La serie S2 del B&W 802 è stata la prima a ricevere modifiche di rilievo nei confronti della versione d’origine. Si sono articolate lungo almeno tre linee distinte, tali da farne un diffusore completamente diverso da quello noto fino ad allora, sia pure nel mantenimento di sembianze molto simili rispetto alle versioni precedenti.
Tali modifiche hanno influito in maniera profonda sulle caratteristiche e sulle prestazioni del diffusore, mostrando una volta di più che quel che appare all’occhio può avere poco e nulla a che fare con quel che si percepisce per mezzo dell’udito, anche se è in grado di influenzare in maniera decisamente profonda tale percezione.
I fabbricanti, e tutto il sistema di propaganda al loro servizio, lo sanno bene ed è proprio per questo che nel corso dei decenni all’estetica delle apparecchiature è stata attribuita un’importanza a tal punto preponderante.
Gli appassionati realmente consapevoli, ovverosia quanti sono in grado di scindere e controllare senza troppe difficoltà i diversi elementi della propria esperienza sensoriale, lo sanno altrettanto bene ed è per questo motivo che all’estetica e più in generale alla veste del prodotto attribuiscono il giusto rilievo, che è pari allo zero.
Un’apparecchiatura fatta per riprodurre suoni è innanzitutto la qualità di questi ultimi che deve favorire ed è verso di essa che dovrebbe dirigere la quota preponderante dei costi di produzione, lasciando al resto lo stretto necessario.
Nel momento in cui ciò non avviene, e nella fase attuale di questo abito mentale si è completamente perduta non la concezione e persino la stessa memoria, si ha non solo il regresso in termini prestazionali della singola apparecchiatura, ma è l’intero settore a subirne uno, sostanziale.
Infatti, delle due l’una: o la cura esasperata dell’estetica, che non vuol dire assolutamente un aspetto più elegante o solo più gradevole ma sempre più spesso è tutto il contrario, va a discapito delle doti sonore, in quanto la si esegue mantenendo invariati i costi di produzione, oppure va a discapito del prezzo del prodotto finito, rendendo la fruizione di un determinato livello prestazionale più costosa, e molto, di quanto potrebbe essere senza abbandonarsi a certe smancerie. Che poi farle diventare vere e proprie pacchianate è questione di un attimo.
La sola possibilità restante è quella di ripartire tra questi due aspetti il peso della piacioneria che oggi si ritiene irrinunciabile, ottenendo quindi il risultato di penalizzarli entrambi.
Nel dettaglio
Per la disamina delle modifiche più significative eseguite rispetto alle versioni precedenti degli 802, iniziamo da quella più facilmente riconoscibile alla vista, riguardante il sistema di caricamento della via inferiore. Al posto della sospensione pneumatica tipica delle prime serie, per la S2 si è utilizzato il bass reflex, come appare evidente dalla foto di apertura, nella quale spicca appunto la presenza del tubo di accordo, posizionato subito sotto ai woofer.
Nonostante appaiano invariati, i woofer hanno subito le modifiche necessarie alle nuove modalità funzionali, tanto è vero che la sigla interna attribuitagli dal fabbricante è diversa rispetto a quella della serie precedente.
L’adozione del bass reflex ha comportato una risposta più estesa verso l’estremo inferiore oltre a un certo incremento della sensibilità del diffusore. A questo proposito occorre sfatare innanzitutto il mito più diffuso riguardante gli 802, ossia la pretesa difficoltà di pilotaggio.
In realtà per suonare bene in un ambiente domestico e alle pressioni sonore tipiche di questo genere di utilizzazione, non hanno bisogno di chissà quali potenze e amplificazioni. Questo è ovviamente un bene non soltanto per la flessibilità d’impiego ma più che altro per le prestazioni medie dell’impianto di cui entrano a far parte, dato che più è potente l’amplificatore, specie se di tipologia commerciale, ovvero realizzato su larga scala, con tutte le contrarietà che ne derivano, più per forza di cose tende a suonare male.
Anche in questo caso si tratta di una nozione ormai perduta e per meglio dire inviata a forza nel dimenticatoio, nel momento stesso in cui la gerarchia delle amplificazioni ha considerato la potenza di uscita come parametro primario su cui articolarsi e il continuo divenire delle apparecchiature succedutesi nell’offerta al pubblico ha reso obbligatorie potenze di uscita via via crescenti, così da conformare a tale aspetto la percezione e quindi le esigenze degli appassionati.
Questo tra l’altro è avvenuto entro un contesto in cui la sensibilità media dei diffusori era in decisa crescita, quindi nell’assenza di una motivazione tecnica reale, che nel caso avrebbe dovuto suggerire l’esatto contrario, ma per questioni eminentemente commerciali, riguardanti in primo luogo la seduzione del possibile acquirente.
Un tempo la realtà inerente il peggiorare della qualità sonora media col crescere della potenza di uscita era un elemento di dominio comune, in quanto se ne parlava senza difficoltà, ovverosia senza che nessuno se ne avesse a male in quanto insito nella natura stessa delle elettroniche di potenza. Oggi invece è divenuto un tabù.
Se questo è, in linea di principio nulla osterebbe alla perdita di tecnologia con cui l’industria e le agenzie spaziali che succhiano somme incalcolabili di denaro appartenente alla collettività vorrebbero giustificare la loro incapacità attuale di ottenere i risultati che alla fine degli anni 60 e nei primi 70 hanno lasciato credere di poter cogliere. Tra l’altro senza incontrare difficoltà soverchie o meglio ancora direttamente al primo tentativo.
