Narrazione fantastica e realtà concreta parte seconda: le considerazioni di “Mister Y”

Nella scorsa puntata di questo articolo abbiamo osservato le conseguenze del seguire a occhi chiusi la narrazione fantastica ormai imperversante in questo settore, come in qualsiasi altro abbia un lato commerciale da cui si possa estrarre un profitto, anche non economico, e le reazioni di chi avendo creduto ciecamente in essa si trova a fare i conti con la realtà concreta.

Detta narrazione, suadente ma soprattutto tranquillizzante, ci garantisce che seguendo i suoi dettami il risultato non solo è scontato ma insuperabile. Le condizioni per giungere ad esso sono soltanto due: la pienezza del portafogli, e quindi il livello di spesa che ci si può permettere, rispetto a cui quel che si ottiene in cambio non può che essere assolutamente e immancabilmente proporzionale, e l’affidarsi completamente e senza remora alcuna all’evoluzione tecnologica in avanzata continua. Questa pone al nostro servizio tecnici e progettisti di valore inestimabile, maestranze raffinatissime e di massima professionalità oltre a una filiera commerciale in grado di conoscere i nostri desideri prima ancora che li possiamo immaginare. Proprio per questo va a promettere il dischiudersi dei destini magnifici e progressivi che di tutto ciò sono l’ovvia e immancabile conseguenza.

Come abbiamo visto, il segreto della narrazione fantastica risiede nella sola condizione che le permetta di funzionare: il tenere i suoi destinatari costantemente al riparo dalla realtà concreta, con tutto il suo bagaglio d’incertezze, contrarietà e passi falsi, ossia gli accadimenti che sono i primi avversatori, in ordine d’importanza, e gli ultimi, in ordine di tempo, dell’andamento più fluido e quindi profittevole del meccanismo consumistico quale noi lo conosciamo.

Vi riesce nel momento in cui tutto il sistema che un tempo si definiva dell’informazione, e come tale era caratterizzato da una pluralità di punti di vista e concezioni, arriva a esprimersi con una voce sola. Ciò avviene nel momento in cui fa capo a un gruppo di controllo univoco e/o riconosce una sola scala di valori. Va così a perdere le sue caratteristiche essenziali, ma senza che i suoi destinatari se ne accorgano, a seguito di un’educazione che ha del tutto cancellato i significati di analisi, di critica e di autonomia cognitiva e della stessa capacità di valutazione del significato delle parole e delle figurazioni con cui detto sistema si esprime. Altrimenti se se ne accorgono, in genere i più anziani, finiscono con l’accettare le cose per quelle che sono. Per conformismo, spirito di adattamento, la famosa resilienza, difficoltà di concepire un’alternativa o per mera convenienza.  Remare controcorrente è sempre faticoso, in particolare quando il flusso dominante segue una direzione univoca e costante.

E’ necessario inoltre che detto sistema vada a pervadere ogni singolo ambito della vita e dell’attività umana oltre a esserne l’unico rappresentante e descrittore riconosciuto, in modo tale che tutto quanto non è da esso preso in considerazione resti del tutto invisibile e come tale, pertanto, sia virtualmente inesistente.

A volte però accade che qualcuno tra i destinatari della narrazione si ritrovi faccia a faccia con la realtà concreta. Quasi sempre per un caso fortuito e per fortuna sempre più remoto, dato che il primo aspetto di perfezionamento della narrazione è appunto il chiudere, o meglio sigillare a tenuta stagna, ogni minimo varco attraverso il quale la realtà concreta possa insinuarsi. Del resto ne va della sua credibilità, quindi è assolutamente necessario fare in modo che un’evenienza tanto deprecata non abbia mai a presentarsi.

In effetti è proprio questo ciò che avviene e ormai, giunti al punto in cui siamo, è sempre meno probabile ritrovarsi a fare i conti con la realtà. Pertanto la stragrande maggioranza delle persone può percorrere l’intero arco della vita indisturbata, e soprattutto felice e serena, all’interno della narrazione.

Si compie in tal modo la profezia che Aldous Huxley ha descritto in “Il Mondo Nuovo – Ritorno al mondo nuovo“.

Nel momento in cui qualcuno s’imbatte nella realtà, come abbiamo visto la volta scorsa può avere una reazione scomposta, fin quasi inconsulta. Troppo forte del resto è il contrasto tra quel che viene fatto credere e quel che è. Anche per questo però c’è un rimedio, che è parte stessa della narrazione e si dimostra tanto più efficace quanto più si è rimasti immersi in essa.

Il permanere al suo interno infatti produce una sorta di anticorpi, essenzialmente di ordine cognitivo, nei confronti di tutto quanto la possa far riconoscere come tale. Col passare del tempo acquistano forza ed efficacia, in maniera tale che anche quando colpiti dalla realtà nel modo più crudo o addirittura violento, dopo un primo, eventuale, istante di sbandamento si vada a recuperare nel tempo più breve la fiducia in essa. Allo scopo tali anticorpi cognitivi sono incaricati di trovare una motivazione atta a spiegare la mancata coincidenza della realtà alla narrazione, dato che quest’ultima può funzionare solo se si è convinti che sia la realtà.

Quindi deve passare inosservata, pena il moltiplicarsi delle probabilità che la si rifiuti, vanificando di conseguenza il lavoro enorme profuso per edificarla e quel che è peggio andando a costituire un focolaio di consapevolezza potenzialmente in grado di espandersi e attecchire su altri individui.

