Il trattamento della sala d’ascolto

In questa sede si è accennato spesso e volentieri alle cosiddette condizioni di contorno, rilevando che soprattutto a partire da un certo livello assumono un’importanza persino maggiore dell’impianto stesso.

L’acustica della sala d’ascolto è forse l’esempio più riconoscibile di tale stato di cose.

Ennesima dimostrazione per l’ingannevolezza del messaggio diffuso dalla pubblicistica di settore, secondo cui tutto sta nelle caratteristiche e nel prezzo, che di norma va di pari passo alla profittabilità, delle apparecchiature da cui è composto.

Certo, non lo viene a dire in maniera esplicita, ma basta fare mente locale riguardo alla quantità di spazio da essa dedicato alle recensioni delle apparecchiature, la quasi totalità di quello lasciato libero dalle pagine di pubblicità riconoscibile, alla retorica roboante con cui descrive quelle di costo maggiore e all’ostinazione con cui trascura ogni aspetto al di fuori di esse, per comprendere il tenore del messaggio che all’atto pratico diffonde.

Del resto se si bombarda un qualsiasi soggetto con un fuoco concentrico e ininterrotto fatto di apparecchiature, apparecchiature, apparecchiature, delle quali si declamano senza posa le prestazioni inoppugnabilmente mirabolanti e la tecnologia a dir poco ultraterrena, cosa pensiamo rimanga in testa al povero disgraziato che di propria sponte si sottopone a un trattamento siffatto, oltretutto pagando, se non il risultato di un lavaggio del cervello eseguito a base di apparecchiature e dei numeri per mezzo dei quali si concretizza il loro inganno?

Dimostrazione ennesima del potenziale della cosiddetta comunicazione non verbale, e una volta di più di come la pubblicistica di settore non si accontenti di eseguire la banale e ormai sorpassata circonvenzione di chi incapace lo è già, ma s’impegni innanzitutto a ridurre in tali condizioni e se possibile anche peggio il maggior numero di persone, così da ampliare al massimo e pre-condizionare opportunamente la platea su cui si va poi a eseguire quell’azione, così da renderla più ampia e ricettiva possibile.

Detto questo, che è fondamentale per comprendere la situazione in cui ci si trova effettivamente, elemento imprescindibile dato che altrimenti si circolerebbe in maglietta, calzoncini e infradito in pieno inverno o con il cappotto d’estate con tutte le conseguenze del caso, iniziamo con l’osservare che l’ambiente d’ascolto e la sua cura sono la condizione di contorno al primo posto di un lungo elenco di accorgimenti in grado d’influire in maniera profonda, e non di rado imprevedibile, sulla resa dell’impianto.

Quest’ultimo, a sua volta, quanto più è messo a punto con accuratezza, tanto meglio reagisce a ogni ulteriore perfezionamento. Al contrario, più la sua installazione è approssimativa ed è abbandonato a sé stesso, proprio per mezzo di una messa a punto trascurata, meno è in grado di reagire ai cambiamenti che vi si apportano.

Di qui il motivo per cui gli appassionati in possesso degl’impianti tenuti in modo simile non riescono a trovare beneficio negli interventi che, in condizioni meno disastrate, metterebbero in evidenza il loro influsso in maniera persino marchiana. Questo riguarda innanzitutto i cavi, oltre a una serie di altri interventi per mezzo dei quali la raffinatezza sonora di un impianto anche non particolrmente costoso può essere portata a livelli inimmaginabili. Di conseguenza, ritengono, proprio in base alla loro esperienza personale, che certe cose non servano a nulla e anzi siano delle prese in giro o peggio delle truffe.

Olio di serpente, recita uno dei luoghi comuni più frequentati del settore.

Andando al nocciolo del problema, tutto il discorso si riduce all’abito mentale di ciascuno di noi. Con particolare riguardo alla convinzione che tutto si possa o meno comperare. Se ci si aspetta di poter arrivare a determinati traguardi contando solo sulla pienezza del portafoglio che si possiede, e quindi su ciò che è reperibile anche nel più fornito dei negozi, difficilmente si può pensare di arrivare lontano.

Proprio perché la disponibilità all’impegno da devolvere nella messa a punto, la sensibilità che si acquisce mano a mano che ci s’inoltra lungo tale percorso, la capacità di scovare i punti critici che si annidano in gran numero lungo la catena che inizia dal supporto fonografico e termina al nostro orecchio, o meglio alla parte del nostro cervello cui fanno capo i recettori uditivi, non sono cose che si possano comperare.

Pertanto, neppure è possibile fare ad esse pubblicità: ne consegue che chi si lascia guidare da quest’ultima, consapevolmente o meno ai fini delle proprie scelte, ha ottime probabilità di restare fermo alla prima stazione. Quella del cambia-cambia, passatempo se vogliamo divertente ma che non dà modo di approfondire le vere potenzialità di ogni singolo oggetto, stante la rapidità del vortice da cui si è presi nell’eseguire sostituzioni continue. A un certo punto diventano fini a sé stesse, un compulsare privo di costrutto che proprio per la superficialità cui costringe non permette di comprendere che, alla resa dei conti, le apparecchiature sono contraddistinte da limitazioni molto simili le une altre. Sia pure con le differenze reciproche che però sono quasi sempre di dettaglio e si limitano al livello più elementare, quello timbrico. Quando invece l’origine dei problemi che si vorrebbero risolvere risiede altrove. In primo luogo nelle leggi che regolano il mercato e costringono i suoi attori a recitare tutti la stessa parte, segnando in partenza la sorte di chiunque tenti la ricerca di un’alternativa, per quale che sia.

 

Prime contrarietà, soliti inganni

La stragrande maggioranza degli appassionati non ha un ambiente dedicato appositamente alla riproduzone sonora. Nella mia esperienza, peraltro, i pochi che ne dispongono si devono accontentare quasi sempre di situazioni di fortuna, ricavate alla meglio o comunque inadeguate già a partire dalla superficie disponibile, in genere troppo modesta.

Per gli altri, invece, se già i componenti del nucleo familiare non vedono quasi mai di buon occhio le apparecchiature dell’impianto, figuriamoci quale può essere il loro grado di accettazione per gli elementi di contorno.

Dunque, quella che per convenzione viene definita sala d’ascolto in tutte le sedi in cui si discetta di riproduzione sonora, in realtà non lo è. E’ invece tutt’altro: nella massima parte dei casi un ambiente destinato a una serie di utilizzi tra cui, incidentalmente, quello dell’ascolto di musica, per via della presenza di apparecchiature che non si saprebbe ove collocare altrimenti.

Questa è la realtà con cui la massima parte degli appassionati deve confrontarsi. Continuare a fingere che non esista, o meglio che al suo posto vi sia qualcosa di più specifico fatto apposta allo scopo o meglio ancora adattabile ad esso nella misura necessaria è un falso. O per meglio dire un autoinganno, che fin quando sarà reiterato non permetterà neppure di porsi di fronte al problema costituito dall’ambiente in cui avviene la riproduzione sonora e dalle sue caratteristiche acustiche con l’abito mentale necessario. Proprio perché i presupposti da cui si parte sono errati.