Lo stesso quoziente intellettivo medio ha assunto una quindicina di anni fa, a partire sembra dal 2010, per la prima volta nella storia un andamento calante, quando invece ci viene detto che in passato è andato sempre crescendo. E’ stato veramente così? Se ne può dubitare, quantomeno dal giorno in cui si è tentato di ripetere la costruzione di un ponte sul fiume Reno, che le truppe di Giulio Cesare riuscirono a mettere in piedi e rendere funzionante in soli 10 giorni. Ci si è cimentati in quell’impresa alcuni anni fa, ma a dispetto di tutte le conoscenze acquisite nel frattempo non c’è stato verso di riuscirci.
Dunque, per far suonare gli 802 in maniera godibile all’interno del proprio appartamento non c’è bisogno di chissà quali potenze. Magari per sfruttarne a fondo il potenziale, in termini di pressione sonora emessa, le loro esigenze saranno maggiori, ma obiettivamente quanti si trovano nelle condizioni di poterlo fare senza incorrere nei problemi conseguenti?
Va detto inoltre che uno tra gli aspetti più interessanti conseguenti all’ottimizzazione dei diffusori riguarda proprio l’incremento in termini di sensibilità e quindi della loro pilotabilità, il che rende meno complesso lo sfruttamento del loro potenziale sonoro, tra l’altro accresciuto in maniera ben evidente per il tramite di quell’intervento.
Il passaggio al caricamento in bass reflex ha comportato anche altri vantaggi. Tra i più importanti quello di aver reso inutile l’impiego del grosso elettrolitico, 1000 uF/100 V in serie agli altoparlanti della via inferiore, utilizzato per limitare l’estensione di risposta e quindi l’escursione degli equipaggi mobili, riducendo di conseguenza le distorsioni.
Malgrado gli elementi favorevoli propri di tale scelta, la presenza di quel condensatore, tra l’altro costoso e prono al processo di invecchiamento che interessa la specifica tipologia di componenti, non può far altro dal penalizzare la qualità del segnale che perviene agli altoparlanti della via inferiore, con ovvie ripercussioni sulla loro qualità sonora e su quella del diffusore nel suo insieme.
A questo riguardo è nota l’abitudine a sottovalutare l’importanza della via bassa ai fini della qualità sonora complessiva, ritenendola a torto meno importante, forse quale conseguenza materiale alla filosofia del ci ci – bum bum, oggi tornata così di moda.
Andrebbe considerato invece che proprio nella gamma di frequenze emessa dalla via inferiore ricadono le fondamentali di una serie particolarmente ampia di strumenti musicali, riguardo ai quali mi si dovrebbe spiegare come si possa fare a riprodurli col minimo di correttezza se di essi si trascura un aspetto tanto essenziale, che probabilmente non si chiama così per una coincidenza fortuita.

Ecco spiegato uno dei numerosi motivi in base al quale sovente gl’interventi di rifacimento del crossover portano a risultati opinabili.
Se per risparmiare qualche centesimo ci si mette del materiale non all’altezza, del suo compito o anche solo di quel che si utilizza per la via media e quella alta, è invitabile che le cose non funzionino come dovrebbero. E’ vero che per farle come come si deve i costi sono quelli che sono, ma se si desidera ottenere risultati di un certo tipo non si può transigere su alcun aspetto dell’intervento.
In caso contrario meglio lasciare le cose come stanno, ottenendo così di risparmiare molto di più, dato che quello in fin dei conti è l’aspetto cui si punta l’attenzione.
Se vuoi fare una pizza che sia veramente buona ci devi mettere la mozzarella, quella vera, fresca e non quella del discount. Se invece decidi addirittura che per spendere meno usi la pasta filante, che non si sa nemmeno come diavolo sia fatta, avrai perso tempo e soldi, per poi mangiarti una vera schifezza.
Chiaro il concetto?
Dunque, per l’ottimizzazione dei diffusori, e anche di tutto il resto, personalmente la pasta filante non la voglio vedere manco in cartolina. Altri forse si regoleranno in maniera diversa, ma per cortesia poi non venitemi a raccontare che se si eseguono certi interventi si snatura la sonorità del diffusore. In realtà a snaturarla è solo il fare le cose coi piedi, tipo di attitudine che a quanto si legge nelle cronache di settore sembra non conosca pause, nell’avanzare della sua diffusione.
Quel che consegue nei fatti, da tutto questo discorso, è che la semplice eliminazione di quel condensatore da 1000 uF in serie ai woofer produce un miglioramento della qualità sonora ben evidente, e non solo per la resa delle frequenze inferiori. Dimostrazione che evitare tutto quanto non strettamente necessario, anche se in apparenza dotato di una sua precisa funzione, è il modo migliore per ottenere prestazioni interessanti in termini di sonorità.
Poi, forse, da quell’eliminazione deriverà il contrarsi della pressione sonora massima indistorta di qualche dB a determinate frequenze? Pazienza, quella riduzione si manifesterà solo in condizioni a cui il comune appassionato non ha modo di spingere i suoi diffusori e in concreto gli effetti che ne derivano andranno ad affliggere l’estetica dei grafici tanto cari all’autismo misurista.
Dimostrando così ancora una volta che non sono solo inutili ma proprio dannosi, poiché ingannevoli, in quanto atti unicamente a tratteggiare una realtà di fatto inesistente.
Ovverosia, nella fattispecie, quella che vorrebbe sancire la superiorità a livello quantitativo di un aspetto marginale e molto raro a verificarsi nell’esperienza d’uso concreta, rispetto a un miglioramento in termini qualitativi, tra l’altro parecchio consistente e verificabile in una qualsiasi condizione d’impiego da parte di ogni ascoltatore non affetto da sordità avanzata.
Caso in cui invece che al prodotto di B&W, sia pure d’epoca, sarebbe meglio si rivolga a quello commercializzato da Amplifon e similari.
