Fonorivelatori: MM o MC?

Se esiste un ambito in cui il dualismo è all’ordine del giorno, è proprio quello della riproduzione sonora amatoriale.

Stato solido contro valvole, digitale contro analogico, sospensione pneumatica contro bass reflex, dotazione essenziale contro manopole e lucine e così via: di esempi se ne potrebbero fare fino alla noia e oltre.

L’essenziale sembra sia schierarsi, intrupparsi in una fazione per quale che sia, secondo una logica più indicata per  tifoserie da stadio sempre più inclini a trasformarsi in gruppi di ultràs, che per esseri umani le cui azioni dovrebbero essere sperabilmente improntate al raziocinio.

Questo oggi avviene un po’ a tutti i livelli, sembra anzi si faccia a gara per ideare e poi portare all’ordine del giorno nuovi motivi non di divisione, ma di polarizzazione, quasi sempre basata su quelli che in realtà sono meri pretesti.

Divide et impera è del resto un adagio antichissimo che trova ancor oggi la sua applicazione, su larga scala, proprio perché dalla contrapposizione di di due idee, scelte o preferenze si trova sempre il modo di guadagnare. Tanto di più quanto più è netta e portata alle sue conseguenze estreme, qualunque sia il punto del contendere, a cura di chi si dedica a questo tipo di sport e sembra averne fatto una ragione di vita.

Dalle guerre tra poveri a guadagnare sono sempre e solo i ricchi, ma siccome la contrapposizione esasperata non sembrava abbastanza, si è iniziato a pompare il mito del vincente. Figura nella quale è assolutamente obbligatorio riconoscersi, altrimenti si è un perdente o peggio ancora un fallito. Nell’imposizione di questo frame o recinto concettuale, si è minuziosamente tralasciato di rilevare che l’idea stessa di competizione porta con sè la possibilità di vittoria ma anche di sconfitta. Poichè ormai dell’evitarla si fa un vero e proprio punto d’onore, ci si trova per forza di cose a ricorrere a espedienti di ogni genere, abbassando ogni volta l’asticella di quel che si ritiene accettabile. Dai oggi e dai domani se ne fa un’abitudine, che poi diviene prassi, adottata da un numero d’individui sempre maggiore. Per poi arrivare un bel giorno a vivere una realtà tanto degradata come l’attuale, chiedendosi i motivi per cui si sia arrivati a tal punto.

Competizione è poi l’opposto di solidarietà, valore fondamentale del quale si sta perdendo non il significato ma proprio la cognizione.

Se questa è la realtà del momento, il voler vincere a tutti i costi e con ogni mezzo non fa altro che rafforzare le condizioni in cui ci troviamo. Mille volte meglio allora, mantenere l’integrità personale e il rigore delle proprie scelte, anche se questo comporterà una sconfitta. Che di fatto è solo apparente, dato che la vera vittoria, oggi, è il tener fede ai valori e le idee che si hanno a cuore, più che mai nelle condizioni come quelle in cui ci troviamo.

 

Magnete mobile, bobina mobile

Nel nostro settore oltre alle più vistose, come tra analogico e digitale, ci sono le contrapposizioni nelle contrapposizioni, come quelle che nell’analogico vedono in campo i diversi tipi di trazione, il telaio del giradischi, rigido o sospeso, i bracci imperniati o i tangenziali, quelli articolati su cuscinetti o unipivot e via di questo passo, che per fomentare discussioni non c’è che l’imbarazzo della scelta.

Putroppo in questi casi anche appassionati navigati si lasciano trascinare dalla faziosità, o forse la parola giusta è accecare, col risultato di non riuscire più a scorgere il bandolo della matassa.

Nell’ambito dei fonorivelatori, quelli che secondo un gergo meno tecnicistico siamo tutti abituati a chiamare testine, la contrapposizione, storica è tra gli esemplari che operano secondo il principio del magnete mobile, contraddistinti dalla sigla MM, e quelli che invece fanno muovere le bobine, la cui sigla è MC.

Scopo del movimento, derivante dal tracciare l’incisione presente nel solco, è produrre segnale elettrico secondo il processo di trasduzione, ovvero di trasformazione di una forma di energia in un’altra. Nella fattispecie da meccanica a elettrica, che sottoposta alla successiva amplificazione permette di arrivare a un’ampiezza sufficiente per il pilotaggio degli altoparlanti.

L’argomento inerente le testine è già stato affrontato nell’articolo ad esse dedicato. Qui affrontiamo in maniera meno approfondita la questione funzionale per valutarne le implicazioni pratiche.

