Narrazione fantastica e realtà concreta

Manichini, vestiti di tutto punto. Se qualcuno ci dicesse che si tratta di esseri umani, proprio in quanto abbigliati alla stessa maniera, potremmo credergli?

Di qui la domanda: che cos’è la realta?

Difficile dirlo, al giorno d’oggi.

Da un lato abbiamo quella della banalità di tutti i giorni, che ruota attorno alle faccende di cui tutti noi siamo chiamati al disbrigo, sulla quale non c’è molto da eccepire. Chi va al lavoro, chi s’impegna a livello domestico e così via nella routine della vita quotidiana, con le sue contrarietà e con le piccole cose con cui ci autogratifichiamo di tanto in tanto: un regalo, una cenetta al ristorante e così via.

Su questo livello di realtà si ha l’impressione che non si possa intervenire più di tanto: le cose quelle sono e per tali vanno prese e fatte.

C’è poi un secondo livello, che è quello con cui abbiamo un contatto indiretto, e nelle condizioni del mondo moderno è altrettanto e forse ancor più significativo dell’altro, in quanto capace di influenzare le nostre percezioni, le nostre azioni e il nostro modo di pensare e di agire.

Su di esso agiscono quanti vogliono perseguire i loro scopi, dando però l’impressione che siamo stati noi ad averglielo chiesto o comunque ad aver dato loro l’avallo, a livello personale e di massa.

A tale riguardo si è resa necessaria la presenza di intermediari, i quali si sono incaricati di fare da tramite, e per conseguenza da filtro, tra noi e gli avvenimenti che hanno luogo a quel livello. Come sempre accade, le finalità iniziali col tempo cambiano, lasciando sempre più spazio, e importanza, ad aspetti ed elementi sulle prime ritenuti trascurabili o collaterali, ma che poi vanno regolarmente ad acquisire il rilievo maggiore.

Del resto tanta più importanza si fa in modo di attribuire a quel livello di realtà, del quale un tempo si aveva si e no un’idea vaga, e più ne acquisiscono gl’intermediari che s’incaricano di raffigurarcelo. Nello stesso tempo il loro raggio d’azione va sempre più ad ampliarsi, insieme al potere d’interdizione nei confronti di quanto non si ritiene sia il caso di portare alla conoscenza delle masse, secondo una forma di censura che non ha nulla da invidiare a quella in auge ai tempi delle dittature storiche. Oggi anzi utilizza metodi e strumenti di raffinatezza che allora erano inimmaginabili.

Quindi il minculpop di Achille Starace, per decenni additato come l’emblema della propaganda più smaccata e ideologizzata, è una nullità nei confronti di un sistema inverosimilmente più efficace e pervasivo come quello attuale, che tuttavia pretende di passare per democratico e assolutamente rispettoso del diritto alle persone a non essere ingannate e fatte passare per stupide o per meglio dire minorate.

Per conseguenza ne viene influenzato, o per meglio dire manipolato con totale assenza di scrupoli, anche il livello della percezione della realtà di base in ciascuno di noi.

Ciò ha effetto sulle nostre scelte, le nostre azioni e il nostro modo di pensare: quanto più si riesce a uniformarli, tanto meglio saranno riconoscibili e direzionabili l’immaginario comune e le azioni della collettività nel suo insieme. In particolare da parte di chi ha la capacità di controllare gl’intermediari che hanno il compito di elaborare e poi diffondere la narrazione della realtà di secondo livello, quella percepita indirettamente, ritrovandosi tra le mani in buona sostanza lo strumento atto all’acquisizione e all’esercizio di un dominio sulle masse pressoché assoluto.

Con quello strumento, volendo, si possono costruire realtà di comodo, adatte a rispondere positivamente alle diverse evenienze che possono materializzarsi, facendo si che la collettività nel suo insieme reagisca ad esse nel modo ritenuto più opportuno. Stiamo parlando del principio noto come “Problema-reazione-soluzione”: si crea artatamente un problema, fatto apposta per indurre una reazione predeterminata da parte della collettività, per poi presentare la soluzione bella e pronta, che è proprio ciò a cui si voleva pervenire fin dall’inizio, senza però darlo a vedere.

In questo modo si riescono a produrre condizioni che se perseguire in forma diretta causerebbero proteste o peggio ancora sollevazioni.

Facciamo un esempio tra i più semplici: qualora volessimo arrivare a uno Stato di polizia, operando direttamente col mettere uno sbirro alle calcagna di ogni individuo si produrrebbe un malcontento generale. Se invece induciamo un senso d’insicurezza altrettanto generalizzato, per mezzo di rapine, stupri, aggressioni, attentati, incendi e così via, possibilmente eseguiti dagli stessi che in realtà dovrebbero evitarli o da loro incaricati, saranno le stesse persone a richiedere a gran voce forme di controllo più efficaci, a salvaguardia della sicurezza dell’intera collettività.

Approfittando dell’emergenza così creata, qualcuno potrebbe chiedere o persino attribuirsi pieni poteri.