Come sarebbe, oggi, il mondo in cui viviamo, se tali sforzi fossero stati profusi per migliorarne non la percezione ma la realtà concreta?

La motivazione di cui sopra non ha bisogno alcuno di essere verosimile, l’essenziale è che vi sia, data la volontà incrollabile a credere in essa. In funzione della propria tranquillità mentale, che è la cosa più sacra che l’individuo possieda e non tollera sia messa in alcun modo in discussione. Proprio perché verrebbe devastata dalla presa di coscienza di aver trascorso l’intera propria vita in un teatrino, nel quale si è stati i destinatari della rappresentazione farsesca che si tiene in esso in via permanente, minando in tal modo anche la considerazione che si ha di sé stessi.

Poco dopo la pubblicazione della prima puntata di questo articolo, sono arrivate le considerazioni di uno dei due amici, ossia di “Y”. Oltre a farmi ovviamente piacere, le ritengo importanti perché se lette nei loro significati che vanno oltre quelli più superficiali permettono di osservare, avendone la volontà, alcuni aspetti riguardanti il percorso con cui si arriva a far suonare un impianto al meglio delle sue possibilità.

Ossia di quel che la pubblicistica di settore suggerisce implicitamente non esista, appunto trascurandolo a oltranza. Secondo i pareri da essa diffusi, basta comperare l’apparecchiatura più costosa, blasonata e tecnicamente aggiornata per avere in automatico itutto quel che si può desiderare e anche di più. Cosa che proprio la vicenda descritta in questi articoli spiega trattarsi di quanto più lontano dal vero si possa immaginare.

Come abbiamo visto in quella sede, a una qualità sonora capace di dare vere soddisfazioni si può arrivare difficilmente solo a suon di banconote. Sia pure con il contributo per nulla disinteressato del grandioso apparato di manipolazione di massa approntato allo scopo, che anzi sembra pervenire al risultato migliore e più eclatante nel fare in modo che seguendone i consigli si vada a gettare il proprio denaro dalla finestra.

Certo, se la propria finalità è il cambia-cambia, andando sull’usato e su un certo tipo di apparecchiature si aumentano le possibilità di loro rivendita a somme non dissimili, o persino superiori, a quelle che sono state necessarie per acquistarle. Se invece si persegue il vero significato della parola alta fedeltà, e pertanto della domanda che ne è conseguenza diretta, “a che cosa?”, vale proprio quanto appena detto.

Dunque certi risultati non li si ottiene per mezzo della capacità di spesa, quale che sia la somma di cui si può disporre, che oltre certi limiti diventa persino controproducente. In primo luogo perché causa la sensazione di onnipotenza dovuta al credere che con il denaro si possa ottenere tutto. Cosa assolutamente non vera e meno che mai nell’ambito di nostro interesse. E poi perché come non mi stancherò mai di ripetere, e soprattutto la realtà concreta nella sua testardaggine insuperabile non manca mai di porre di fronte ai nostri occhi, gl’impianti audio e in generale tutto quanto realizzato dall’uomo tendono a causare problemi di numero e dimensioni, nonché dalle difficoltà di risoluzione o meglio dall’impossibilità di pervenire ad essa, proporzionali alle loro dimensioni.

In questo aspetto sta innanzitutto la subordinazione dell’essere umano alla Natura e fa comprendere quanto sia farneticante il disegno di coloro i quali pretendono di piegarla ai loro interessi, sostituirsi ad essa, di sovvertirne le leggi immutabili e peggio d’imporre le loro trovate da scienziati pazzi e criminali al resto dell’umanità, chiamata a sopportarne passivamente le conseguenze, inenarrabili.

Risultati come quelli che ci proponiamo, invece, sono in genere più legati invece a questioni di attenzione e sensibilità per elementi ben precisi. Cose che si acquisiscono non con il portafogli ma col tempo, oltretutto tanto, e solo in funzione di una predisposizione nei loro confronti. O la si ha o non la si ha, c’è poco da fare, e non c’è scuola che possa insegnarle. Di attitudini ognuno ha le proprie ed è proprio questo che fa la bellezza e lo stesso motivo di essere del mondo in cui viviamo, dato che attribuisce valore alla singolarità dell’individuo e alla relazione reciproca. In caso contrario sarebbe improntato a omologazione, autoreferenzialità e atomizzazione sociale.

Di tali elementi, la consapevolezza non è soltanto da non dare per scontata. Va considerata soprattutto la loro estraneità con quelli che la pubblicistica di settore si ostina a spergiurare siano i soli e unici degni di considerazione.

Questa, peraltro, della superficialità connaturata nella stessa veste che si è attribuita e della sua incapacità a comprendere ove risieda il bandolo della matassa, che di tale superficialità è la prima conseguenza, ha deciso consapevolmente di fare la propria bandiera, come sempre per motivi di interesse economico. Anche se, probabilmente, senza comprendere le conseguenze ultime che derivano da tale scelta.

Inevitabile allora che la consapevolezza degli elementi per effetto dei quali la riproduzione sonora assume determinate caratteristiche non solo la si vada perdendo e, per conseguenza, col tempo divenga bagaglio di un numero di persone via via più ristretto. Quelle nei cui confronti la sirena consumistica, spinta a livelli assordanti e lobotomizzanti dai soliti noti, insieme ai rituali che vi sono connessi, hanno poca o nessuna presa

Leggiamo allora quello che ha scritto l’amico Y.

 

Caro Claudio,

il Mister Y del tuo ultimo articolo, come sai, sono io.