Sotto questo aspetto la semantica, ovvero l’impiego delle parole, e ancor più la sua capacità di costruire, modificare o cancellare la realtà percepita a seconda di come la si utilizza e gli scopi con cui lo si fa, ha un’importanza fondamentale.

Un’azione, un oggetto e un fine non esistono fino al momento in cui non si attribuisce ad essi una definizione. Non è che tale definizione possa essere una qualunque, ma affinché si abbia un rapporto corretto con la realtà che ci circonda deve essere quella giusta. Ecco perché da alcuni anni a questa parte è così di moda la neolingua, ovvero la modificazione e la cancellazione dei vocaboli scomodi o solo che si ritengono politicamente non corretti. Proprio in funzione della decostruzione della realtà concreta e della sua sostituzione con un’altra di comodo, a uso e consumo di chiunque possa trarne vantaggio, e abbia la forza e gli strumenti necessari a imporre le nuove definizioni atte a sostituire quelle che si avviano all’obsolescenza o proprio al dimenticatoio.

Neppure il pensiero può esistere senza le parole necessarie ad articolarlo, motivo per cui si fa in modo da ridurre sempre più il numero di parole di uso comune. Più lo si riduce, minori sono le possibilità concrete di articolare un ragionamento che vada contro la morale corrente o soltanto le convenzioni.

Stabilite da chi? E a che titolo?

Nello stesso modo, attribuire a un termine una determinata valenza è il modo migliore per costruire un frame, ossia una cornice concettuale all’interno della quale il pensiero viene di fatto rinchiuso, impedendo di fatto la stessa percezione della realtà in cui ci si trova. Questo spiega che per fare in modo di avere un rapporto corretto con quel che ci circonda è prima di tutto indispensabile chiamare le cose con il loro nome. Se necessario reimparando a farlo, dati appunto i condizionamenti al riguardo accumulatisi in particolare nel corso degli ultimi decenni.

Un secondo elemento d’inganno è quello che segue. Per anni abbiamo visto pubblicità d’impianti e diffusori inseriti in ambienti dal candore asettico, caratterizzati dalla presenza di grandi vetrate panoramiche ma del tutto vuoti al loro interno. Elemento ulteriore giocato a favore dell’estetica dell’immagine e probabilmente ritenuto efficace per attrarre l’osservatore, ma ancora una volta non poco mistificante.

Cosa potrebbe pensare un appassionato non particolarmente esperto di fronte a un’immagine siffatta? “Se mi fanno vedere le casse che vorrei acquistare in un ambiente simile, vorrà dire che è quello giusto”.

A questo punto arriva inevitabile la domanda: si è mai visto pubblicizzare una Ferrari riprendendola mentre s’inerpica su uno scosceso e sassoso sentiero di montagna o la reclame di un aereo da turismo che “vola” in immersione subacquea?

Non mi sembra. Poi però quando si dice che l’attititudine di gran lunga più spiccata del mondo della riproduzione sonora amatoriale è la produzione in quantità industriali dei paradossi più inverosimili, c’è sempre chi si offende a morte. Con tutto quel che ne consegue.

 

Perché trattare la sala d’ascolto

Se l’ambientazione di quelle pubblicità è di grande attrattiva a livello visivo, e pertanto denota il suo essere stata studiata proprio allo scopo, all’atto pratico è quanto di peggio possa esistere in termini acustici.

Ma allora perché certe immagini sono così diffuse? Lo si dovrebbe chiedere ai “creativi” che le hanno allestite, ulteriore dimostrazione che si tratta di individui sostanzialmente avulsi dalla capacità di rapportarsi con il mondo reale, presi come sono dall’immaginario che essi stessi diffondono, costruito a suon di sensazioni, d’immagini tanto belle quanto irreali, e pertanto ingannevoli, di tentativi d’imporre nuove seduzioni basate regolarmente sull’effimero, come vuole la legge del consumismo, non di rado spinto al farsesco.

Di tutto questo, oltretutto, diventano essi stessi le prime vittime, proprio in quanto finiscono regolarmente con il confondere le immagini da loro create a scopo di affabulazione con la realtà concreta. Più ancora, i motivi di tale diffusione la dovrebbero spiegare quanti danno loro l’incarico di realizzare campagne propagandistiche tanto prive di addentellati con il contesto in cui possa esprimersi correttamente l’oggetto pubblicizzato.

L’assenza sostanziale di personalità di quegli ambienti, inoltre è un altro elemento parecchio significativo, che evitiamo però di analizzare altrimenti non se ne esce più. Ci limitiamo soltanto a sottolineare come già da tempo la pubblicità tenda a non propagandare più il prodotto ma gli stili di vita, ai fini dei quali si fa credere che quello stesso prodotto sia indispensabile, col risultato di produrre nell’osservatore che non possa assurgere a determinati traguardi un senso di insoddisfazione e d’inadeguatezza permanenti.

Modo di fare a mio avviso criminale, di enorme viltà e indicativo del raggiungimento di un livello di cinismo e di assenza di scrupoli vergognoso.

 

Un ambiente vuoto

Ognuno di noi si sarà trovato almeno una volta a entrare in un appartamento fresco di cantiere o solo disabitato. Le stanze da cui è composto producono un riverbero e un rimbombo tali da rendere difficoltoso il comprendere quel che dice una persona, anche se si trova a breve distanza da noi. Se poi a parlare si è in più di uno, la confusione che ne deriva aumenta in maniera esponenziale.

Questo accade perché le superfici nude della stanza si comportano con le onde sonore esattamente nello stesso modo in cui gli specchi fanno con la luce. Pertanto l’emissione che proviene dalla sorgente, in questo caso le nostre corde vocali, viene riflessa dalle pareti in pratica senz’attenuazione di energia o quasi, anzi rafforzandola e attribuendo ad essa un ritardo variabile, dovuto al tempo che impiega nel tragitto che deve compiere per giungere al nostro orecchio, sovrapponendosi allo stimolo inziale.

In sostanza quello che avviene è una sorta di controreazione, di tipo acustico, dove il segnale emesso dal nostro interlocutore, il suo parlato, ci giunge una prima volta in via diretta e poi ritardato in funzione della distanza tra la sorgente e i punti di riflessione, e poi tra questi e noi che ascoltiamo.

La riflessione avviene da parte di un numero di punti infiniti: per conseguenza saranno tali anche i diversi ritardi con cui essa giunge al nostro orecchio. Essa inoltre può essere diretta, ovvero con un solo punto di riflessione tra emissione e percezione, o indiretta quando i punti di riflessione sono più d’uno.

La conseguenza è quella che abbiamo visto prima, la sostanziale impossibilità di comprendersi, anche se gl’interlocutori si trovano a breve distanza l’uno dall’altro. Se per caso si alza la voce, come si è portati a fare quando la conversazione è difficoltosa, le cose peggiorano ulteriormente.

Qual è la differenza tra la situazione appena descritta e una normale stanza d’abitazione, in cui la conversazione avviene senza difficoltà? La presenza degli elementi d’arredo, i quali esercitano due funzioni precise.

La prima è quella assorbente, che da sola però quasi mai è sufficiente a permettere un comportamento acustico della stanza che si possa definire gradevole. Ossia caratterizzato da uno smorzamento delle riflessioni almeno sufficiente. La seconda, forse addirittura più importante della prima, è quella di interrompere la continuità delle superfici su cui avvengono le riflessioni, frapponendo tra il punto di emissione e quelli di riflessione e percezione una serie di ostacoli tali da deviare, distribuire e ritardare l’onda sonora, spezzettando e quindi abbattendo l’energia propria delle riflessioni stesse.