Il lavoro riesce ancora più facile se ci si aiuta con l’impiego del sistema mediatico, facendo in modo che esegua un pompaggio di quegli argomenti presso le masse, in forma di notiziari trasformati in bollettini di guerra, e di dibattiti in cui gli aspiranti sceriffi possano descrivere i provvedimenti draconiani, inapplicabili e contra legem con cui ritengono di stroncare il problema che essi stessi o tuttalpiù i loro committenti hanno creato. Dimodoché dall’istante successivo vi saranno schiere di persone che ripetono a pappagallo, senza manco aver capito il significato di quello che dicono. Al tutto si fa assumere il ritmo parossistico tipico del martellamento e il gioco è fatto.

Chiaro il concetto? A ogni buon conto utilizziamo l’accortezza un tempo diffusa, specie nei film riguardanti argomenti scomodi, che invariabilmente riportavano la scritta “Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono esclusivamente il frutto della fantasia dell’autore”.

La logica insomma è quella del comando a distanza che usiamo per il nostro televisore, anche se su proporzioni di ben altro tipo e quindi per finalità che vanno ben oltre il cambiare canale o l’alzare e abbassare il volume.

Nel momento in cui il sistema d’intermediazione assume la capacità di controllare masse di una qualche rilevanza, queste sono trasformate automaticamente in gregge, guidate secondo i desideri del pastore dai cani di cui si serve. Loro compito è tenere raggruppati i capi, che siano umani o di bestiame non ha importanza, guidarli verso i luoghi di pascolo prestabiliti, evitare che nel tragitto i più distratti finiscano col perdersi o i più riottosi e intraprendenti decidano di brucare dove ritengono meglio opportuno, e che altri seguano il loro esempio, facendo perdere di conseguenza tempo ed energie, e in ultima analisi potere di controllo, a chi tira i fili di tutto il meccanismo.

Ne consegue che i criteri di gestione delle masse, una volta abituate a servirsi degl’intermediari e a riconoscerne l’autorità, non siano per nulla dissimili da quelli zootecnici con cui si dirigono gli allevamenti di bestiame.

Anzi, quanto più si fa in modo di ridurre le differenze tra masse e mandrie, tanto meglio e più facilmente si potranno direzionare e uniformare le prime sulle direttive stabilite da chi ha il controllo di quegl’intermediari. Con il loro impiego si ottiene inoltre di convogliare i profitti derivanti dalle diverse attività umane sempre più a favore di chi ne tira le fila, in modo tale che assuma un potere sempre più soverchiante e tale in definitiva da non poter più essere messo neppure in discussione.

Meglio ancora, si può far credere alle masse-mandrie che quel potere in realtà neppure esista, infatti allo scopo si tiene ben nascosto, e che quanti ne fanno parte agiscano spontaneamente e in assenza di qualsivoglia condizionamento.

Questo, anzi, è il presupposto che attribuisce al sistema descritto la funzionalità più efficace.

Allo scopo, mentre da un lato si elaborano e utilizzano metodi di persuasione, e quindi di coercizione, sempre più efficaci e raffinati, dall’altro si mettono a punto i concetti affinché chiunque diverga dalle direttive, per un motivo qualsiasi, sia additato al pubblico ludibrio, stigmatizzato nelle sue azioni e idee, e infine riconosciuto come nemico della collettività, secondo il meccanismo operante con la logica del push-pull, spingi e tira.

Tali reazioni, in chi fa parte del gregge, vanno indotte in modalità automatica, per mezzo di definizioni coniate all’occorrenza, a seconda delle necessità: menagramo, disfattista, complottista, asociale, eversore, no-global, anarco-insurrezionalista e così via, secondo un dizionario che si amplia, restringe e modifica la sua fisionomia nella maniera più varia e repentina, a seconda delle necessità del momento.

La sua strumentalità è resa evidente dal nascere improvviso delle definizioni che ne fanno parte e dalla partenza istantanea del martellamento ossessivo per il loro tramite, finalizzato all’induzione di sentimenti negativi, immancabilmente a reti e testate unificate. Le stesse sono poi abbandonate in maniera altrettanto repentina, quando si ritiene abbiano assolto al loro compito, o altrimenti si decide che il sistema di condizionamento debba cambiare narrazione e finalità.

Denominatore comune di tutte queste definizioni, che per facilità di assimilazione e d’impiego devono essere formate possibilmente da una sola parola, è l’induzione automatica della reazione, da parte dell’individuo similmente irreggimentato, o per meglio dire programmato neuro-linguisticamente. Questi deve poter disporre di uno strumento sempre pronto all’uso per tutto quanto gli è stato insegnato a riconoscere come non conforme, che va rifiutato immediatamente. Il rifiuto deve essere esercitato d’istinto, quindi senza bisogno di soffermarsi a ragionare sui perché e i percome di tale atteggiamento, cosa pericolosissima, esistendo sempre l’evenienza che vi si possano trovare delle ragioni valide.

Il rifiuto nei confronti del diverso, pertanto, deve essere netto e assoluto, ma soprattutto istantaneo ed eseguito in modalità automatica.

