Dischi vinilici: a 33 o 45 giri?

Come accade con una certa regolarità, i frequentatori di “Il Sito Della Passione Audio” inviano domande in apparenza banali che invece implicano una serie di questioni piuttosto complesse, per analizzare le quali non basta lo spazio da dedicare a una comune risposta ma è necessario ricorrere a un intero articolo.

Questo è il caso anche della domanda fatta da Arcangelo, che andiamo a leggere.

Gent.mo sig. Claudio
l’altro giorno mi sono imbattuto in un filmato nel quale un ragazzo mostrava il suo ultimo acquisto: un vinile a 45 giri ma di dimensioni simili a un classico LP. In teoria un supporto siffatto dovrebbe offrire maggiori prestazioni in termini di dettaglio di riproduzione (perchè il numero di informazioni nell’unità di tempo è maggiore rispetto a un 33 rpm).
Allora le chiedo: perchè questo tipo di prodotto non ha trovato larga diffusione nel mercato odierno?
Grazie anticipatamente per l’attenzione.
Un cordiale saluto.

Ciao Arcangelo, grazie per la considerazione.

I dischi da 30 cm di diametro da riprodurre a 45 invece che ai canonici 33 giri e 1/3 propri dello standard “Long Playing”, come a suo tempo venivano correttamente definiti, non sono una novità.

Sono diversi anni infatti che alcune etichette, di solito quelle specializzate nei supporti per audiofili, ne pubblicano.

I motivi di questa scelta li hai elencati tu. Ad essi se ne aggiunge un altro, che come vedremo più avanti potrebbe essere il più significativo di tutti. Riguarda il maggiore livello del segnale che esce dalla testina quando si riproducono i dischi a 45 giri, l’entità del quale non deriva solo dalle modalità costruttive di quest’ultima, ma anche e soprattutto dalla velocità di rotazione del supporto, e quindi del movimento di stilo e cantilever, che insieme ne formano lequipaggio mobile.

Dunque si ha anche un maggiore intervallo dinamico, rendendo meno gravoso uno tra i limiti che sulla carta affliggerebbero la riproduzione da supporto vinilico.

Per questo, nel momento in cui ha iniziato a delinearsi il ritorno d’interesse nei confronti dell’analogico, la tentazione di andare oltre i suoi limiti diciamo così storici è stata forte, determinando appunto la scelta di realizzare dischi da 30 centimetri ma a 45 giri invece che a 33.

Questo però, attenzione, nell’ottica tipica della fase storica in cui ci si è adoperati per l’affermazione del CD e dell’audio digitale, durante la quale più che porre in evidenza le prerogative del nuovo supporto a codifica binaria ci si è affannnati a denunciare le limitazioni di quel che andava eliminato a qualsiasi costo.

Tanto a pagare sarebbe stato qualcun altro.

Infatti, come l’esperienza c’insegna, la riproduzione da LP a 33 giri, sotto l’aspetto della dinamica percepita soggettivamente, oltreché della separazione tra i canali, non ha nulla da invidiare a quella del CD.

All’atto pratico, anzi, è proprio il digitale che il più delle volte si rivela incapace di eguagliare i risultati ottenibili dall’analogico, quantomeno nelle percezioni dell’ascoltatore derivanti dall’utilizzo concreto del supporto, ossia nella condizione che si definisce “sul campo”.

Viceversa nelle misure di laboratorio la superiorità del CD sotto questi parametri è indiscutibile e infatti è stato uno dei cavalli di battaglia più sfruttati dalla propaganda a suo favore. Tranne però non riuscire a materializzarsi nel concreto dell’ascolto di musica, che è, resta e rimarrà per sempre l’unico e solo impiego cui un supporto fonografico andrebbe adibito, nell’ambito quale un disco LP ben registrato, inciso e stampato dimostra tuttora di non temere rivali.

Questa non è solo l’ennesima dimostrazione che le misure di laboratorio sono ingannevoli e quindi dannose, in quanto vanno a costruire una raffigurazione della realtà del tutto inesistente nel mondo reale, o meglio totalmente contraria ad esso. Pone anche in evidenza come per il loro tramite si possano costruire trappole concettuali talmente insidiose da far cadere in esse non solo chi aderisce al sistema cui le misure stesse attribuiscono la palma del vincitore, ma anche chi si occupa di quello o quelli che hanno la peggio.

Dunque, se è vero che facendo girare a 45 giri un disco da 30 cm. si ha un maggior numero d’informazioni nell’unità di tempo, una tensione più elevata ai piedini di uscita della testina e un intervallo dinamico più ampio, lo è altrettanto che si tratta di cose che possono far piacere ma delle quali lo standard noto come “Long Playing” non aveva bisogno, quantomeno per tenere testa al digitale. Anche perché tutti questi aspetti si ottengono a scapito del minutaggio del disco, ossia della lunghezza della registrazione che può essere racchiusa su ogni singola facciata.

In sostanza, non si fa a tempo a mettere su il disco che già ci si deve rialzare per cambiare facciata, incomodo che se da un lato può non dare troppo fastidio a chi persegue l’ottenimento delle massime prestazioni in assoluto, dall’altro va a rafforzare gli argomenti di chi predilige la cosiddetta musica liquida perché “è così comoda”.