L’importanza di questa seconda funzione è rilevabile nel momento in cui si entra in un ambiente sostanzialmente privo di elementi dall’elevata capacità di assorbimento, ma in cui la continuità delle superfici riflettenti è interrotta da una serie di elementi diciamo così di disturbo, che vanno a distribuire e ostacolare le riflessioni acustiche.

In essa, malgrado il fattore di assorbimento sia fin quasi assente, si avrà comunque una buona percettibilità dell’emissione sonora, caratterizzata inoltre da una sostanziale vividezza.

Un esperimento piuttosto semplice a questo proposito può essere eseguito munendosi di un certo numero di poster o riproduzioni di quadri, incorniciati e messi sotto vetro, per applicarli in un ambiente dalle pareti nude. Come tali non effettuano quasi assorbimento, tenderanno invece a riflettere l’onda sonora che li colpisce. Eppure, una volta appesi alle pareti, ci accorgiamo che malgrado ciò avremo variato in maniera ben percettibile le caratteristiche acustiche della stanza, rendendone la percezione e quindi l’ascolto dei fenomeni acustici che in essa hanno luogo nettamente più definita e gradevole.

Questo proprio perché siamo andati a interrompere la continuità delle pareti e quindi delle superfici riflettenti, elemento essenziale allo scopo.

Se poi andiamo ad aggiungere elementi che alle funzioni d’interruzione associano quelle assorbenti, come divani, tendaggi, tappeti, rivestimenti murali, librerie ben riempite di libri, riviste eccetera, potremo osservare senza difficoltà che il carattere acustico della stanza tende a diventare via via meno vivido, con un’attenuazione crescente per le riflessioni delle frequenze alte e medie.

Proprio questa possiamo dire che sia l’unica utilizzazione che abbia un senso delle riviste di hi-fi, che una volta raccolte in un certo numero e sistemate in una o più librerie vanno a formare un materiale assorbente di efficacia considerevole, distribuibile con un buon grado di flessibilità e soprattutto capace di non limitare la sua funzione alle frequenze medioalte, grazie al loro spessore.

Naturalmente questa funzione è svolta anche da pubblicazioni dedicate ad argomenti diversi.

Qui entra in gioco un ulteriore elemento, d’importanza fondamentale, riguardante l’impiego degli assorbenti acustici. Il loro effetto non varia soltanto per l’efficacia con cui riescono ad attutire le onde sonore che li colpiscono, ma anche per la frequenza dei segnali su cui hanno effetto.

Questo deriva in sostanza dal loro spessore: da un sottile tappeto posizionato a terra ci potremo attendere soltanto un assorbimento delle frequenze medio-alte, in quanto la loro lunghezza d’onda è pari o inferiore allo spessore dell’elemento assorbente. Più aumenta, meglio sarà in grado di estendere verso il basso le frequenze su cui ha effetto, in quanto cresce di pari passo la lunghezza d’onda degli effetti acustici su cui riesce ad agire.

Per conseguenza, l’assorbimento delle frequenze basse e bassissime è il più difficoltoso, proprio in quanto allo scopo sono necessari elementi di spessore elevato. A questo proposito assume un’importanza ancora maggiore interrompere la continuità delle superfici e degli spazi in cui avviene la loro emissione.

Ulteriore effetto dell’impiego dei materiali assorbenti, stante la loro azione soprattutto nei confronti delle frequenze medie e alte, è di rendere via via più smorto acusticamente l’ambiente in cui sono posizionati. Se fino a un certo punto questo può risultare gradevole all’udito, anche e soprattutto in presenza di disturbi esterni o comunque nell’ambito della riproduzione sonora, quando si esagera l’ambiente diventa acusticamente sgradevole. Fino a dar luogo a sensazioni di costrizione, che possono diventare sempre meno sopportabili e addirittura a rendere impossibile il permanere in essi se non a prezzo di una vera e propria forzatura eseguita su noi stessi. Come avviene ad esempio all’interno di una camera anecoica.

Chiunque abbia fatto un’esperienza simile sa che si tratta di un ambiente di fatto invivibile, a riprova di quale influsso abbia la percezione uditiva sul nostro benessere, malgrado in genere non ci si renda conto della cosa per la forza dell’abitudine.

 

Assorbimento e diffusione

La realizzazione di un ambiente efficace ai fini della riproduzione sonora non è soltanto questione di assorbimento. Abbiamo appena visto infatti come nel momento in cui quest’ultimo diviene troppo marcato si ha di fatto una sensazione opprimente, che spinge ad allontanarsi da esso nel minor tempo possibile.

Quindi, come in tutte le cose di questo mondo, occorre il necessario senso della misura, possibilmente abbinato alla capacità di servirsi di tutti gli elementi che all’atto pratico concorrono a formare il risultato che ci prefiggiamo.

Uno di essi, scarsamente considerato, riguarda la diffusione dell’energia acustica presente nell’ambiente, che come accennato ha un’importanza pari o forse superiore a quella dell’assorbimento. Cose del genere risulta facile comprenderle soprattutto se si ha modo di osservare un esempio pratico, come quello che vado a raccontare.

Malgrado l’editore della rivista con cui ho collaborato a lungo occupasse coi suoi uffici un’intera palazzina di 5 piani, per molti anni non riuscì, o non volle, trovare una sistemazione adeguata per la saletta adibita all’ascolto delle apparecchiature di cui si pubblicava la prova.

L’antica saggezza popolare dice che il calzolaio va in giro con le suole bucate e mai è stato vero come nel caso in questione. Al punto che i rari visitatori che in qualche modo riuscivano a oltrepassare il muro che di fatto veniva frapposto tra loro e la sala d’ascolto, proprio al fine di evitare che potessero verificarne le condizioni, difficilmente riuscivano a trattenere la loro meraviglia. O meglio la desolazione, causata dalla sua realtà inverosimile. Ennesima dimostrazione della questione riguardante i paradossi accennata in apertura.

E’ accaduto più volte che tali rimostranze siano state fatte a me personalmente, malgrado non avessi voce in capitolo e fossi il primo a rendermi conto dell’assurdità della situazione. Pertanto in occasioni del genere non potevo far altro che alzare le braccia e gli occhi al soffitto.

Più che di una stanza si trattava di un cubicolo, o per meglio dire un loculo, ricavato nei sotterranei della palazzina, della quale oltretutto la dimensione maggiore non si sviluppava sul piano orizzontale ma in verticale.

Era quasi del tutto foderato di moquette marrone e in parte ricoperto con perlinato di abete, dando luogo a un  comportamento acustico del quale l’esempio più calzante  è il tamburo. O per meglio dire un tom a terra, se mai fosse possibile entrare in uno di essi.

Tanto è vero che un bel giorno io e Federico Rocchi, trovandoci in quell’ambiente e scambiando tra noi le impressioni destate dalle sue caratteristiche visive, oltreché acustiche, rilevammo che era l’opposto di quel che sarebbe stato necessario, per le funzioni cui era adibito. A un certo punto dicemmo: -“E’ il contrario di una camera anecoica”. -“Vero, è una camera ultraecoica!” E giù risate, forse anche oltre il necessario, come avviene in genere quando ci si trova in situazioni di disagio o di fronte a una palese assurdità.