Quindi scevro da ogni eventuale uso della logica, che per precauzione non solo si è provveduto a estirpare dai componenti delle masse-mandrie ma li si è forniti anche di un istinto di reazione nei confronti di chiunque tenti di indurli a utilizzarla, che li spinge alla fuga, al dileggio o ad assumere un atteggiamento violento. Quasi sempre a livello meramente verbale ma che a volte eccede quei limiti.

Allo scopo gl’intermediari atti alla raffigurazione della realtà forniscono dei modelli comportamentali ferrei, attraverso gli strumenti audiovisivi, cinema e TV, dai quali non è ammessa alcuna deviazione. Nel caso ci si trovi di fronte ad essa, deve essere bollata nel modo anzidetto da parte di chiunque intenda rimanere nel giusto, ottenendo così anche la diffusione più rapida e capillare del modello imposto dal sistema d’intermediazione.

Questo procedimento è stato utilizzato e si è affermato inizialmente a livello politico, ai fini della costruzione del consenso, e proprio le dittature dello scorso secolo ne sono un esempio leggibile senza eccessive difficoltà. Il suo effetto più visibile è stato quello dello squadrismo, che infatti ritoviamo sostanzialmente invariato ai giorni nostri. Sola differenza è che allora tutti vestivano alla stessa maniera, oggi quanti ne sono parte non hanno più bisogno alcuno di indossare una divisa poiché condividono lo stesso identico abito mentale.

Col tempo tuttavia si è compresa l’esistenza di qualcosa enormemente più potente, e dotato di una capacità di attrazione e convinzione neppure paragonabile: il consumismo.

Come Pierpaolo Pasolini ha rilevato a suo tempo, un ventennio abbondante di fascismo non riuscì neppure in minima parte a scalfire tradizioni, abitudini e mentalità del popolo italiano. E’ bastato però qualche anno di consumismo affinché fossero completamente sovvertiti. Soprattutto, l’etica e i valori sociali che in precedenza sembravano  intoccabili non ne furono soltanto cambiati: li si dimenticò semplicemente.

Il consumismo dunque è l’arma più forte e più duttile, proprio in quanto i campi in cui può trovare applicazione sono pressoché infiniti. Sua unica necessità è che ne sia eseguita l’induzione, in modo incessante. Ad essa pensano le stesse merci che sono insieme strumento e fine del consumismo, ma che comunque è opportuno propagandare per portare a conoscenza del pubblico la loro esistenza.

Ora anche l’era del consumismo è al tramonto, come sempre in questi casi a causa delle sue contraddizioni insanabili, a iniziare dalla saturazione dei mercati e dalle difficoltà indotte dai cicli di vita del prodotto sempre più brevi. La dittatura dei mercati quindi sta per essere sostituita con quella del controllo, che dev’essere totale, assoluto e ancora una volta di massa: nuovo filone dai profitti incalcolabili su cui il sistema economico-finanziario ha scommesso per garantirsi qualche altro decennio di sopravvivenza. I suoi costi, enormi e ancora non ben compresi nella loro portata devastante, saranno pagati come sempre dalle sue vittime.

Questo però esula dal nostro discorso, riguardo a cui rileviamo che, per forza di cose, tutto quanto descritto fin qui ha trovato uno spazio e una penetrazione sempre maggiore anche nel settore di nostro interesse. Di questo abbiamo parlato più volte, esaminando origini, modalità e conseguenze del suo predominio sempre più pervasivo.

Dev’essere tale del resto proprio affinché nessuno possa accorgersi delle modificazioni profondissime e regressive che ha apportato e degli effetti che ha indotto sulla specialità inerente la riproduzione sonora amatoriale. Volendo far credere tuttavia di aver realizzato progressi di portata epocale, persino inimmaginabili solo poco tempo fa.

Nel momento in cui vi fosse una possibilità di confronto, un metro di paragone tra quello che è, quello che è stato e quello che potrebbe essere, sia pure per una sparuta minoranza di appassionati, il gioco verrebbe scoperto e le conseguenze potrebbero rivelarsi incalcolabili e peggio ancora distruttive, per un sistema che ha richiesto tempi, sforzi e spese enormi per la sua edificazione e messa a regime.

Proprio di questo andiamo a parlare, dato che una somma di coincidenze ce ne ha dato la possibilità.

A questo riguardo, facciamo l’ipotesi che esistano due appassionati di riproduzione sonora, che chiameremo X e Y. Si conoscono, si frequentano, anche al di là della passione condivisa, ma soprattutto si confrontano riguardo alle soluzioni scelte dall’uno e dall’altro per il rispettivo impianto. Così si ritrovano spesso a casa dell’uno o dell’altro per ascoltare buona musica, ovviamente valutando le condizioni offerte dal tramite utilizzato di volta in volta.