Possiamo stare sicuri, nello stesso tempo, che il misurista incallito sceglierebbe invece l’ipotesi peggiore e, dalla tribuna caratterizzata dalla massima visibilità attraverso la quale sparge le sue ricette disastrose, si affannerebbe in ogni modo a imporre per via dogmatica la giustezza del suo punto di vista. A sua volta causa di danno evidente e sostanziale per tutti gli appassionati che ancora insistono a dargli retta.
Sugli 802 S2 le funzioni di quel condensatore sono eseguite dal sistema di caricamento in bass reflex, che al punto della risonanza del condotto di accordo causa un aumento dell’impedenza tale di limitare per via naturale l’escursione degli equipaggi mobili.
Ecco un altro buon motivo per cui prima di stigmatizzare questo sistema, occupazione nella quale molti appassionati e anche una serie piuttosto nutrita di pseudo esperti da rivista e sito internet si dedicano sempre molto volentieri, occorrerebbe una seria riflessione. Se possibile basandosi sui fondamentali della materia di cui si vorrebbe discettare, evidentemente sconosciuti o peggio dimenticati, finendo per forza di cose col farlo a sproposito.
Poi per la prima legge delle corbellerie, che trovano per effetto di essa la più grande rispondenza da parte del pubblico nella sua maggioranza schiacciante quanto più sono grosse, a forza di ripeterle a pappagallo diventano non certo realtà ma di sicuro dogma inscalfibile.
Tutto questo spiega inoltre che tenere le cose semplici permette di ottenere le sonorità migliori, oltretutto risparmiando, dato che certi condensatori costano e pure parecchio. Per meglio dire costavano, dato che ormai certa roba non si trova più o è comunque di reperibilità particolarmente critica.
Volendo fare le cose in un certo modo, quel risparmio lo si potrà reinvestire altrove, ottenendo così un ulteriore miglioramento. Questa era la prassi nell’era del cosiddetto rinascimento, in corrispondenza della quale, guardacaso, la riproduzione sonora si è trovata nella fase della sua massima espansione, tale proprio perché il livello prestazionale più elevato lo si rese alla portata, in termino economici, del maggior numero di appassionati.
Oggi si ragiona all’esatto opposto ed per questo che il settore si trova sempre più alla canna del gas, con l’eccezione ovviamente dell’hi-fi per oligarchi.
Grazie, quando vendi diffusori da un milione di euro e oltre, la cui percentuale soverchiante del prezzo al pubblico è mero ricarico, le cose ti devono andare bene per forza. Specie nel momento in cui, evidentemente, di gente in grado di spendere somme del genere in maniera a tal punto sconclusionata, solo per far vedere che può farlo, ce n’è sempre di più.
Inevitabilmente a spese di tutto il resto della collettività, sempre più impoverita proprio per far si che un’élite di ottimati possa disporre di capacità di spesa che ormai sono andate molto oltre le stesse possibilità d’immaginazione di ciascuno di noi.
D’altronde se chi è costretto a pagare tutto questo non si ribella, preferendo invece replicare nel proprio piccolo, che mai come questo caso è infimo, certe dinamiche a tal punto deprecabili, le cose non potranno che peggiorare ancora, e di molto.
Anche in un quadro del genere, prima o poi i nodi vengono al pettine. Così nel massimo splendore della fase storica in cui i livelli prestazionali degni di qualche interesse li si vuol far pagare somme prive del minimo addentellato con la realtà concreta, marchi come MBL si ritrovano costretti a portare i libri contabili in tribunale e più di qualcuno dei suoi simili è in procinto di fare lo stesso.
Così, tutte le voci allineate del settore si buttano sulla preda, inattesa e succulenta, nell’ovvio tentativo di racimolare qualcosa anche da un avvenimento di per sé infausto, il che la dice lunga già sull’etica di certi personaggi.
Qualcuno addirittura pretenderebbe che parte delle colpe, rispetto all’accaduto, sia degli appassionati, ossia delle prime vittime dell’andazzo che ha visto quelle stesse voci osannarne i destini magnifici e progressivi fino a cinque minuti prima.
Occasione migliore quindi per comprendere l’attendibilità di certe fonti, che come al solito sarà del tutto trascurata dalla maggioranza dei loro destinatari, per i quali accorgersi di contraddizioni sia pure tanto smaccate è divenuto ormai qualcosa di improbo.
Matrix
Un ulteriore aspetto fondamentale di cambiamento, per gli 802 S2 è dato dall’impiego di cabinet realizzati secondo il concetto Matrix.
Si è trattato di una scelta encomiabile dal punto di vista tecnico, i cui contenuti, prima ancora di essere descritti, spingono a una riflessione.
Il suo impiego, per quanto assai significativo dal punto di vista del comportamento del diffusore, è di fatto invisibile, nel senso che non va a influenzare in modo alcuno la percezione visiva del diffusore. Per conseguenza, la domanda è d’obbligo: al giorno d’oggi si riterrebbe plausibile una scelta del genere o meglio ancora ci s’imbarcherebbe in un’impresa del genere, e nei costi che ad essa conseguono, sapendo che l’aspetto del diffusore non ne sarebbe influenzato neppure in parte minima?
Personalmente la risposta me la sono data ed è la seguente: non solo al giorno d’oggi ma già da oltre un trentennio qualsiasi scelta tecnica non comporti una ricaduta essenziale sull’assetto visivo del prodotto viene immediatamente messa da parte. Non a caso, la svolta tecnica di B&W successiva a quella che stiamo discutendo è stata relativa alle serie Nautilus, che proprio nell’estetica inedita dei diffusori che ne hanno fatto parte nel corso del tempo ha avuto il suo ingrediente fondamentale.