Se l’LP contiene agevolmente una ventina di minuti per facciata, potendo arrivare anche a oltrepassare di misura i 30 con l’impiego degli accorgimenti indicati allo scopo, nel momento che lo si fa ruotare a 45 giri al minuto la sua autonomia cala drasticamente. Costringendo pertanto all’impiego di due dischi per contenere quel che in origine entrava senza difficoltà in uno soltanto.

Questo comporta costi ancora maggiori, aspetto da non sottovalutare tantopiù in una fase come quella che stiamo vivendo, non solo per il supporto in sé ma anche in termini di confezionamento  e di trasporto, resi ancor più significativi dall’utilizzo di vinile da 180 grammi per le edizioni a 45 giri.

Dunque si tratta più che altro di una soluzione atta a sperimentare fin dove si possa spingere la riproduzione analogica in termini prestazionali, ma che dal punto di vista pratico e utilizzativo ha numerosi aspetti svantaggiosi, che alla resa dei conti ne hanno confinato l’impiego a una nicchia specifica.

La sua esistenza tuttavia ci offre uno spunto di riflessione per un altro aspetto di solito trascurato, non solo nell’ambito della riproduzione sonora ma in tutto quel che riguarda il settore della tecnologia.

I vinili da 30 cm a 45 giri sono uno tra gl’innumerevoli esempi per il funzionamento della propaganda attiva in ambito tecnologico, e in particolare di come essa funzioni a senso unico, enfatizzando in maniera sistematica le potenzialità del ritrovato a favore del quale la si utilizza, per trascurare minuziosamente tutto il resto.

Si dirà: è propaganda, è evidente che funzioni in quel modo. Verissimo, ma nel momento in cui essa assume il predominio assoluto del campo, riducendo al silenzio e di fatto cancellando qualunque fonte cerchi di usare un maggior equilibrio, diventa il solo modello cui rifarsi, uniformando alle sue regole il modo di pensare e di agire del pubblico, senza che questo se accorga.

Il settore di nostro interesse costituisce un ottimo esempio per le conseguenze di quanto appena descritto. La pubblicistica in esso attivo ne celebra le apparecchiature inneggiando ad esse e alle sue soluzioni tecnologiche in maniera talmente smaccata, adulatoria e priva d’equilibrio da minare a fondo la sua credibilità. Essendo però l’unica fonte disponibile, vediamo che nel momento in cui si trovano a descrivere un prodotto nei forum o nei social di settore, gli stessi appassionati utilizzano spesso modalità espressive del tutto simili. Non di rado vanno addirittura oltre, peraltro senza rendersi conto dell’involontaria comicità che trasuda da quegli scritti, in virtù dell’antica regola che l’allievo tende spesso a superare il maestro. Anche in piaggeria.

Come vediamo ci troviamo di fronte a un elemento subdolo, del quale non si esita a trarre vantaggio e anzi lo si utilizza in maniera deliberata ai fini di una vera e propria manipolazione concettuale. Che come sempre si avvale di un dato vero per portare a conclusioni false, purtuttavia confacenti a interessi economici e commerciali ben precisi. I quali usano la scienza e la tecnologia come paravento per propositi di accumulazione di capitali e, come dimostra il periodo che stiamo vivendo, di usurpazione e accentramento di poteri.

Data la sua provenienza da fonti “ufficiali”, si è portati ad attribuire d’ufficio a tale propaganda il crisma della scientificità, prendendo quindi per buoni i dati che diffonde con siffatta parzialità, senza farsi altre domande.

Quando invece ce ne sarebbero, e molte.

La prima è la seguente: vi era un effettivo bisogno di quel ritrovato?

E la seconda è: forse la sua realizzazione risponde ad altre finalità?

Ve ne sarebbe stato effettivo bisogno qualora si fosse esaurito il potenziale tecnico dell’LP rispondente allo standard a suo tempo definito, ossia quello che viene riprodotto a 33 giri. A tuttoggi però siamo ben lontani dall’aver raggiunto il suo limite prestazionale e oltretutto si può dubitare che lo si raggiungerà mai, date le stesse leggi della geometria che un tempo s’insegnavano già alle elementari.

Esse spiegano infatti che una linea, retta o curva che sia, è composta da un numero di punti pari a infinito. Dato che l’incisione analogica prende appunto la forma di una linea curva, o meglio a serpentina, replicando la forma d’onda allo scopo impressa nel vinile, ne consegue che il recupero di ogni singolo punto da cui è composta è materialmente impossibile.

Innanzitutto a causa delle dimensioni finite dello strumento che utilizziamo per rilevare le informazioni contenute nel solco, ossia il fonorivelatore, meglio noto come testina. Infatti non è possibile ridurre a dimensioni infinitamente piccole il suo stilo e azzerare del tutto la massa dell’equipaggio mobile di cui fa parte, condizione con cui potrebbe seguire l’andamento del solco con la massima libertà in quanto privo di vincoli inerziali. Meno che mai si possono eliminare i giochi e le tolleranze del sistema meccanico a cui è legato. Di conseguenza ogni informazione dalle dimensioni minori rispetto ad essi andrà irrimediabilmente perduta.

Dunque, se per i motivi anzidetti non siamo neppure in grado di estrarre quel che è presente nel solco tracciato a 33 giri, per quale motivo dovremmo non avere bisogno, ma solo andare a cercare un sistema che prometta di poterne immagazzinare e forse restituire in numero maggiore, come nel caso dei vinili a 45 giri?