Per sommi capi, le testine a magnete mobile utilizzano bobine fisse, alloggiate nel corpo testina, mentre i magneti sono vincolati al cosiddetto equipaggio mobile, costituito da puntina, altrimenti detto stilo, e cantilever, ossia l’asticciola su cui è montata, unita al resto mediante un sistema di sospensione viscoelastico, le cui caratteristiche fisiche determinano la cedevolezza dell’equipaggio mobile.

Questo è un parametro fondamentale per le capacità di tracciamento della modulazione impressa nel solco e per  l’abbinamento al braccio, con particolare riferimento alla sua massa. Una massa elevata va abbinata una cedevolezza bassa e viceversa, in primo luogo al fine di tenere sotto controllo il tipico picco di risonanza che va a prodursi in gamma ultrasonica, in conseguenza dell’interfacciamento meccanico tra i due elementi, nelle condizion reali di funzionamento.

Una massa del braccio troppo elevata per la cedevolezza della testina va inoltre a caricare in maniera eccessiva il suo equipaggio mobile, inibendone la possibilità di muoversi con il necessario grado di libertà, in funzione della modulazione del solco e obbligandolo a un sforzo maggiore per vincere l’inerzia del braccio al movimento angolare necessario a tracciare l’intera facciata del disco. Ne derivano sonorità dure, prive di dettaglio e tendenti allo stridulo.

.Le testine a bobina mobile, al contrario, come suggerisce la loro denominazione hanno vincolate le bobine all’equipaggio mobile, tenendo fissi i magneti. Sono ritenute generalmente le più raffinate, anche per via del loro costo, che tranne poche eccezioni va a situarsi in genere nelle vicinanze e oltre, a volte di parecchio, dei 1.000 euro.

L’analogico d’altronde è oggi una specialità per appassionati dalle disponibilità economiche rilevanti.

Le testine a bobina mobile sono ritenute in pratica da sempre quella di qualità e sonorità migliore, proprio per via del loro principio funzionale. Uno tra i suoi vantaggi è il contenimento dell’induttanza, da cui minori distorsioni, aspetto  giovevole per la sonorità in gamma media e alta, quelle in cui si riconosce per convenzione la superiorità degli esemplari a bobina mobile. Il loro limite maggiore risiede nella tensione di uscita molto ridotta, nell’ordine dei decimi di millivolt (mV). Questo comporta la necessità di uno stadio di amplificazione aggiuntivo, che non può far altro dal costituire un ostacolo ulteriore nel percorso in cui il debole segnale che esce dalla testina a bobina mobile deve transitare, penalizzandolo in maniera significativa.

Il peso delle bobine, inoltre, di fatto gravante sull’equipaggio mobile, obbliga il ricorrere a una sospensione più dura, che determina una cedevolezza ridotta e quindi la necessità di un braccio di massa elevata.

Non a caso molte delle testine a bobina mobile tradizionali sono a bassa cedevolezza e quindi abbisognano di bracci pesanti e di pressioni di lettura elevate. Questo però va a discapito delle capacità di tracciamento, in particolare dal momento in cui, con l’avvento delle registrazioni stereofoniche, alla modulazione laterale si è aggiunta quella verticale.

Per recuperare, l’unica è ridurre il peso delle bobine, e dunque il numero dei loro avvolgimenti, il che a parità di magneti produce un ulteriore abbassamento della tensione d’uscita. Non è raro quindi il caso di testine a bobina mobile di cedevolezza medio alta che hanno la tensione di uscita nei dintorni di 0,1 mV.

A quel punto si possono adottare magneti più potenti, scelta che come ogni altra ha le sue conseguenze, oppure si possono avvolgere le bobine su un nucleo magnetico, appesantendole nuovamente e ottenendo un ibrido che a suo tempo qualcuno ha rifiutato di catalogare come vere bobina mobile, non senza ragione.

 

Trasformatori contro componenti attivi

Il primo problema per questa tipologia di testine, allora, è quello inerente il portare la debolissima tensione presente alla loro uscita a un livello tale da poter essere sfruttata dalle elettroniche dell’impianto.

Allo scopo si hanno due opportunità diverse: i trasformatori o l’amplificazione a componenti attivi. Riguardo a questi ultimi, ormai si riesce a mantenere una silenziosità adeguata anche con l’impiego di tubi a vuoto, mentre con lo stato solido di oggi non è da dare proprio per scontato ma quasi.