Casualmente, proprio a partire da quella serie i diffusori del fabbricante inglese hanno perduto in quantità sempre maggiore le loro doti soniche tradizionali e che ne hanno decretato il successo tra le fasce di appassionati più consapevoli. Alla fine di quel ciclo, la loro timbrica era del tutto snaturata e del rigore timbrico che da sempre in concreto è stato il marchio di fabbrica di quei diffusori era rimasta ben poca cosa.
Questo tuttavia ha causato un’espansione sostanziale per il fabbricante inglese, il cui prodotto ha conosciuto un successo tale, a livello commerciale, che con ogni probabilità sarebbe stato impensabile altrimenti. Questo tuttavia non ha impedito che di recente si sia trovato anch’esso sul punto di portare i libri in tribunale ed abbia conosciuto vicissitudini alquanto complesse anche a livello di dirigenza.
Dimostrazione ennesima che, come si diceva un tempo, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.
Per effetto stesso della logica capitalista, qualsiasi imprenditore, fabbricante e simile si trova in pratica costretto alla ricerca perenne dell’espansione. Ossia al miglioramento anno dopo anno dei valori inerenti produzione, fatturato, margini operativi e così via. Sono quelli e non il valore intrinseco del prodotto che realizza, men che meno quello etico, a permettergli di proseguire nella sua attività. Inoltre, tanto maggiore è il loro ammontare, tanto più si considera positiva la gestione della sua attività.
Ecco perché, nel momento in cui B&W ha conosciuto un vero e proprio boom in seguito alla commercializzazione della serie Nautilus, fatta apposta per andare incontro ai gusti di una clientela notevolmente più ampia rispetto a quella cui ci si era rivolti in passato, lodi e commenti entusiastici non si sono contati. Un conto però è trovarsi dinnanzi a un evento del genere, in maniera più o meno fortuita. Ben altro invece è proseguire nel solco di quella tendenza, e senza mai sgarrare. Proprio perché i mercati, e di conseguenza gl’investitori, vedendo assottigliarsi la cifra messa vicina al segno più o peggio ancora vedendo quest’ultimo trasformarsi in un segno meno, non farebbero altro che comportarsi come topi.
Quelli che si trovano su ogni nave, e in maniera proverbiale l’abbandonano prima che affondi o comunque in tempo utile per evitarsi qualsiasi rischio. Distogliendo i capitali investiti per destinarli altrove, ossia in qualsiasi altro posto le possibilità di remunerazione siano maggiori o solo suggeriscano una maggior sicurezza. Fosse pure lo strumento di esecuzione di un genocidio, come certifica l’andamento attuale delle quotazioni di borsa dell’industria bellica.
D’altro canto è difficile replicare anno dopo anno e più ancora a ogni ciclo di rinnovamento del prodotto un successo del genere, anche se è proprio quello che si desidera. Paradossalmente anzi, maggiore è quello cui si è andati incontro come nel caso della serie Nautilus, e più pressanti saranno le attese che lo si replichi se possibile all’infinito.
Questo per forza di cose porta alla frenesia di ricerca del nuovo ritrovato che possa consentire un nuovo exploit, esponendosi di conseguenza a rischi molto maggiori di fare buchi nell’acqua a ripetizione, che oltretutto hanno il loro costo, proprio come insegna la storia recente del fabbricante inglese.
La legge del capitale però non ammette deroghe, quindi non si può neppure pensare di vivacchiare alla giornata giorno dopo giorno, realtà in cui risulta evidentemente meno complesso inanellare risultati positivi anno dopo anno, sia pure di portata modesta. Così facendo infatti ci si relega alla marginalità e d’altro canto neppure si può andare avanti nell’attività sperando di non imbattersi nell’innovazione di grande successo, proprio per non doversi poi trovare nell’obbligo di rinnovare di anno in anno il successo che ne consegue o peggio di venirne travolti in seguito alle spese necessarie ad affrontare le conseguenze di un aumento di richieste che cresce in maniera troppo repentina. E peggio, non è detto che rimanga tale in futuro.
Da rilevare inoltre che le leggi del mercato e la logica capitalista aumentano di anno in anno la loro intransigenza, proprio perché alla quantità sempre maggiore di denaro che pretende remunerazione da sé stesso corrisponde una difficoltà sempre maggiore di ottenere determinati risultati e il loro costo sempre crescente.
Quanto descritto porta inevitabilmente a una continua crescita dei prezzi al pubblico del prodotto, proprio perché i livelli di profitto che ci si trova costretti a generare per mezzo della singola unità di prodotto vanno sempre al rialzo. Ecco un’ulteriore chiave di lettura per politiche dei prezzi che ormai non hanno più alcun addentellato con la realtà propria della richiesta del mercato e fanno si che l’offerta vada sempre più per conto suo, diventando tra l’altro sempre meno in grado di soddisfare le aspettative degli appassionati. Ossia di quelli che coi loro sforzi tengono in piedi nel concreto il settore della riproduzione sonora.
Allargandosi sempre più la forbice tra richiesta e offerta, è inevitabile che a un certo punto si arrivi al punto di rottura, ovverosia quello in cui neppure l’offerta di prodotti cinesi ad altissima serializzazione e prezzi di produzione ridotti a zero, anche in virtù dell’impiego di manodopera schiavizzata o peggio fisicamente eliminata per via dell’automatizzazione resa necessaria dall’obbligo di comprimere sempre più i costi di produzione, riesce a bilanciare gli squilibri che sono il sottoprodotto inevitabile della logica capitalista.
E ancora non basta, perché il combinato disposto di quanto fin qui descritto comporta l’acquisizione di marchi un tempo indipendenti da parte di giganti del settori che per effetto stesso di quella logica diventano sempre più grandi e sempre di meno. Così da perdere la loro libertà d’impresa e per conseguenza mandando di fatto il loro prodotto un tempo diverso da tutti gli altri incontro alla medesima serializzazione considerata a suo tempo inevitabile per il prodotto di massa. Si finisce pertanto con il condividere con quest’ultimo le medesime limitazioni, sia pure su un piano del tutto diverso, soprattutto agli occhi dell’osservatore casuale ma non certo per quel che riguarda il nocciolo e il contenuto tecnico effettivo di quel prodotto.