Magari un bisogno c’è, ma non è quello riconosciuto ufficialmente, inerente il numero di informazioni utili, ma quello di aprire un nuovo filone commerciale dalla promettente sfruttabilità economica.

Che è tale proprio in virtù dell’enfasi determinata dalla propaganda, alla quale non a caso non ci si riferisce mai con il termine ad essa appropriato. ma esclusivamente in termini di comunicazione e informazione, secondo i canoni e le finalità propri della neolingua.

Questo discorso ci fa capire anche che con il pretesto della scienza e della scientificità si può far passare un gran numero d’inganni, alcuni dei quali dalle dimensioni poderose e fino a qualche tempo fa impensabili.

Del resto il velo che fino a ieri ha coperto le vergogne della “scienza” agli occhi di chi faceva di tutto per non vederle, ormai è caduto, definitivamente.

Oggi, in concreto, la scienza è quella dei laboratori di Wuhan e dei finti virologi innalzati a star televisive che contraddicono sé stessi a giorni alterni e nel loro curriculum non hanno che fallimenti. Alcuni non sono riusciti neppure a passare l’esame di docenza universitaria, altri invece sono reduci da conflitti d’interesse plateali e dalle cacciate conseguenti, altrettanto clamorose.  Malgrado ciò, o meglio proprio per questo, non esitano ad autodefinirsi funzionari dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ormai nelle mani di privati, solo per costringere persino un ente tanto compromesso a diramare una smentita categorica. Per non farsi mancare nulla, tra di essi c’è persino una veterinaria.

E qui mi fermo, altrimenti non se ne esce, tali e tante sono gl’inganni, le usurpazioni, le viltà, i tradimenti, i calpestamenti delle Leggi Fondamentali e gli spergiuri che costituiscono l’attualità di questi mesi disgraziati.

Per noi inimmaginabile solo tre mesi fa, ma chi di dovere già sapeva. Un noto ex comico nello scorso dicembre si è presentato in pubblico con la mascherina e di punto in bianco ha annullato tutte le date dei suoi spettacoli, previste da marzo in poi.

Se sapeva lui, per forza di cose dovevano sapere anche tutti gli altri. Compatti hanno mantenuto il segreto, con tutto quel che ne è venuto.

Difficile che chi ne ha pagato le conseguenze possa mai avere giustizia. Per altri versi tutto questo ha costituito lo scollamento definitivo e inappellabile tra il cerchio magico del (sotto)potere politico, ormai ridotto al rango di cameriere di un’élite pressoché onnipotente, e il mondo reale fatto dalla gente comune, che deve sobbarcarsi comunque l’onere di mantenere nella loro vita da nababbi quella manica di criminali e psicopatici zerbini.

Un’ultima annotazione e poi mi taccio, riguardo ai cosiddetti tamponi, assurti agli onori della cronaca in quanto sistema di misurazione ufficiale per il diffondersi della “pandemia” e il conteggio degli “infetti”.

Nei giorni scorsi il Presidente della Repubblica di Tanzania, che possiede un dottorato in chimica, senza dire nulla ha messo alla prova quel sistema utilizzando i tamponi su capre, uccelli e frutti.

Sono risultati positivi anche quelli.

Cos’ha fatto quel Presidente di una nazione “arretrata” ma in realtà più avanti di tutte le altre, proprio perché ancora in grado di mettere in discussione il Dogma? Ha utilizzato il criterio scientifico per eccellenza, quello che consiste nella falsificazione della procedura su cui si basa tutto il castello delle teorie volte a concretizzare la pandemia, che al primo tentativo ben indirizzato è crollato miseramente.

Nel più assoluto silenzio dei media di regime.

E’ probabile anzi che nel momento in cui sarà letto quest’articolo, il link fornito sopra non funzionerà più, dato che la censura per tutto quanto diverga dalla narrazione ufficiale viene eseguita con modalità ferree.

Non a caso, quando ho condiviso quest’articolo su FB, immediatamente è arrivata la notifica che il post relativo sarebbe stato visto solo da me.

 

Dimostrazione che tutto il sistema reagisce compatto a qualsiasi messa in discussione della falsa realtà che descrive, non importa se sia fondata o meno. Di fatto, si sta facendo in modo che in rete possa esistere solo la verità imposta per decreto. Da parte di chi, e a che titolo, non si sa.

Altrettanto curioso che quando ti arrivano le richieste di amicizia da parte di account con in testa alla pagina il link ai siti da cui diffondono i video delle loro pratiche sessuali, lo stesso Facebook non ci trova nulla da ridire.

Basta solo la pubblicazione di un link sgradito per essere messi fuori dal sistema. Oggi ci si limita a bloccare la condivisione di un post, domani la reazione potrebbe estendersi fino a non permetterti più di vivere. Basta bloccare la possibilità di prelevare al bancomat.

E come abbiamo imparato in questi ultimi due mesi, cose che solo qualche giorno prima sembravano impossibili diventano cruda realtà. La reclusione indiscriminata e totale ne è il migliore degli esempi.

Del resto l’ideatore del sistema PCR, quello impiegato per la verifica dei tamponi, a suo tempo ha dichiarato espressamente la sua inutilizzabilità a fini diagnostici, potendo funzionare solo a scopo di ricerca. Ora si finge che quell’avvertenza non sia mai esistita.