All’epoca d’oro dell’analogico, invece, il problema del rumore di fondo, essenzialmente soffio, era all’ordine del giorno. Per questo si preferiva utilizzare la soluzione a trasformatori, che però ha i suoi limiti in un aspetto poco o nulla considerato, dato che obbliga la testina a un compito particolarmente gravoso: il dover caricare il gruppo magnetico del trasformatore con la sua debole tensione, oltre a produrre segnale audio.

Di qui il comportamento tipico di tali sistemi, caratterizzato da una sonorità alquanto tendente allo spento. Viceversa con l’abbinamento ai dispositivi di tipo attivo, si ha un comportamento più dinamico e pimpante, contraddistinto in definitiva da una maggiore vitalità. Proprio perché la debole energia prodotta dalla testina MC viene destinata tutta alla produzione del segnale.

In quella fase storica, dunque, la preamplificazione delle testine MC dall’uscita minore mediante componenti attivi poneva in evidenza il permanere di quantità di soffio percettibili, il che faceva propendere maggiormente per la soluzione passiva, quella a trasformatori.

Qui si confrontano due scuole filosofiche pressoché inconciliabili: una improntata alla maggior concretezza, e quindi all’accettazione delle condizioni tipiche del mondo reale, rileva che è nell’ordine delle cose avere un minimo di soffio nel momento in cui per una serie di ragioni si decide di avvalersi quale sorgente per la riproduzione sonora di trasduttori dalla tensione di uscita così infinitesima. Oltretutto quel soffio è percettibile solo quando non c’è musica, come nei solchi muti tra un brano e l’altro, e a vuoto. Lo si deve sopportare per qualche secondo, per poi apprezzare lungo l’intera facciata del disco una sonorità decisamente più vitale e godibile.

C’è poi l’approccio integralista, secondo cui un soffio evidente è sintomo d’inadeguatezza dell’impianto, o peggio di un suo i malfunzionamento. Dunque per la pace mentale del suo utilizzatore deve essere eliminato a qualsiasi costo, fosse anche quello di penalizzare in maniera tanto evidente le caratteristiche della riproduzione sonora. Oltretutto durante l’intero arco del suo funzionamento e non solo nelle sue fasi transitorie.

In questo caso l’impiego del trasformatore è, o meglio era, inevitabile.

Oggi infatti sono disponibili componenti attivi dal livello di rumore contenuto al punto da permettere la realizzazione di stadi MC di tipo attivo caratterizzati da una silenziosità impeccabile anche in abbinamento alle testine dal livello di uscita assai debole.

 

Un ostacolo in più

Come la si mette la si mette, quello stadio in più, passivo o attivo che sia, rappresenta una palla al piede sostanziale. Per verificarlo si fa presto: utilizzando una testina dalla tensione di uscita sufficiente, almeno uno 0,6-0,8 mV, la si collega direttamente all’ingresso MM, curando di adattarne l’impedenza d’ingresso ai valori indicati per le MC. Il livello resta basso e magari il suono può mancare un po’ di spinta, ma gli effetti della rimozione di un ostacolo tanto importante, oltretutto in una fase in cui il segnale ha una tensione così bassa e quindi è nelle condizioni di massima vulnerabilità, si apprezzano tutti. In termini di pulizia, trasparenza, dettaglio e fluidità.

Quindi sebbene siano dipinte come le dominatrici incontestate della categoria, le testine a bobina mobile hanno in quel che abbiamo appena descritto il primo dei loro limiti fondamentali.

Un secondo sta nell’equipaggio mobile che non può essere sostituito, se non in seguito a un intervento approfondito e difficoltoso, che per forza di cose mette a repentaglio l’integrità di tutto il sistema.

Come sappiamo, uno tra i problemi più sentiti dell’analogico sta appunto nella delicatezza di cantilever e puntina, che basta un movimento sbagliato per piegarli o addirittura strapparli via. Lo stilo inoltre è soggetto a consumo, il che obbliga a sostituirlo di tanto in tanto. Se nel caso delle testine MM l’equipaggio mobile può essere cambiato anche dall’utilizzatore, malgrado il costo di una puntina di ricambio non sia lontano da quello della testina completa, le MC obbligano invece a un intervento ben più complesso, una volta che lo stilo è consumato.

Stiamo parlando dell’operazione di ristilaggio, eseguita rimuovendo prima quel che rimane del vecchio stilo, per poi applicarne uno nuovo. Allo scopo si esegue un incollaggio, mediante resine speciali, che un po’ per la superficie di contatto particolarmente esigua, un po’ perché si tratta di un’operazione da eseguire a freddo, pena la cottura delle altre componenti della testina, a iniziare dalla sospensione, non è e non sarà mai della saldezza pari a quella tipica di un equipaggio mobile di nuova produzione.