Di fronte a una realtà del genere, cosa può fare l’appassionato per non trovarsi un brutto giorno con il cerino in mano? Una tra le possibilità è appunto quella di comprendere per tempo l’assurdità delle condizioni in cui lo si è calato a forza, insieme al settore dal quale è a tal punto attratto, malgrado le fonti ufficiali facciano di tutto per convincerlo che le cose non sono mai andate così bene. E, in conseguenza di ciò, costruirsi in proprio una posizione tale da rendere il più possibile ininfluente il degenerare delle condizioni del mercato.
Questo presuppone l’equipaggiarsi con un sistema di riproduzione che necessiti di una spesa ancora abbordabile ma di efficacia tale da poter garantire la maggior soddisfazione e quindi l’essere esenti dalla spinta al cambia-cambia, religione predicata da ogni media allineato di settore, dato che proprio su quello si reggono i destini di fabbricanti, dettaglianti e propagandisti, non sia mai che un brutto giorno si trovino costretti ad andare a lavorare.
Sul serio, intendo.
A questo riguardo, limitatamente al comparto diffusori, una coppia di 802, specie se appartenente a una delle serie Matrix può essere quanto di meglio oggi disponibile. Si tratta infatti di un diffusore di gran classe, offerto però sul mercato dell’usato a prezzi che sul nuovo non ci si prende assolutamente più nulla, e non solo di paragonabile, sia pure alla lontana.
Certo, i costi di ottimizzazione, se le cose le si fanno con un certo criterio, sono anch’essi di una certa importanza, ma i risultati che si ottengono, in termini di qualità sonora, sono tali da far scoppiare di rabbia impotente qualsiasi fabbricante costretto a confrontarsi con la realtà di oggi e più ancora i coristi al suo servizio.
Ammesso ovviamente che questi ultimi riescano a comprendere quel che hanno davanti, il che oggi come ieri e ieri l’altro non è assolutamente da dare per scontato.
Non precorriamo i tempi e torniamo al sistema Matrix, che come molti sapranno è basato sulla realizzazione di un’intelaiatura piuttosto fitta destinata a irrigidire il cabinet dall’interno, minimizzando in tal modo la sua tendenza a essere influenzata dall’emissione degli altoparlanti.
Derivando da un’azione meccanica, tra l’altro da parte di componenti, gli altoparlanti, rigidamente accoppiati al cabinet stesso e quindi nelle condizioni di trasmettergli senza difficoltà le sollecitazioni originate dal loro stesso funzionamento, va da sé che tale influsso possa essere considerato come uno tra gli elementi primari di degrado per un qualsiasi diffusore operante nel mondo reale.
L’idea in sostanza è un perfezionamento, a livello radicale, di quel che si è sempre fatto per la realizzazione dei diffusori, ossia l’impiego di rinforzi posizionati nei punti critici, atti proprio a ridurre per quanto possibile la tendenza del mobile a vibrare e quindi a introdurre elementi spuri nei confronti dell’azione degli altoparlanti.
Chiunque abbia mai avuto a che fare con un diffusore in carne e ossa, sa perfettamente che durante il suo impiego basta posizionare una mano su di esso per accorgersi delle vibrazioni da cui è affetto, appunto in funzione degli impulsi meccanici trasmessi dagli altoparlanti, tanto più evidenti quanto maggiori sono le potenze del segnale posto all’ingresso del diffusore.
Per quanto non in grado di eliminare il problema alla radice, il sistema Matrix dimostra la sua ottima efficacia nel contenimento dei disturbi meccanici trasmessi dagli altoparlanti al cabinet e da questo all’ambiente circostante. Ancora una volta basta porre una mano sul diffusore in funzione per accorgersi della riduzione del problema nella misura di qualche ordine di grandezza.
I punti a sfavore del sistema riguardano innanzitutto i costi di produzione, notevolmente maggiori non solo per la necessità di realizzare l’intelaiatura interna, ma anche per il posizionamento nel cabinet delle componenti accessorie, come crossover e materiale assorbente.
Soprattutto laddove lo spazio interno a disposizione è minore, le modalità di assemblaggio del mobile cambiano completamente rispetto alla norma, costringendo a realizzare prima la struttura interna, al completo dei suoi elementi accessori, per poi inserirla nella struttura principale del mobile, la cui realizzazione materiale deve appunto prevedere tale possibilità.
Provvidenziale, a questo proposito, è l’alloggiamento del crossover nel vano ricavato alla base del diffusore, che come tale sottrae volume di carico utile e comporta un allungamento dei cavi interni che sarebbe sempre meglio evitare. Quel posizionamento peraltro si avvale di uno spazio che se per l’epoca era sovrabbondante, anche considerando la presenza del sistema Apoc di protezione dai sovraccarichi, oggi in pratica non lo è più, in funzione delle dimensioni tipiche dei componenti all’altezza della classe del diffusore.
Ci sarebbero poi altri aspetti da risolvere nella fase di ottimizzazione, ma li vedremo in seguito.
In ultimo la realizzazione del sistema Matrix, per come è stata portata a termine sugli 802, va a denotare le scelte tipiche della produzione su larga scala, in maniera direi istruttiva.
In un’ottica se non dilettantistica almeno artigianale, avendo avuto un’illuminazione simile a quella concernente il sistema Matrix, ammesso e non concesso che in un contesto del genere sia realizzabile senza difficoltà soverchianti, s’immagina che la si materializzerebbe nella forma più indicata a trarne il meglio quanto a efficacia e quindi a doti sonore. Per poi fare buon viso a cattivo gioco nei confronti delle spese di costruzione che per forza di cose andrebbero ad aumentare.