Compreso spero una volta e per tutte, ma forse troppo tardi, cos’è la scienza del mondo reale e quali sono i suoi scopi attuali di mercificazione della salute umana, oltreché del tentativo di appropriazione da parte della vera e propria setta deviata che la controlla del potere di vita e di morte nei confronti dell’intero pianeta, torniamo al discorso di partenza.

 

Il quesito di fondo e le sue implicazioni

Nel momento in cui come abbiamo visto prima non si è in grado sfruttare fino in fondo le potenzialità di uno strumento, che nella fattispecie è costituito dal supporto fonografico noto come Long Playing, che senso ha andarne a cercare un altro, anche se sulla carta sembra in grado di permettere prestazioni superiori?

Un quesito simile oltretutto non è proprio solo dell’analogico, nella contrapposizione tra dischi a 33 o a 45 giri, rispetto alla quale abbiamo già detto che la natura stessa del supporto lo rende potenzialmente in grado di contenere un numero d’informazioni tendente a infinito.

Trova un terreno di applicazione forse ancor più congeniale, e nello stesso tempo un parallelo, in ambito digitale. Dove invece il numero d’informazioni è limitato in maniera invalicabile dalle caratteristiche del formato che si utilizza. Ce ne occuperemo in seguito.

Nell’ambito della riproduzione analogica, una prima e più istintiva risposta al quesito di cui sopra potrebbe essere data dai costi che è necessario affrontare per assurgere a un determinato livello prestazionale. Nel momento in cui per estrarre dal supporto che utilizza una quantità d’informazioni che vada oltre a un certo limite è necessario ricorrere a giradischi che per mole e soluzioni realizzative vanno sempre più ad assomigliare ai torni da cui si ricavano le matrici per lo stampaggio dei dischi vinilici, potrebbe sembrare più conveniente passare a un supporto che per sua costituzione sia in grado già in partenza di assicurare un incremento sostanzioso sotto questo profilo.

Fermo restando che non si vede come un dispositivo di riproduzione non in grado di arrivare al plafond proprio di un determinato standard possa rivelarsi adeguato a una sua evoluzione dalle necessità ancora più stringenti sotto il profilo tecnico, come quella che stiamo discutendo in questa sede.

Anzi, proprio per via delle limitazioni di quello stesso dispositivo, dovute più che altro a scelte di ordine commerciale, è probabile che alle prese con uno standard dalle pretese maggori riveli in maniera ancora più vistosa le limitazioni da cui è gravato. Determinando all’atto pratico un mero spreco di potenzialità, ottenuto peraltro a fronte di costi più che raddoppiati e di rinunce in termini di utilizzabilità che rimangono sempre ben salde al loro posto.

 

Altri elementi illusori

Lo spreco di cui abbiamo appena parlato, oltretutto, potrebbe passare inosservato o quasi, o addirittura essere mimetizzato dalle sembianze assunte dalla riproduzione sonora nell’utilizzo di un supporto come quello di cui stiamo parlando.

Dal momento che la rotazione a 45 giri determina una tensione più elevata ai piedini di uscita della testina, e che la nostra percezione uditiva tende sempre a favorire quel che ha un livello maggiore, è probabile che l’ascoltatore riconosca come prestazionalmente migliore la riproduzione del vinile a 45 giri. Ma senza che questa lo sia effettivamente, solo in virtù del livello maggiore percepito e dei fenomeni uditivi conseguenti a un livello di partenza superiore.

Sappiamo perfettamente che nella verifica a confronto di più sistemi di altoparlanti, a uscire vincitore non è quello che “suona meglio”, ma quello che suona più forte, a parità di rotazione della manopola del volume sull’amplificatore. Motivo per cui l’attività principale dei costruttori operanti nello specifico settore non è la realizzazione di diffusori che suonino in maniera più fedele o solo più gradevole, cose che non sono assolutamente sinonimo l’una dell’altra e spesso anzi è l’esatto contrario, ma il fare in modo che i loro prodotti suonino più forte degli altri e possibilmente di tutti gli altri, sfruttando nel modo migliore ogni stilla della potenza erogata dalle amplificazioni cui sono collegati.

Proprio perché in un ascolto a confronto sarà inevitabilmente quello a essere preferito, e quindi acquistato.

E’ vero che oggi anche gli acquisti di diffusori effettuati presso negozi fisici hanno un’incidenza minore rispetto a un tempo, pertanto vengono meno i rituali talvolta estenuanti cui ci si sottoponeva in occasioni del genere, come appunto l’ascolto di più esemplari in commutazione rapida. Oltretutto a partire da centraline il cui effetto primario era quello d’infliggere una penalizzazione sostanziale alla sonorità di tutto quanto vi fosse collegato, andando di fatto ad appiattire le caratteristiche soniche tanto degli amplificatori quanto dei diffusori. Così da rendere in sostanza del tutto fuorvianti quelle verifiche, proprio in quanto gravate da un elemento di penalizzazione tanto più efficace quanto maggiori erano le prestazioni di quel che vi era collegato.

A questo proposito mi sovviene un fatterello accaduto ormai numerosi anni fa, quando un redattore della rivista per cui collaboravo, operante soprattutto nella sezione tecnica della redazione, mi chiese un consiglio riguardo all’acquisto di un nuovo amplificatore.

