I dischi di ottobre 2022

Iniziamo questa rassegna con il nuovo album di Snarky Puppy, gruppo di origine texana dall’organico particolarmente ampio, organizzato in sezioni. Diversamente dal solito, oltre a quella di ottoni tipica delle formazioni  jazz di dimensioni maggiori, ce n’è una di chitarre, una di tastiere e persino una di batterie.

Una suddivisione del genere comporta un impatto particolarmente significativo, che tra l’altro presuppone sforzo e disciplina non indifferenti alfine di non trascendere in caciara, per fortuna tenuta ben lontana. L’impatto è un connotato essenziale della cifra stilistica del gruppo, come si evidenzia nel brano “Trinity”, il video del quale è disponibile in rete già da qualche tempo.

Il nuovo album si chiama “Empire central” ed è disponibile presso il loro sito ufficiale e sulle piattaforme più note. E’ edito su LP triplo o CD doppio, oltre naturalmente alle opzioni di scaricamento, in FLAC e MP3.

E’ stato registrato dal vivo, il che data la composizione dell’organico ha imposto il controllo di ben 128 tracce in contemporanea.

Snarky Puppy tra l’altro si è esibito nel nostro Paese durante lo scorso settembre, presso l’Auditorium di Roma, in un concerto incluso nella tournée di presentazione del nuovo album.

Di un grande del blues, Dr. John, purtroppo scomparso ormai più di tre anni fa, è stato pubblicato l’ultimo inedito, “Things happen that way”. In esso ha dato vita a un progetto coltivato per anni, riguardante l’ interpretazione di brani country & western, che in gioventù ascoltava attraverso i dischi a 78 giri suonati nel negozio di elettronica del padre.

L’album va a completare la sua attività multiforme, durante la quale ha spaziato dal blues al rock, al jazz e al funk e vede tra gli esecutori alcuni tra i migliori turnisti dell’area di New Orleans, insieme con Willie Nelson, Aaron Neville e la cantante Katie Pruitt, oltre alla powerhouse country rock Lukas Nelson & Power of the real.

Il disco è disponibile su CD ed LP.

In occasione del cinquantennale dell’uscita del primo album, quello con la copertina a forma di salvadanaio, Il Banco del Mutuo Soccorso ha pubblicato “Orlando: le forme dell’amore”, frutto del lungo lavoro ispirato dal poema dell’Ariosto, eseguito da Vittorio Nocenzi insieme al figlio Michelangelo e al paroliere Paolo Lugli. Il disco include anche brani cantati, affidati alla voce di Tony D’Alessio, artista quantomeno coraggioso dato che nell’ascolto di un disco del Banco il paragone con la voce di Francesco di Giacomo non può che venire da sé. Malgrado la distribuzione internazionale, i brani del disco sono cantati tutti in italiano, per fortuna. Allo scopo di facilitare la comprensione dei testi da parte del pubblico straniero, c’è la loro traduzione in inglese.

Altra nuova uscita è quella che riguarda Brian Eno e il suo album “Foreverandevernomore”, il primo in studio da sei anni a questa parte. Come informano le note rilasciate dalla casa discografica che ne ha curato la pubblicazione, il disco è stato prodotto nello studio londinese di proprietà dell’artista e lo vede impegnato anche al canto nella maggioranza dei brani.

Il nuovo album è dedicato al futuro precario dell’umanità e del pianeta: Eno purtroppo conferma così il suo far parte della serie interminabile di artisti che hanno deciso di aderire alla falsa narrazione dell’emergenza climatica e di propagandarne le argomentazioni opinabili. Malgrado le insistenze dei media più disparati, si tratta di un fenomeno inesistente come ha dimostrato tra gli altri il nobel Carlo Rubbia, solo per essere democraticamente condannato all’invisibilità.

In realtà è uno tra gli strumenti attraverso i quale le oligarchie globalizzate intendono pervenire al loro obiettivo più e più volte dichiarato, stante nel decimare la popolazione mondiale. Come sempre fingendo da un lato di renderlo noto alle vittime, per motivi ideologici e religiosi, mentre dall’altro si chiamano fuori dal sopportare le conseguenze del loro progetto che vogliono scaricare ancora una volta su chi non si può difendere: elemento basilare per la comprensione della sua valenza e di quella dei suoi autori, per chiunque ne abbia l’intenzione.

Per quanto la cosa non sorprenda, dato che il mondo dell’intrattenimento ha un ruolo fondamentale nel propagandare i propositi delle oligarchie da cui è controllato in maniera ferrea, spiace sinceramente che un artista come Eno, che è stato uno tra quelli che hanno dato forma alla corrente più colta e d’avanguardia del Progressive, senta il bisogno di farsi anche lui burattino della banda di manigoldi che ha la sua agenzia di maggiore visibilità nel World Economic Forum. Gli esponenti del WEF non si fanno scrupolo di riferirsi a chiunque non faccia parte della loro setta come mangiatori inutili e inutili parassiti. Queste parole sono state pronunciate in pubblico anche dall’ex ministro Cingolani, ora chiamato a collaborare al nuovo governo nel segno di una piena continuità d’intenti con quello precedente.