Va rilevato inoltre che essendo tanto piccole le parti in gioco, e a seconda della quantità di collante utilizzato varia la massa risultante dell’equipaggio mobile, più altre varie ed eventuali aleatorietà, il legame tra puntina e asticciola viene di fatto a essere molto meno saldo rispetto a un equipaggio mobile di nuova produzione. Pertanto eventi traumatici anche di entità lieve, che con un uno stilo originale non causerebbero danno alcuno, possono portare alla perdita dello stilo.

Questo senza considerare la qualità e il taglio dello stilo di ricambio, che possono non essere pari a quelli dell’originale. Oggi sono molto diffusi i diamanti sintetici, pressoché indistinguibili dagli originali, ma dalla durata sensibilmente inferiore.

Ai fini del ristilaggio si utilizza da qualche tempo anche la tecnica del cosiddetto scarponcino, in particolare per equipaggi mobili piegati o spezzati. si tratta in pratica di infilare un nuovo cantilever, ovviamente completo di puntina, sul moncone di quello vecchio. Lo si preleva in genere dal complessivo di uno stilo di ricambio nuovo di fabbrica e quindi viene meno il problema appena visto della saldezza di accoppiamento tra stilo e cantilever. La massa dell’equipaggio mobile però viene variata in maniera sostanziale, il che non può far altro dall’influire in maniera evidente sulle caratteristiche meccaniche e sulla sonorità della testina così riparata.

Tra l’altro, il cantilever del ricambio necessario per effettuare il lavoro, per forza di cose deve vere dimensioni abbondanti, dato che al suo interno deve entrare il moncone di quello infortunato, andando ulteriormente a discapito del contenimento delle masse.

Sta poi alla valutazione personale stabilire se sia meglio una testina non più utilizzabile oppure una funzionante ma dalle caratteristiche meccaniche, funzionali e soniche percettibilmente diverse da quelle d’origine.

A tale riguardo, un ruolo importante lo gioca la raffinatezza del progetto: laddove è maggiore, quanto descritto può avere conseguenze inaccettabili, nel caso di esemplari dall’equipaggio mobile già piuttosto pesante per suo conto, il cambiamento può passare fin quasi inosservato, restando ampiamente compensativo rispetto all’alternativa data dal rimanere con una testina rotta.

Tutti questi problemi con le MM non si pongono: si cambia direttamente lo stilo con un’operazione alla portata di chiunque abbia una mano abbastanza ferma. L’unica incognita riguarda la sua provenienza e le reali caratteristiche tecnico meccaniche, argomento già affrontato qualche tempo fa nelle sue varie implicazioni.

Il problema è sentito soprattutto per le testine fuori produzione ormai da parecchio. Anche per quelle comunque, soprattutto le più diffuse, ci sono ricambi realizzati da fabbricanti seri, rispetto ai quali chi li ha utilizzati riporta esperienze positive. Altro non posso dire, dato che non ho mai avuto necessità di ricorrere a quel genere di prodotti.

 

I magnete mobile oggi

L’evoluzione tecnica che ha caratterizzato le testine a magnete mobile ha causato il diffondersi di una sua variazione sul tema. In realtà è nota da vari decenni, ma solo negli ultimi tempi ha acquisito la diffusione che merita. Stiamo parlando delle cosiddette ferro mobile, tipologia altrimenti nota come magnete indotto o riluttanza variabile. Questa tecnica è utilizzata in pratica da sempre dalle testine Grado, mentre Ortofon a suo tempo ha realizzato una serie di modelli basati su di essa, forse non particolarmente diffusi ma caratterizzati da doti sonore decisamente interessanti.

In pratica si tengono fissi sia i magneti che le bobine, facendo agitare di fronte a loro degli elementi magnetici, producendo così la tensione necessaria. Il vantaggio principale è che questi ultimi possono avere dimensioni e masse particolarmente ridotte, che quindi gravano assai meno sulla libertà di movimento dell’equipaggio mobile, attribuendogli pertanto capacità di tracciamento rilevanti. Nelle esecuzioni più raffinate diventano addirittura fuori dal comune, sopravanzando persino gli esemplari che nella tradizione godevano della fama migliore sotto questo aspetto.

Ne sono un esempio le testine Nagaoka, che utilizzando ferri mobili in Permalloy hanno dato luogo a quello che il costruttore definisce Moving Permalloy, da cui la sigla MP che contraddistingue i suoi prodotti. L’impiego di questo materiale, insieme ad alcuni altri accorgimenti tecnici, ha dato luogo a fonorivelatori di efficacia notevole, purtroppo caratterizzati da una lievitazione dei prezzi consistente nel corso degli ultimi anni, che ne ha penalizzato la diffusione.