Devo dire che il percorso che abbiamo (e sottolineo abbiamo) intrapreso ha condotto a risultati che, rapportati alle elettroniche ed ai costi sostenuti, posso personalmente ritenere, nel mio piccolo, eccezionali.

Siamo partiti da un pre ed un finale messi male (solo appena sistemati da te hanno iniziato a suonare), siamo transitati per il secondo amplificatore finale, in ordine al quale abbiamo discusso a lungo (rectius: ti ho disturbato a lungo), e siamo arrivati al tuo DAC (buttando nell’immondizia lo streamer).

Ecco, in questo esatto momento (ossia all’accensione del DAC) si è aperto un nuovo mondo: quello della musica “vera”. Fatto di dinamiche, timbriche, dettagli, precisione, tridimensionalità e pulizia.

E qui ho iniziato a capire che il mio impianto, che è costato una frazione, forse suonava meglio di quello fantascientifico e bellissimo di Mister X.

Contestualmente, o quasi, sono arrivati i tuoi cavi (potenza, segnale, alimentazione ed usb) ed il risonatore di Schumann: altro sensibile miglioramento.

In questo momento Mister X ha reagito molto male: ha dovuto ammettere che il suo impianto, costosissimo, non suona altrettanto bene.

Infine, è arrivata la meccanica CD (da te trovata e consigliata, anche questo va sottolineato) cui ho abbinato sempre i tuoi cavi: qui il passo ulteriore è stato, a mio sommesso avviso, davvero notevole.

Di contorno: l’isolamento delle casse e delle elettroniche, i consigli sull’ambiente, sui cd, sui softwares, ecc. ecc.

Il tutto, ci tengo a sottolinearlo, “a casa mia ed a due ore di macchina dalla tua”: nel senso che tu hai deciso di venire da me, graditissimo ospite, per valutare “sul campo” quello che andava e che non andava e se miglioramenti effettivamente c’erano o no, passo dopo passo. Nessuno al mondo, di qualsiasi negozio o struttura, lo avrebbe mai fatto per un impianto come il mio.

E’ stato un percorso di mesi, fatto di piccoli passi, durante il quale ho apprezzato ancor più la tua estrema competenza, la tua grande professionalità, la tua gentilezza, la tua disponibilità e la tua simpatia. Nonchè la grazia, simpatia e gentilezza della tua compagna.

Insomma, grazie di cuore.

Un caro saluto

Y

Dopo aver doverosamente contraccambiato i ringraziamenti all’amico Y, rileviamo che le sue parole non denotano solo la soddisfazione per i risultati ottenuti, in effetti ragguardevoli e tali da aver suscitato le reazioni che sappiamo nel possessore di un impianto oltremodo costoso e composto da quello che la pubblicistica di settore proclama sia il meglio del meglio. Rispecchiano con precisione la cronologia degli avvenimenti e quel che ne è derivato.

Nel frattempo, ossia dal momento in cui è stata redatta la prima puntata a quello in cui Y ha scritto il commento pubblicato sopra, è intervenuto un ulteriore cambiamento, riguardante appunto la sorgente da lui menzionata. Così facendo il divario con l’impianto costosissimo di X si è ulteriormente ampliato, stante il nuovo miglioramento che va a sottolineare, per l’ennesima volta, l’importanza impareggiabile dell’anello iniziale della catena di riproduzione domestica.

Nella valutazione che lo riguarda vanno osservati almeno due aspetti. Il primo riguarda la facilità con cui le sue prerogative possano essere vanificate dai componenti successivi lungo il percorso del segnale. Proprio in questo aspetto la sorgente trova l’elemento primario di criticità nel suo impiego concreto, in quanto è maggiore il numero di componenti che può danneggiarne il rendimento, a partire dalle uscite fino ai diffusori.

Pertanto, il ritrovare un miglioramento di tale portata dal suo inserimento nell’impianto costituisce senz’altro la conferma del suo valore, ma anche quella implicita del comportamento inappuntabile di tutto quanto ad essa fa seguito. Proprio perché in caso contrario il suo apporto sarebbe in buona parte se non quasi del tutto vanificato.

Il secondo aspetto riguarda quel che le è stato messo vicino per far si che si esprima al meglio. In prima battuta l’abbiamo ascoltata per mezzo di un cavo di alimentazione e di uno digitale di buona qualità e di produzione industriale. Nel momento in cui la si è equipaggiata con il cavo di alimentazione realizzato espressamente, la sua sonorità ne è stata fortemente influenzata, con un incremento per le doti di pulizia generale della riproduzione persino inaspettato, cui si è abbinato un ulteriore e significativo ampliamento per l’immagine stereofonica e le sue doti di tridimensionalità. Si è potuto osservare inoltre un incremento dell’energia e della dinamica attribuite alla riproduzione almeno altrettanto rilevante. Tutto questo a fronte di una sonorità generale nettamente più rilassata, elemento in apparenza contraddittorio ma che in pratica non lo è affatto, appunto in funzione dei livelli qualitativi cui si è pervenuti.

Poi si è passati all’impiego del nuovo cavo digitale, sempre realizzato appositamente. Oltre alla chiarezza generale, da esso ha tratto vantaggio in special modo la capacità di recupero delle informazioni di entità minore. Era già molto evidente nella sorgente in sé ma ora ha trovato un’espressione ancora più spiccata e convincente. La facilità di percezione e la fruibilità degli elementi più sottili, addirittura fino a quelli impalpabili, ha attribuito alla sonorità una completezza e una piacevolezza del tutto nuove, dando finalmente il metro delle capacità insite in una sorgente di valore simile. Ovviamente se inserita nel contesto adatto a valorizzarla.

