Ultracafonal bavarese. Alias, il nirvana del fabbricante

Come sempre avviene in casi simili, di fronte alle foto e alle notizie che giungono dal salone dell’hi-fi di Monaco l’interesse degli appassionati si scatena.

D’altronde la kermesse bavarese è la manifestazione più importante e rinomata che si tiene in Europa, dedicata alla riproduzione sonora.

Almeno un tempo era così, oggi sinceramente non è più dato sapere cosa sia, quantomeno per chi riesca ancora ad attribuire un significato con il minimo d’indipendenza a quel che si vede passare di fronte agli occhi. Quindi non abbia  piantato nel cervello o in quel che ne rimane una sorta di controllo a distanza che lo induca a posizioni e atteggiamenti predeterminati, nell’assenza di qualsiasi capacità non dico di critica, ormai pretendere tanto e decisamente fuori luogo oltreché fuori moda, ma almeno di valutazione.

Stiamo parlando di veri e propri prodigi della tecnologia, dato che quel ricevitore di comandi impartiti da remoto non è stato impiantato per mezzo di un’operazione più o meno cruenta ma comunque legata all’esecuzione materiale dell’inserimento dei componenti elettronici atti a produrre la funzione desiderata. E’ avvenuta invece a colpi di propaganda, assordante, pervasiva, a senso unico, volta a imporre un modello imprescindibile al quale pertanto è del tutto impensabile sottrarsi, oltreché vietato per mezzo di una legge non scritta.

Come tale è molto più efficace e soprattutto irriformabile, se non da parte di chi possa disporre a piacimento della quantità di mezzi, soverchiante, e di tempo, si parla di decenni, necessaria allo scopo insieme a uno o più cambi generazionali su cui plasmare i dettami del credo che ha interesse ad affermare.

Quando l’estetica o meglio ancora l’esibizione sfrontata della pura apparenza acquisisce i connotati di uno sfarzo incapace persino di riconoscere i tratti della pacchianeria più marchiana, così da rasentare l’oscenità, e di conseguenza o magari solo grazie a quel pretesto i prezzi di listino salgono a vette in cui ogni rapporto con il livello delle prestazioni offerte diventa una pia illusione, il risultato che si ottiene è innanzitutto un cafonesco che va oltre ogni limite o possibilità d’imitazione. Persino da parte del villico più stolto e illetterato, prototipo dell’individuo cui ci è stato insegnato ad associare tale definizione.

Costui non potrebbe mai oltrepassare certi limiti, proprio perché impedito dalla naturalezza e dalla semplicità di fondo cui resta inevitabilmente legato.

L’ultracafonal bavarese, e quello di ogni altra località della terra in cui si tocchino vette di simile indecenza è fatto invece di arroganza, presunzione, urgenza di colpire l’immaginario e d’imporsi a botte di volgarità, gigantismo, orpello. Scopo, solleticare gl’istinti più bassi di chi può e pertanto è abituato ad attribuire un prezzo a qualsiasi cosa, nella convinzione assoluta che comperarla sia solo una questione di denaro. E poi anche di chi di tutto questo non è all’altezza ma vorrebbe arrivarci con tutto sé stesso.

Sovente non per intima convinzione ma perché persuaso con grande abilità e tenacia che quello è il solo scopo degno di essere perseguito.

In un quadro del genere i giudizi sul suono hanno ancora un senso?

Pensiamo davvero che chi ha trascorso la propria vita ad ammucchiare denaro al punto di prendere in considerazione l’acquisto di roba simile sia interessato al modo in cui suona o sia solo in grado di eseguire una selezione al riguardo, per quale che sia?

Oscenità, sinonimo di pornografia, che non è o almeno non è più quella dei giornaletti zozzi in cui tutto sommato non si fa altro che esibire e celebrare l’attitudine primaria attribuita da Madrenatura a ciascun essere vivente, ossia l’istinto alla riproduzione e quindi la capacità di tramandare la propria stirpe. Molto peggio a tale riguardo, e quindi enormemente più pornografici sono gli esempi, che definire di gusto pessimo è finanche riduttivo, degli impianti esposti nella mostra tenutasi a Monaco di Baviera lo scorso fine settimana.

Anche perché non suonano manco a calci e del resto neppure potrebbero, date le loro caratteristiche e le “idee” da cui originano.

 

Definizioni

Come ben sappiamo il modo di esprimerci è in continuo divenire e così la semantica, senza che ce ne accorgiamo, è sottoposta a un processo di modificazione sotterraneo ma incessante, che infine rivela i propri esiti. Sono talmente poderosi che nessuno vi si può sottrarre, tranne che per mezzo di uno sforzo di volontà che in funzione della realtà attuale è da considerare fin quasi sovrumano.

Stando a quel che è dato vedere, allora, si va affermando l’idea che il termine mostra non derivi più da mostrare, quale sinonimo di esibire, ma da mostruosità. In modo tale che quanto esposto a Monaco sia decisamente in tema.

Questo sarà avvenuto per coincidenza?

Più di tutto a me sembra che ormai l’altissimo di gamma, ossia quello che chi lo propone vorrebbe far credere di essere fin quasi in grado di toccare le vette della Creazione e personalmente ho definito hi-fi per oligarchi, sia in preda a una psicosi irreversibile, legata in maniera ferrea alla forma più totale e definitiva di dissociazione dalla realtà.