L’appassionato X ha possibilità di spesa di un certo rilievo, che utilizza senza troppi patemi d’animo. Così nel tempo ha messo su uno di quegli impianti da lustrarsi gli occhi, scegliendo sempre tra il meglio in assoluto offerto dal mercato, o almeno tra quel che viene descritto come tale. E’ arrivato così a mettere insieme apparecchiature per un costo complessivo di qualche centinaio di migliaia di euro.

L’appassionato Y, pur non avendo problemi economici soverchianti, tutt’altro, ha scelto un modo di procedere alquanto diverso. Si è orientato, per l’amplificazione, su una soluzione a due telai, pre più finale, formata da apparecchiature usate. Entrambe hanno un marchio blasonato ma il loro prezzo era abbordabile: un po’ per l’età ma anche e forse soprattutto perché si tratta dei modelli tra i meno considerati dei rispettivi marchi. se non proprio snobbati.

Quando li ha presi non è rimasto molto contento del loro comportamento, ma poi grazie a un intervento approfondito di revisione, eseguito su entrambi, li ha riportati in una forma impeccabile. Soddisfatto del risultato, che dal punto di vista sonico si è rivelato persino sorprendente, quando ha valutato che fosse il momento di migliorare anche la sorgente ha sostituito il music server utilizzato fino ad allora con un sistema basato su PC portatile e DAC di realizzazione artigianale.

Ancora una volta ha ottenuto risultati soddisfacenti e così, in seguito, ha deciso di rinnovare la dotazione di cavi dell’impianto, togliendo di mezzo quelli non proprio eccelsi ma comunque di buona qualità e produzione industriale che aveva utilizzato fino ad allora. Li ha sostituiti su tutte le connessioni dell’impianto: quelle di potenza, dal finale ai diffusori, quelle di segnale, dalla sorgente al pre e poi ai finali, quelle digitali, dall’uscita USB del PC al convertitore D/A, e infine quelle di alimentazione, talvolta trascurate ma almeno altrettanto importanti.

Così facendo ha ottenuto un altro miglioramento significativo, arrivando ad avere una sonorità di buon realismo.

Infine Y ha messo in pratica anche qualche piccolo accorgimento volto a mettere il tutto nelle condizioni di comportarsi al meglio. Al riguardo è stato necessario un minimo d’impegno personale e di manualità.

Si tratta di cose a cui oggigiorno, nell’impero globale del tutto gratis che dovrebbe farci tutti più ricchi, mentre invece un numero di persone in crescita esponenziale si ritrova con una mano davanti e l’altra dietro, quasi più nessuno ritiene sia il caso di fare ricorso. Per scarsa volontà o proprio incapacità, della quale è inevitabile il subentro quando si è abituati da sempre a trovare la pappa pronta.

Sotto questo aspetto naturalmente c’è pappa e pappa: taluni, la maggioranza, si fanno andare bene quel che viene e lo ingurgitano senza problemi, qualcun altro invece cerca di trovare il modo di migliorarla, coi mezzi che ha a disposizione.

Ultimo tocco, un buon player software installato nel PC, in modo da far suonare in modo meno indecente i file immagazzinati nel suo disco rigido.

Un bel giorno lo va a trovare l’amico X, e ovviamente Y gli fa ascoltare il suo impianto nella nuova configurazione. A tal fine ha speso ovviamente una certa somma, che però è insignificante, o meglio del tutto inesistente, rispetto a quella spesa da X. Non può esservi proprio termine di confronto al riguardo, tale è stata la sproporzione di mezzi e soluzioni messi in campo da ciascuno.

X com’è nell’ordine delle cose è strasicuro di avere a disposizione il meglio del meglio: del resto i componenti del suo impianto sono quelli per cui nessuno azzarderebbe mai a sollevare una critica e anzi hanno riscosso giudizi oltremodo lusinghieri all’unanimità. Li ha pagati, si, e il loro costo non può che essere la loro prima dimostrazione d’eccellenza.

Già dall’aspetto lasciano intuire la loro appartenenza a una classe accessibile solo a pochissimi eletti. Tutto il resto poi viene da sé: è evidente che se già all’esterno sono curati in modo simile, la realizzazione interna non potrà altro che essere spinta a livelli di assoluta maniacalità. Ovviamente finalizzata a ottenere il meglio del meglio per quel che riguarda la qualità sonora.

Le foto che campeggiano su siti e riviste d’altronde rivelano standard realizzativi stellari, per non dire soprannaturali, centrati su un’opulenza che non ammette repliche: di fronte ad essa non si può far altro che inchinarsi e ritirarsi in buon ordine.

L’impianto di Y invece non figurerebbe altrettanto bene in fotografia. Non può contare infatti su finiture così smaglianti e men che meno sul gigantismo realizzativo e sul dispendio di risorse fin quasi senza limiti dell’altro. A vederlo così potrebbe apparire persino dimesso, in particolar modo secondo gli standard odierni, suscitando nell’osservatore terzo la domanda inevitabile in casi del genere: dove pensi di andare con robetta del genere e soprattutto cosa pensi di concludere, se non rimediare una batosta epocale, in un confronto che riesce difficile già da concepire in termini di plausibilità, prima ancora che da mettere in pratica?