Ripensandoci oggi, si potrebbe dire con maggior precisione che si trattasse di una sala rimbomboica, per usare una definizione brutta ma efficace per descriverne le caratteristiche acustiche.

Pretendere di eseguire un qualsiasi ascolto che avesse sia pure il minimo di credibilità in un ambiente del genere era semplicemente fuori da ogni ragionevolezza.

Le condizioni di quella “saletta” acquisivano un risalto ancora maggiore dall’essere adiacenti all’ambiente in cui si svolgevano le misure, equipaggiato invece di tutto punto e con le apparecchiature più costose che ci fossero in circolazione.

Inevitabile sottolineatura dell’abito mentale tipico del tecnocrate sordocieco, vittima del suo stesso squilibrio a favore del banco di misura, non di rado esasperato fino al debordare in una vera e propria patologia, i cui sintomi sono il disinteresse totale, o meglio l’ostinazione incrollabile a trascurare tutto quanto vada oltre il microcosmo misurista.

Nei suoi confronti non c’è medicina, essendo oltretutto un fenomeno autoimmune che affligge non il corpo o i sensi, ma la mente e la sua percezione. O meglio la negazione di quest’ultima.

Quelle erano di fatto le condizioni in cui si trovava la sala d’ascolto della rivista specializzata in apparecchiature destinate all’ascolto, di musica, metro affidabile della verosimiglianza dei giudizi in essa pubblicati e dell’effettiva inclinazione di chi l’ha allestita e gestita riguardo per l’applicazione pratica della materia riguardo cui si ostinava a pontificare.

Per anni è rimasta in quelle condizioni, relegata a un certo punto a deposito delle ingombranti apparecchiature video allora di gran moda, come schermi e video-proiettori, insieme all’ingombrante baldacchino usato per il posizionamento all’altezza necessaria per il loro utilizzo.

Fin quando, probabilmente per le osservazioni poco lusinghiere di qualcuno il cui parere non poteva essere trascurato, per motivi che non è difficile immaginare, ci si decise finalmente di mettervi mano.

Fu così che un bel giorno, combinazione ero in redazione anche quella volta, arrivò un vero esperto del settore. Lo si poteva riconoscere all’istante, per via della disponibilità e dell’affabilità che si ritrova di regola in chi è effettivamente competente della materia di cui si occupa. Modo di fare che spicca oltremodo nei confronti della supponenza e della boria trombonesca che sente il bisogno di ostentare chi in cuor suo sa benissimo di essere un emerito nessuno.

Quell’esperto risolse il problema in breve e con semplicità. Non grazie a DSP o altri aggeggi costosi, complicati  e di efficacia opinabile, ma con l’impiego di pochi elementi diffusori di varia foggia, mediante i quali ha recuperato quel cubicolo all’impiego cui tanto improvvidamente era stato destinato. Oltretutto in misura del tutto inopinata.

Di certo non sarebbe diventato confrontabile con l’ambiente di un qualsiasi appassionato, magari anche un po’ sfigato, ma almeno quanto si andava ad ascoltare al suo interno non ne sarebbe uscito del tutto sfigurato come era accaduto fino ad allora.

Ciò avvenne però solo dopo un buon numero di anni, in pratica quando si stava già avvicinando il fallimento della società editrice, in seguito al quale la rivista per cui collaboravo si sarebbe trasferita altrove.

Questo mostra da un lato l’importanza della diffusione dei fenomeni acustici, capace di trasformare letteralmente un ambiente strabordante fanghiglia in qualcosa in cui si può persino eseguire un ascolto, in condizioni non del tutto proibitive. Un’esperienza simile non la si dimentica facilmente e soprattutto è un bagaglio di quelli che non si possono comperare e neppure li si trova sui libri di scuola.

Per altri aspetti descrive i motivi per cui ho sempre fatto un punto imprescindibile, fin dal primo giorno,  del portare nella mia saletta personale ogni apparecchiatura che mi venisse affidata in prova. Così da ridurre al minimo le variabili ignote o poco controllate, con tutte le conseguenze del caso.

Ero solo un ascoltatore, dunque un miserabile pezzente nelle concezioni dei personaggi da cui era popolata quella redazione, come del resto mi è stato fatto notare più volte.

A conti fatti però, riguardo alle mansioni che ero chiamato a svolgere, il mio modo di procedere è stato improntato a una correttezza ben maggiore di quanti si mettevano in cattedra per emettere sentenze, proprio sotto l’aspetto scientifico. Dato che ho sempre osservato il principio fondamentale inerente la possibilità di compredere e attribuire correttamente ogni eventuale diversificazione del risultato ottenuto, solo nel caso in cui sia una e una soltanto la variabile a entrare in gioco nel sistema sottoposto ad analisi.

In redazione, invece, si era costretti ad ascoltare le apparecchiature in prova con quel che capitava, per quale che fosse, a seconda di quanto presente di volta in volta nella saletta. Non di rado, o meglio nella maggior parte delle occasioni, si trattava di oggetti del tutto inadatti alla bisogna.

Del resto l’ascolto delle apparecchiature, ai fini dell’emissione del giudizio inerente oggetti destinati appunto all’ascolto di musica, era per i dirigenti un’incombenza fastidiosa.

Per conseguenza hanno trascurato tale onere fin quando è stato possibile, come testimoniato dalle annate della rivista, per poi farlo svolgere molto volentieri a terzi. Provvedendo doverosamente a sottopagarli e a tenerli a oltranza nel limbo della precarietà senza uno straccio di contratto. Ma sempre proclamando al mondo intero la loro indiscutibile fede progressista, e malgrado quella da loro stessi ritenuta alla stregua di bassa manovalanza, e sempre trattata come tale anche nei rapporti personali, si occupasse di fatto della parte più letta, considerata e memorabile della rivista.

Abbiamo presente Alessandro Gassman quando dice che senza immigrazione clandestina proveniente dall’Africa non sapremmo a chi far raccogliere i pomodori? Ecco, quello di cui stiamo parlando ne è stata un’anticipazione di qualche decennio.

Al di là delle condizioni date, comunque, non solo in termini di verosimiglianza delle valutazioni, elemento da me ritenuto imprescindibile ma anche punto fermo basilare del mio metodo di lavoro personale, ho sempre ritenuto fondamentale poter scrivere i resoconti, con la necessaria tranquillità e concentrazione, durante l’ascolto. Ossia proprio nel momento in cui la percezione dei fenomeni acustici ha luogo, e non in una fase successiva.

Condizione, quest’ultima, in cui necessariamente vengono meno alcune sensazioni e sottigliezze, che poi sono il cuore e il nerbo del resoconto proposto al lettore. Parte di gran lunga più significativa che quindi occorre sostituire a partire da materiale vario ed eventuale, come si è visto fare nella maggior parte dei casi, con le annesse conseguenze.

Ciò ha comportato uno sforzo non indifferente da parte mia, dato che il trasporto delle apparecchiature è sempre stato a mio carico tranne rarissime eccezioni. Cosa cui ho sempre adempiuto volentieri, in funzione del codice deontologico che per me è stato doveroso attribuire alla mia attività in quest’ambito. E malgrado ciò comportasse anche mansioni di facchinaggio decisamente gravose.