Grado dal canto suo realizza i modelli più prestigiosi del suo listino, quelli corredati da corpo in legno, in due versioni, differenziate dal valore del livello di uscita. Quelle dalla tensione inferiore hanno valori di induttanza non dissimili dalle testine a bobina mobile, pur restando utilizzabili mediante i comuni stadi fono MM, sia pure con una rotazione più sostanziosa della manopola del volume. Vanno di fatto ad equipararsi alle testine MC riguardo al parametro cui si attribuisce la causa prima della loro presunta superiorità.

Purtroppo le Grado in legno equivalgono alle MC anche per l’impossibilità, da parte dell’utilizzatore,  di sostituire il loro stilo.

Il vero limite delle MM, almeno per quelle dalle caratteristiche migliori, sta soprattutto in due fattori. Il primo riguardo l’attributo di vorrei ma non posso ad esse affibbiato, il secondo nell’abitudine purtroppo diffusa di ascoltare non con l’apparato uditivo ma tramite il cartellino del prezzo.

Consuetudine, questa, che trae le sue origini dalla pubblicistica di settore, da sempre incline ad osannare il prodotto costoso e ad avere nei suoi confronti un occhio più benevolo rispetto a quello più a buon mercato. Quando invece dovrebbe essere l’opposto, dato che da un prodotto di costo elevato è legittimo o meglio si deve pretendere di più.

Ciò avviene non solo perché l’inserzionista su quello di prezzo maggiore guadagna ovviamente di più, ma anche e soprattutto per l’atteggiamento reverenziale nei confronti delle apparecchiature di prezzo elevato. A questo concorrono una serie di elementi che tralasciamo per brevità e perchè già analizzati a suo tempo. Poi purtroppo l’appassionato legge e per forza di cose si lascia influenzare. Non solo dalle valutazioni in senso stretto, che come sappiamo sono a senso unico, ma soprattutto dagli atteggiamenti. In particolare quello che spinge i cosiddetti recensori a ricamare sulle cronache rosa delle loro estasi onaniste, esaltate dalla consapevolezza di un prezzo fuori dal normale, con l’ovvio corredo di lastre metalliche tirate a lucido e di un orpello che ormai fa un vanto del valicare ogni limite di pacchianeria. Quelle cronache inoltre c’è chi si limita a descriverle e chi invece ci marcia grossolanamente, sollecitando l’istinto all’emulazione acefala da parte dell’appassionato, da cui derivano i risultati grotteschi che siamo abituati a vedere con tanta frequenze su forum e social di settore.

Dunque ci si lascia trasportare, da quei commenti e poi da quelli da essi suscitati, che diffondendosi a macchia d’olio vanno a costituire la cosiddetta vulgata dominante. In quanto tale, tende a trascurare vari elementi di fondo, per affidarsi più all’istinto, alle sensazioni, alle impressioni.

Volendo affrontare invece l’argomento nella sua realtà concreta, andrebbe osservato in primo luogo che proprio la narrazione che lo riguarda, stratificatasi nel corso dei decenni, ha prodotto un abito mentale che tende a sottostimare le potenzialità del magnete mobile, proprio in quanto osservato come soluzione di ripiego. Quella su misura per chi non può o non vuole spendere certe somme per una testina.

Affermatosi un concetto del genere, tutto il resto viene da sé, corroborato da un atteggiamento alquanto diffuso, quello che poggia sulla sovrastruttura, con la conseguente abitudine ad ascoltare e a emettere i relativi giudizi basandosi su cose che con la qualità di riproduzione non hanno molto a che vedere. Di conseguenza ci si fa l’idea, grossolanamente sbagliata e più che mai al giorno d’oggi, che se una cosa costa parecchio deve suonare bene comunque e se costa meno di tanto non può essere all’altezza.

Al di là del sistema funzionale dell’uno o dell’altro prodotto, spesso poi si tende a mettere a confronto oggetti non paragonabili l’uno all’altro: una testina con cantilever in allumino, stilo conico o ellittico, corpo messo li proprio perché non se ne può fare a meno, non può essere contrapposto a uno con cantilever in boro, stilo dal taglio ultra-raffinato, bobine avvolte in argento e corpo studiato per contenere al minimo le risonanze, o addirittura assente. Eppure è proprio su basi simili che si emettono i giudizi relativi a un sistema o all’altro. Tuttavia, se si pongono a confronto esemplari dalla cura costruttiva simile, per quanto le bobina mobile tendano in genere a evidenziare le ovvie differenze a livello timbrico, in termini di qualità il divario si riduce, fino a scomparire del tutto.  Certo, le bobina mobile tendono a eccellere in alcuni parametri, le magnete mobile in altri, ma a conti fatti non c’è più questo abisso incolmabile.