Comunque sia la musica inizia a fluire dal sistema di Y, che l’appassionato “normale”, ossia quello appartenente alla schiera dei comuni mortali, valuterebbe come un buon impianto, ma che in confronto a quello di X è ancor meno di  un giocattolo.

I minuti passano e i brani si susseguono, fin quando avviene quello che possiamo leggere qui di seguito. Ovviamente il nome della persona in questione è stato sostituito da quello che abbiamo deciso di attribuirgli in questa sede: X.

 

Interessante notare che Y non si è premurato neppure di far ascoltare all’amico X l’impianto dopo averlo almeno riscaldato un minimo. L’ha acceso solo quando è arrivato e hanno iniziato l’ascolto li per li, quindi il responso ottenuto avrebbe potuto essere ancora più crudo, forse di parecchio.

Prima di ogni altra valutazione, credo sia importante rilevare che non è stato Y a dire “Il mio impianto suona meglio di quello di X”, il che sarebbe stato frutto di una impressione personale, possibilmente non così verosimile. Del resto non è vero che tutti gli appassionati soffrano di una certa qual mitomania, rispetto alle doti sonore del loro impianto?

Qui la cosa è diversa, dato che è stato proprio X, con il suo comportamento, a dare un’idea di quale sia l’ordine delle cose e il conflitto che hanno scatenato in lui.

A questo punto la prima domanda che sorge spontanea è: “Com’è possibile una cosa del genere?”.

Del resto, probabilmente, neppure chi ha fornito a Y i materiali con cui ha perfezionato il suo impianto avrebbe scommesso un caffé sulla possibilità che potesse spuntarla su un sistema di caratura simile, oltretutto in misura tale da scatenare una reazione del genere.

La seconda domanda che viene alla mente, altrettanto d’istinto, potrebbe essere: “E’ l’impianto di Y ad andare particolarmente bene, magari per una somma di coincidenze più o meno fortuite, o è quello di X ad andare proprio male, malgrado quel che è costato?”

Difficile dirlo, ma certo un risultato del genere è completamente fuori luogo, oltreché inatteso e ancor più del tutto non ipotizzabile a priori, proprio in funzione del dispendio tecnico, prima ancora che economico, che caratterizza l’impianto di X.

Ora possiamo sostenere quello che vogliamo, che X sia ipo-udente, che abbia scelto con trascuratezza particolare i componenti del suo sistema, a dispetto di quel che sono costati, che non sia stato capace di assemblarli nel modo giusto e tutto quanto ci viene in mente. Conoscendo nel dettaglio le apparecchiature del suo impianto, quali probabilità avremmo di imbatterci in resoconti tecnici e d’ascolto che mettano in guardia da scelte e abbinamenti come quelli che ha operato?

Meno di zero.

E non solo per roba di tale livello, ma anche per cose ben più abbordabili.

La stessa ammissione implicita fatta da X con il suo gesto, del resto, è una prova delle sue capacità uditive e di giudizio, oltreché della poca o nulla dipendenza da quella che potremmo definire “sindrome dell’appassionato di hi-fi”, quella che porta ognuno di essi a ritenere che il suo impianto suoni in maniera di gran lunga migliore di tutti gli altri.

L’accaduto in realtà ha una valenza innanzitutto simbolica: è l’emblema stesso del fallimento o per meglio dire il suo paradigma. Di un intero comparto tecnico, di chi se n’è assunto la guida, di chi ha pensato, progettato e poi realizzato le apparecchiature e soprattutto del sistema d’informazione.

Invece di fare il suo mestiere con gli oneri che ne derivano, ammesso che ne sia capace, ha preferito anch’esso seguire la corrente e soprattutto la convenienza, parlando sempre bene di tutto e uniformando i suoi giudizi a parametri che nulla hanno a che fare con la realtà sonica dei prodotti. Probabilmente sono più legati alla quantità degli spazi pubblicitari acquistati da fabbricanti, distributori e dettaglianti.

Una catastrofe, insomma. Soprattutto per il Coro Degli Entusiasti A Prescindere, delle cui parole, lodi, genuflessioni e idolatrie abbiamo qui la precisa valenza.

Com’è possibile che il sistema messo insieme da Y, sulla base delle indicazioni e dei materiali forniti da uno che potrebbe non avere neppure un milionesimo delle conoscenze e delle capacità di quanti hanno concorso alla realizzazione e alla commercializzazione delle apparecchiature che compongono quello di X, abbia potuto prevalere e oltretutto in misura tale da spingere il suo possessore a un moto istintivo così plateale?

Potremmo forse chiamare in ballo il caso, ma sarebbe plausibile o anche solo accettabile una simile eventualità, di fronte all’esborso di una somma a tal punto rilevante e a una disparità tanto schiacciante delle risorse messe in campo?

Quello che si può dire è che, fortunatamente, presto o tardi i nodi vengono ancora al pettine. Ma fino a quando potranno continuare a farlo?