Dal momento che desiderava un miglioramento sostanzioso per la qualità sonora, gli parlai di un’elettronica valvolare che avevo avuto modo di provare poco tempo prima della quale ero rimasto piuttosto soddisfatto.

Passa qualche tempo, forse un mese o due e quando lo incontro nuovamente mi dice che quell’amplificatore poi lo ha comperato davvero. Però non gli è sembrato che desse questo grande miglioramento. Gli manifesto la mia perplessità e, ora non ricordo più se su mia richiesta o meno, sono passati diversi anni, mi dice anche che ha fatto le prove relative collegando i due amplificatori ai diffusori per mezzo di un selettore, proprio per eseguire più agevolmente la comparazione.

Allora gli dico di provare a togliere di mezzo il selettore, dato che con ogni probabilità è proprio quello ad abbattere in maniera così drastica, e direi anche efficace, il potenziale dell’elettronica migliore. Lui mi risponde che lo farà, sia pure con i dubbi del caso, sembrandogli impossibile che un semplice interruttore possa causare tanto danno.

Passa un altro po’ di tempo e quando c’incontriamo ancora gli s’illumina il volto e mi dice di aver tolto di mezzo l’interruttore e di aver finalmente potuto assaporare le doti del suo nuovo amplificatore.

Questo ci spiega come un elemento in apparenza insignificante possa avere un poternziale distruttivo enorme, tale da causare un danno in grado di rendere pressoché indistinguibile un prestigioso amplificatore valvolare di grande musicalità da un mediocre stato solido di classe intermedia. Figuriamoci allora cosa possono fare le centraline di commutazione tra decine di amplificatori e diffusori ad esse collegati.

 

Pressioni e tensioni

La percezione più soddisfacente a livello soggettivo di quel che suona più “forte” non avviene soltanto a livello acustico, ovvero in conseguenza di una pressione sonora più elevata, ma anche a livello di tensione elettrica.

Se un amplificatore finale è caratterizzato da una sensibilità d’ingresso superiore rispetto a quello con cui è messo a confronto, e quindi con la stessa tensione in ingresso eroga più watt facendo in modo che il diffusore emetta una pressione sonora maggiore, ha ugualmente ottime probabilità di risultare più gradito al nostro orecchio. Almeno fino a che si evita di portarlo in saturazione.

Certo, questo vale nei riguardi di elettroniche dalle soluzioni realizzative confrontabili, almeno a livello della tipologia dei componenti attivi, stato solido con stato solido eccetera. Viceversa confrontando che so, un monotriodo con un esemplare dalle soluzioni più ordinarie, malgrado abbia ottime probabilità di suonare nettamente più piano le sue doti timbriche di maggior raffinatezza emergeranno ugualmente.

Un comportamento simile lo si ha anche nell’ambito dei preamplificatori: quello che spinge il finale in maniera più energica e prestante ha ottime probabilità di risultare favorito, al di là delle sue effettive doti soniche. Non a caso da qualche anno si è andata affermando la tendenza di usare valvole di potenza anche in tale ambito, proprio per la loro esuberanza incomparabilmente maggiore rispetto rispetto a quelle di linea. Al di là che queste ultime siano più indicate nella specifica utilizzazione.

Dunque anche gli amplificatori finali sono fortemente influenzati da quel che si usa per pilotarli, ossia da ciò che gli si mette dietro: se il preamplificatore non “spinge” in maniera adeguata, potremo utilizzare anche il finale più potente di questo mondo ma rimarremo sempre perplessi o meglio ancora insoddisfatti dalla sua erogazione. Viceversa, basta un finaletto da 60-70 watt per canale o anche meno, ma preceduto da un pre bello sostanzioso, per avere sensazioni di ben altro tenore. Quantomeno fino a che ci si mantiene nel suo intervallo di erogazione indistorta.

Quindi, tornando al discorso inerente gli LP, quelli a 45 giri daranno inviariabilmente l’impressione di suonare meglio, proprio perché la velocità impressa allo stilo dalla loro incisione determina una tensione più elevata ai piedini di uscita della testina. Che a sua volta produce un livello maggiore all’uscita del pre fono, del preamplificatore di linea e ai morsetti del finale cui si collegano i diffusori, che a loro volta emetteranno una pressione sonora più elevata.

Questo ovviamente fino a che ci si mantiene entro i margini operativi in cui tutti i componenti della catena continuano a lavorare al di sotto della soglia di sovraccarico.

Un altro esempio che mi torna alla mente è quello del preamplificatore in kit che realizzai tanti anni fa, o per meglio dire troppi. Tra le sue caratteristiche, la sensibilità d’ingresso regolabile su quattro livelli diversi. Utilizzando quello maggiore, persino esagerato, la sonorità appariva assai più piena e dinamica, proprio perché la spinta nei confronti dei componenti a valle di quell’elettronica e poi del resto dell’impianto era più energica e impetuosa. Sembrava addirittura di star usando un altro preamplificatore.

Nondimeno optai per la regolazione più conservativa, dato che spostava più in alto il livello di soglia in cui la sezione d’ingresso entrava in saturazione. Fu così che mi resi conto come pur ruotando con generosità persino estrema la manopola del volume, non c’era modo di eguagliare il comportamento ottenibile selezionando il livello di sensibilità maggiore. Quantomeno nella percezione soggettiva.