A questo proposito va rilevato infine che il sistema a bobina mobile non è comunque sinonimo di qualità timbrica indiscutibile. Anzi, quelle di costo inferiore a un certo livello lasciano a desiderare proprio su tale aspetto.

 

Il pre fono

Un altro elemento di grande importanza, riguardo al confronto tra testine MM e MC, è dato del preamplificatore fono. Abbiamo già detto a suo tempo che è l’elemento di maggior significato ai fini della riproduzione da supporto vinilico, in termini di  qualità d’ascolto. Come accennato, il sistema MM sarebbe intrinsecamento avvantaggiato dalla sua tensione d’uscita maggiore, tale da necessitare di uno stadio di amplificazione in meno, semplificando in maniera significativa il percorso in cui il segnale deve transitare, elemento che a parità di condizioni è sempre favorevole per la preservazione delle sue peculiarità d’origine.

Anche in quest’ambito però ci si scontra con il luogo comune, stante nella sottovalutazione del sistema a magnete mobile. Questo comporta che all’atto pratico il pre fono la cui sensibilità sia tale da renderne possibile l’impiego solo con le testine di questo tipo sia quasi sempre un oggetto di compromesso, atto in primo luogo a soddisfare il criterio dell’economicità di acquisto, per forza di cose a partire da un’ancora maggiore economicità di costruzione.

In questo modo si estende lodevolmente la fascia di clientela potenziale dell’analogico, ma si resta lontani dal dare all’appassionato la possibilità di esplorare i limiti concreti del sistema.

Di fatto, se tali sono le nostre intenzioni, o anche solo disporre di un pre fono di qualità impeccabile, è giocoforza rivolgersi a un’elettronica capace di accogliere anche il segnale ancor più debole proveniente dalle testine MC. Un’apparecchiatura siffatta, però, sarà per forza di cose rivolta a ottenere il meglio soprattutto dall’ingresso dedicato a queste ultime, essendo assai più critica la sua funzione nel momento in cui debba avvenire sfruttando tensioni d’ingresso di valore così ridotto. Di fatto, allora, la sezione MM ci sarà giusto perché non è possibile farne a meno, quale stadio di amplificazione successivo, necessario alla funzionalità del sistema.

Ciò è ben diverso dal concentrare i propri sforzi unicamente sull’MM, con lo scopo di ottenere un’elettronica volta  a trarre il meglio da quella tipologia di testine.

Dunque, come vediamo il confronto tra di esse è falsato già in partenza dalle condizioni materiali del terreno su cui ha luogo.

Ci si rende ancor meglio conto di questa realtà nel momento in cui si può usufruire di un pre fono dedicato espressamente al sistema a magnete mobile invece che esserne una possibilità accessoria.

Riflessioni del genere mi hanno spimto a realizzare un nuovo pre fono, l’Audio 2C Minisolid, studiato espressamente per le testine MM, proprio allo scopo di porle nelle condizioni di esprimere fino in fondo le loro qualità.

Questo comporta innanzitutto un’alimentazione sovrabbondante, che sia all’altezza di qualsiasi richiesta di energia da parte della sezione di segnale, che per quanto abbia un assorbimento non particolarmente elevato, non vanno in alcun caso sottovalutate. Allo scopo ha trovato alloggio in un telaio separato, non solo per motivi di spazio, ma anche perchè così facendo si riducono al minimo le possibilità di captazione dei campi dispersi e più in generale di interazione da parte della sezione di segnale, che dovendo operare su tensioni dell’ordine dei millivolt, resta comunque sensibile a qualsiasi influsso esterno.

L’impiego di circuitazioni per quanto possibile semplificate, così da ridurre al minimo la quantità e l’entità degli ostacoli in grado di penalizzare la qualità del segnale è un altro tra gli elementi di fondo dell’Audio 2C Minisolid. La sua denominazione si deve all’impiego di circuiterie a stato solido. Le doti sonore del nuovo pre fono riguardano una separazione eccellente, dovuta anche all’impiego di schede indipendenti per ciascun canale, di fluidità, dinamica, e soprattutto capacità d’indagine nei confronti delle componenti più minute del segnale, in un contesto di equilibrio timbrico inappuntabile. Tali caratteristiche non sono soltanto di grande rilievo, ma permettono finalmente di comprendere quali e quante siano le potenzialità di un sistema di trasduzione ritenuto immeritatamente di minor valore.