Nel caso specifico sono quelli della narrazione trionfalistica e del tutto priva di qualsiasi discernimento che ormai va avanti da troppo tempo e ha spianato il cervello e messo fuori uso gli organi sensoriali di troppe persone.

Come sempre avviene in casi del genere, le prime vittime di quella narrazione sono gli stessi che l’hanno voluta ed eseguita, talmente presi dalle parole roboanti e dalle flautate affabulazioni da loro utilizzate allo scopo che hanno finito con il credervi.

Così, cullandosi sugli allori che si sono autoattribuiti, hanno ritenuto che fosse possibile fare sempre di peggio, o possibilmente non se ne sono manco resi conto, mascherando la regressione con accortezza ma a propria insaputa, quantomeno a livello conscio, per mezzo di un’estetica e di finiture sempre più esasperate. In modo tale da oltrepassare con frequenza sempre maggiore non solo il limite del buon gusto ma anche quello del verosimile.

Così facendo hanno ritenuto forse che un confronto non sarebbe mai potuto avvenire, grazie alle leggi ferree dell’economia e del mercato, o magari senza voler capire le conseguenze delle limitazioni sempre più marchiane che hanno imposto ad apparecchiature che per contro diventavano sempre più complesse tecnicamente, al fine di giustificare i loro prezzi al pubblico in perenne rialzo.

A questo proposito cascano a fagiolo le parole pronunciate a suo tempo da M. K. Bakhatrumar, ex ambasciatore indiano nell’Unione Sovietica e uno dei suoi massimi analisti: “La narrativa occidentale è talmente permeata di trionfalismo da aver accecato il pensiero razionale”.

Accompagnata da una censura implacabile, quella che ha affermato il pensiero unico che vige indiscusso anche nel settore del nostro interesse, dopo aver ridotto al silenzio qualsiasi voce dissenziente, ammesso che ve ne siano state, la narrazione legata alla riproduzione sonora amatoriale è attuata secondo la forma di una vera e propria guerra dell’informazione, che ha fatto dei suoi destinatari degli ostaggi. Come tali chiamati a versare somme sempre più rilevanti nel pozzo senza fondo nel sistema industrial-commerciale cui fa riferimento.

Una volta abbattuta qualsiasi forma di resistenza, stante innanzitutto, almeno idealmente, nel sistema d’informazione specializzata e nella sua capacità critica, e relegato i residui portatori di una qualche consapevolezza inerente l’effettiva realtà delle cose in un canto, dal quale non possano influenzare il corso degli eventi, il complesso industrial-commerciale di settore ha avuto sostanzialmente campo libero nel perseguire quelli che riteneva i suoi scopi. In primo luogo economici e di profitto, che fatalmente lo hanno portato all’autodistruzione di cui qui vediamo i tratti.

Quante volte abbiamo ripetuto che il sistema capitalista divora tutto quanto gli capita a tiro e così presto o tardi finirà col fagocitare anche sé stesso?

In sostanza, allora, quello che gli appassionati hanno di fronte ai loro occhi è solo un simulacro.

Proprio perché anche nella sua espressione massima, il prodotto offerto oggi dal complesso industrial-commerciale operante nel nostro settore non riesce neppure più a reggere il confronto con quanto realizzabile da un singolo provvisto di buona volontà, di un minimo di manualità e poco altro, utilizzato in funzione di una cultura musicale e del suono, quella che in sostanza è la parte maggiore della sua esperienza, abbinata a un minimo di sensibilità.

Quel simulacro tuttavia inghiotte risorse del tutto reali, a fronte delle quali restituisce sostanzialmente il nulla, o peggio un regresso mascherato da progresso inarrestabile che nei fatti produce una delusione tanto cocente da indurre potenzialmente all’abbandono del settore. Dato che persino nella sua espressione massima non riesce a dar vita ad alcunché di credibile, in termini di qualità di riproduzione.

Si, in assoluto e preso per sé stesso, in particolare da parte di persone sprovviste del bagaglio necessario a una valutazione minimamente realistica, il frutto di quel sistema può ancora far credere di poter realizzare qualcosa di buono. O almeno di gradevole. Idea però destinata al tracollo nel momento stesso in cui si esegue un confronto, sia pure indiretto come quello di cui stiamo parlando. Ossia quello che in buona sostanza è stato compiuto in maniera fin quasi istintiva, per mezzo del suo sistema percettivo, dall’amico X.

Nella sua mente i parametri sonici dell’impianto che possiede sono perfettamente delineati, ma trovano un azzeramento sostanziale nell’ascolto di un impianto minimamente curato non sotto il profilo tecnologico, estetico e commerciale, ma innanzitutto nella sua destinazione elettiva, ossia l’ascolto di musica.

Quanto accaduto dimostra, se vogliamo in maniera implacabile, che la musica è e resta la sola e unica motivazione che renda una qualche utilità agl’impianti audio. Con buona pace dei corifei in perenne crisi d’entusiasmo, in preda alla quale ricamano le cronache rosa delle loro estasi onaniste.

