Riprendiamo dopo qualche tempo l’argomento relativo ai B&W CDM 1, per esaminarne l’ultima versione, quella che se vogliamo potrebbe rappresentare il culmine della loro evoluzione e il capitolo finale della “saga”, riguardante uno tra i diffusori più indovinati in assoluto della storia recente della riproduzione sonora. Come tale non poteva far altro che andare incontro al suo destino, deciso in misura maggiore dalle dinamiche del cosiddetto marketing rispetto alle sue vere qualità, in effetti numerose e ragguardevoli.
Un vecchio adagio spiega che una volta ottenuto un livello di rendimento vicino all’ottimale da un qualsiasi progetto, la cosa più conveniente, se si guarda innanzitutto alle prestazioni, è di prenderlo per quello che è e non toccarlo più. Proprio perché è lo stesso livello di efficienza cui è giunto a far si che rimaneggiandolo ulteriormente la probabilità maggiore sia di alterare degli equilibri situati a un livello di efficacia a tal punto elevato, dei quali oltretutto non è detto ci si renda conto fino in fondo. Per cui è facile che si agisca convinti di migliorare, il che magari avviene effettivamente, quantomeno sulla carta, ma nello stesso tempo si vada a influire su altri elementi, forse meno evidenti, comprensibili o considerati, ma lo stesso capaci di penalizzare il comportamento dell’oggetto che si cerca di perfezionare.
I vecchi adagi oltretutto vanno d’accordo poco o per nulla con la realtà attuale, influenzata da una serie di fattori ben poco attinenti con il merito effettivo, ma più sensibili a cose meno palpabili in concreto. Tra di esse la più distruttiva è la necessità di attribuirsi un’immagine perennemente aggiornata, proprio per i motivi appena detti. In sostanza non importa quanto un prodotto sia valido: in capo a una determinata quantità di tempo occorrerà rinnovarlo, innanzitutto a causa della falsa percezione che si è fatto di tutto per instillare nel pubblico riguardante l’onnipotenza e l’inarrestabilità del progresso e della tecnologia che ne è il frutto, tale pertanto da rendere obsoleto e inadeguato qualsiasi prodotto abbia più di qualche mese sulle spalle. Un concetto del genere è fatto apposta per spingere il pubblico a un continuo ricambio dei prodotti che utilizza, e forse è quanto di meglio per recuperare un altro detto dei tempi che furono e ormai andato in disuso: il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.
Infatti della corsa forsennata alla sostituzione la prima a esserne divenuta schiava è la stessa industria che a suo tempo le ha dato il via, convinta di ottenere chissà quali vantaggi economici, col risultato non solo di inflazionare il suo prodotto, ma di trovare difficoltà sempre maggiori nell’infondere a ogni modello sostitutivo le stesse motivazioni che ne giustifichino l’esistenza.
Finisce così, in ultima analisi, ad obsoletizzare a ritmo sempre più incalzante anche sé stessa, così da porre in atto le condizioni atte a minare la propria esistenza, che grazie all’operato di menti similmente brillanti come quelle degl’inventori di cotante sventure, pagate oltretutto a peso d’oro, in origine si volevano invece rafforzare e possibilmente perpetuare all’infinito.
Fine di un’epoca
Al di là della sua efficacia e delle soluzioni che ha utilizzato allo scopo, il CDM 1 NT ha un merito innegabile: l’essere stato l’ultimo esponente, ovviamente in ambito B&W, di una filosofia realizzativa volta alla condivisione. Quella che andava a redistribuire sulla produzione destinata a una diffusione più ampia le scelte fatte inizialmente per i prodotti di vertice.
In questo il marchio inglese è stato maestro e proprio così ha costruito le sue fortune maggiori: basti pensare all’impiego delle membrane in kevlar per midrange e woofer-mid inizialmente riservato ai modelli più costosi della sua produzione e poi esteso man mano fino a quelli più abbordabili. Scelta che più di ogni altra ha contribuito alla fama di neutralità timbrica dei suoi diffusori e di conseguenza al primato conquistato nei confronti della concorrenza. Una volta abbandonata l’ha riportato al ruolo di comprimario in cui si sostanzialmente è auto-relegato.