Il recupero delle informazioni ambientali, di presenza e naturalezza fin quasi inusitate, è un altro tra gli aspetti emersi con la visibilità maggiore, che al di là del loro valore intrinseco hanno dimostrato una volta di più ove risiedano le reali prerogative d’eccellenza della riproduzione audio: nei segnali di livello minore e ancor più in quelli appena percettibili. Nitidezza, fluidità, capacità di separazione tra gli elementi presenti nel segnale e ancor più per i piani sonori sono gli altri aspetti migliorativi più evidenti determinati dall’impiego del nuovo cavo digitale, che in effetti è andato a influire positivamente su tutti i parametri della riproduzione. Mostrando una volta di più l’importanza fondamentale insita nel trasferimento dei dati audio quando si trovano ancora in forma digitale.

Quando mai si riuscirebbe a ottenere qualcosa di paragonabile, sia pure alla lontana, a partire da liquida e music server? La loro povertà intrinseca è causa primaria del misero destino di troppi impianti di costo elevato, i cui utilizzatori evidentemente non si rendono conto delle limitazioni che da essi sono imprescindibili. Del resto è proprio su di essi che la narrazione attuale batte la grancassa con la veemenza maggiore.

Si  dimostra così anche la poca o nulla mancanza di significato della cosiddetta risoluzione o alta definizione che dir si voglia, da osservare una volta e per tutte per quello che è in realtà: mero argomento di vendita per spingere all’obsolescenza e quindi alla necessità di rinnovamento le apparecchiature incluse in un settore che rischiava di vedere azzerati i profitti che fino a poco tempo prima era riuscito a indurre.

Già le connessioni USB spesso usate in tali frangenti, del resto, dovrebbero suggerire di per sé l’inadeguatezza dell’intero sistema: i connettori di cui si avvalgono sono la negazione stessa della possibilità di costruire un cavo in grado di funzionare come si deve. Peggio ancora sono quelle di rete, di dimensioni ancora più risicate, oltretutto a fronte di tragitti spesso oltremodo prolungati, che impediscono ancor più l’impiego di conduttori adeguati alle necessità.

Quel che avviene, in sostanza, è che la narrazione eseguita su questi argomenti trascura minuziosamente laspetto primario di tutta la questione. La risoluzione, quella vera, e l’unica che serva a qualcosa, non è quella propria del supporto, fisico o somministrato da remoto che sia, ma quella che si trova all’uscita della sorgente e poi l’impianto riesce a trasferire fino ai diffusori.

Quanti anni sono che ci stanno praticando il lavaggio del cervello con la questione dell’alta risoluzione? Almeno venticinque, ossia da quando SACD e DVD Audio hanno fatto il loro esordio. Anche se a dire il vero della questione si parla da molto prima, ossia da quando i primi convertitori accreditati di un numero di bit superiore a 16 hanno fatto la loro comparsa.

Eppure a questo particolare insignificante nessuno ha mai fatto riferimento. Forse perché tutti erano troppo presi a magnificare le virtù dei nuovi arrivati, non a caso succedutisi a ritmo particolarmente serrato?

Guarda un po’ la coincidenza.

In sostanza il settore nel suo insieme, con la sua smania di continuare a ricavare profitti da categorie di apparecchiature ormai giunte almeno virtualmente al rendimento ottimale, e di conseguenza prosciugate sotto tale aspetto, si è di fatto posto nell’impossibilità di ottenere i suoi scopi d’elezione. Persino a fronte della messa in ballo di somme molto rilevanti, proprio perché il passaggio da analogico a digitale, e poi la transizione di quest’ultimo dal supporto fisico alla somministrazione da remoto delle tracce audio hanno causato una penalizzazione talmente grave, oltretutto nel punto più critico in assoluto ai fini della qualità di riproduzione, da rendere impossibile un qualsiasi recupero per mezzo degli altri componenti dell’impianto, quale che sia il loro prezzo. Conseguenza, l’eliminazione dello stesso motivo d’essere di apparecchiature tanto raffinate e quindi della stessa specialità di nostro interesse.

Un risultato pregevole, riguardo al quale non si possono che fare i più sentiti complimenti ai soloni di settore che lo hanno voluto e imposto. E poi anche ai cantori di siffatte genialate, resisi complici seppure a loro insaputa delle condizioni in cui ci troviamo, ennesima dimostrazione della loro competenza inarrivabile. Così, per troppa fame di profitti, si è finito con l’isterilire il terreno che vi dava origine, andando a porre in pratica una pesantissima ipoteca sulle sue sorti.

Nello stesso tempo si è dimostrata una volta di più la veridicità del noto detto di antica saggezza popolare, che proprio per questo si è fatto di tutto per rimuovere dalla consapevolezza dell’individuo comune: “Chi troppo vuole nulla stringe”.

Oggi al suo posto si declamano le mirabilie dell’accumulazione compulsiva, spinta alle sue conseguenze ultime.

Ciò che Y ha scritto riguardo al DAC, da considerare anch’esso nell’ambito delle sorgenti, a tutti gli effetti, rafforza ancora di più il concetto: in assenza di una sorgente valida in ognuna delle sue parti costitutive, ovverosia di un segnale di qualità effettivamente elevata da amplificare e poi diffondere in ambiente, non si va da nessuna parte.