Parlare di senso della misura non ha proprio più senso alcuno e allora per forza di cose è la cafonaggine a farla da padrona o meglio da dominatrice assoluta, incontrastata e incontrastabile. Proprio perché quando ci si spinge a certi eccessi non vi è possibilità alcuna di ritorno.

E’ inevitabile del resto che certe cose abbiano quale attributo primario la capacità di far perdere il bene dell’intelletto. Proprio per mezzo dell’assuefazione nei loro confronti, che producono semplicemente attraverso il ripetersi dell’esposizione del pubblico a fenomeni siffatti.

Così, invece di rifiutarsi a priori di ascoltare o solo considerare tali obbrobri, costosissimi, e oltretutto non possono far altro che suonare di una schifezza che plateale è ancora poco, si fa un punto d’onore lo spendere somme di denaro non indifferenti, sottratte per forza di cose dal maggior benessere e allo svago della propria famiglia per partecipare anno dopo anno a quella sagra del pacchiano più sfrontato e privo di freni inibitori. Di cui oltretutto si fa gran vanto.

Del resto si sa, quando l’obiettivo è solo quello di fare soldi, e farne a palate, non ci si ferma di fronte a nulla. Allo scopo si dev’essere disposti a passare sopra a tutto e sotto a tutto. Di conseguenza non è cosa per chiunque e anche a tal fine occorre una solida predisposizione.

Poi se di mezzo ci va la riproduzione sonora per come la si dovrebbe intendere, e così si fornisce un esempio che più deteriore non si può ma gl’inadeguati che ormai sono in maggioranza schiacciante la prendono per oro colato e percezione diretta del verbo divino, pazienza.

Per arrivare a certi eccessi occorre poi una disponibilità di capitali piuttosto rilevante. Produrre roba del genere costa, e parecchio. Esporla comporta anche quello le sue spese, particolarmente significative, specie se lo si vuole fare in quella sottospecie di Oktoberfest della cacofonia, i cui organizzatori hanno acquisito la maggior notorietà nell’ambiente per la faccia di bronzo con cui sono capaci di chiedere somme astronomiche non già per chissà cosa, ma persino lo stretto indispensabile. Un tappeto, una tenda, una presa di corrente, un’illuminazione decente, una pianta. Figuriamoci quando si tratta di affittare i saloni necessari a esporre e dimostrare gl’impianti di dimensioni maggiori quali possano essere le cifre che ci si sentono sparare.

Ad esse vanno aggiunte quelle di trasporto, pernotto e vettovagliamento, che di sicuro non sono a buon mercato e probabilmente aumentate quanto possibile per l’occasione.

Sinceramente non capisco perché a questo punto non ci si presenti direttamente con l’impianto dei Pink Floyd raffigurato sul retrocopertina di Ummagumma, o almeno la sua copia conforme, con tanto di furgone in stile vecchio inglese per il trasporto.

Tendo a pensare che taluni, forse legati alla tendenza al gigantismo per mero spirito di compensazione, possano ritenere inadeguato persino un esempio del genere, in omaggio al dover raggiungere sempre di più.

Non volendo ho fornito un’idea che qualche scriteriato potrebbe non esitare a mettere in pratica. Chiunque ne sia intenzionato sappia che farò valere i diritti su di essa e belli sostanziosi.

In totale, dalle voci di spesa suelencate derivano somme assai rilevanti, che concorrono anch’esse a formare un prezzo al pubblico, si fa per dire, del prodotto finito fuori da qualsiasi ipotesi di ragionevolezza. Anche la più estrema. Di qui l’enorme profittabilità del settore, appunto derivante dal non tollerare più limite alcuno e anzi fare un punto d’onore di andare oltre l’ipotesi più inverosimile, parlare di fantascienza sarebbe fin troppo lusinghiero.

Consequenziale allora chiedersi quale sia la ripartizione degl’importi che l’acquirente a tal punto scriteriato si sente chiedere per oggetti del genere. Quanto andrà veramente per la produzione e il raffinamento del suono che emettono? E quanto invece per l’estetica, ancora una volta si fa per dire, dato che sarebbe più giusto definirla per quello che è, pornografia? Quanto per l’ostentazione di uno sfarzo tanto privo di scrupoli e fuori da ogni considerazione di decenza e opportunità in funzione delle condizioni date? Quanto infine per le spese di dimostrazione, propaganda, rappresentanza e fumo negli occhi di credenti & seguaci?

Ecco, sono disposto a scommettere qualsiasi cifra che le voci corrispondenti ai punti interrogativi qui sopra, tranne il primo, costituiscano la percentuale soverchiante del prezzo di listino di oggetti siffatti.

A pari merito col profitto del fabbricante, il quale avendo investito somme tanto rilevanti si attende evidentemente che siano remunerate in modo opportuno, ossia senza limiti di sorta. Del resto è quella la logica attinente ai prodotti dello stesso genere, che sulla pretesa assenza di restrizione alcuna fondano il loro stesso motivo di essere.