 

 

Altri aspetti poco considerati

Il magnete mobile inoltre ha due prerogative che si attagliano con efficacia alla situazione attuale del comparto analogico.

La prima riguarda la maggiore dinamica ottenibile per il suo tramite rispetto al sistema a bobina mobile. Ciò è nell’ordine delle cose, da un lato essendo più elevato il livello di tensione disponibile alle uscite delle testine che adottano questo sistema. dall’altro per le stesse peculiarità funzionali del sistema.

Dato che oggi buona parte dl quanti si rivolgono all’analogico hanno formato la propria esperienza sul digitale, in maniera contraria a quel che era consueto negli scorsi decenni, sono proprio le testine a magnete mobile ad avere le probabilità migliori di soddisfarne le esigenze. Tra l’altro questo comporta il dover considerare un parametro che si è andato sempre più a trascurare, quando invece all’epoca d’oro dell’analogico era ritenuto della massima importanza, a ragione va detto.

Stiamo parlando dell’accettazione massima dello stadio fono, ossia del livello di tensione che riesce a sopportare senza andare in saturazione, così da mantenere in segnale sostanzialmente indistorto. La sua importanza è data proprio dalla doti dinamiche superiori delle testine a magnete mobile, quando invece col diffondersi dei modelli a bobina mobile, appunto caratterizzati da un’uscita flebile già a livello di tensione, e poi anche in termini di dinamica, divenne d’interesse marginale.

Un secondo aspetto riguarda la maggior diffusone, tra le testine MM, di esemplari caratterizzati da un cedevolezza dell’equipaggio mobile elevata, tale da permettere un funzionamento corretto con un peso di lettura contenuto.

Nella valutazione di questo parametro va tenuto presente che, stanti le dimensioni infinitesimali dello stilo, anche pesi di lettura alquanto ridotti si traducono in pressioni sulle pareti del solco di tonnellate per centimetro quadrato. Maggiore è la pressione, oltretutto, più si alza la temperatura sviluppata nell’attrito tra stilo e pareti del solco. Essendo queste ultime fatte di vinile, ossia di un materiale particolarmente sensibile alla temperatura, va da sè che si tratti di un ulteriore elemento fondamentale per la longevità del supporto e molto probilmente anche dello stilo, ancor più se di origine sintetica.

In un’epoca in cui le reperibilità del supporto analogico non rappresentava un problema, essendo la sua diffusione capillare, aspetti simili erano tenuti in considerazione ma non più di tanto. Oggi invece la situazione è radicalmente diversa: il vinile in circolazione è quasi tutto di origine digitale, provenendo da rimasterizzazioni degli originali analogici quasi sempre fatte in maniera inopportuna. Come tale si tratta di materiale che può soddisfare chi si accontenta di eseguire il rituale connesso alla riproduzione da LP ma non può garantire la vera sonorità dell’analogico. Giocoforza la si ottiene soltanto a partire da materiale d’epoca, la cui reperibilità va ovviamente a ridursi sempre più, oppure da supporto di produzione audiophile, i costi del quale sono molto elevati e in continua ascesa.

In entrambi i casi stiamo parlando di supporti che meritano di essere conservati con la massima accuratezza, fine a cui l’impiego di testine capaci di sottoporre il solco a uno stress meccanico significativamente minore può contribuire in maniera essenziale.

 

 

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2 thoughts on “Fonorivelatori: MM o MC?

  1. Sono un audiofilo di vecchia data, seguo la riproduzione 2 canali con vinile, dal 1972. Da allora ho cambiato diversi impianti, alla ricerca della riproduzione piu’ verosimile possibile alla musica dal vivo, mantenedomi fedele al disco nero ed al rituale di settare la pressione della puntina, correggere l’antiskating, intervenire sull’angolo di overhang, gesti e “manovre” che ai noi nostalgici piace molto. Volevo pertanto farle i complimenti per questa analisi puntuale ed esaustiva su un argomento fondamentale, la testina, nella catena del suono, sorgente-amplificazione-diffusori. Ho salvato il suo sito perche’ penso mi possa tornare utile per continuare ad informarmi su questo nostro meraviglioso () e alquanto costoso ()hobby.