Dunque si lascerebbe il cabinet invariato, quanto a tipologia, spessore e modalità realizzative dell’involucro esterno, per poi utilizzare gli stessi principi per lo scheletro interno. Questo proprio nel tentativo di ottenere la massima funzionalità del sistema, che peraltro è il motivo stesso per cui si adotta il nuovo ritrovato.
A livello di produzione di serie invece, o commerciale che dir si voglia, le scelte sono diverse e riguardano il dare un colpo al cerchio e uno alla botte.
Così il sistema Matrix lo si è voluto utilizzare, ma badando a che i suoi costi fossero il più possibile contenuti, come si nota dalla realizzazione delle sue parti per gli 802, e più ancora da quella dell’0intera struttura dei diffusori appartenenti alla serie 800 junior, ossia 803, 804 e 805, che comunque costavano anch’essi tutt’altro che poco.
Sul materiale prescelto per costruzione dei loro cabinet, infatti, si sono realizzate cospicue economie, col risultato che alla prima volta che si smontano gli altoparlanti dal mobile, ci si ritrova, al momento di rimontare, con buona parte delle viti non più in grado di serrare a dovere, proprio per la scarsa consistenza del materiale su cui vanno ad agire.
“Tanto c’è il Matrix che irrigidisce il tutto, quindi a che serve utilizzare materiale di consistenza tradizionale?” A Maggior ragione in considerazione del fatto che il compito del fabbricante termina nel momento in cui il prodotto esce dalla linea di montaggio e confezionamento: da quel punto in poi i problemi sono di chi se l’è accattato, anche se con grande sacrificio.
Esempio ulteriore e mirabile delle modalità con cui funziona la logica industriale, che per risparmiare il centesimo sui costi di produzione di ogni esemplare ne va a minare in maniera anche grave le caratteristiche primarie, finendo così con il vanificare i vantaggi ottenibili da perfezionamenti che hanno comunque avuto il loro costo, a livello concettuale e di realizzazione pratica.
Ma non fa niente, tanto poi ci pensa Il Coro Degli Entusiasti A Prescindere a convincere tutti che è tutto in regola e non che nulla si sarebbe potuto farlo meglio di come lo si è fatto, ma non potrebbe proprio esistere.
E guai a chi sgarra.
Ma giustamente la camorra può esistere solo in Campania, la mafia solo in Sicilia e nessuno dovrebbe mai azzardarsi a pensare che sugli stessi loro sistemi si regge il mondo dorato che dà luogo alla tecnologia e al progresso che tutti adoriamo, sono all’origine delle nostre passioni e ci fanno vivere nel migliore dei mondi che si possa immaginare.
Crossover
Rispetto alle serie precedenti, anche il crossover è stato rivisto a fondo. Ora la coesione tra le diverse vie su cui si articola l’emissione del diffusore è notevolmente migliorata, con risultati assai lusinghieri all’ascolto, in particolare quando si è eseguito l’intervento di ottimizzazione.
Nella veste originaria infatti le differenze di tipologia tra i componenti, condensatori elettrolitici sulle vie bassa e media, a film di tipo arcaico sulla via superiore, non riescono a rendere al meglio la fruizione dei miglioramenti ottenuti al riguardo..
Tuttavia, nel momento in cui si esegue un rifacimento della rete di filtraggio seguendo i criteri opportuni, tali prerogative non solo si dimostrano ben evidenti, ma lascia fin quasi basiti la capacità del diffusore di comportarsi in maniera a tal punto univoca tra i suoi diversi elementi di emissione. Dando così luogo a una coerenza che difficilmente ci si attenderebbe da un sistema a tre vie, strutturato oltretutto in maniera simile.
Questo ha avuto il suo costo, stante in primo luogo nei valori di capacità dei condensatori utilizzati, che rendono il rifacimento del crossover delle 802 S2 il più costoso tra tutte le serie via via realizzate nel corso del tempo. Il successivo S3 infatti ha una rete di filtraggio alquanto semplificata, anche se i valori di capacità utilizzati per quest’ultima, ancora più elevati, rendono incerta nel concreto la possibilità di realizzare qualche risparmio. In particolare se si desidera il ricorso a componentistica non solo di qualità inappuntabile ma scelta coi i criteri dovuti, cosa a mio giudizio essenziale.
Altrimenti, come ripeto, è meglio lasciare le cose come stanno.
Il combinato disposto tra presenza del sistema Matrix e valori elettrici dei condensatori utilizzati per il crossover, e quindi loro dimensioni, ha causato difficoltà notevoli nell’esecuzione dell’intervento.
Lo spazio destinato in origine ad alloggiare la rete di filtraggio si è dimostrato ancora una volta insufficiente, ma del resto questo è pacifico ed è già stato osservato negli esemplari delle serie precedenti.
Il problema è che qui ci si è messo anche il Matrix a complicare la vita, al punto tale che un crossover ottimizzato e realizzato in modo tradizionale, sempre a partire da componenti della qualità che reputo irrinunciabile, si è dimostrato impossibile da inserire nel cabinet.
Alla fine ci si è riusciti, per il rotto della cuffia, procedendo a inserire prima gli elementi di supporto, già corredati del necessario per tenere al loro posto i componenti, e poi, una volta fissati nella loro sede, si è dovuto inserire il gruppo dei componenti, legato appositamente perché potesse reggere alle insidie causate dagli esercizi di contorsionismo resi necessari, è già corredato del cablaggio necessario al collegamento ai morsetti d’ingresso e agli altoparlanti.