Entro i limiti della decenza me le sono sobbarcate volentieri, dato che non sono mai stato il tipo che evita di sporcarsi le mani, anzi. A un certo punto però mi sono reso conto che su questa mia disponibilità ci si marciava, e non poco.

Forse spronata dal risultato ottenuto nel modo che abbiamo visto con la saletta ex-tamburo, e costretta infine a prendere atto, obtorto collo, della preminenza assunta per forza di cose dagli ascolti nell’ambito dei contenuti della rivista, la dirigenza della società editrice si lanciò nell’impresa riguardante la realizzazione di una nuova sala.

Ai fini della quale si spesero somme rilevanti, anche per la realizzazione di un  sistema a pannelli mobili complesso e e velleitario ma soprattutto inefficace, che al dunque si è sempre rifiutato di funzionare. Fu abbandonato a sé stesso come avviene spesso in questi casi, malgrado i lavori necessari si siano protratti a lungo, con le spese conseguenti. Un semplice controsoffitto sarebbe stato più rapido, funzionale ed economico. Non sarebbe stata però una soluzione all’altezza della grande considerazione che gl’ideatori di quel sistema avevano di sé stessi e della necessità di celebrarla nel modo più consono. Ossia con un palese fallimento. Anticipazione di quelli societari che di li a poco avrebbero preso a succedersi con singolare rapidità.

Il risultato fu che continuò a essere preferibile eseguire gli ascolti nella saletta ex-tamburo, nelle rare occasioni in cui non faceva da magazzino, riprova ulteriore dell’incompatibilità per qualsiasi elemento riguardante gli aspetti pratici della riproduzione sonora, da parte di chi si era attribuito determinati ruoli.

Ci fu poi una terza sala, quella allestita dai rampanti velleitari che si organizzarono, di nascosto,  per subentrare dopo il fallimento della società editrice iniziale.

Quella sala si è rivelata la più sfortunata di tutte, del tutto inadatta agli scopi cui era destinata, troppo grande e trascurata, quindi ancor più costosa da sistemare come necessario. Sicché, quando visitatori o inserzionisti si trovavano nei locali della redazione, c’era l’incaricato che ti veniva a dire di smettere con l’ascolto o di continuarlo solo a volume bassissimo, perché altrimenti gli estranei avrebbero potuto sentire la musica dall’esterno e quindi chiedere di visitare la saletta. Cosa che era ancora una volta da evitare in ogni modo, di fatto l’unica vera costante nei rivolgimenti dirigenziali, gestionali e logistici conosciuti da quell’impresa.

La mancanza delle risorse necessarie per una sala d’ascolto finalmente degna di quel nome non evitò la realizzazione di una sala dedicata appositamente all’home theater, allestita di tutto punto, per poi finire anch’essa nell’abbandono. In primo luogo in conseguenza del prevedibile crollo d’interesse nei confronti di quella che è stata a tutti gli effetti la bolla del multicanale, sulla quale i subentrati avevano puntato improvvidamente tutte le loro carte, a indicare la capacità di comprensione e valutazione dei fenomeni succedutisi nel settore di cui ritenevano di essere degli esperti. E poi anche perché commisero lo stesso identico errore che i loro predecessori avevano fatto con la saletta-tamburo, malgrado l’avessero potuta valutare a fondo.

La scelsero innanzitutto male quanto a conformazione, pur nella grande disponibilità di ambienti adatti allo scopo, ma soprattutto puntarono tutto sull’assorbimento, inzeppandola dei materiali acusticamente più sordi e trascurando del tutto la diffusione, così da renderla ancora una volta inutilizzabile per gli scopi ai fini dei quali era stata realizzata.

Questo spiega ancora una volta che anche l’esperienza più significativa serve a poco, quando manca la capacità di comprenderne l’insegnamento.

Ci fu poi un ulteriore trasferimento in locali di minor metratura, nella suddivisione dei quali la sala d’ascolto venne del tutto abolita.

Qualche mese ancora e me ne sarei andato. Finisce così la storia triste delle sale d’ascolto di quella rivista presuntuosa e megalomane, almeno per quanto io sia in grado di raccontare.

Al confronto, quella della realtà che avrei conosciuto in seguito, nettamente più modesta in primo luogo per risorse economiche, ma anche quanto a velleitarietà e mitomania della dirigenza, si sarebbe rivelata fin quasi un miracolo di efficienza e funzionalità. Sia pure a fronte delle limitazioni e dei compromessi dai quali era gravata, e malgrado chi la dirigeva non potesse vantare chissà quali titoli accademici o di carriera.

 

Tipologia delle sale d’ascolto

Dopo questa digressione, che suggerisce come a volte sia più d’insegnamento l’esempio da rifuggire rispetto a quello virtuoso, prendiamo in esame alcune delle conformazioni possibili degli ambienti da dedicare all’ascolto, sia pure in concomitanza con altri utilizzi.

La peggiore in assoluto è la sala di pianta quadrata o comunque con le dimensioni di larghezza e profondità non molto differenziate l’una nei confronti dell’altra. Il motivo è intuibile: tendono a rinforzare la medesima lunghezza d’onda, con effetti fastidiosi quasi sempre a frequenze basse o medio basse, da cui sonorità pesanti, poco definite e tendenti al rimbombo.

Se possibile è meglio evitare sale del genere, dato che lo sforzo e i costi necessari a stemperarne le caratteristiche sarebbero alquanto rilevanti.

Se proprio non se ne può fare a meno, anche per via delle limitazioni della maggior parte delle abitazioni moderne, al fine di limitarne le controindicazioni si può cercare di differenziare per quanto possibile il comportamento acustico delle superfici da cui è composta. Soprattutto sarebbe necessario assortirne la tendenza a risuonare, ad esempio posizionando i diffusori in maniera asimmetrica rispetto alle pareti laterali e possibilmente anche a quella di fondo. Calcolando le rispettive distanze in modo che le risonanze primarie differiscano il più possibile le une dalle altre. Se la distanza dalla parete di un diffusore è pari a 1, quella dell’altro la renderemo 1,3, evitando pertanto che sia un suo multiplo intero. Occorre fare in modo, insomma, che le distanze, e di conseguenze le lunghezze d’onda rafforzate, non siano divisibili l’una dall’altra.

Meno problematico è il comportamento della stanza rettangolare, anche qui con le dovute eccezioni. Specie quando una dimensione è molto diversa dall’altra, dando luogo a uno spazio molto lungo e stretto che finirebbe col somigliare a un grosso tubo d’accordo. Le stanze rettangolari sarebbe sempre meglio sfruttarle nel senso della lunghezza, anche se in certi casi questo non è possibile. Sarebbe opportuno anche mantenere un certo spazio dietro al punto d’ascolto, in modo tale che le riflessioni possano formare un corretto campo sonoro posteriore, indicato per la naturalezza della riproduzione.

In ogni caso è sempre bene interrompere la continuità delle pareti quanto più possibile, per mezzo di elementi d’arredo da valutare caso per caso. Già detto di quadri, poster e simili, si possono utilizzare piccole librerie o altri elementi dall’effetto paragonabile, posizionandoli in maniera strategica a ridosso delle pareti più lunghe.