A questo proposito, nel momento in cui portai quel preamplificatore presso i suoi progettisti per una sua verifica, mi venne chiesto come mai avessi scelto la regolazione più prudenziale. Risposi appunto che così avrei avuto una soglia di sovraccarico spostata più in alto. Al che il commento del mio interlocutore fu: “prescioloso ma saggio”, definizione dovuta a miei errori di realizzazione, veniali ma puntualmente riscontrati, per via della fretta di mettere su il preamplificatore e poterlo ascoltare il prima possibile.

Tutto questo c’insegna che non sempre quel che in prima battuta sembra più apprezzabile al nostro orecchio sia per forza di cose migliore, proprio in virtù della sua preferenza per tutto quanto non solo suoni più forte, ma abbia per così dire un tenore “più sostenuto”, a parità degli altri parametri.

Addirittura, scelte sostanzialmente incongrue e per certi versi controproducenti, possono causare una percezione più apprezzabile, almeno in prima battuta.

Tra l’altro sono proprio considerazioni del genere che hanno portato al controsenso della loudness war e delle compressioni esagerate proprie di tante registrazioni eseguite in digitale. A seguito delle quali il formato che permetterebbe un intervallo dinamico particolarmente ampio viene ridotto di fatto a utilizzare una parte infinitesima delle sue potenzialità, 10-12 dB quando va bene.

A cosa serve, allora, un formato in possesso di una gamma dinamica superiore a 100 dB quando poi ci si riduce a sfruttarne solo una parte minima?

Una registrazione calibrata in maniera tale da trarre il maggior vantaggio da tale parametro avrebbe un livello medio talmente basso da risultare non dico inascoltabile ma assai poco piacevole. Dimostrazione ennesima che i numeri, e in particolare quelli di laboratorio, hanno la tendenza innata a ricostruire una realtà del tutto contraria rispetto a quella del mondo reale.

Il motivo è semplice e riguarda la loro interpretazione: si tende ad attribuire ad essi un valore assoluto, per mezzo di un auto-inganno del quale neppure ci accorgiamo, cui siamo indotti dal martellamento pluridecennale eseguito dalle fonti che per quel tramite hanno costruito l’immagine, ancora una volta ingannevole, della loro veridicità e autorevolezza, quando invece riguardano un singolo elemento di un quadro generale di complessità enorme, caratterizzato da una serie di variabili enorme, molte delle quali sfuggono tuttora non alle nostre indagini ma proprio alla nostra conoscenza.

Chi agisce all’interno di dette fonti sa perfettamente come stanno le cose. Siccome però sa altrettanto bene di non poter spingere più a fondo la sua analisi, stante la mancanza delle stesse procedure di misura necessarie, finge che quel poco che è in grado di fare possa fornire una rappresentazione esaustiva di ciò che avviene durante la riproduzione sonora.

Diversamente non farebbe altro che comprovare la sua incapacità di fondo a indagare in maniera esaustiva i fenomeni di cui pretende di dare una spiegazione senza esserne in grado.

Ecco perché i tecnici tendono sistematicamente a negare tutto quanto non sia verificabile per mezzo delle misure che eseguono. In caso contrario sarebbero tenuti a dare una spiegazione ad essi, cosa che sanno perfettamente di non essere capaci di fare. Quindi piuttosto che ammettere la loro ignoranza, il che distruggerebbe all’istante l’immagine di grande cattedratico che si sono auto-conferiti, trovano più indicato, sbrigativo e producente tacciare gli altri di essere dei visionari contafandonie, in preda ad allucinazioni di massa che stranamente si verificano soltanto in certe precise occasioni e copiscono tutti insieme precisi gruppi d’individui, invece che in modalità casuale come vorrebbe la realtà delle cose.

A furia d’insistere con questo atteggiamento, non possono far altro che ritrovarsi, senza rendersene conto, nella realtà parallela dalla quale è abolita la benché minima forma di buon senso. Ovvero quel che salta agli occhi di chiunque non abbia un curriculum accademico pari al loro e di conseguenza un minimo di buon senso riesce ancora ad applicarlo.

Non a caso, le norme farneticanti imposte in questo periodo, che mostrano la tendenza inevitabile a cadere nel farseco di ogni regime voglia assumere toni e caratteri dittatoriali, sono della realtà appena descritta un esempio plateale.

 

Dal vinile al digitale

Come promesso dedichiamo un’ultima riflessione alla questione inerente il numero di informazioni disponibili e alla convenienza di averne a disposizione ancora di più, quando non si riesce a sfruttare neppure in parte minoritaria quelle che già hanno, stavolta in ambito digitale.

Una serie di sperimentazioni che sto conducendo da qualche tempo sembra dimostrare che anche la quantità d’informazioni limitata, per alcuni in maniera intollerabile e comunque definitivamente obsoleta, resa disponibile dal formato 44,1kHz/16 bit proprio del primo formato audio digitale della storia, quello utilizzato per i dischi CD, si possano ottenere risultati degni di rilievo. Soprattutto in termini di indagine nei confronti del segnale registrato e di recupero delle informazioni di entità minore, che poi sono gli elementi che meglio riescono a dare la sensazione di trovarsi di fronte a una riproduzione di qualità elevata.