Come vediamo, purtroppo, di reale, o almeno di realistico, non hanno proprio un bel nulla. Forse, oggi, è proprio questo il male peggiore per la riproduzione sonora amatoriale.

Il trionfalismo della narrazione occidentale, effetto tipico della dittatura dei mercati che predomina nell’area geografica corrispondente, è innanzitutto contagioso e offusca dunque il pensiero razionale, fino alla sua definitiva eliminazione, di quanti loro malgrado sono costretti a giacere e a soccombere sotto il suo tallone.

Proprio in quanto, come abbiamo sottolineato già diverse volte, se nelle dittature storiche si dice che si perdesse la libertà, in quella dei mercati e dei profitti oggi vigente si perde innanzitutto il lume della ragione.

Possibilmente in via definitiva: qui ne abbiamo la dimostrazione ennesima.

In realtà il notabile indiano nella sua dichiarazione si riferiva a ben altre cose, ma il succo del suo discorso si attaglia perfettamente anche al settore di nostro interesse, proprio perché la realtà odierna dell’occidente è tale e non può che manifestarsi in ciascuna delle sue diverse espressioni, senza esclusioni di sorta.

Come evitare di venirne travolti? Le possibilità sono essenzialmente due. La prima presuppone il poter contare su un’esperienza formatasi prima che la piega totalitaria presa dall’occidente, che proprio per questo è costretto a dipingersi con ostinazione estenuante come culla della democrazia, dispiegasse i suoi effetti più devastanti. Di pari passo sono necessari una preparazione a livello sociale, culturale e ideologico tale da permettere di riconoscere tali effetti e la solidità di valori necessaria a non cadere negli innumerevoli tranelli, blandizie e lusinghe con cui quel sistema cerca di conquistare tutti alla sua logica. Con ottimo successo, stando alla realtà attuale.

Altrimenti, se queste cose non le si ha, innanzitutto per motivi anagrafici, dato che da un certo punto è diventato enormemente più difficile costruirsi un retroterra simile, ferocemente osteggiato innanzitutto dal sistema didattico fin dalla più tenera età,  e poi per conseguenza degli effetti di quella narrazione di cui non si riescono più a cogliere gl’innumerevoli elementi che ne dimostrano l’assurdità velleitaria, non rimane altro che affidarsi a qualcuno che le possieda. Ma sono molto pochi.

Altre possibilità sinceramente non ne vedo.

Tranne ovviamente prendere atto che i costi di una certa categoria di apparecchiature non hanno più addentellati con le loro prerogative soniche ma la loro unica motivazione risiede nella capacità di mettere sotto la luce più evidente le capacità di spesa di chi è in grado di acquistarle.

Come uscirne? Essenzialmente in un modo soltanto: rifiutando a priori quella narrazione e quindi negando a ognuna delle sue fonti la benché minima attenzione e considerazione.

Ne deriverà il dover fare da soli, esponendosi per conseguenza a ciò da cui si è terrorizzati e proprio le fonti di quella narrazione ingigantiscono nelle sue conseguenze e, nello stesso tempo, pretendono di essere in grado di farcelo evitare.

Stiamo parlando dell’errore. Accadimento negativo e ancor più temuto, ma che se fatto con la nostra testa, e soprattutto compreso nelle sue motivazioni e nelle sue conseguenze, è la fonte primaria dell’esperienza, che man mano si accumula e quelle stesse fonti fanno invece di tutto affinché non la si possa costruire.

Agiscono in tal modo perché altrimenti non solo si finirebbe col poter fare a meno di esse, cosa che metterebbe in discussione la loro sopravvivenza, ma infine si prenderebbe atto della loro inutilità e di quella di tutto il sistema d’intermediazione, non a caso espansosi negli ultimi anni come una metastasi. O altrimenti come un’idra dai milioni di teste, nessuna delle quali però riesce a mettersi d’accordo, innanzitutto con sé stessa.

I suoi destinatari invece, ossia le sue vittime, devono rimanere perennemente convinti in cuor loro di non poterne più fare a meno.

Le fonti della narrazione trionfalistica vorrebbero far credere di poterci evitare gli errori di scelta, temuti come nessun’altra cosa al mondo in conseguenza della farneticante ideologia iper-liberista che attribuisce l’unico e solo valore al denaro. Esso pertanto deve trovare impieghi esclusivamente positivi, altrimenti sarebbe buttato, quando in realtà sono quelle stesse fonti a indurci nell’errore sempre e comunque, in maniera sistematica.

Ciò avviene in quanto non sono in grado esse per prime, ingannate come sono dalla loro stessa narrazione, di comprendere le cause e gli effetti degli errori che vorrebbero far credere di poterci evitare.

Il motivo primario è che tali fonti rispondono al sistema iper-liberista di cui sopra, quindi per ridurre i costi che è il loro dogma primario si servono di personale inadeguato. Come del resto sono inadeguate le loro tecniche d’indagine, pertanto neppure si pongono il problema riguardante la possibilità che possa esistere qualcosa oltre il microcosmo all’interno del quale sono testardamente determinate a restringere il loro ambito di verifica e d’azione.