Men che meno se ad essa si abbinano componenti con cui si vorrebbe compensare, sia pure senza rendersene conto, la deficienza dell’anello iniziale. Invece di migliorare, la situazione viene resa ancora più critica, proprio perché componenti di qualità accresciuta sono più efficaci innanzitutto nel porre in risalto tutte le prerogative del segnale. Magagne comprese, che così acquisiscono un’evidenza ulteriore, che non di rado travalica quella assunta dai miglioramenti ottenuti per quel tramite.

Non è ancora stato inventato il componente audio capace di lasciar passare solo quel che piace al suo possessore e, nello stesso tempo, distendere un velo – pietoso? – su quel che invece gradisce meno.

Speriamo di poter approfondire presto l’argomento, sulla base di un’apparecchiatura in carne e ossa, o per meglio dire in metallo e componenti.

Come risulta evidente dalle sue parole, l’amico Y ha apprezzato il mio impegno riguardante la verifica di ciò che andava o andava un po’ meno, direttamente nel suo ambiente, e poi di ognuno tra gli elementi utilizzati per il miglioramento del suo impianto.

A questo proposito ci sono ancora una volta almeno due aspetti da affrontare. Il primo riguarda la reazione di certe persone quando chiedono un ascolto del loro impianto e si dice loro la verità. Sembra quasi che la prendano come un affronto personale, si offendono proprio, peggio che se si mettessero in discussione le virtù della loro metà.

Sono convinto anzi che se lo si facesse non reagirebbero in maniera altrettanto piccata. Questo nonostante le premesse siano molto chiare, intanto perché scritte in maniera comprensibile da chiunque nella pagina apposita, e poi perché reitero il concetto al momento in cui si prendono al riguardo accordi verbali.

Eppure non c’è niente da fare: la stessa scena si ripete invariata nella quasi totalità delle occasioni. Per questo mi sono convinto che le persone non desiderino un giudizio franco e schietto, proprio per gli effetti della narrazione fantastica in cui sono immersi. e anche se è l’unico presupposto su cui costruire la possibilità di un miglioramento. Quel che desiderano, invece, è l’avallo del tutto passivo alle loro scelte, da parte dell’esperto di turno.

A questo riguardo non mi sembra giusto ingannare le persone, anche se è ciò che desiderano: essere rassicurate. Tantomeno a pagamento, malgrado si tratti quasi sempre di un mero rimborso spese e tante volte non ci sia neanche quello.

Cosa otterrei così facendo, se non il far si che continuino il loro crogiolarsi beate nella mediocrità di cui spesso nemmeno comprendono l’esistenza?

In situazioni del genere sembra che neppure ci si renda conto che a me, nel valutare le cose per quelle che sono in concreto, non viene in tasca un bel nulla. Anzi ci perdo, perché le persone offese a morte, in quanto si sentono colpite innanzitutto nella considerazione che hanno di sé, quella di grandi intenditori solo perché hanno speso cifre improbabili presso chi proprio dell’arte del prendere in giro il prossimo ha fatto la sua attitudine più spiccata, mi tolgono proprio il saluto.

Eccoci ancora una volta di fronte a quel che deriva dalla contrapposizione tra narrazione fantastica e realtà concreta, con le sue conseguenze.

Del resto se la narrazione è così gradevole e rassicurante, mentre la realtà concreta è così poco condiscendente coi desideri di ognuno e irta di difficoltà, sempre per le conseguenze della filosofia del tutto gratis diventa vieppiù probabile che la si preferisca senza pensarci neppure un istante.

D’altronde non ci posso fare niente: di raccontare frottole, così da far passare innanzitutto per stupido il mio interlocutore, francamente non mi sembra il caso. In primo luogo perché mi fa imbestialire chi cerca di farlo con me. Quando poi cerco di spiegare quelli che a mio avviso sono i motivi della situazione che trovo e valuto nel modo più equilibrato che mi riesce, le cose peggiorano ulteriormente.

Proprio perché immersi totalmente e da tempo immemore nella narrazione fantastica, come tale plasmabile in funzione dei desideri di ognuno, sovente non c’è più la capacità di confrontarsi con la realtà concreta, sia pure spiegata per filo e per segno nelle sue cause e nei suoi effetti.

Sotto questo aspetto l’amico Y si è dimostrato il meglio che si possa sperare di trovare: consapevole dei problemi del suo impianto ne ha accettato volentieri la conferma e i consigli per migliorarne il rendimento, arrivando ai risultati che sappiamo.

Il secondo aspetto che reputo molto interessante, riguardo alla verifica di persona dei risultati ottenibili per mezzo delle parti che consiglio o realizzo, è che non solo è il modo migliore per accumulare esperienza, della quale non se ne ha mai abbastanza, ma anche che spesso e volentieri ci si trova di fronte a frangenti con cui solo così facendo ci si può misurare. Si accrescono così non solo le capacità di rispondervi in modo risolutivo, ma si ha anche la possibilità di comprendere i meccanismi per mezzo dei quali avviene il perfezionamento della catena audio e della sua qualità sonora, che altrimenti ci resterebbero preclusi.

Proprio durante il completamento dell’impianto di Y ne abbiamo avuto un esempio.

Nel momento in cui abbiamo installato i cavi di potenza nuovi, il miglioramento è stato netto e ben percettibile. Tuttavia è subentrato anche qualcosa che non andava, individuabile in una certa sporcizia per la gamma media e alta, abbinata a metallicità e granulosità.

Trattandosi di cavi sdoppiati, ai fini del cosiddetto bi wiring, almeno in prima battuta si poteva supporre che fosse proprio il ramo dedicato alla via superiore dei conduttori a non fare il suo dovere fino in fondo.