Non è possibile ottenerli, invece, nella riproduzione di formati enormemente più ricchi in termini quantitativi, in mancanza di determinati accorgimenti. I quali oltretutto sarebbero impossibili da mettere in atto, stante l’assenza di un supporto fisico su cui poter intervenire liberamente, per i formati a maggiore densità di dati.

Si tratta di cose tutto sommato semplici, ai fini delle quali servono innanzitutto un po’ d’immaginazione, di voglia di sperimentare, di buona volontà e dell’impiego di un minimo di manualità, senza la paura di sporcarsi le mani.

Roba sempre più difficile non da mettere in campo, ma proprio da considerare, nell’epoca dei cibi precotti e predigeriti, dei concetti belli e pronti per l’uso senza neppure la necessità di attivare il cervello. Che d’altronde gli usi e costumi di oggi consigliano di tenere rigorosamente disattivato, proprio perché il suo utilizzo potrebbe rispecchiarsi in segni esteriori che è raccomandabile non mostrare, men che mai in pubblico.

Certo, il CD è fuori moda, è antiquato, obsoleto e chi ne fa fa uso mostra una tendenza alla regressione oggi inaccettabile o meglio deprecata, trattandosi del feticcio al quale a tutti noi è richiesta o meglio imposta obbedienza. Pronta, cieca e fiduciosa degli scenari magnifici e progressivi che l’avanzare implacabile della tecnologia ci prospetta, affascinanti al punto da condannare agli arresti domiciliari e alla revoca dei diritti costituzionali, rigorosamente non dichiarata, interi popoli, per via del fatto che qualcuno ha diffuso un virus costruito in laboratorio da una manica di scienziati pazzi, su ordine di funzionari del più alto rango ancor più scervellati di loro.

Per poi essere diffuso con lo stesso criterio e le stesse modalità in cui noi vecchietti, negli anni in cui frequentavamo la scuola dell’obbligo, durante il carnevale gettavamo sul pavimento della classe una fialetta puzzolente compiacendoci dell’effetto nauseabondo che provocava in tutti i presenti.

Quindi a cosa serve insistere a sperimentare su certe cose, quando ormai il sistema cui attengono non è solo sorpassato ma viene proprio rifiutato da un gran numero di appassionati?

Commercialmente a nulla, ma del resto è lo stesso commercio a essere messo in discussione nella realtà che stiamo vivendo da qualche mese a questa parte e nelle prospettive future, dove i pochi giganti rimasti in piedi sul mercato non potranno far altro che disputarsi il favore di masse impoverite e dunque impossibilitate a spendere denaro per tutto quanto non riguardi i bisogni essenziali.

Tuttavia è proprio così che s’impara e in ogni caso i risultati ottenuti per la via cui ho appena accennato permettono di acquisire la capacità di osservare che, dal punto di vista pratico, uno sfruttamento ragionevolmente completo della quantità d’informazioni a disposizione di un sistema obsolescente è tuttora in grado produrre risultati completamente fuori dalla portata dei formati più attuali, malgrado siano ritenuti infinitamente superiori dal punto di vista tecnico. In essi si punta tutto sulla ridondanza dei dati a disposizione, senza porsi in alcun modo il problema riguardante la loro estrazione e la loro utilizzazione effettiva.

Proprio come impone il dettato tecnologico oggi vigente, nel suo evidente testacoda concettuale. Del tutto incurante dell’opportunità tecnica inerente l’utilizzo di determinati ritrovati e della loro effettiva necessità, tutto rivolto com’è ai risvolti commerciali ed economici che ne derivano. Ma soprattutto ai metodi con cui rendere il loro impiego un’esigenza imprescindibile per il pubblico cui sono destinati.

Questo, si badi bene, non riguarda soltanto il settore della riproduzione sonora, ma tutto quanto abbia a che fare con la tecnologia, incluse o meglio proprio ai veritici della lista le discipline che riguardano la salute e la vita delle persone, degli esseri viventi e di quanto ci circonda.

In altri termini i risultati di questa sperimentazione sembrano fare il paio con la questione più pressante relativa al settore economico, nel quale si sta vieppiù dimostrando inutile assicurare un’offerta oltremodo ridondante e a costi bassissimi o persino ridotti a zero, quando con politiche austeritarie folli, prive di lungimiranza ma imposte alla stregua di un comandamento divino si è fatto in modo da mortificare la domanda, ossia il potere di acquisto delle masse, oltre ogni limite. Allo scopo di moltiplicare i profitti nel settore finanziario si è ridotta al lumicino la capacità di spesa delle persone e segnatamente dei lavoratori, molti dei quali gettati in mezzo a una strada e abbandonati a precarietà e disoccupazione in funzione della volontà di privilegiare esclusivamente la stabilità dei prezzi.

Da tempo si dice pure che di essi non vi sarà più bisogno, dato che le attività di produzione verranno delegate ai robot, dall’alto della loro intelligenza artificiale. Talmente acuta da non vedere la questione della distribuzione della ricchezza così generata, che non potrà far altro dall’andare tutta a chi avrà il controllo di quei mezzi di produzione. A tal punto chi potrà acquistare beni e merci, dato che le masse, private di salario, si troveranno nell’indigenza?