Come dico spesso, destando il fastidio di quanti concepiscono ciò che li circonda come una serie di compartimenti stagni, il mondo della riproduzione sonora ripropone e talvolta anticipa al suo interno le dinamiche sociali che si stanno verificando su scala ben più ampia e a volte persino planetaria. Così nell’ambito del listino B&W il CDM 1 NT è stato l’ultimo dei sistemi pensati sul concetto della condivisione.
Si approssimava infatti il cambio di millennio e insieme ad esso il nuovo paradigma che colà dove si puote era stato deciso per l’occasione, inerente un’ulteriore divaricazione della forbice reddituale ed esistenziale dei diversi strati sociali, ingrediente primario per giungere alla realtà attuale e a quella che conosceremo nel prossimo futuro, indirizzata a un nuovo feudalesimo.
Chi sa già si porta avanti e proprio del feudalismo ripropone riti e gerarchie sociali.
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Tra gl’interpreti odierni più efficaci e tempestivi del nuovo corso, volto a rimettere in auge un ordinamento vecchio di secoli, c’è proprio il campione dei progressisti, protesi per definizione verso le sorti magnifiche del futuro radioso che li attende. Qualche persona di pessimo gusto ha voluto assimilare il gesto a quello del picciotto che bacia la mano al padrino, secondo un parallelo inqualificabile.
Al di là di paragoni inevitabili e dell’estetica di atti consimili, parlare di buon gusto è del tutto fuori luogo per chi si è adoperato a tal punto alla devastazione fisica, economica ed esistenziale del suo stesso Paese, il destino sembra aver voluto riportare uno tra gli artefici primari del nuovo corso dall’iperurano in cui lui e i suoi pari danno l’idea di vivere alle conseguenze concrete proprie della realtà che si è tanto affannato affinché si realizzasse, nel modo più fedele alle idee di chi l’ha concepita.
Invece di prendere finalmente coscienza costui cosa fa? Ribadisce in modo così teatrale la fedeltà al sistema – o alla cupola? – che di lui si è servito per arrivare ai propri scopi. Dandogli in cambio che cosa?
Del resto i malori improvvisi sono all’ordine del giorno: guardacaso da un certo momento in poi hanno avuto un aumento esponenziale. Tuttavia sulle loro cause nessuno sembra avere voglia d’indagare, a qualsiasi livello. Prima ogni singola morte era meritevole dell’apertura del telegiornale, oggi ci si affanna a metterle sotto il tappeto.
Cosa ci sarà stato nel mezzo? Quello che tutti sanno ma non si deve dire.
Fine di un ciclo
Così anche in hi-fi si è chiusa l’era della condivisione, per passare a un concetto diametralmente opposto, la differenziazione rigorosa delle soluzioni attribuite ai prodotti appartenenti a ciascuna linea commerciale, con l’eliminazione pressoché totale di qualsiasi punto di contatto. Quindi il tweeter serie Nautilus non doveva più figurare nel diffusore destinato a un segmento inferiore a quello di vertice ed è stato così che la serie 7 ha segnato un netto regresso rispetto a quel che l’aveva preceduta, nello stesso identico modo in cui con il cambio di millennio, e l’arrivo della nuova valuta, l’impoverimento progressivo e generalizzato è stato tale da scavare un solco sempre più profondo, fino a renderlo del tutto incolmabile, nei confronti della minoranza che dall’avvento della moneta unica ha tratto beneficio.
Gli effetti di scelte simili sono inevitabili, così il tonfo della serie 700, destinata a sostituire la CDM e denominata in tal modo proprio a voler sottolineare la continuità con la ben nota 800 da sempre al vertice del catalogo B&W, seppur divisa da differenze altrettanto incolmabili secondo la logica squisitamente orwelliana che costituisce il tratto primario dei tempi distopici che stiamo vivendo, è stato enorme.
Questo potrebbe essere osservato come uno tra i primi esempi della realtà post-capitalista che oggi va diffondendosi. E’ caratterizzata per l’appunto dalla subordinazione degli aspetti inerenti il successo commerciale, e dunque dei profitti che ne derivano, a elementi destinati a propagandare nuove ideologie e prospettive sociali. Tra di esse appunto la rimozione dei punti in comune tra il prodotto destinato all’élite e quello di maggior diffusione, segno del riallargarsi del divario tra le fasce di pubblico cui sono destinati.