Le sale più indicate per la riproduzione sonora sono quelle di forma irregolare o comunque in cui una o più pareti non sono parallele a quella di fronte. Questo vale anche per i soffitti, e quindi per le mansarde, in particolare quelle in cui il lato inferiore non sia troppo basso. Ancora meglio sono i soffitti delle case antiche, in cui il solaio è sostenuto da travi, meglio se in legno, Queste contribuiscono non solo a spezzare la continuità del soffitto ma anche a diffondere le riflessioni, migliorando sensibilmente l’ascolto.

Spesso nelle abitazioni di un tempo, e talvolta in quelle moderne, i soffitti sono ricoperti in legno, materiale senz’altro indicato per le sue caratteristiche di riflessione e assorbimento. Quindi avere una stanza con soffitto ricoperto in legno e sostenuto da travi è una condizione pressoché ideale, che comporta la necessità d’interventi ben più ridotti rispetto ad altre situazioni.

Purtroppo le case di una volta hanno anche la tendenza ad avere dei solai non particolarmente stabili, caratteristica che va a ripercuotersi sulle modalità di appoggio delle apparecchiture, altro elemento delle condizioni di contorno che assume un’importanza fondamentale per la sonorità dell’impianto.

Abbiamo già detto delle modalità con cui interrompere la continuità delle superfici, per mezzo di librerie, quadri da appendere al muro e così via, lasciando libero spazio alla fantasia e anche a tutto quanto ciascuno si trova in casa. Se possibile, l’utilizzo di forme tondeggianti sarebbe da preferire, proprio per via della loro capacità di diffondere le riflessioni su un angolo più ampio.

Passando alle questioni inerenti l’assorbimento, ripetiamo ancora che la frequenza dei segnali su cui sono grado d’intervenire è data dal loro spessore. Un elemento assorbente non può assorbire onde sonore di lunghezza superiore ad esso.  Malgrado ciò, l’impiego di tappeti a coprire per quanto possibile la superficie del pavimento comporta sempre miglioramenti ben evidenti. Indicati sono anche i pavimenti realizzati in legno o parquet, anche finto o comunque con materiali porosi, come il cotto. Quelli peggiori sono anche i più comuni, ricoperti da piastrelle, particolarmente efficaci nel riflettere qualunque tipo di onda sonora le colpisca, in maniera distruttiva per la qualità d’ascolto.

Altri elementi di assorbimento, e insieme di interruzione efficace della continuità della superficie costituita dal pavimento sono divani, poltrone, cuscini, tendaggi e così via.

Poco tempo fa ho visitato la sala di un appassionato che si è avvicinato da poco alla riproduzione sonora e utilizza una grande mansarda piuttosto spoglia, abitandovi da poco. Ha una figlia piccola cui ha regalato due grossi palloni, del diametro di un metro circa o forse più. Posizionati agli angoli della parete più bassa hanno realizzato già da soli un ottimo effetto assorbente e diffondente. E’ anche vero che quell’ambiente ha un pavimento in parquet e il soffitto digradante, con grosse travi in legno, e quindi il compito in quel caso è notevolmente facilitato. In ogni caso, già il solo impiego di quei due elementi di fortuna ha comportato un miglioramento significativo delle condizioni d’ascolto.

In generale è consigliabile di curare anche il soffitto, che di solito è la superficie più trascurata. I materiali in vendita adatti allo scopo sono numerosi, e anche se non si consegue per il loro tramite un assorbimento consistente, già avere una diffusione delle riflessioni e una discreta interruzione per la sua continuità può dare risultati inattesi.

Forse i risultati migliori sono quelli che si ottengono negli ambienti non completamente delimitati da pareti. Alcuni tra i risultati più interessanti in assoluto li ho potuti rilevare in un ambiente suddiviso in diversi settori comunicanti l’uno con l’altro. Dietro al punto d’ascolto non c’è una parete chiusa ma un corridoio piuttosto lungo che prosegue nel senso della lunghezza della stanza, mentre su un lato c’è una scala, aperta, che sbocca in un grande ambiente sottostante. Sul lato opposto si apre un altro ambiente, di media ampiezza. La varietà delle riflessioni che si ottiene in condizioni del genere causa una naturalezza di sonorità non reperibile altrove, sia pure in situazioni ben più curate in termini di trattamento acustico.

Laddove si abbiano pareti nude rispetto alle quali ci si trovi in difficoltà ai fini della loro ricopertura e dell’interruzione della loro continuità, un intervento semplice ma efficace riguarda l’acquisto di tele da pittore, eventualmente colorabili anche a tinta unita. Il retro lo si può con materiale assorbente di buona efficacia per avere un effetto ben percettibile e spesso risolutivo, senza spendere cifre esagerate e neppure andare incontro all’estetica non sempre gradita dei classici pannelli acustici, la cui efficacia a talvolta opinabile.

Molto importante ai fini della sonorità è anche l’installazione dei diffusori. Già detto del loro posizionamento asimmetrico rispetto alle pareti che aiuta in maniera considerevole nei casi di rflessioni in apparenza irrisolvibili, andrebbe tenuto a mente che avvicinarli alle pareti laterali tende in genere a rinforzare il medio basso, mentre se li si pone a più ridosso della parete di fondo s’incrementano di solito le prime ottave dello spettro. E’ da tenere presente, inoltre, che le riflessioni prodotte dalle pareti, al di là dell’equilibrio timbrico ottenibile con un posizionamento dei diffusori o con l’altro, tende comunque a sovrapporsi, e per forza di cose a sporcare l’emissione degli altoparlanti. Quindi laddove sia possibile, e non vi sia eccessivo bisogno di rinforzare una particolare gamma di frequenze, quanto più li si tiene lontani dalle pareti e tanto migliore sarà la loro emissione. Soprattutto, potremo apprezzarne una sonorità che si avvicina maggiormente alle loro doti acustiche reali. Posizionarli vicino agli angoli, per contro, è il modo migliore per far si che l’ambiente in cui sono inseriti influisca in misura maggiore sul loro comportamento, rinforzandone oltremodo la gamma bassa.

Da evitare per quanto possibile sono le vetrine ricolme di ninnoli, specie se poggiati su mensole di vetro, data la loro tendenza a vibrare quando l’emissione si fa più consistente. Se possibile, infine, andrebbero preferiti gli ambienti la cui delimitazione avvenga per mezzo di muri maestri. Questo in particolare nelle abitazioni più moderne, i cui tramezzi sono costituiti sempre più spesso da vere e proprie sfoglie, la cui tendenza a vibrare sotto l’influsso delle onde sonore potrebbe sporcare in maniera sensibile l’emissione, soprattuto alle pressioni sonore di un certo rilievo. In casi del genere, l’unica è cercare di metterle al riparo, evitando per quanto possibile che siano investite direttamente dall’energia acustica, per mezzo di materiali assorbenti oppure i soliti divani, librerie eccetera. La presenza di aperture di sfogo per l’energia acustica contribuisce in genere a migliorare il comportamento dell’ambiente d’ascolto. Soprattutto quando sono di una certa ampiezza e non affette da particolari rimbombi.