Tutto ciò in funzione stessa delle modalità di arricchimento sconfinate, per forza di cose a spese di tutti gli altri, che contraddistingue la fascia di pubblico particolarissima cui si rivolgono certi prodotti. Questo senz’altro avviene, altrimenti non si vedrebbe come riesca, la fascia dell’hi-fi per oligarchi, a diventare di stagione in stagione sempre più affollata dalle proposte più balzane e avulsa dal benché minimo e residuale barlume di ragionevolezza.

A ruota di tutto questo arrivano poi le tasse: solo con l’IVA caricata sugl’impianti messi insieme da componenti del genere ci si compera una villa al mare o in montagna.

Per la gioia dei politici-maggiordomi dei poteri a cui rispondono, che non sono mai quelli popolari costituzionalmente definiti, e del tassa e spendi fanno la loro ragione di vita e di predominio su quanti insistono ancora ad attribuire loro il proprio mandato. Per poi venirne calpestati persino nei diritti fondamentali.

Se a tutto questo si aggiunge anche il prelievo fiscale sulle entrate, e il resto di imposte e balzelli, con uno solo di quegli impianti si riaddrizza il bilancio di un comune italiano di medie dimensioni. Mi raccomando però, non lo andate a raccontare a sindaci e assessori, specie ora che gli autovelox sono stati dichiarati tutti per quel che sono sempre stati, fuorilegge, e quindi non sanno più come far cassa. Altrimenti il rischio di trovarsi dietro l’angolo di ogni paesello un simulacro ancor più degenerato della gazzarra bavarese può divenire particolarmente concreto.

Se eventi siffatti destano il sospetto che in funzione della semantica attuale mostra abbia acquisito la sua derivazione da mostruosità, inevitabile supporre che bavarese e Baviera non derivino più da Baiuvari, la tribù di stirpe germanica calata dalla Boemia che andò a insediarsi in quella regione attorno all’anno mille, ma dalla bava alla bocca con cui ormai troppi “appassionati” guardano a tali manifestazioni e alle pacchiane e malsuonanti astrusità che in esse sono esposte.

D’altronde l’offensiva propagandistica spietata della quale sono stati fatti oggetto per decenni, ininterrottamente, aveva proprio lo scopo di sradicare in loro persino l’ipotesi più remota di capacità di analisi e di critica. Proprio perché, come dicono i madrelingua anglosassoni, inventori ed esecutori più raffinati e senza scrupoli delle forme più estreme di capitalismo, ormai affermatosi per ciò che è, una dittatura, The show must go on.

 

E la qualità sonora?

Non pervenuta, com’è evidente per chiunque della riproduzione sonora abbia una comprensione sia pur vaga dei principi di fondo. Il primo di essi riguarda la proporzionalità diretta e inscindibile tra dimensioni dell’impianto e i problemi che induce e pertanto impone di risolvere.

Più sono grandi e più si rivelano difficili già da affrontare, fino ad arrivare all’impossibilità solo di contenerli.

Proprio quest’aspetto dimostra che anche gli accadimenti più deteriori possono dare un loro contributo ai fini dell’esperienza e della maggior comprensione che da essa deriva.

L’esempio dato da quel che era presente a Monaco, suggerisce infatti che la proporzionalità dei problemi creati dall’impianto in funzione delle sue dimensioni si mantenga tale solo fin quando si resta entro i limiti dell’opportunità e soprattutto della salute mentale.

Nel momento in cui si va oltre ogni ipotesi di ragionevolezza, alla crescita ulteriore delle dimensioni, e quindi dei costi e dei profitti, corrisponde l’aumento esponenziale dei problemi, che se si si ha l’idea malsana di procedere ulteriormente in quella direzione tende a divenire iperbolico.

Per conseguenza i problemi in questione tendono ad assumere la medesima natura di quel che ha prodotto ciò da cui originano, ossia la sete di guadagno. Dunque non possono far altro che replicare i meccanismi di quel che ne è l’espressione più diretta, andando a finire nello stesso modo delle bolle finanziarie, per loro natura destinate a esplodere.

L’effetto dello scoppio, nel settore di nostro interesse, è appunto quello di coprire o meglio di spazzar via il benché minimo residuo di qualità sonora.  Persino quella di un impiantino da poche centinaia di euro, come ha giustamente rilevato l’autore del commento che vedremo tra poco.

E’ così da sempre ma da tempo altrettanto immemore si fa finta che la cosa non ci riguardi. Tanto con la capacità selettiva dell’appassionato medio, ormai non se ne accorge più nessuno. Questa tra l’altro è andata via via riducendosi nel corso degli ultimi decenni e ormai è ridotta al lumicino proprio dal bombardamento assordante prodotto dalla propaganda dei media, rigorosamente a reti e testate unificate.

Gli esempi messi in pratica da mostre come quella bavarese non fanno altro dal sancire tale realtà deteriore, portando a credere che sia quella la vera perfezione, quando è difficile persino ipotizzare qualcosa che riesca ad allontanarsene in misura maggiore.

Gran cosa il ricambio generazionale: sfruttato in maniera oculata si può azzerare tutto ogni 15-20 anni e, con un pilotaggio altrettanto accorto da parte dei soliti media, si può fare in modo che il patrimonio di conoscenza ed esperienza accumulato con tanta fatica vada del tutto dilapidato.