Ancora una volta il settore della riproduzione sonora ha fatto da apripista, o meglio ha segnato l’anteprima, di tendenze che un ventennio dopo sarebbero andate andate affermandosi con sempre maggior vigore. Lo spiegano le vicende attuali di marchi quali Disney, Budweiser, Nivea, Findus e svariati altri, i cui gestori sono decisi ad affrontare i rovesci del mercato, e il vero e proprio boicottaggio che molti di essi stanno subendo, in funzione della volontà di farne un veicolo di diffusione per le ideologie che sono decisi a propagandare, nel quadro dell’offensiva condotta a imporre i canoni relativi alla fluidità di genere, al fanatismo pseudo-ambientalista, all’innalzamento dello scientismo a neo-religione, al neo-razzismo che demonizza gli esseri umani di pelle bianca e sesso maschile, alla revoca di ogni limitazione anagrafica nei rapporti affettivi di tipo non parentale.
Così, nel momento in cui mi fu affidata la prova del B&W 701 che doveva raccogliere l’eredità del CDM 1, lo sconcerto derivante dal suo ascolto fu altrettanto rilevante. Della grazia e della nitidezza del CDM 1 che ben conoscevo non era rimasto più nulla, sostituito da una sonorità appesantita e priva di qualsiasi elemento di vitalità, aspetto davvero sorprendente in funzione della somiglianza tra i due diffusori, che comunque restava evidente. Ne attribuii in prima istanza la causa alla mancanza del tweeter Nautilus, sostituito nei 701 da uno più ordinario, proprio coerentemente con la nuova realtà che si andava prospettando.
Credo sia utile ricordare che al tempo persino in televisione, che allora era un contenitore assai meno vuoto di oggi, vennero riportate le proteste di quanti avevano visto il loro tenore di vita crollare nel giro di qualche settimana, grazie alla moneta unica vendutaci come del tutto esente da svalutazione quando invece già in partenza ne ha prodotta una del 100%. Non annualmente, come in genere si calcolano queste cose, ma nel breve giro di qualche settimana. Gli aspetti paradossali della questione sono stati almeno due. Il primo sta nella risposta che venne data pubblicamente alle lamentele di cui sopra, definite dai politici di turno frutto di una mera percezione, quindi tacciando di visionarietà quanti dovettero sobbarcarsi i costi, enormi, determinati dal passaggio Lira-Euro.
Il tempo ha poi dimostrato che si è trattato invece di una realtà ben tangibile e non solo a livello di ceti salariati. Basta osservare le condizioni in cui si trovano oggi le infrastrutture essenziali del Paese: dalla rete stradale e dei trasporti, deliberatamente mandata in malora a livelli ormai irrecuperabili, al settore industriale, smantellato e passato in mani straniere in ogni sua parte di qualche pregio, e a quello della sanità. Ormai è definitivamente privatizzato, con sommo gaudio delle organizzazioni politiche che hanno causato questa deriva, guardacaso in possesso delle assicurazioni più potenti del Paese. Curiosamente sono le stesse che per decenni si sono strappate i capelli e hanno urlato allo sconcio per il conflitto d’interessi berlusconiano, che al confronto era ben poca cosa.
Un Paese ridotto sul lastrico, insomma, che vive una realtà concreta di devastazione totale, indistinguibile dalle conseguenze di una guerra mondiale perduta, giusto l’assalto degli Unni e dei Lanzichenecchi del nostro tempo, supportati dalle quinte colonne che sventolando le bandiere rosse e arcobaleno hanno tradito per quattro denari la loro nazione e il loro stesso popolo. Non prima di aver minacciato che chiunque si fosse azzardato a non votare per loro sarebbe stato accusato di essere un fascista.
Il secondo paradosso sta in una realtà se possibile ancora più crudele. Consiste nel rifiuto di molti, sia pure di età sufficientemente matura ai tempi del trapasso, a osservare e prendere atto di quanto accaduto nel frattempo e delle sue conseguenze, malgrado colpiscano anche quanti si trovano vicino a loro, in un’apoteosi di cinico egoismo che mai si sarebbe immaginata.
In realtà, viste col senno di poi, le motivazioni del fallimento cui è andata incontro la serie 700 dovevano essere più complesse rispetto al solo cambio del tweeter. Allora ritenni doveroso porre nel giusto rilievo il regresso concernente una parte tanto significativa: ne risultò la prima e probabilmente anche l’ultima prova di un diffusore in cui del tweeter non si parlava proprio. Tutto il testo che lo riguardava fu eliminato e pubblicato mostrando platealmente l’amputazione che aveva subito. Ovviamente il redattore non ne ebbe informazione alcuna, come invece prescriverebbero le norme dell’Ordine, intese a salvaguardare l’integrità del pensiero del cronista, e in definitiva lo stesso motivo di essere dell’intero sistema d’informazione, non a caso trasformatosi in uno strumento di mera comunicazione.
Figuriamoci se in quei begli ambientini ci si curasse di cose del genere: seppi dell’accaduto a cose fatte, quando ebbi modo di leggere l’articolo pubblicato sulla rivista. Se qualcuno nutre tuttora dei dubbi riguardo ai criteri con cui si redigono le pubblicazioni allora reperibili in edicola, e oggi anche in rete, trova qui il necessario per chiarirsi le idee.
Qualche addetto ai lavori giura che tutto questo non è vero o comunque non esiste più. Delle due l’una: o non se ne rende conto, perché certi particolari sono al di là della sua comprensione e quindi nemmeno ne può scrivere, altrimenti pratica una forma di autocensura ferrea. Spesso e volentieri a propria insaputa o per meglio dire utilizzando la raffinata pratica di autoinganno nota come bispensiero orwelliano: quello che consiste nell’eseguire un’azione, per poi negare subito dopo a sé stesso di averla compiuta, credendoci pure.
Inutile dire che dopo il 701, in quella sede non mi è stata mai più affidata alcuna prova di diffusori B&W, a ennesima riprova del concetto di fondo riguardante la stampa specializzata: parlare sempre e soltanto bene di qualsiasi cosa, quale che sia il suo comportamento.
A questo proposito, qualcuno ha mai letto una prova dei CDM 1 NT che non si sperticasse dalle lodi per l’enorme miglioramento rispetto al passato, dovuto all’adozione del nuovo tweeter?
Comunque sia, del vero e proprio tonfo che è stato il destino dell’intera serie 700 se n’è reso conto anche il suo fabbricante, che l’ha sostituita in breve con la CM, tagliando di netto ogni possibilità di accostamento alla serie di punta. Non è che la nuova fosse tanto migliore, anzi: per precauzione tutto il suo significato fu spostato sulla veste esteriore, per muovere all’assalto di segmenti di mercato del tutto svincolati dai quelli conquistati con la CDM e che si è tentato di mantenere con la 700. Invano, stante il buco nell’acqua cui ha dato luogo.
Interessante rilevare, a livello di coerenza filosofica con la realtà che nel frattempo si andava affermando, che anche nella serie CM gli altoparlanti e le soluzioni di pregio maggiore li si è utilizzati solo per i modelli più costosi che di essa facevano parte, mentre gli altri hanno dovuto accontentarsi di scelte più ordinarie. Proprio in sincronia con il livellamento sociale verso il basso che in quel periodo stava iniziando a mostrare i suoi effetti.
Dunque il criterio inerente la separazione si estendeva anche all’interno delle singole linee di prodotto, laddove in passato la coerenza tra i diversi modelli che ne facevano parte era stata la regola dominante.
Tweeter Nautilus e non solo
In seguito alla scalpore prodotto dal diffusore Nautilus e poi dalla serie che da esso derivava in maniera più o meno diretta, si decise che l’adozione del tweeter omonimo fosse la più indicata per un’ultima rivitalizzazione della serie CDM, tale inoltre da sospingerla a presidiare un segmento superiore rispetto a quello in cui era andata a posizionarsi al momento del suo esordio.
In quest’ottica venne realizzato anche un nuovo modello, destinato al vertice della serie, il 9 NT. Ai fini del ruolo che gli era stato attribuito, andò a sovvertire tutti i canoni alla base del successo della serie di appartenenza. Primi fra tutti quello inerente la semplicità del progetto, in conseguenza del quale i CDM erano per tradizione dei due vie, tuttalpiù con l’aggiunta di un woofer per estendere la risposta e rafforzare l’emissione lato basse.

Il CDM 9 NT era infatti un 3 vie nel vero senso della parola, che allo scopo venne equipaggiato con un midrange preso anch’esso dai modelli della serie Nautilus.
Era equipaggiato inoltre da woofer molto simili, se non del tutto uguali a quelli utilizzati per i Nautilus 804, da un lato ulteriore esempio di condivisione delle scelte tipiche dei prodotti di vertice, dall’altro del modo in cui criteri originari alla base della serie CDM fossero stati abbandonati.
Ovviamente anche sotto il profilo dei costi venne meno la relativa economicità propria di tutti gli altri modelli della serie, che a quel punto rendeva quasi più conveniente dirigersi su un modello della serie Nautilus.
Il CDM 1 NT conobbe una sorte simile. Malgrado la sostituzione del tweeter possa apparire significativa anche se in fondo poco più di un elemento di dettaglio, nell’equilibrio complessivo del diffusore in realtà si tratta di qualcosa del tutto diverso dai predecessori. Come tale ha necessitato di una completa riprogettazione, a seguito della quale i criteri di base del diffusore originario sono sostanzialmente cambiati.
A dispetto della similitudine esteriore tra la versione NT e le precedenti, in funzione della quale la sola variazione poteva sembrare quella del nuovo tweeter di qualità idealmente maggiore, una verifica più approfondita avrebbe rivelato l’assenza pressoché totale di punti di contatto, fatta salva la forma esterna del diffusore. In realtà era variata anch’essa, dato che il pannello obliquo alla sommità del frontale si estendeva molto più verso il retro, proprio in funzione delle esigenze dimensionali del nuovo tweeter.
La sua presenza e l’ingombro accresciuto del relativo contenitore non hanno necessitato solo di un nuovo alloggiamento e relativa flangia, ma di un volume a sé stante, ricavato all’interno del mobile, che in pratica comprende tutto quanto è al di sopra del punto da cui inizia la parte obliqua del frontale. Per conseguenza il volume di carico a disposizione del woofer si è sensibilmente ridotto, il che ha reso necessarie ulteriori modifiche.
Malgrado sembri uguale in tutto e per tutto, il woofer mid non è più quello della serie SE, come risulta evidente dalle sigle presenti nei rispettivi manuali di servizio. Quello montato sulla NT è lo ZZ 12025, quello della SE lo ZZ 10898. Si tratta del resto di una prassi usuale per B&W, a seguito della quale ad altoparlanti apparentemente simili corrispondono modifiche significative per i componenti, membrane, bobine, centratori eccetera. Ad ogni buon conto il woofer mid montato sulla CDM 1 NT mantiene l’ogiva centrale che aveva fatto il suo esordio sulla versione precedente.

Del tweeter abbiamo già detto, ma ritengo meriti una menzione il sistema di fissaggio al mobile. E’ eseguito per mezzo di un elemento a incastro, che va a inserirsi in un pannellino sostenuto dal cavo di collegamento e dai relativi connettori, esempio mirabile di pressapochismo e di fiducia avventuristica in soluzioni inadeguate in assoluto e ancora di più per particolari destinati a essere montati su prodotti di vertice, il cui costo va ovviamente in proporzione.
La vera e propria mania di B&W per i bloccaggi a incastro è fin quasi proverbiale, per chi ne conosca davvero le modalità realizzative e non si sia limitato a imparare a memoria quattro sigle, numeri o soluzioni, come fanno invece certi appassionati che ritengono di giungere per quel tramite al traguardo della competenza, per poi pontificare sui social di settore, senza rendersi conto di porre la loro inadeguatezza in tutta la sua evidenza.

In essa, per carità, non ci sarebbe nulla di male, a patto di continuare a fare l’appassionato invece di voler assurgere a non si sa bene quali traguardi. Del resto il senso della misura è ormai un concetto dimenticato. Buona parte della colpa è anche dei sigg. editori, i quali usano da tempo pescare in quel brodo alla ricerca delle nuove leve. Una volta capito come funziona il meccanismo, anche per via dei poco illustri ma ben noti esempi avuti in passato, è inevitabile che altri provino a ripetere quel gioco. I risultati non hanno bisogno di essere spiegati.
Le schede dei crossover relativi alla via alta sono fermate al mobile per mezzo dei mefitici “funghetti” a espansione, che se per un esemplare di prezzo medio si può chiudere un occhio, su diffusori di alta gamma stonano parecchio. Quanto sarebbe costato di più metterci delle viti? Sarebbe stata una scelta improponibile per diffusori dal prezzo di vendita così rilevante?
Certo, il montaggio delle componenti con quegli elementi di fissaggio è particolarmente sbrigativo. Se ne fanno le spese nel momento in cui occorre intervenire per qualsiasi motivo sul diffusore: il conto sale, a danno ancora una volta del suo possessore. Oltretutto quel sistema è stato usato anche per particolari sistemati in posizioni complicate da raggiungere, rendendo ancora più fuori luogo quelle scelte e difficoltoso mettervi riparo.

Cambiato l’altoparlante e il volume di carico, è inevitabile che cambi anche il tubo di accordo, al pari del crossover. Come spesso avviene per B&W è suddiviso su due stampati diversi, destinati rispettivamente a ospitare i componenti del taglio relativo alla via bassa e a quella superiore. Se la topologia rimane invariata, del tutto diverse sono le scelte relative ai componenti. con l’eliminazione di tutti i condensatori di tipo elettrolitico, agli allineamenti e ai punti di taglio. Ora ci sono esemplari a film, anche per quello in parallelo relativo alla rete di compensazione del woofer. Sempre per quel che riguarda la cella di filtraggio della via inferiore, si rileva l’impiego di una bobina avvolta in aria, oltretutto con filo di sezione generosa, riducendone così la resistenza, a vantaggio delle caratteristiche e del livello di emissione. Forse proprio per recuperare quel che si era perduto riducendo il volume di carico del woofer.
La topologia della cella di filtraggio del tweeter resta invariata, a parte l’impiego di componentistica migliorata rispetto alle serie precedenti.
Il CDM 1 NT sul campo
Cosa aspettarsi dai CDM 1 NT, una volta collegati all’impianto? Se ci si basa sulle doti sonore dei modelli che lo hanno preceduto, in assenza di un’analisi un minimo approfondita sulle sue caratteristiche progettuali, la sorpresa può essere molta e non così positiva. Del tutto scomparsa infatti è la sonorità ben equilibrata e di grande vitalità che è stata la motivazione primaria per il successo della serie CDM. Ne ha preso il posto una timbrica tendente a privilegiare fin troppo gli estremi banda, tale pertanto da lasciare la gamma media fin troppo indietro. Un’emissione caratterizzata in modo simile può trovare senz’altro i suoi estimatori, in particolare tra quanti non hanno apprezzato la tradizionale sonorità B&W, così da ampliare il bacino di utenza potenziale per i diffusori del fabbricante inglese.
La differenza rispetto al passato è tale da far sospettare che il progettista della NT non sia lo stesso dei modelli appartenenti alle prime due serie e abbia tenuto nella considerazione maggiore parametri del tutto diversi dal passato.
Personalmente ritengo tutto ciò un regresso intollerabile, dato che non sono interessato allo scambio tra un diffusore che sia pure con tutti i suoi limiti, l’entità dei quali tra l’altro può essere minimizzata da una messa a punto fatta come si deve, è caratterizzato da una timbrica impeccabile e da una gradevolezza d’ascolto ben oltre la media, con uno che sembra fatto apposta per fare la felicità degli estimatori della sonorità ci ci – bum bum. Oltretutto sulla base del vorrei ma non posso, stanti le dimensioni fisiche del diffusore.
Tutto questo ci fa capire innanzitutto che un diffusore in apparenza migliorato nei confronti dei predecessori su tutta la linea può tranquillamente rivelarsi peggiore nei loro confronti, e non di poco, nel momento in cui le scelte fatte in sede di progettazione e messa a punto vanno in certa direzione.
A un risultato del genere potrebbe aver portato la stessa presenza dell’elemento più caratterizzante rispetto alle versioni precedenti, ossia il tweeter Nautilus. Per assecondarne le esigenze in termini di spazio e mantenere la necessaria continuità stilistica con gli altri modelli della serie CDM si sono scelte modalità di alloggiamento tali da ridurre il volume di carico a disposizione del woofer. Le contromisure resesi necessarie, insieme alla volontà di attribuire al tweeter il risalto ritenuto doveroso, andando quindi ad alterare un’emissione già di per sé impeccabile, hanno prodotto infine un risultato di questo tipo, che dal mio punto di vista è meritevole di profonda riflessione. Soprattutto da parte di quanti eseguono le loro scelte sulla carta, ormai la maggioranza data la realtà del mercato attuale, oltretutto secondo parametri che se in linea teorica apparirebbero credibili, all’atto pratico possono rivelarsi del tutto aleatori.
Anche il possessore dei diffusori ha rilevato la loro timbrica poco soddisfacente per un appassionato esperto. Proprio questo è stato uno dei motivi per cui ha deciso di sottoporlo all’intervento di ottimizzazione.
Per quel tramite oltre a tutto il resto è stata recuperata la necessaria linearità di emissione, con un miglioramento della gamma media particolarmente importante, tale da influire in modo ben percettibile sulla coerenza di emissione dell’intero sistema. Va tenuto presente infatti che proprio da essa deriva la maggior parte dell’esperienza d’ascolto: se non è adeguata alle necessità, risulta assai difficile pervenire a livelli di soddisfazione tali da giustificare l’impegno profuso nell’allestimento dell’impianto.
Tutta questa storia, tra i numerosi insegnamenti che ci offre, ne pone in evidenza uno in particolar modo: quello riguardante la casualità del capolavoro, cui si perviene in modalità sostanzialmente inconsapevole. O meglio non rendendosi conto che proprio a quel traguardo ci si sta dirigendo. Da un lato perché è noto che approcciandosi a un qualsiasi compito con lo scopo di produrne uno si finisce regolarmente col fare un buco nell’acqua, ma soprattutto perché nel tentativo di migliorare o forse solo di aggiornare il risultato ottenuto in precedenza, se di valore, si va regolarmente a peggiorarlo. Gli esiti delle versioni SE, NT e peggio che mai con i successori 701 stanno li a dimostrarlo.
Proprio il fatto che a quel destino sia andato incontro un diffusore prodotto da B&W, fabbricante dotato di tutto quanto è necessario in termini di esperienza, tecnologia, capacità realizzative, strumentazione e modalità di verifica dei risultati ottenuti, sta a dimostrare che tutto quell’armamentario serve a ben poco, ai fini dell’eccellenza, cui si perviene in modalità prettamente casuale. Tutto quel patrimonio ha una funzione fin quando ci si mantiene nell’ambito della sufficienza, ma nel momento in cui occorre andare oltre, per ottenere qualcosa che sia realmente baciato dal miracolo della vera musicalità, i dati che se ne ricavano non solo non servono più a nulla ma è possibile che si rivelino addirittura controproducenti. Proprio come è avvenuto nelle versioni successive del diffusore, tutte ideate al fine di migliorare sempre più il risultato ottenuto con la prima serie, con tanto di verifica strumentale, e tutte dimostratesi peggiori, con regolarità fin quasi sorprendente.
Questo spiega inoltre che l’insieme delle funzioni riguardanti un diffusore davvero ben riuscito è un universo di complessità enorme e largamente inesplorata, tale da non poter essere in alcun modo riconducibile al singolo numero o alla serie di essi ricavabile anche dal più costoso e raffinato dispositivo di misura. Senza trascurare oltretutto che più complesso e approfondito diventa, più è difficile capire cosa vada a misurare effettivamente.
Si riconferma insomma quello che per alcuni è già noto e in questa sede è stato sempre detto: volendo ottenere il meglio da un diffusore come il CDM 1 è consigliabile orientarsi sulla prima versione, per poi ottimizzarla. Si risparmia, anche parecchio e si ha una sonorità nettamente più convincente.
In extremis, o meglio a pubblicazione dell’articolo già avvenuta da qualche giorno, è arrivato anche il commento di Stefano, possessore della coppia di CDM 1 NT qui esaminata. Lo riporto qui di seguito.
Oggi ho reinserito le casse nell’impianto, ho ascoltato vari brani su cd e su sacd. Devo dire che è evidente il miglioramento su tutta la gamma con le medie frequenze più evidenti di prima. La musica è più pulita, nitida e mai stancante. Veramente il miglioramento è ottimo. Ho sbagliato a non provarle sull’impianto principale di Roma. Sono soddisfatto del lavoro….ti ringrazio !!!