Spendere qualche soldo per il trattamento acustico, dedicandovi un po’ d’impegno e cercando anche di far lavorare la fantasia, comporta in genere risultati degni di considerazione, che quasi sempre travalicano l’impiego di somme pari o superiori sul miglioramento dei componenti dell’impianto. Dimostrando una volta di più che le condizioni di contorno sono fondamentali e assumono un rilievo persino magiore a quello dei componenti dell’impianto.

Un ultimo elemento, in genere trascurato, riguarda il rumore di fondo in cui è immersa la sala in cui si trova l’impianto. Se si affaccia su zone rumorose comprometterà per forza di cose l’ascolto, e non solo per quel che riguarda le informazioni audio di entità minore. In casi del genere, che costituiscono la condizione di contorno delle condizioni di contorno, purtroppo non c’è molto da fare, anche perchè l’abbattimento del livello sonoro dei disturbi provenienti dall’esterno obbliga all’impiego molto abbondante di materiali assorbenti, da controbilanciare poi con elementi diffondenti adatti allo scopo, incrementando ancor più i costi del trattamento acustico dell’ambiente.

Potrebbe interessarti anche

15 thoughts on “Il trattamento della sala d’ascolto

  1. Grazie Claudio, ottimo articolo scritto da una persona con senso pratico e notevoli anni di esperienza sul campo.
    Sto pensando di “attrezzare” come sala di ascolto un’area rettangolare di mt 5,6 per mt. 8,8 e con altezza di mt. 2,7. Muri e soffitto sono di cemento mentre il pavimento è di ceramica (piccole piastrelle 10×10 degli anni 60).
    Sui lati dell’area ci sono:
    – una portafinestra e una finestra sul lato lungo
    – due finestre sul lato corto
    – una parete di forati sull’altra parete lunga
    – mentre l’altra parete corta è in realtà per metà muro e per l’altra metà da accesso ad un’area più piccola.

    E’ utile chiudere quest’ultimo accesso con una libreria rendendo l’area effettivamente rettangolare?
    Che consigli potresti darmi per il posizionamento di speaker, apparati e accessori per rendere la scena sonora la migliore possibile (tappeti e loro posizionamento, librerie, piante, etc)?

    Grazie

    1. Ciao Antonio, grazie per l’apprezzamento.
      La tua stanza ha il pregio di avere dimensioni molto diverse, nessuna delle quali è un multiplo intero dell’altra.
      Dare uno sfogo all’ambiente in cui opera l’impianto favorisce in genere le sensazioni d’ascolto. Almeno sulla carta quindi non so fino a che punto convenga chiudere l’accesso all’area secondaria.
      Per il resto segui le indicazioni elencate nell’articolo, con particolare riguardo allo spezzare la continuità delle superfici con elementi opportuni, valutando di volta in volta i risultati ottenuti.

  2. ma l’abbattimento del rumore che entra dall’esterno non si fa con materiali fonoisolanti? molto diversi da quelli fonoassorbenti per il trattamento acustico interno

    1. In teoria si. All’atto pratico tuttavia, molte cose che si riterrebbro possibili sulla carta non lo sono o altrimenti avrebbero costi troppo rilevanti. Andrebbe tenuto conto inoltre che un ambiente può essere reso assorbente solo entro determinati limiti, superati i quali diventa sostanzialmente invivibile.

  3. Buon giorno Claudio.. un amico mi ha proposto di leggere il tuo articolo …MOLTO INTERESSANTE!!!!!
    Questo amico mi ha parlato di quanto sia importante la scena sonora …e dopo aver letto il tuo articolo CAPISCO quanto sia decisamente essenziale!!!!
    ….dopo anni di tira e molla …compro o non compro…ho deciso (dopo aver messo 2 soldini da parte)… di acquistare un kit composto da Amplificatore Marantz M-Cr612 (2 x 60w – potenza uscita 6 ohm) abbinate a 2 diffusori Q Acoustics 3020i (75 Watt, impedenza nominale 6 ohm e minima 4). Attendo con ansia il loro arrivo… collego e …….doccia fredda…..suono di un citofono!!!!!!!!!!!!!!!!
    Li faccio suonare per ore (rodaggio)….ma purtroppo il suono rimane FLAT…statico e molto poco emozionante. I TONI ALTI molto bassi…….!!! Sono riuscito a migliorarli aumentando (gli alti) dall’equalizzazione dell’amplificatore. Dopo molte prove di posizione smonto tutto e porto (il tutto )in altro luogo….dove suonano bene..benissimo!!!!!
    Help!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
    La mia sala d’ascolto è il soggiorno della casa…salone rettangolare di 8x4metri (diffusori posti sul lato lungo), appoggiati ad un mobile alto circa 60 cm e la parete alle spalle è un divisorio in carton gesso spesso 20 cm, di fronte un bel divano grande in tessuto, a destra finestre coperte da tende sottili(in lino) e sulla destra due porte..in fondo la cucina.
    Come potrei fare per ritrovare i toni alti, chiarezza e quella limpidezza di suono e voci che manca? i toni bassi ci sono…
    Grazie mille per il tuo aiuto… se posso darti altre info per la risoluzione del problema..sono a completa disposizione.
    Mauro

    1. Ciao Mauro, grazie dell’apprezzamento.
      Se nulla è cambiato nell’installazione dell’impianto in ambienti diversi, tranne appunto gli ambienti, Ci sono buone probabilità che il problema da te lamentato abbia origine nella tua sala.
      Un altro lettore che possiede i tuoi stessi diffusori ha rilevato la loro generosità in gamma bassa, che nel tuo caso probabilmente non aiuta.
      In genere la abitazioni di oggi soffrono di scarsa capacità di assorbimento, da quanto racconti invece sembra che la tua abbia bisogno di essere resa alquanto più vivida. Inizierei quindi con l’aprire le tende, guadagnando qualche metro quadro di superficie riflettente e magari appendendo al muro qualche poster sottovetro, possibilmente nei punti in cui l’assorbimento delle alte frequenze è maggiore.
      Puoi fare delle prove emettendo la tua voce con una certa energia, facendo attenzione a come ti torna.
      Allontanare i diffusori dalle pareti vicine è un modo per rendere meno invadenti i medio bassi, portando quindi più in evidenza le frequenze superiori.
      Purtroppo i problemi originati dall’ambiente sono tra i più complessi, impegnativi e costosi da risolvere.
      Detto questo, mi spiace rilevare che dopo tanta riflessione prima dell’acquisto hai mancato alcuni elementi essenziali, probabilmente anche per via dell’indisponibilità di un consiglio opportuno.
      A questo proposito andrebbe sempre tenuto presente che il fondamento primario della cosiddetta hi-fi è la massima specializzazione dei componenti dell’impianto. Se si va su oggetti che assommano insieme troppe funzioni, si ottiene qualcos’altro.
      Quindi in questo settore, come spesso avviene anche altrove, il meno è di più. Del resto un noto adagio di antica saggezza popolare dice che chi troppo vuole nulla stringe.
      Certo, sono idee oggi passate di moda, meglio far credere che si possa avere tutto e tutto il suo contrario nello stesso tempo. Ci penserà poi l’esperienza, talvolta accumulata a suon di bigliettoni sudati col duro lavoro, a mostrare la verosimiglianza di certe cose.
      Mi spiace dover in qualche modo frenare il tuo entusiasmo, sempre apprezzabile, ma ritengo mio dovere dare consigli validi a chi me li chiede e non un avallo incondizionato alle sue scelte, ossia quel che in realtà si cela spesso dietro questo tipo di richieste.
      Proprio a questo proposito invierò un messaggio privato al tuo indirizzo di posta elettronica.
      A presto.