Forse è per questo che le élite, oggi, sono fermamente decise a ridurre radicalmente la popolazione mondiale. Lo dicono con charezza, già dalle iscrizioni poste all’ingresso di certe fondazioni che si autodefiniscono filantropiche.

Il loro aspetto ricorda curiosamente quello di una tomba. A volte, le coincidenze…

Eccoci ancora una volta di fronte alla dimostrazione, definitiva, dell’assoluta necessità che al progresso tecnologico vada di pari passo quello sociale. Altrimenti non si ha progresso ma regressione. E non al medioevo come dicono in tanti, ma all’età della pietra o meglio a prima ancora che l’uomo facesse la sua comparsa sulla terra, almeno stando alle toerie evoluzionistiche oggi messe in discussione dal succedersi di nuove scoperte.

Quelle saranno le condizioni concrete in cui ci ritroveremo una volte realizzatesi le previsioni propagandate con tanta enfasi dai ricercatori usciti di senno che costituiscono di fatto l’ossatura dell’entità deviata che ci ostiniamo a chiamare scienza, settore in realtà dominato da una banda di terroristi.

Come vediamo, allora, i francesi hanno perfettamente ragione quando dicono “tout se tien“.

Proprio in virtù dell’insegnamento che ci fornisce tutto questo, nell’ambito della riproduzione sonora e in quello del mondo reale, ogniqualvolta si presenterà il sapientone di turno per dirci che il suo formato può contenere molte più informazioni rispetto a quello che abbiamo usato finora, basterà fargli una semplice domanda: “Siamo sicuri di aver sfruttato fino in fondo il potenziale di quel che avevamo già, e quindi non costava niente, per avere il bisogno indiscutibile di qualcosa che non è detto riesca ad andare oltre ma di sicuro ci sarà venduto a caro prezzo?”

Forse la chiave del discorso sta proprio in quell’ultima parolina, prezzo. E in tutto quanto c’è dietro di essa.

 

 

 

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6 thoughts on “Dischi vinilici: a 33 o 45 giri?

  1. Bello scoprire questo sito dopo aver visto un video su youtube ed essersi chiesti cos’erano questi LP a 45 giri ..
    Confermo che il tipo del video non deve avere problemi economici, credo che abbia un impianto da oltre 100.000 euro e forse vuole avere un motivo teorico per spendere il surplus (comunque ottimi suggerimenti musicali)

    1. Grazie dell’apprezzamento, Paolo.
      Spero che il sito possa offrirti anche altri motivi d’interesse.
      A presto

  2. Ciao Claudio,
    Ricordo di aver visto in qualche fiera degli Lp a 45 giri che, per ovvie ragioni, dal singolo disco originale si è passati al doppio. Incuriosito da tale soluzione mi sono avvicinato, ma il prezzo proibitivo mi ha costretto a lasciarlo sullo scaffale. Chi è disposto a spendere 70/80 euro per un disco? Mistero della fede… colgo l’occasione per chiederti cosa ne pensi di certe stampe dell’etichetta “Tacet”, sulla cui copertina compare con orgoglio “plays backwards”. Ho una copia di “Bolero” (o per meglio dire “Olerob”) di cui sono piuttosto soddisfatto, tra l’altro il prezzo di acquisto non è così elevato come si potrebbe pensare… ciao e buoni ascolti!!

    1. Ciao Alberto, che dire, ci sono delle serie che costano ancora di più, come gli MFSL Onestep di cui ci siamo occupati a suo tempo, che vanno esaurite prima ancora dell’uscita, stando almeno alle indicazioni reperibili sul sito del fabbricante.
      In ambito collezionistico, poi, ci sono numerosi titoli che spuntano cifre persino di migliaia di euro, anche se quello è un settore a sé stante, dalle suggestioni e lusinghe del tutto particolari.
      Dei dischi di cui mi parli non avevo mai sentito parlare. Quindi sono incisi al contrario a quanto mi sembra di capire. Interessante, chissà quali valutazioni avranno indotto a scelte del genere.
      Buoni ascolti anche a te!

      1. Ciao Claudio,
        Sono lieto di aver portato alla tua attenzione qualcosa di non noto, nonostante la mia modesta conoscenza del mondo della riproduzione sonora, se paragonata alla tua. È proprio così, il disco da me menzionato è riprodotto al contrario, la testina si mette vicino l’etichetta, per intenderci, per farla rialzare nella parte più esterna del disco. La ratio di fondo è che, nei dischi di musica classica spesso c’è un inizio dal basso volume, proseguendo con un crescendo che sfocia in trionfi d’orchestra. Poichè quest’ultimo andrebbe a coincidere con le ultime spirali del disco, notoriamente più difficili da leggere per la testina, si è deciso di ribaltare il percorso di lettura, agevolando appunto tale compito. A mio avviso è una filosofia molto interessante, ma soprattutto l’incisione è meritevole di attenzione, mettendo in risalto una notevole dinamica.
        Spero di aver apportato un contributo, seppur piccolo, al tuo articolo.
        Alla prossima!

        1. Decisamente interessante. Ma c’è un ma. E’ proprio verso i solchi più esterni che l’errore di lettura è il più elevato. Almeno in assoluto. Tuttavia se mi capita uno di quei dischi sottomano non esiterò a comprarlo per verificarne le qualità.
          Grazie delle informazioni!

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