Come potrebbero, del resto, se hanno fatto il loro scopo unico e solo del convincerci che qualsiasi prodotto, a patto che comperi la loro pubblicità, è il meglio del meglio?

Così facendo, costruiscono un rappresentazione della realtà che non ha più nulla a che vedere con quella concreta. Questo ha poca o nulla importanza: l’essenziale è detenere il monopolio dell’informazione, in maniera tale che nessuno o quasi possa sfuggirvi, trovandosi quindi a non avere elemento alcuno atto a suggerire che la realtà ricostruita da quelle fonti è un’impostura, totale e irrecuperabile.

Dunque se i propri errori, una volta compresi, sono la fonte primaria della consapevolezza, cercare di evitarli per mezzo di strumenti mediatici non soltanto non in grado di riconoscerli, ma neppure di realizzarne esistenza e motivazioni, non può che essere il viatico migliore per la condizione di sordocecità oggi così diffusa, e non solo nel nostro settore.

Lo dimostra proprio il fatterello che stiamo raccontando.

Peggio ancora, più risorse economiche si hanno a disposizione, in una condizione del genere, più si hanno probabilità di andare incontro al disastro, direttamente proporzionale nelle sue dimensioni alle somme messe in ballo. Il motivo è semplice: come abbiamo osservato già diverso tempo fa, l’impianto piccolo causa problemi piccoli, ma diventando sempre più grande non può far altro che crearne in pari misura: alle sue dimensioni e alla spesa affrontata per metterlo insieme.

In genere i rari scritti del tenore di quello che si avvia alla sua conclusione terminano tutti un po’ alla stessa maniera, ossia con l’invito a un ripensamento, a una presa di coscienza e all’uso della moderazione. Questa è la cosa che più mi fa imbestialire, poiché dettata dalla forma più sfacciata di ipocrisia. essendo evidente già di per sé che non siano possibili.

Raccomandazioni siffatte hanno la stessa valenza della pubblicità del gioco d’azzardo legalizzato, da un ceto politico il cui scopo è ormai da tempo lo svuotare le tasche di quanti, votandolo, lo hanno legittimato per poi far uscire il denaro dal paese e convogliarlo verso le multinazionali specializzate nel settore, che termina regolarmente con l’esortazione a “giocare con moderazione”.

Ma come, prima fai di tutto affinché mi giochi anche i pannolini del bambino, mettendo in ballo le somme enormi necessarie alle campagne pubblicitarie di qualche visibilità, ma poi m’inviti a farlo con moderazione? Non è questo oltretutto il modo più spiccio per far impazzire le persone, appunto esortandole attraverso mezzi di persuasione che vanno ad agire innanzitutto sull’inconscio, ad azioni che sono l’una il contrario dell’altra?

Lo stesso vale a livello della specialità di nostro interesse: prima intaschi i denari che ti obbligano a parlare bene di tutto, e in special modo dei prodotti più costosi, che spingi in maniera sempre più invasiva e dissennata, secondo una tendenza che va avanti da decenni perché sono quelli di maggiore richiamo per il pubblico, che così viene imbottito e intontito da una cura d’induzione al consumo spinta al parossismo, e poi subito dopo dici che è necessario moderarsi, in merito a quello che tu stesso hai spinto come se non ci fosse un domani?

A parte questo, la presa di coscienza e l’uso della moderazione non sono possibili, per il semplice motivo che la situazione odierna è stata causata da condizioni ben precise, instaurate a suo tempo per ragioni altrettanto tangibili.  Certamente non possono cambiare di punto in bianco anche perché il sistema mediatico e quello industrial-commerciale di settore non hanno alcun interesse al riguardo. Anche se lo facessero, il ritorno a una realtà meno dissenata avrebbe bisogno dei suoi tempi, ovviamente lunghi.

Di conseguenza l’unica vera opportunità, per il meccanismo che ha prodotto un’inefficacia e una regressione similmente marchiane, pretendendo tuttavia di essere giunto ai massimi traguardi possibili e immaginabili, è di mettersi al riparo.

Da cosa? Dalla possibilità stessa che possano verificarsi confronti del genere e, per ulteriore precauzione, facendo in modo che chi si trovi nelle condizioni di effettuarlo non sia in grado di comprendere le differenze. O altrimenti vi attribuisca una valenza del tutto opposta a quella che si è resa evidente nella misura che abbiamo visto.

Il sistema di propaganda di cui quel meccanismo si serve ha effettivamente fatto tutto quanto in suo potere al riguardo. Però non è ancora abbastanza, dato che sia pure per una somma di coincidenze è ancora possibile trovarsi di fronte a dimostrazioni della realtà.

Vanno per quanto possibile evitate, proprio perché se la Matrix deve funzionare, occorre che non si lasci il benché minimo spiraglio per mezzo del quale l’individuo o l’appassionato che è immerso in essa possa accorgersi della sua esistenza e quindi continui a credere che sia la realtà.

Quella vera.

 

 

 

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