    1. Buongiorno Luciano, grazie dell’apprezzamento.
      In effetti noi appassionati dell’analogico siamo chiamati nostalgici e la lunga serie degli accorgimenti necessari a trarne il meglio è definito rituale.
      Vocaboli usati in particolare dagli assertori della tecnocrazia che evidentemente non hanno molti altri argomenti a supporto delle modalità di riproduzione a favore delle quali si schierano, altrimenti li userebbero. Non a caso i loro ritrovati modernissimi, figli di un progresso tecnologico che si vorrebbe inarrestabile, stentano oltremodo ad appaiare il livello qualitativo di una tecnica la cui data di nascita risale al 1877.
      Le definizioni sottilmente delegittimatorie e irridenti sono inoltre dimostrazione dell’incapacità a comprendere, da parte di chi le usa, che quell’esercizio è in realtà d’importanza fondamentale. Non tanto per il rendimento della sorgente, ai fini del quale resta comunque necessario, ma soprattutto per la crescita e lo sviluppo della sensibilità e della consapevolezza d’ascolto del suo utilizzatore. In mancanza, e in particolar modo delle sue conseguenze propedeutiche, diventa molto più difficile acquisire le capacità necessarie alla messa a punto di un impianto, come dimostra la realtà di quelli in possesso di molte di quelle persone, le cui condizioni e soprattutto i risultati che se ne traggono sono di una povertà spesso disarmante, malgrado costi quasi mai indifferenti come anche tu giustamente rilevi.
      Ancor più, ciò è reso evidente dalla caratura e dalla preparazione degli appassionati formatisi sull’analogico, rispetto a quelli che hanno potuto utilizzare solo il digitale.
      Questo c’insegna allora che il primo elemento cui attenersi, per avere piena coscienza della propria realtà, è il rifiuto assoluto, categorico e inderogabile della mentalità e delle parole del nostro antagonista e della sua neolingua. Le parole infatti sono importanti e ancor più lo sono i significati, la maggior parte dei quali impliciti, che portano con sé. Con essi si realizza la costruzione del pensiero, dal quale poi derivano coscienza, comportamento e abitudini.
      Non a caso la capitolazione dei ceti subalterni, quelli che una volta erano le classi lavoratrici, ai diktat del potere capitalista è avvenuta proprio nel momento in cui i loro rappresentati, tutti venduti al padronato nessuno escluso, hanno iniziato a farle ragionare con le parole e gli schemi mentali propri della controparte.
      La storia oltretutto ci ha dato ragione: malgrado il digitale sia stato dipinto a oltranza e con ostinazione degna di miglior causa protrattasi per oltre un ventennio il formato del futuro, già da tempo il settore dominante nella riproduzione sonora amatoriale è tornato a essere l’analogico. Non solo in termini di apprezzamento da parte del pubblico e di tendenza, ma anche per formazione dei fatturati dell’industria che opera in tale ambito, che poi sono quelli che permettono di alzare la saracinesca ogni mattina e di far arrivare agli addetti la busta paga a ogni fine mese.
      Quindi con loro grande scorno, i veri nostalgici sono i digitalisti e i rituali sono i loro, basati sul succedersi a cadenza pressoché giornaliera di nuovi formati, che malgrado causino l’invecchiamento precoce o meglio programmato di supporti e apparecchiature, si dimostrano invariabilmente incapaci di porsi almeno al livello di naturalezza e verosimiglianza della riproduzione proprio dell’analogico.
      Tutto questo malgrado la riproduzone da supporto vinilico sia gravata da un limite invalicabile, stante nell’anazianità delle registrazioni che permettono di trarne il meglio, ormai risalenti a quattro decenni fa. Tutto quel che è venuto dopo infatti è stato realizzato su misura del digitale e anche quel che oggi si stampa su LP è irrimediabilmente rovinato dalle tecniche utilizzate allo scopo.
      Nonostanteo questa penalizzazione l’analogico continua ad espandersi, un pò su tutte le fasce di pubblico. Tuttavia noi che siamo persone lungimiranti e soprattutto ancora in grado di usare in maniera indipendente il raziocinio datoci da madre natura, non scherniremo il digitale che ormai da tempo è in regressione, ma dimostriamo di essere in grado di apprezzarne i lati positivi, traendo il meglio dall’uno e dall’altro delle due tecnologie. Cosa che oltretutto ci mantiene ben lontani dalle tifoserie da stadio, appartenenza che lasciamo volentieri a quanti non riescono a darsi una prospettiva migliore, oltre a permetterci di tenere in esercizio le nostre capacità uditive, di analisi e di discernimento.
      Grazie ancora e alla prossima.

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