  4. Ciao Claudio,
    Trovo questo articolo molto interessante, specie il discorso sull’interruzione delle superfici su cui avvengono le riflessioni… tanta carne messa sul fuoco su cui vale la pena riflettere e spendere del tempo ai fini di un piacere d’ascolto sempre migliore. Il pezzo in cui affermi che le riviste di hifi siano utili ai fini dell’assorbimento delle onde sonore l’ho trovato davvero esilarante, anche se posso intuire l’amarezza che si cela dietro tale considerazione.
    Un saluto

    1. Ciao Alberto, grazie dell’apprezzamento e per aver sollevato questioni rispetto alle quali mi dai l’opportunità di precisare meglio il mio pensiero.
      In effetti per com’è messo giù, l’argomento cui ti riferisci può sembrare alquanto esilarante. Nondimeno le cose stanno proprio in quel modo: la carta delle riviste addossate l’una all’altra come in una qualsiasi raccolta costituisce un assorbente efficace, molto flessibile nel suo impiego e oltretutto in grado d’intervenire anche su lunghezze d’onda di un certo rilievo, grazie al suo spessore.
      Mi avvalgo di esse in pratica da sempre, e con risultati degni di considerazione, proprio allo scopo. Dopo tutti questi anni, di conseguenza, tale impiego si è reso nei fatti di gran lunga più proficuo rispetto a una consultazione che nel caso può avvenire una volta ogni tanto e per non più di alcuni minuti.
      Questo sotto il profilo strettamente utilitaristico e senza entrare nel merito dei loro contenuti, che se considerati non potrebbero far altro che spostare ulteriormente l’ago della bilancia verso la direzione che sappiamo, essendo suddivisi tra due filoni primari: la pubblicità riconoscibile in quanto tale e quella occulta, ovverosia mascherata da redazionale. I testi dei quali sono scritti da incaricati che ricordano tanto i cagnolini di pezza che un tempo si usava mettere sulla cappelliera delle automobili, così da poter essere scorti attraverso il lunotto posteriore, la testa dei quali si nuoveva ritmicamente facendo sempre e solo di si.
      Così stanno le cose, che piaccia o meno, e tutti noi ne siamo ben coscienti. Quindi i discorsi inerenti un’eventuale e pretesa amarezza o altre questioni del genere non hanno molto a che vedere. Metterla in quei termini significherebbe solo eseguire un autoinganno, proprio in quanto potrerebbe a derubricare quel che purtroppo è sotto gli occhi di chiunque abbia la volontà di osservarlo a un elemento inerente i sentimenti personali.
      Si tratta peraltro di uno tra gli espedienti preferiti ogniqualvolta vi sia la necessità di smontare un qualsiasi argomento, oggi si dice debunking, senza però avere a disposizione gli argomenti necessari. Caso in cui si ricorre in maniera sistematica alla delegittimazione. Oltretutto con scarsa lungimiranza, il che non fa altro che dimostrare l’urgenza da cui è preso chi si sente costretto ad azioni del genere.
      Infatti seppure amarezza vi fosse, questa avrebbe una causa, originata necessariamente all’interno del contesto in cui si sono svolti determinati accadimenti.
      Dunque non solo chi si avvale di argomenti del genere dimostra la solidità degli argomenti concreti che può mettere in campo, ma comne spesso avviene in questi casi lascia trasparire anche la presunzione di poter far passare tutti gli altri per degli stupidi. A sua volta segno inequivocabile di arroganza e prepotenza.
      D’altronde oggi non si va molto per il sottile quando si tratta d’imporre le tesi che si è stabilito debbano essere prevalenti, contando proprio sulla quantità sempre maggiore di persone pronta a sottomettersi, ottenuta proprio con mezzi siffatti.
      So perfettamente che questo non è lo spirito del tuo messaggio, ma ritengo che sottolineare di tanto tanto certe cose sia utile e necessario.
      Un saluto anche a te, a presto e buoni ascolti.

  5. Buongiorno Claudio.. Grazie per il tuo articolo e complimenti per la tua preparazione trasferita in maniera eccellente nell’articolo che hai scritto. Vorrei porti una domanda.. In una stanza rettangolare dove i diffusori sono per forza di cose disposti sul lato lungo.. E sui lati corti ci sono a sx varco di ingresso dal disimpegno senza porta ed a dx finestrone doppio vetro in pvc (che non vibra assolutamente.. O meglio del quale le vibrazioni non sono per niente percepite come quelle dei vecchi finestroni vetro singolo).. Conviene disporre i diffusori in maniera asimmetrica dalle pareti laterali ed inclinate (a formare un triangolo con il punto di ascolto) oppure disporle lungo il loro asse trasversale perpendicolari al lato posteriore del loro posizionamento? Grazie

    1. Ciao Mimmo, grazie per l’apprezzamento.
      Nel tuo caso molto dipende dal comportamento del sistema in gamma bassa. Se non rilevi particolari rigonfiamenti, puoi anche lasciare un’installazione simmetrica. Tenuto conto che stai sfruttando il lato corto della stanza, e quindi immagino sia costretto a tenere i diffusori vicini alla parete retrostante, soprattutto se sono da pavimento un posizionamento asimmetrico ti aiuterebbe a conservare un’articolazione migliore delle frequenze inferiori, e probabilmente anche una maggiore estensione verso il limite dell’udibile.
      Quanto all’inclinazione, immagino tu voglia intendere l’orientamento verso il punto d’ascolto, puntando i diffusori direttamente su quest’ultimo si ha in genere un’emissione del tweeter, e se presente anche del mid, priva di attenuazioni, in particolare verso la porzione superiore dello spettro di frequenze da essi riprodotto. Tenendo i diffusori paralleli si avrà una certa attenuazione in tale ambito, dovuta alle caratteristiche di dispersione angolare degli altoparlanti. Puoi anche provare a orientare i diffusori più all’interno del punto d’ascolto, scelta che in genere avvantaggia la ricostruzione del fronte stereofonico.
      In ogni caso è sempre consigliabile fare qualche prova, così da poter toccare con mano i risultati ottenibili con un’opzione o con l’altra. Abituarsi a all’analisi di quel che si ottiene con questo genere di “esperimenti” migliora anche la nostra sensibilità, soprattutto a lungo termine, proprio perché lo sforzarsi di comprendere i risultati derivanti da una soluzione o dall’altra ci rende ascoltatori più selettivi e contribuisce a formare un bagaglio di esperienza non ottenibile altrimenti.
      Per qualsiasi altro chiarimento non esitare a riscrivere.

      1. Grazie.. Sei stato molto gentile.. È davvero un piacere leggere ed apprendere da te. Ho attuato alcuni accorgimenti appresi dai tuoi consigli ed in effetti ho quasi sistemato la posizione dei diffusori. Piloto le Q Acoustics 3020 con un Rega Brio.. E mi sono accorto che ho un bel da fare per tenere a bada le basse frequenze. Grazie ancora.. E buon ascolto!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *