giorno che passa il traguardo si allontana, fino al momento in cui, ancora una volta diverrà non più concepibile.

A questo corrisponde l’elemento dato dalla sempre maggiore serializzazione e massificazione del prodotto, senza distinzioni se destinato all’ambito della registrazione o a quello della riproduzione.

D’altronde si tratta di un processo necessario, se il fine ultimo è l’abbattimento dei costi. Un tempo i fabbricanti si sforzavano di comprendere e andare incontro ai gusti della clientela, i quali tra l’altro oltre a essere tendenti a infinito erano in via di continuo mutamento. Quindi il corrervi dietro, ammesso che s’imbroccasse sempre la strada giusta, era fonte di spese enormi e senza fine.

Così si è compreso che non è conveniente realizzare il prodotto su misura del suo utilizzatore, ma lo è molto di più piegare la massa degli utilizzatori alle necessità del prodotto e delle caratteristiche che si ritiene più opportuno infondergli.

Per conseguenza alla serializzazione sempre maggiore, necessaria per contenere i costi, non può che corrispondere quella, obbligatoria, del fruitore. Meglio ancora la deve precedere, dimodoché quando il nuovo prodotto è pronto ha già il pubblico impaziente ed entusiasta di scapicollarsi, indebitandosi, a consumarlo.

Come abbiamo detto mille volte allora, e lo ripetiamo ancora, in conseguenza delle sue stesse esigenze il capitalismo divora tutto quanto incontra lungo la sua strada. Pertanto è destinato fatalmente a fagocitare anche sé stesso. Solo che ciò avverrà dopo che avrà già digerito ed espulso i resti di tutti noi, a seguito dell’averci trasformato in altro, come il meccanismo appena descritto mostra in maniera impietosa.

In quanto tale, il capitalismo nega qualsiasi finalità che non sia compresa in quelle che si prefigge, ossia il travaso di ricchezza dal basso verso l’alto, a favore dei suoi attori principali e per conseguenza la sua accumulazione in quantità sempre maggiori nelle mani di un numero sempre minore di detentori, chiunque essi siano.

Inevitabilmente allora, questo ci riporta alle considerazioni iniziali, che ora valutiamo con altra consapevolezza, proprio in funzione di quanto osservato fin qui.

Da qualsiasi lato lo si osservi, si comprende che l’imperativo numero 1 è di affrancarsi da esso con ogni mezzo e per ogni aspetto, quale che sia l’obiettivo che ci prefiggiamo. Quanto più riusciremo a farlo, tanto più facile sarà raggiungerlo.

Quindi la possibilità di ottenere determinati risultati sta prima di tutto in noi stessi e nelle nostre capacità di riconoscerli, ossia non cedere alle lusinghe del sistema mediatico al suo servizio, prima ancora di disporre dei mezzi per avvicinarci ad essi.

Altri modi, purtroppo, non ce ne sono. E anche se i soli possibili appaiono di difficoltà insormontabile, e in buona misura lo sono, saranno sempre più rapidi, diretti ed economici rispetto all’affidarsi al Gatto e alla Volpe, coi loro consigli per gli acquisti per nulla disinteressati, palesi o dissimulati che siano. Il loro motto, o meglio il motivo al ritmo del quale sono proprio loro i primi a dover ballare, è produci, consuma e crepa.

Se possibile, cerchiamo di percorrere una strada diversa, caratterizzata da una fine che non corrisponda immancabilmente al suo punto di partenza.

 

 

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