Detta così potrebbe sembrare una cosa da nulla, ma per portare a compimento il lavoro nel modo necessario, ossia affinché tutto funzionasse a dovere, c’è stato parecchio da riflettere, prima, e da sudare, poi.
Anche perché si è reso necessario frazionare il crossover nelle sue singole celle di filtraggio, il che ha comportato l’impiego di ben 14 spezzoni complessivi, di cavo come sempre realizzato a mano. Operazione questa che comporta il suo dispendio, per tempo, fatica e materiali, ma che ha influssi sul rendimento complessivo del diffusore, e quindi sui risultati finali, non ottenibili altrimenti.
Non solo, a fronte di tutto questo lavoro, è necessario tenere conto degli ingombri degli altoparlanti, tutt’altro che insignificanti, e della necessità di reinserirli nel cabinet in maniera corretta.
L’ottimizzazione degli 802 Matrix insomma non è cosa da potersi improvvisare così su due piedi, almeno se si desidera fare le cose in un certo modo, e i diversi passaggi dell’operazione vanno calcolati con grande attenzione, appunto per evitare di trovarsi nelle condizioni di non poter portare a termine il lavoro.
Anche la ricoibentazione ha comportato difficoltà notevoli, proprio per gli spazi angusti lasciati a disposizione dall’intelaiatura del Matrix, tenuta oltretutto grezza dal fabbricante in modo tale da graffiare chiunque si avventuri all’interno del diffusore senza le protezioni opportune.
Anch’essa è stata portata infine a termine nel modo dovuto, il che ha comportato la necessità di tagliare e sagomare un numero di parti all’incirca triplo rispetto a quel che sarebbe stato necessario con un diffusore tradizionale di pari dimensioni, e prima ancora a un lavoro certosino di estrazione di quanto era necessario sostituire, ossia tutta la spugnetta da 4 soldi posizionata in recessi spesso non raggiungibili coi metodi tradizionali.
Tutto questo ovviamente ha ancora una volta i suoi costi, ma quel che ne deriva, in termini di qualità di emissione, lascia semplicemente a bocca aperta.
Gli 802 S2 ottimizzati in sala d’ascolto
Credo che prima di tutto sia giusto riportare le parole del possessore di questi diffusori, assolutamente unici nella veste in cui si trovano attualmente. Forse per una questione di timidezza non ha ritenuto opportuno inviarmi un suo scritto da riportare tale e quale in questo spazio, come faccio ogniqualvolta possibile. Così faccio riferimento a quel che mi ha detto durante l’ascolto piuttosto lungo seguito all’installazione dei diffusori nel suo ambiente. Avvenuto tra l’altro in una fase in cui si rendevano necessarie ancora numerose ore di funzionamento prima che potessero rendere fino in fondo il loro potenziale.
A questo riguardo la cosa che reputo più importante è il suo aver puntualizzato di essere un frequentatore assiduo di alcuni tra i punti vendita più blasonati, quelli presso cui è possibile ascoltare diffusori di prezzo elevato al punto di essere oltre ogni residuo di sanità mentale.
Malgrado ciò ha dichiarato senza alcuna difficoltà di non aver mai ascoltato nulla di anche lontanamente paragonabile agli 802 S2 ottimizzati, rispetto ai quali aveva si aspettative notevoli, ma che mai avrebbe creduto potessero andare tanto oltre quel che si può ritenere a priori.
Quando si parla di diffusori e del loro comportamento è essenziale tenere a mente che gran parte di esso è dettato dalla qualità del segnale che si fornisce loro. Nella fattispecie è di livello decisamente alto, anche e soprattutto per la cura con cui è stato allestito l’impianto, che però è ancora lontano dall’assoluto, sia pure ipotetico. Malgrado ciò è stato abbastanza da far esprimere i diffusori in maniera effettivamente tale da spingere a chiedersi ove si possano trovare sensazioni di coerenza timbrica generale, di coesione tra le singole gamme di frequenza, di dolcezza, fluidità e allo stesso tempo tempo di capacità di analisi e di ricostruzione del fronte sonoro. Il tutto con una refrattarietà ai sintomi dati di solito dalle variazioni di potenza del segnale in ingresso e più ancora con una facilità di pilotaggio e di emissione da lasciare ancora una volta a bocca aperta.
Tantopiù in considerazione della fama degli 802 di essere diffusori difficili o peggio ancora scorbutici, per i quali trovare caratteristiche di pilotaggio all’altezza della situazione costituisce un compito improbo.
A dire il vero nulla di tutto ciò è emerso durante le ore in cui si è prolungato il loro ascolto. Anzi, col succedersi dei brani sono andati sempre più guadagnando in scioltezza, in modo tale da porre la facilità con cui li si può pilotare anche a pressioni sonore di un certo rilievo in un’evidenza da valutare ancora una volta come inattesa.
Un cenno va dedicato anche alla gamma inferiore, apparentemente priva di limiti per estensione ed energia, ma in primo luogo di efficacia direi estrema per il parametro che conta veramente, la capacità di rendere percettibile al meglio la modulazione della corda da cui origina il segnale che ricade nel suo ambito, anche laddove gli esempi più illustri non riescono a far altro che trascendere nel muggito amorfo costretto ad affidarsi all’immaginazione dell’ascoltatore affinché sia associato sia pure alla lontana con quanto emesso da un vero strumento musicale.
E si, le sorprese destate dagli S2 sono state davvero tante, un po’ su ogni aspetto, tali da renderli preferibili e in larga misura rispetto alle serie precedenti. Certo, il lavoro necessario per portarli a questi livelli è costato grande fatica ed è stato considerevolmente maggiore rispetto ai predecessori, dei quali ci siamo occupati tempo addietro.