Qui di seguito allora il commento di un appassionato come lo s’intendeva un tempo, ossia provvisto del bagaglio necessario per poter esprimere un parere affidabile e fondato su una vera esperienza.

Qualcuno pensava davvero di potersi aspettare qualcosa di diverso? Non ne ho idea e in ogni caso spero di no. Ma se per caso lo ha ritenuto possibile, si è trattato di un’illusione.

Non può essere altrimenti, per rendersene conto basta il minimo di consapevolezza ed esperienza, senza nemmeno il bisogno di pagarsi il biglietto per l’ingresso alla mostra. Già, perché per arrivare al cospetto di una mercanzia similmente ingombrante e ancor più fallimentare hanno pure il coraggio di chiederti dei soldi. E nemmeno pochi.

In realtà a un contatto diretto c’è stata la conferma che le cose stessero ancora peggio, e di parecchio. Ha riguardato in primo luogo una sonorità di lentezza imbarazzante, inevitabile del resto nel momento in cui pretendi di far muovere membrane da un paio di chili l’una, oltretutto per mezzo di elettroniche al cui interno si svolge una sagra nella sagra, quella della controreazione tornata così di moda, che per affossare ancora di più il tutto non si può trovare di meglio.

Se non era possibile parlare di fedeltà, rimarrebbe comunque l’effetto speciale, elemento opinabile ma che ha anch’esso i suoi esempi d’eccellenza, a loro modo degni di considerazione. Persino quello era peggio che scadente, proprio per l’inadeguatezza prossima all’assoluto del mezzo con cui lo si è voluto materializzare.

Roba del genere non può suonare, innanzitutto per le sue dimensioni. Tali appunto da avere quale attitudine primaria il porre l’accento nella maniera più vistosa possibile sui limiti di qualcosa fatto per riprodurre il suono dello strumento musicale che non solo strumento non è, ma è quanto di più lontano da esso si possa immaginare. Innanzitutto perché i risultati che è chiamato a conseguire si orientano a ben altro, ossia all’aspetto economico.

Senza contare poi che più quella roba la fai grossa e più le differenze che intercorrono tra di essa e il vero strumento musicale che vorrebbe imitare crescono anch’esse, nelle loro dimensioni. E quando si va oltre certi limiti lo fanno prima in maniera esponenziale, poi iperbolica.

Un tempo certe cose s’insegnavano alle elementari, oggi sono fuori dalla portata anche degli studiatissimi e plurimasterizzati progettisti cui è affidata la realizzazione di certi prodotti.

Forse perché l’insegnamento cui sono stati esposti non è più finalizzato alla conoscenza in quanto tale ma all’accumulazione. Dimostrazione ennesima che il capitalismo distrugge tutto quanto incontra lungo il suo cammino e finirà infine col divorare anche sé stesso.

L’assurdo in tutto questo sta nel fatto che a un certo punto, per questioni di ambizione o di credulità nei poteri soprannaturali del progresso, che poi è la tara tipica del tecnocrate, incistata nel suo stesso DNA, è stato deciso che fosse necessario andare oltre i limiti convenzionalmente attribuiti alla riproduzione sonora. Lo si è voluto fare però non attraverso un cambio della mentalità stessa con cui ci si è accostati finora all’ideazione e poi alla realizzazione dello strumento ad essa destinato, ma come sempre andando alla ricerca della scorciatoia. Così da perseguire con assurda ostinazione il gigantismo capace solo di portare in un vicolo cieco, per poi prendere a capocciate con ostinazione spinta all’inverosimile il suo muro di chiusura.

Senza voler capire, pertanto, o più probabilmente non essendone in grado, che così facendo sarebbero stati proprio i problemi di fondo della specialità, da sempre irrisolti, ad acquisire il rilievo maggiore, al punto di sovrastare e infine cancellare, quanto di buono era stato fatto fino a quel momento.

Conseguenza inevitabile, invece di oltrepassare i limiti di cui sopra si è tornati indietro.
Al punto tale che a fronte di spese così enormi si è riusciti soltanto a fare peggio del primo impianto da 2-3 mila euro che può capitarci sottomano.

E forse anche meno.

Da tutto questo emerge soprattutto l’incapacità di comprendere i propri errori. Non tanto a livello realizzativo quindi meccanicistico, quanto per quelli che stanno a monte, di ordine filosofico.

In sostanza cosa fa questo gruppo di tecnocrati? Nulla di diverso da quel che hanno fatto i burocrati dell’Unione Europea, suggerendo l’esistenza di una tara genetica che accomuni tutti quanti abbiano avuto la possibilità di accedere a funzioni decisorie, pertanto da ricercare in primo luogo nella classe sociale di provenienza e nel percorso che ha prodotto la loro formazione.

Gli apparatchik della UE hanno deciso a suo tempo che la strada migliore per il superstato imperialista che di fatto costituisce fosse quella di un’austerità draconiana. Ha effettivamente prodotto l’arricchimento di una ristretta élite di ottimati, ma a danno di tutto il resto della popolazione del Continente europeo, il quale si ritrova senza più un’industria, con le infrastrutture devastate e non più recuperabili, dati i costi incalcolabili che comporterebbe mettere riparo a un’assenza di manutenzione trascinatasi per oltre un trentennio, un numero di poveri e indigenti storicamente inedito, insieme alla cancellazione pressoché totale e definitiva della classe media.

Di fronte alle conseguenze del disastro che hanno causato, cosa fanno questi esempi d’intelligenza suprema? Decidono di porre in atto un’austerità ancora peggiore, in quanto ritengono che i problemi venutisi a creare non derivino da altro che una sua applicazione con mano troppo leggera.

Solo che invece che rinchiuderli per sempre in un manicomio criminale, dato che proprio in quel modo hanno prodotto una strage di proporzioni gigantesche, li andiamo pure a votare un’altra volta. Affinché abbiano mano libera per proseguire nell’opera di devastazione che malgrado tutto tutto non sono riusciti a portare a compimento.

Lo stesso avviene a livello di quanti decidono la direzione che la riproduzione sonora debba prendere. Dato che la corsa al gigantismo fin qui intrapresa ha portato risultati contrari a quelli che ci si aspettavano, loro cosa fanno? Insistono ulteriormente su un gigantismo ancora più spinto all’estremo.

Con quali risultati? Quelli che sono stati riassunti dai commenti visti sopra e da questo che andiamo a osservare.

I diffusori arci-pluri osannati da appassionati e addetti ai lavori per la loro sonorità celestiale hanno un difetto minuscolo, quasi invisibile: non suonano se non in presenza di un’amplificazione plurimiliardaria. E se per caso fai il pidocchioso e ci metti solo il super-integrato da oltre 20 mila euro, “la bontà del loro progetto viene mortificata”.

Siccome mandare tutti affanculo potrebbe sembrare poco elegante, pur se quantomai appropriato, come diceva Marzullo invito gli astanti a farsi una domanda e a darsi una risposta, se ancora ne sono in grado.

 

Capacità di condizionamento

Un altro elemento che mi sembra degno di puntualizzazione riguarda l’attitudine autoreferenziale e la capacità persuasiva di impianti simili, solo per le loro dimensioni, i costi e la cornice entro la quale vengono presentati.

Quanti esprimono una critica nei loro confronti non solo si sentono in dovere di scusarsi per l’affronto stante nel loro parere negativo ma temono proprio di esprimere qualcosa che non si attagli perfettamente alle premesse o comunque al pensiero dominante.

Se questa non è dittatura, quella del pensiero unico, instillata direttamente nelle menti delle persone, mi si dovrebbe spiegare cos’altro sia.

Il diritto di critica, di valutazione indipendente e persino quello di possedere un gusto personale, per quale che sia, sono stati aboliti. Si è iniziato con il consigliare fraternamente l’adozione di un pensiero positivo, e qualcuno per pura casualità ci ha anche scritto su la sua canzoncina, perché quello negativo è brutto, maldisponente e soprattutto non sta bene.

Le conseguenze le vediamo qui, ormai le persone hanno paura di esprimere valutazioni che possano divergere da quelle dominanti, pur se basate in primo luogo su superficialità e luoghi comuni.

Altro che hi-fi, riproduzione sonora, timbriche realistiche o quant’altro: qui occorre ricominciare proprio dall’ABC. Ossia dallo spiegare alle persone che innanzitutto devono esercitare il diritto di esprimere il proprio pensiero, senza sentirsi in dovere di scusarsi con chicchessia. E, prima ancora, di produrne uno in modalità di piena indipendenza.

Ma a che servirebbe, tanto c’è la Costituzione più bella del mondo che ce lo garantisce… Paravento ideale affinché dietro di essa più nessuno, in concreto, abbia il coraggio di ardire a tanto.

 

A chi serve roba del genere e per cosa?

Detto questo, ribadiamo ancora una volta il concetto di fondo, così ce lo ficchiamo per bene in testa.

A certi livelli una qualità sonora paragonabile a costi, dimensioni e sfarzo tanto esagerati, ammesso e non concesso che sia possibile ottenerla, non servirebbe proprio a nulla.

Lo scopo di oggetti siffatti non è, evidentemente, eccellere in tal senso ma conferire la visibilità più chiassosa alle capacità di spesa del loro possessore, dando se possibile l’idea che siano illimitate.

A questo sono indirizzati e non ad altro. Il resto sono pretesti, a iniziare da quelli degli imbonitori che si sbracciano nelle salette, nel tentativo di convincere i malcapitati e gl’illusi riuniti a consesso riguardo alla concreta fattibilità di un impossibile, nelle condizioni date e coi presupposti fin qui osservati, che difficilmente può essere espresso in maniera più comprensibile.

Meglio quindi togliersi dalla testa fin dal principio che per quel tramite sia possibile ottenere un livello prestazionale per quale che sia. Come del resto ha riassunto con efficacia mirabile l’autore del primo  commento che abbiamo visto poco sopra.

Ecco perché ci troviamo di fronte al nirvana del fabbricante: non ha più motivo alcuno di far si che quel che propone abbia una sia pure lontana parvenza di qualità sonora, che per farla crescere di soldi ce ne vogliono e tanti, ma prima ancora c’è bisogno delle teste che stabiliscano il modo di spenderli nella maniera più efficace a tal fine.

Quindi il fabbricante non ha bisogno di spenderci sopra alcunché, sia pure chiedendo per l’acquisto del suo prodotto somme oltraggiose. Sarebbe quanto di più inutile, proprio perché non è ricercato e neppure comprensibile dalla clientela che si rivolge agli oggetti di questa tipologia.

Abbiamo visto pertanto la valutazione di un appassionato che notoriamente sa il fatto suo ed è ancora dotato del minimo di buon gusto e di consapevolezza (come osa?). Questa ormai è riservata a pochissimi, tra l’altro in via di estinzione per motivi anagrafici. La media attuale invece è ben più di bocca buona. Peggio, dà l’idea di non avere più neppure la capacità di stabilire un nesso tra le prerogative fisiche, persino se di proporzioni marchiane, e il comportamento materiale delle cose cui si trova di fronte.

Ne stiamo per vedere un esempio, istruttivo, prodotto dalla dimostrazione di un sistema a tromba dalle sembianze e proporzioni simili a quelle che si potrebbero trovare in occasione di una qualsiasi esibizione dal vivo su spazi di ampiezza considerevole.

Le prerogative e i limiti di oggetti siffatti sono ben noti per chiunque ne mastichi appena l’indispensabile, ma ecco il commento di chi li ha ascoltati, cerchiato in rosso.

Allora io mi chiedo: ma benedetti figlioli, volete che un sistema fatto in quel modo non abbia almeno la capacità di suonare forte e di produrre un’emissione dimensionalmente importante, cose che peraltro sono connaturate fisiologicamente con le sue modalità realizzative? Ecco il punto di dissociazione cui siamo arrivati: si è pronti ad accettare che un sistema con quell’ingombro e con tale dispiego di caricamenti a tromba, non riesca neppure a produrre una sonorità sovradimensionata e dalle evidenti caratteristiche di dinamica.

Se le cose stanno in questo modo tanto vale suicidarsi, altro che andare a esporre alla fiera planetaria della smargiassata.

A seguire viene indicato giustamente che l’impostazione sonora del sistema è “live”. Senza rilevare però che per conseguenza non può essere che della più deteriore, ossia finalizzata all’ottenimento di quella che un tempo si usava definire timbrica da luna park.

Bel risultato davvero, per un sistema di costo e ambizioni simili.

Dovrebbe essere evidente peraltro che con tali presupposti sia alquanto difficile pervenire a qualcosa di diverso.

Anni e anni di recensioni a senso unico, quello dell’osannare a prescindere, altro risultato non possono produrre. Appunto il dover trovare a ogni costo un elemento positivo, anche se si tratta di qualcosa di strettamente connaturato con le caratteristiche stesse dell’oggetto che ci si trova dinnanzi, tale quindi da essere scontato. A nulla vale che vada da sé o per meglio dire sia di fatto inevitabile.

Nello stesso identico modo in cui è logico che se si va a spasso su un’auto scoperta, al primo acquazzone ci si ritrova bagnati. Ma ormai è diventato praticamente impossibile rendersi conto persino di quello. Così tra un po’ sulle portiere di spider e cabriolet ci metteranno la relativa avvertenza.

Per il resto c’è stato un gran dispendio di materie prime, proprio sbattute in faccia come prescrive l’attitudine al gigantismo che porta con sé il cattivo gusto tendente al pessimo e, ormai da tempo, è saltata direttamente sul piano del monumentale. Oggi d’altronde è più che mai necessario e su di esso occorre forzare allo spasimo, per sperare di attrarre l’attenzione del pubblico cui si rivolge questo genere di prodotti.

Il tutto ovviamente inserito nella scenografia atta a porre un insieme che difficilmente si può immaginare più deteriore nel contesto ritenuto più indicato.

Per conseguenza si va a incentivare sempre più quella che a tutti gli effetti è la modalità di ascolto oggi di gran lunga più diffusa, tale da avere ormai soppiantato quasi del tutto le forme maggiormente legate alla tradizione, senza voler parlare di opportunità: quella eseguita con gli occhi in coordinazione al portafoglio, immancabilmente sulle fondamenta del grossolano.

Un simbolismo massonico per nulla dissimulato non sembra fuori luogo in condizioni del genere e potrebbe anzi rivelarsi appropriato dunque attrattivo per la clientela cui si rivolge il prodotto. Del resto senza compasso, grembiulino e tessera in pieno corso di validità sarebbe ben più difficile mettere insieme le fortune atte a permettere di spendere certe somme per un impianto.

Probabilmente poi nemmeno lo si ascolterà, destinandolo soprattutto a far mostra di sé, insieme ai suoi sottintesi, nella sala appositamente allestita del villone padronale.

In questa corsa al surreale, di cui stiamo per osservare uno tra gli esempi più significativi,  si vanno affermando alcuni aspetti che non dico nel futuro immediato ma forse nel medio termine potrebbero rivelarsi in grado di porle un freno.

Tra quanto vi fa da contorno si può osservare l’attento studio cromatico della scenografia in cui sono inseriti i prodotti in dimostrazione, tale da ottenere il pendant migliore con le loro tinte dominanti.

Si tratta di un elemento ulteriore di cattivo gusto, forse anche controproducente, dato che volendo ottenere l’effetto visivo di maggior impatto, come è evidente per tutti gli esempi qui raffigurati, sarebbe più indicato scegliere tonalità a contrasto, sia pure abbinate in modo opportuno. Ma forse le difficoltà in tal senso potrebbero essere ritenute insormontabili.

Vediamo dunque uno tra gli esempi a mio giudizio più sublimi di come ormai il senso della misura e più ancora quello estetico siano ormai divenuti concetti non vuoti ma proprio incomprensibili.

Ora, per cortesia, se qualcuno riesce a ravvisare una necessità tecnica nel realizzare un diffusore in maniera simile me la faccia presente, dato che io proprio non riesco. L’idea è che ormai si persegua soltanto il modo di colpire l’osservatore, possibilmente per spingerlo a pensare che un oggetto dalle sembianze a tal punto insolite, e quindi distintive, sia proprio quello che fa per lui.

Innanzitutto per differenziarsi da tutti gli altri e possibilmente scatenare gli Aaaaahhhh! e gli Ooooohhh! di quanti si troveranno a osservare tali stravaganze non più negli spazi di una mostra, ma in un ambiente domestico, per quanto improbabile e fuori dalla concezione comune possa essere.

Osservando quell’oggetto capita persino di dubitare che sia effettivamente un diffusore. In effetti le motivazioni per realizzare un altoparlante esagonale non sembrano facili da individuare. Quantomeno a livello tecnico, anche se forse la vera motivazione potrebbe essere quella della stranezza in quanto tale e del perseguimento del brutto, che più si va avanti e più sembra assumere le sembianze di un vero e proprio culto, col suo seguito immancabile di simbolismo.

Di fronte a tale esibizione di contronarcisismo a sfondo più spiccatamente narcisistico che mai, anche quello che in un recente passato è stato già ritenuto pessimo finisce con lo scadere inevitabilmente in una sorta di mediocrità dell’inguardabile.

Va così a perdere il suo significato che tanto dev’essere costato, proprio in termini di sforzo per allontanarsi dal benché minimo senso dell’estetica e dell’armonia, malgrado questa sia un elemento da ritenersi essenziale in un prodotto nato per fare musica. Arte che appunto sull’armonia basa la gran parte della sua essenza.

Ecco allora che il brutto per eccellenza fino a qualche mese fa si ritrova scaduto nella banalità. Nel sorpassato addirittura, sia pure se di segno così marcatamente repulsivo. Inevitabile chiedersi a cosa sia servito lo sforzo per realizzare un oggetto a tal punto inquietante, se in capo a pochi mesi si vede dare tre giri di pista dal prodotto di qualcuno che al riguardo s’immagina avere un talento ben più spiccato.

Potrà avere allora questa corsa al brutto un qualche limite dettato non dall’opportunità ma almeno dal comprendere, infine, che tanti sforzi in tal senso si trovano a essere vanificati in un lasso di tempo destinato a diventare sempre più breve? Al peggio non c’è mai limite, recita un noto detto popolare, ma ora che ci è inoltrati tanto su quella strada, riuscirà ancora una volta la realtà a sopravanzare la più sfrenata delle fantasie?

Soprattutto, come reagiranno gli appassionati? Potremo infine vedere un limite alla loro accettazione supina del peggio e del peggio del peggio? Ovviamente i media, e più di tutti quelli nuovi, ce la stanno mettendo tutta come al solito per far digerire loro, poi apprezzare e infine rendere indispensabile quel che fino a poco tempo fa non si sarebbe immaginato neppure di riuscire ad accettare.

Questo d’altronde è il loro compito nella realtà distopica di oggi, trasformare ogni finestra di Overton in realtà concreta, diffusa e infine imprescindibile: prolungare a oltranza le capacità di immersione in questa specie di liquido amniotico dalla spiccata essenza fognaria in cui si è voluta trasformare la riproduzione sonora amatoriale è ciò che ormai da tempo gli si richiede.

Resta solo da vedere se prima o poi qualcuno sentirà l’istinto di riemergere dal fetore nauseabondo anche solo per una boccata d’ossigeno o troverà invece il modo di ambientarsi persino in uno spazio ostico a tal punto.

Trovandosi condannato oltretutto all’onanismo a vita, pratica del resto diffusissima in questo settore, proprio per via dell’irraggiungibilità di certi prodotti, che la loro funzione di modelli la svolgono comunque, destando vieppiù l’insoddisfazione cronica in quanti cadono nella trappola predisposta con il loro utilizzo.

Motivo di più per tenersi alla larga, e con la massima cura, da quella robaccia. Ci si dovrebbe anzi rifiutare, possibilmente in massa, di ascoltarla e prima ancora di prenderla in considerazione, anche quale mero ballon d’essai. Tipo quelli ormai così comuni nelle sfilate di moda o nei moderni festival della canzone, dove è usuale vedere uomini o presunti tali vestiti da donna, donne in tenuta vampiresca o persino luciferina, con il contorno di una scenografia delirante, più simile all’ambientazione di un rituale satanico.

Ecco, il parallelo con gli eccessi che stanno diffondendosi nel settore di nostro interesse appare evidente per chiunque abbia intenzione di osservarlo.

Quali pratiche inconfessabili è necessario porre in atto per spingere un individuo, sia pure inesperto e dovorato dall’ambizione, a presentarsi in modo simile?

Quale mente contorta può ideare e poi prestarsi a preparare il materiale necessario per abbigliarlo?

Per sua natura la canzone è destinata a essere riprodotta, eppure tanti ancora si stupiscono quando si osserva che nell’ambito della riproduzione sonora si sperimentano schemi, meccanismi, ideologie, tecniche e induzione di comportamenti che si è già deciso debbano diffondersi a livello della società civile.

Così facendo il problema sarebbe risolto. Proprio perché un rifiuto reciso e di massa, che comunque ha i suoi risvolti anche nei confronti del pubblico più esclusivo e privo di scrupoli nell’affermazione delle proprie ambizioni e possibilità materiali, indurrebbe infine i pornografi della riproduzione sonora a più miti consigli.

Come sempre in questi casi, l’essenziale è oltrepassare il livello di massa critica. Una volta andati oltre, come insegna la storia dell’analogico, anche i più riottosi si troveranno a dover accettare il verdetto della storia.

Dopodiché, come sempre, faranno finta di nulla, pronti come sempre a riciclarsi per ricominciare daccapo.

 

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4 thoughts on “Ultracafonal bavarese. Alias, il nirvana del fabbricante

  1. Buongiorno Sign. Claudio,
    condivido in pieno tutto quello che ci ha gentilmente condiviso in quest’articolo. Di questo tipo di prodotti osceni ho avuto modo di vederli e ascoltarli anche al Milano Hi End. Prendo come esempio un’impianto con Diffusori simili a monoliti in acciaio corredati da cavi arancioni dello spessore di un tubo innocente con costi improponibili. Oltretutto con un risultato lontano anni luce da una riproduzione sonora quantomeno accettabile. E purtroppo non vedo via d’uscita a questa situazione. Ai posteri l’ardua sentenza!!! Un caro Saluto.
    Paolo

    1. Buongiorno Paolo,
      grazie della testimonianza.
      Il titolo dell’articolo parla di nirvana del fabbricante proprio per questo motivo: si possono proporre oggetti di costo fuori da ogni verosimiglianza, senza che sia assolutamente necessario equipaggiarli con una qualità sonora non dico proporzionale ad esso, cosa evidentemente impossibile, ma neppure di una per quale che sia.
      Gli scopi che si prefigge il cliente-tipo cui punta la mercanzia di questo genere sono completamente altri e pertanto non hanno più nulla a che vedere con l’idea romantica di hi-fi che si sono fatta gli appassionati, diciamo così, storici.
      Il primo obiettivo di prodotti del genere è il celebrare le capacità di spesa smisurate dei loro acquirenti tantopiù simboliche in un contesto come quello attuale, in cui l’impoverimento generalizzato sembra non conoscere fine. Funzionando così da altare per i rituali arcani con cui cercano di propiziarsi le simpatie del dio-denaro.

  2. Buongiorno,è sempre un piacere leggere articoli che scuotono il torpore mentale che impera e se pur non compresi appieno(per me) lasciano dubbi e pongono domande su cui riflettere se si ha voglia di farlo.

    1. Ciao Alessandro, grazie dell’apprezzamento.
      Diffondere il dubbio, o quantomeno stimolare la riflessione, in particolare su aspetti a tal punto controversi credo sia necessario.
      Soprattutto in un momento come questo, in cui l’addormentamento di massa è giunto a vette inimmaginabili e si sono del tutto capovolte le parti e le responsabilità in campo.
      Ecco quindi che è chi si trova costretto a rilevare la definitiva inadeguatezza di certi impianti a sentirsi in dovere di scusarsi, invece di chi propone oggetti di prezzo tanto fuori dal comune senso del pudore, nonché della sanità mentale, caratterizzati da difetti che persino un impianto da qualche migliaio di euro riesce a lasciarsi dietro senza troppe difficoltà.
      La maggior parte delle persone tuttavia di cose simili non se ne accorge neppure. Meglio ancora si ritrova a pensare che se un impianto costa somme tanto esorbitanti dev’essere buono per forza e casomai è il suo udito a essere “sbagliato”.
      Prezzi del genere allora assumono le sembianze di un vero e proprio paravento, che probabilmente è l’aspetto di maggior efficacia per i prodotti in questione, come tale da ritenersi sfruttato anche dai loro artefici.
      Quantomeno fino a dimostrazione inoppugnabile del contrario.
      L’assurdo è che stanno prendendo sempre più piede e per conseguenza il segmento in cui sono inclusi sta diventando tra i più affollati.
      L’unica reazione possibile allora ritengo sia un rifiuto netto, e persino plateale, di prenderli anche solo in considerazione.
      Il motivo è semplice: la spinta verso l’alto che inducono per i listini anche per prodotti più abbordabili, ma comunque di classe, è innegabile.
      Pertanto il pubblico degli appassionati è chiamato a esprimere il suo parere al riguardo nel modo più evidente possibile, quantomeno se desidera ancora avere la possibilità di accedere a un alto di gamma caratterizzato da prezzi al pubblico dotati di un qualche legame residuale con la realtà concreta.

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