Conoscendo le caratteristiche dei miei cavi, sapevo perfettamente che non poteva essere così, ma vallo a far capire a chi in un frangente del genere riscontra la sensazione appena descritta. E, in conseguenza del cambio appena eseguito, è matematicamente sicuro che la colpa del difetto così emerso risieda appunto nel componente appena entrato a far parte dell’impianto.

Come accade con una certa frequenza in questo settore, e in particolare quando ci si va a misurare con condizioni già alquanto evolute, se osservare l’esistenza di un difetto può essere relativamente facile, per quanto non di rado i difetti si prendano per pregi e viceversa, e di questo vedremo tra poco un esempio, individuarne l’origine in maniera corretta non è soltanto un affare ben più complicato, ma anche controintuitivo.

Per fortuna non c’erano solo i cavi di potenza da sostituire ma anche quelli di segnale. Così si è proceduto alla loro installazione e subito la situazione si è del tutto capovolta, malgrado non avessero mai suonato prima, neppure per un istante.

Ruvidezza, granulosità e metallicità sono scomparse, per lasciare spazio a una fluidità e a una verosimiglianza della riproduzione da rimanerci fin quasi interdetti, con una capacità di recupero per le informazioni di entità minore e soprattutto per le informazioni di ambienza e per il dimensionamento del fronte stereofonico da definirsi di prim’ordine.

In sostanza allora, non è che il cavo di potenza fosse inadeguato o peggio difettoso: al contrario la sua colpa era quella di fare il suo dovere fin troppo bene. Al punto di rendere palesi i limiti degli altri cavi presenti nell’impianto, oltretutto in maniera tanto esplicita.

La reale finalità del cavo, infatti, è quella di lasciar passare il più possibile inalterato quanto è presentato ai suoi terminali a monte dall’apparecchiatura cui è collegato. Non è detto che in quel punto vi sia un segnale costituito esclusivamente da caratteristiche positive, anzi è alquanto improbabile.

Disporre tuttavia di un elemento in grado di rivelare con efficacia maggiore del solito l’esistenza di problemi è il primo passo ai fini della loro soluzione. In caso contrario si può fare come molti: pur di non prendere atto di avere la febbre si preferisce rompere il termometro.

Dunque, tolti di mezzo i vecchi cavi di segnale sono scomparsi tutti i loro difetti, messi così bene in evidenza dai nuovi cavi di potenza. Nello stesso tempo il salto di qualità è andato oltre ogni aspettativa. Soprattutto per quel che riguarda le informazioni di livello minore, che non mi stancherò mai di ripetere sono quelle che fanno la vera qualità di riproduzione e non a caso sono del tutto cancellate via dalla stragrande maggioranza delle apparecchiature di grande blasone, data la loro sonorità tronfia e amorfa, poiché sovraccarica di controreazione.

Insieme cancellano anche i difetti ed è per questo che tanti appassionati trascorrono con esse una vita tranquilla, rassegnandosi tuttavia alla mediocrità, forse senza rendersene conto

Eccoci allora di fronte alla dimostrazione ennesima di un altra cosa che ripeto regolarmente: non di rado il passaggio a un componente di qualità molto più elevata del precedente va a causare sensazioni contrarie a quelle attese e quindi produce sconcerto, proprio perché le sue superiori capacità d’indagine sul segnale sono tali da porre in un’evidenza persino marchiana problemi che prima passavano del tutto inosservati.

In un’altra situazione chiunque avrebbe ritenuto che i nuovi cavi di potenza non fossero questo granché, quando invece era l’esatto contrario. Erano fin troppo raffinati per le caratteristiche dell’impianto in cui sono stati inseriti e pertanto ne rendevano palesi le limitazioni. Appunto rimuovendo la loro origine, che per fortuna risiedeva nei cavi di segnale che erano anch’essi da sostituire, sono del tutto sparite, lasciando spazio a una riproduzione di qualità persino inimmaginabile prima.

Esperienze simili le fai, e riesci a comprenderne il significato, solo nel momento in cui esegui di persona determinati interventi. Più importante ancora, tuttavia, è che non hanno prezzo, proprio perché il loro ruolo è fondamentale per la comprensione dei fenomeni che avvengono nel corso dell’evoluzione di un impianto audio, e soprattutto dei tranelli in agguato lungo il tragitto che è necessario  compiere a tal fine.

Questo è anche il motivo per cui negli articoli ad essi dedicati ho scritto che i cavi, nel loro insieme, sotto l’aspetto tecnico vanno a costituire un sistema nel sistema e operano di conseguenza. Prenderli uno per uno come se non avessero nulla a che fare con l’altro è un errore tanto comune quanto da evitare.

Questo ovviamente sotto l’aspetto tecnico. A livello commerciale invece, ossia nell’ambito che comprende anche le questioni legate al loro acquisto, va tenuto conto che difficilmente li si può sostituire tutti in un sul colpo. In ogni caso, avere presente la realtà tecnica regolarsi di conseguenza è il modo più indicato per conseguire i risultati migliori e quindi più soddisfacenti.

Imprescindibile, a questo proposito, è la capacità di attribuire alle diverse sfaccettature della sonorità la loro valenza effettiva. A questo riguardo torniamo per un istante sulla questione dei difetti, facili da cogliere ma estremamente complessi nell’individuazione della loro vera origine, ma soprattutto confusi per pregi e viceversa.