Tuttavia lo sforzo vale decisamente la candela ed è tale che, a fronte di una spesa ancora contenuta e semplicemente irrisoria, di fronte a quel che ci si sente chiedere per esemplari attuali che possono solo sognarsi il poter attingere a livelli simili di musicalità, quel che si ottiene non lo si può immaginare ma solo verificare di fronte ai diffusori in carne e ossa mentre stanno suonando.
Difficilmente allora si potrebbe immaginare una risposta migliore e più adeguata nei confronti delle tendenze attuali del mercato riguardo ai diffusori alto di gamma, da parte di un appassionato consapevole e in grado di valutare in primo luogo l’esperienza d’ascolto, oltreché capace di attribuire ai millemila collaterali verso i quali si vorrebbe puntare oggi l’attenzione, evidentemente in mancanza di meglio, l’importanza che meritano, ossia nulla.
Come tali, gli 802 S2 sottoposti a un lavoro di ottimizzazione realizzato come si deve sono quanto di più indicato si possa desiderare da parte di un appassionato intenzionato a ottenere il meglio, e in via definitiva, soprattutto a livello di qualità sonora. Senza andare incontro a richieste economiche impossibili per poi senza mettersi in casa le brutture che si vorrebbero far passare per il non plus ultra dell’estetica a sfondo tecnologico, o per meglio dire a sfondone, in modo simile a personaggi in cerca d’autore, parafrasando Pirandello, ma che ben difficilmente lo potranno trovare.
Gli 802 S2 ottimizzati, prima di tutto, hanno ancora quel che oggi è diventato irreperibile, ossia un rapporto, tra l’altro quantomai favorevole, tra i risultati ottenuti in termini di qualità sonora e la somma spesa.
Questo non lo si trova più proprio perché i fondamentali sono andati perduti e oggi non c’è più gente capace di progettare, prima ancora di mettere a punto e far suonare le cose come si deve. Sia pure a fronte di costi rilevanti come quelli dei sistemi di vertice attuali.
Questo perché si fa tutto a suon di computer, evidentemente istruiti, a monte, in maniera inevitabilmente parziale e frammentaria, ma soprattutto ripetitiva e serializzata, sulla base di concezioni che solo in parte minima, seppure, trovano rispondenza in quel che accade nel mondo reale. Di cui per giunta in quei sistemi si tiene conto soltanto per mezzo di un modello fin troppo semplificato, come tale non in grado di approssimare neppure alla lontana quel che poi avviene nel concreto della sala d’ascolto.
Si è persa la tecnologia, proprio come per somma di sventure è accaduto alla NASA e similari, che così non solo non sono più capaci di costruire un razzo capace di arrivare alla Luna, ma neppure di fabbricarne uno che non esploda in fase di lancio o negli istanti immediatamente successivi. Come sempre a spese della collettività.
Per maggior sicurezza, si è anche provveduto a far sparire i nastri che documentavano tutta l’operazione, registrandoci sopra altra roba. Si dice per risparmiare, toccando l’inverosimile come ogniqualvolta non si abbiano argomenti di sorta.
D’altronde oggi chi cucirebbe le tute spaziali, dato che ormai non ci sono più donne in età abbastanza giovanile capaci di tenere ago e filo tra le mani. A forza di delegare tutto all’automazione, perché l’imperativo è risparmiare facendo tutto il più alla svelta possibile, anche nel progetto di diffusori da un milione di euro, si sono perse le attitudini materiali. Esattamente come nel settore di nostro interesse, dove ormai più nessuno è capace di progettare un diffusore senza l’ausilio della tecnica informatica, per poi farlo assomigliare a un tandem di cessi alla turca, di dimensioni grandiose e tali pertanto da aumentare a dismisura il rischio di caderci dentro.
Per poi pretendere che si tratti del non plus ultra di quel che oggi si possa desiderare nel campo della riproduzione sonora amatoriale.
I risultati, dunque, sono dinnanzi a chiunque abbia intenzione di osservarli: ormai si può spendere qualsiasi cifra, senza tuttavia riuscire a mettersi al riparo da sonorità che per forza di cose vanno di pari passo all’estetica e soprattutto al buon gusto del prodotto. Quindi non possono far altro che stimolare la defecazione, in maniera irresistibile.
E’ il nuovo che avanza.
Caro Claudio,
grazie a te ho fatto un tuffo nel passato perchè questi diffusori li ho avuti, però è finita lì, e mi spiego.
Prima di loro ho avuto le mitiche 802 prima serie in sospensione pneumatica e poi, dopo un certo tempo e un altro diffusore nel frattempo, sono passato alle 802 serie 2 matrix, proprio queste qui. Nere, bellissime.
Niente, non mi sono mai piaciute, le ho date via di disperazione dopo aver tentato anche delle amplificazioni tipo il Nakamichi stasis ma nulla da fare. La magia delle medioalte nella mitica “testa” della serie 800 era completemante sparita e il basso mi è sempre sembrato si corretto ma anche lui poco emozionale.
Le cambiai con delle Proac EBS usate che mi accompagnarono per dieci anni, tanto per dire.
A volte mi viene voglia di riacquistare le 802 prima serie per una operazione nostalgia, ma mai rimetterei dei soldi sulla seconda serie. All’epoca “pareva” che invece la serie 3 matrix fosse la sintesi estrema, ma oramai la mia luna di miele con B&W era terminata per sempre. E le Proac EBS ? Tutta la vita, da comprare anche oggi e risistemarle al limite, ma quello è un altro discorso..
Un caro saluto
Massimo
Ciao Massimo,
grazie del bel commento.
Li per li ho iniziato a risponderti, ma poi mi sono reso conto che il tipo e la qualità degli argomenti toccati è meritevole di un articolo a sé stante.
Quindi per il momento lo pubblico così com’è, insieme a queste brevi note, nella speranza di pubblicare la mia risposta nel più breve tempo possibile.
Quindi grazie per ora e a risentirci presto.