E’ innanzitutto una questione di cultura e di educazione, impossibilitate a formarsi nel momento stesso in cui la narrazione prende il sopravvento nei confronti della realtà, qualunque ne sia il motivo. La narrazione produce benessere, compiacimento e persino beatitudine, sensazioni non troppo lontane da quelle conseguenti all’assunzione di sostanze psicotrope, ma senza che di esse vi sia bisogno, proprio in quanto sono le stesse parole per mezzo delle quali la si diffonde a produrre determinate sensazioni. A dimostrazione, ennesima, dell’enorme potere insito nella semantica e nella capacità di controllo sull’utilizzo dei vocaboli, che discende a sua volta da quello esercitato sul sistema di comunicazione nella sua globalità.

Di questo abbiamo una conferma nell’immagine che segue, ancora una volta in conseguenza di quel che racconta l’amico Y.

Nella seconda parte del suo resoconto, Y racconta le reazioni dell’amico X nei confronti del risonatore di Schumann. Anch’esso infatti, nella versione a generatore doppio, è stato tra gli elementi su cui si è articolata l’evoluzione del suo impianto. Lo ha mostrato ovviamente a X, che ha replicato nei modi tipici con cui questo tipo di apparecchiature è valutato in determinati ambienti, in funzione della superficialità e della tendenza in essi dominante a dare per scontate le cose in cui innanzitutto si desidera credere.

Nondimeno X è riuscito a cogliere l’effetto del risonatore, cosa non da tutti, dato che sovente l’attenzione degli ascoltatori si dirige verso gli aspetti più elementari della riproduzione, quelli di ordine timbrico.

Vi ha attribuito però una valenza negativa, in quanto secondo lui fa in modo che si abbia una sonorità “molle”, quando invece va a stemperare gli aspetti più evidenti che rendono la riproduzione sonora riconoscibile come tale, quindi differente dall’evento reale.

Qui torniamo appunto al discorso relativo all’attribuzione della giusta valenza ai diversi aspetti della riproduzione, in base alla quale si prendono i pregi per difetti e viceversa.

Può mai essere l’elemento primo di differenziazione tra l’evento reale e la sua riproduzione, che consiste appunto nell’accentuazione che produce le sonorità puntute, ispide e a volte persino trapananti in gamma media e alta, un pregio? Tale appunto da indurre a definire le conseguenze della loro attenuazione come sonorità “molle”?

Forse si, nel momento in cui si decide che la qualità di riproduzione sia un qualcosa di totalmente svincolato dall’esperienza dell’evento reale, ammesso che se ne abbia una.

Ancora una volta dunque è questione di retroterra, ossia dell’abitudine all’ascolto di eventi reali invece che di riproduzioni, e della capacità di comprendere quali siano le differenze di fondo tra loro. E poi ancora la consapevolezza del significato di naturalezza, la cononscenza dei parametri su cui si articola e la facoltà di attribuire ad essi la loro valenza in maniera corretta.

Dunque, si tende a ritenere le esasperazioni in gamma alta proprie di moltissime apparecchiature, e la loro tendenza ad attribuire una sovraccentuazione alle frequenze superiori, cosa del tutto assente da quel che è percepibile quando ci si trova di fronte all’evento reale, come un pregio.

Tale caratteristica in realtà è frutto delle distorsioni che hanno luogo nel funzionamento delle apparecchiature e dei diffusori, conseguenti anche alla vera e propria frenesia di attribuire chiarezza ed apertura alla sonorità, nella consapevolezza che altrimenti risulterebbe smorta, poco presente e priva di dettaglio. Conseguenza appunto dei compromessi usuali nella realizzazione del prodotto di origine industriale.

Si tratta inoltre di quel che deriva tipicamente da un vizio inveterato, quello che spinge a correggere un difetto con un altro di segno opposto, invece di eliminarlo alla radice, cosa ritenuta talvolta impossibile e in genere troppo costosa, quando non addirittura contraria all’ortodossia dell’elettronica e dell’acustica.

Questa realtà falsificata ne produce a sua volta un’altra, a livello di fruizione: il ritenere qualsiasi cosa vi sia in più rispetto al parametro di riferimento un fattore migliorativo, ancora una volta in funzione di un retroterra basato innanzitutto sulla carenza che caratterizza le sonorità con cui si è abituati a confrontarsi.

Qui rientra in ballo il fattore riguardante l’educazione, ossia la capacità di capire quando un fenomeno è davvero confacente al ricreare un evento sufficientemente realistico da produrre la sensazione che si stia svolgendo di fronte a noi e quando invece con una riproduzione realistica non ha nulla a che fare.

Tra l’altro le sonorità acuminate e tendenti alla metallicità hanno una componente ingannevole, poiché danno la sensazione di trovarsi di fronte a una sonorità più definita e dettagliata. Questo è un altro dei motivi per cui i costruttori indulgono in esse, data la facilità che hanno nel far credere in quel che non è. Lo hanno fatto storicamente al punto tale da rendere il difetto in questione sinonimo di definizione e resa del dettaglio o quantomeno una sua componente sostanzialmente imprescindibile.

Nella veste descritta fin qui si tratta pertanto di una falsa definizione e di un falso dettaglio, coi quali tuttavia si può far credere agli ascoltatori non in possesso dell’esperienza necessaria, che ormai sono in maggioranza schiacciante, di trovarsi di fronte a chissà cosa.

Ne deriva per conseguenza l’abitudine di attribuire caratteristiche siffatte alle apparecchiature, proprio al fine di carpire il consenso della maggioranza, ingannandola, proprio nella consapevolezza delle sue difficoltà a cogliere la differenza.

Alla lunga una cosa del genere diventa persino naturale: se tanto poche sono le apparecchiature in grado di dar vita a una vera definizione, appunto per via delle loro superiori capacità di analissi e non di un allineamento timbrico accuratamente e furbescamente calcolato, e quindi ridotte al lumicino le possibilità di ascoltarle in condizioni tali da non mortificare le loro caratteristiche migliori, va da sé che la stragrande maggioranza delle persone non sia in grado di eseguire una valutazione corretta al riguardo.

Sotto questo aspetto va anche considerato che più le apparecchiature vanno al di là della media e più è facile siano mortificate da allestimenti e messe a punto inadeguate.

Anche qui, pertanto, è una questione di abitudine: se in pratica da sempre si ascoltano impianti similmente caratterizzati da un aspetto di valenza negativa, proprio in quanto nulla ha a che fare con la sonorità dell’evento reale, va da sé che la rimozione di quel difetto indurrà a ritenere di trovarsi dinnanzi a una sonorità “molle”, come l’ha definita l’amico X, invece che caratterizzata da una maggiore quantità di realismo.

Nella mia esperienza, inoltre, è assai probabile da parte degli appassionati il rifiuto per le apparecchiature realmente in possesso di capacità analitiche, ossia che non necessitino di simularle con modalità artificiali, proprio perché da un lato non suonano “come dovrebbero”, secondo i loro parametri ovviamente, e dall’altro perché non si hanno doti percettive approfondite abbastanza da rilevare che di dettaglio e capacità di analisi ce ne sono ancora più del solito ma sono svincolati da elementi di ordine timbrico e come tali tendono a passare inosservati.

Doti percettive siffatte, che sono alla portata di tutti, presuppongono tuttavia livelli di concentrazione tali, almeno la prima volta, quando non si sa come vada indirizzata primariamente la propria attenzione, che risultano difficili se non impossibili da raggiungere nelle occasioni tipiche in cui è possibile ascoltare impianti che non sono i propri.

In quei frangenti sono troppi gli elementi di distrazione, che per forza di cose negano il livello di concentrazione necessario per apprezzare determinati elementi.

Sempre per l’abitudine a dirigere la propria attenzione verso gli aspetti più superficiali e vistosi della riproduzione, appunto quelli di ordine timbrico, sotto il quale ricadono i fenomeni riguardanti le sonorità puntute e metalliche prima descritte, è probabile che sfuggano elementi rilevabili a una valutazione più approfodondita. Come ad esempio quelli inerenti la distribuzione spaziale dell’immagine stereofonica, il respiro attribuito all’insieme della riproduzione, la difficoltà d’individuazione del punto in cui sono posizionati i diffusori. Tali prerogative da un lato contribuiscono a formare l’eccellenza della riproduzione, come sempre a fini di riproposizione delle sensazione inerenti il trovarsi di fronte all’evento reale, e dall’altro sono conseguenze tipiche della funzionalità dei risonatori di Schumann, secondo la loro accezione da ritenersi più corretta.

A questo proposito c’è chi fa in modo da farli funzionare come una sorta di equalizzatori, proprio al fine di esasperare quelli che abbiamo visto fin qui essere niente altro che difetti,  e chi ritiene che proprio in tale veste assumano la loro efficacia migliore, facendone persino pubblico vanto, ma anche questo è nell’ordine delle cose.

Arrivati fin qui mi sembra inevitabile fare riferimento alla questione della sintesi, ritenuta indispensabile dai più ma altrettanto portatrice dall’efficacia ineguagliabile di superficialità e quindi, in ultima analisi, concausa della situazione appena descritta. Proprio in quanto nessuno si azzarda ad affrontare argomenti del genere, posto che sia consapevole della loro esistenza. Sono del resto troppo complessi e impossibili da far entare nelle poche righe messe a disposizione dei loro contenuti, che come abbiamo rilevato a suo tempo sono in sostanza privi di qualsiasi contenuto.

Un ultimo elemento riguarda la reazione di Ralph al funzionamento dello Schumann. Ralph è il labrador di Y, dolcissimo cagnone sempre alla ricerca di coccole. Come ha rilevato il nostro amico, ogniqualvolta si accende il risonatore, Ralph si sposta dalla sua posizione preferita per andarsi a mettere nelle immediate vicinanze dell’oggetto. E’ noto che gli animali abbiano facoltà percettive a noi precluse ed è difficile immaginare che lo faccia per questioni legate alla qualità dell’audio riprodotto. Non avendo la parola, a Ralph riesce impossibile spiegare il perché del suo comportamento, al cui riguardo possiamo fare solo delle supposizioni. Che tuttavia lasciano immaginare non si tratti di un mero “rincoglionitore”, dall’efficacia più o meno spiccata.

Forse a Ralph sfuggirebbe proprio il motivo di dover spiegare la sua preferenza, essendo per lui del tutto naturale posizionarsi dove si trova meglio.

E’ possibile tuttavia che indulgendo in valutazioni di tenore simile ci si renda più difficoltoso trovare la strada giusta ai fini del rendimento più convolgente dell’impianto audio, il che a sua volta ha qualche probabilità di essere una tra le concause per via delle quali, anche potendo disporre della potenza di fuoco, almeno presunta, di un impianto da svariate centinaia di migliaia di euro, risulti difficoltoso avvicinare le sensazioni di piacevolezza e realismo di un impianto enormemente più modesto, ma progettato, assemblato e installato con un pizzico di sale in zucca, di cura e soprattutto di consapevolezza e attenzione per i risultati che con il suo tramite è desiderabile raggiungere.

 

 

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