Personaggi del genere ritengono di giustificare così i loro propositi riguardanti l’eliminazione di massa che hanno l’intenzione dichiarata di ompiere, secondo un’ideologia a fronte della quale anche il peggior oltranzismo nazista dei Mengele e dei campi di concentramento suona come roba da asilo infantile.

La differenza è che il tutto ora lo si condisce in salsa progressista DOC, in modo tale che il pubblico più legato a tale ideologia, e per conseguenza ricettivo all’ipnosi diffusa per quel tramite, senta la necessità che tutti gli altri si sacrifichino allo scopo, fino alla forma più estrema. Non prima che siano passati per le forche caudine del gender fluid, attraverso il quale si viaggia a gonfie vele verso lo sdoganamento della pedofilia quale normale orientamento sessuale, come nelle parole pronunciate di recente dall’attuale ministro della giustizia Carlo Nordio; delle pandemie da virus mai isolati secondo i postulati di Koch e conseguente controllo di massa; delle crisi energetiche artificiali indotte attraverso guerre combattute per procura e relativa penuria alimentare, tale da indurre a nutrirsi con gioia di cavallette, vermi e scarafaggi.

Le farine di tale provenienza sono già incluse in merendine, biscotti e altri pseudo-cibi insacchettati reperibili attraverso i normali canali di vendita. Quindi occhio agl’ingredienti.

Roba da teorie complottiste, naturalmente. Sono gravate da un problema irrisolvibile, quello che consiste nella loro separazione della realtà concreta misurabile esclusivamente per mezzo di parametri temporali: anni e sempre più spesso anche solo mesi. Lo hanno dimostrato le ultime ammissioni ufficiali da parte dei pezzi grossi della Pfizer, secondo cui gli pseudovaccini mRNA non sono mai stati sperimentati ai fini della non trasmissibilità.

Malgrado ciò capi di governo, col silente beneplacito dei garanti supremi, si sono sentiti in dovere di diffondere i loro moniti terrorizzanti basati sul “Non ti vaccini, contagi, ti ammali, muori”. A cui hanno poi fatto seguire politiche ferocemente discriminatorie e istiganti a un odio sociale ancora più viscerale nei confronti di chiunque abbia ritenuto di continuare ad affermare la potestà sul proprio corpo, indicato come nemico pubblico numero 1.

Dunque il corpo è mio e lo gestisco io vale solo a piacimento di lorsignori. Ossia quando si tratta di far passare l’ideologia femminista, grimaldello mediante il quale disarticolare l’istituto fondamentale della società quale noi la conosciamo e insieme l’elemento primario di stabilità esistenziale dell’individuo, ma soprattutto nucleo fondamentale di resistenza dei ceti subalterni nei confronti della prepotenza di quelli dominanti: la famiglia.

Così oggi le terapie intensive ospitano solo chi si è sottoposto alle terapie sperimentali, dietro la firma del consenso informato malgrado siano coperte da segreto militare, secondo una contraddizione lievissima, fin quasi impercettibile. Nel frattempo i malori improvvisi e ufficialmente privi di spiegazione sono aumentati del 3-400%, secondo i dati Istat, rispetto al periodo in cui gli pseudo vaccini non erano disponibili.

Tutto questo nel completo disinteresse dei media e più che mai delle vittime, effettive e potenziali, poiché come spiega lo psicologo Mattias Desmet, docente all’Università di Gent, Belgio, nei confronti dell’ipnosi collettiva indotta mediante narrazione (martellante) priva di fondamento razionale, nulla può un qualsiasi argomento basato su razionalità e dati di fatto.

 

Nuova dimostrazione dell’esistenza di una separazione unicamente temporale tra quello che viene ritenuto complottismo e la realtà dei fatti è quella che proviene dalle fonti allineate più accreditate a livello nazionale, la cui attendibilità assurge a livelli evangelici per il pubblico presso cui sono diffuse.

Sola precauzione, è l’ammantare con una valenza positiva, del tutto fittizia, fenomeni e attività negati per decenni a suon d’insulti e di discredito nei confronti di chiunque avesse la colpa irredimibile di osservare ciò che lo circonda.

Così si accetta come dato di fatto l’irrorazione quotidiana dell’atmosfera con migliaia di tonnellate di veleni esiziali per qualsiasi forma di vita, principalmente metalli pesanti, sostenendo che “servono per salvare il clima”. Nello stesso tempo il singolo viene sempre più bloccato nella sua libertà di movimento dalla quale dipendono innanzitutto le sue stesse possibilità di sopravvivenza autonoma, perché troppo inquinante. Per maggior precauzione lo si vuol far nutrire con la già menzionata dieta a base d’insetti, dato che i peti degli animali da allevamento sarebbero insostenibili per l’ambiente.

E persino le flatulenze, che si vogliono tassare secondo le recenti esternazioni di puro delirio, ma pronunciate  con serietà terribile dal primo ministro neozelandese Jacinta Ardern. Lo scorso settembre ha anche richiesto formalmente all’assemblea delle Nazioni Unite l’avvio di un sistema di censura globale atto a combattere la disinformazione, ovvero tutto quanto sia colpevole di rilevare la portata delle sue affermazioni e di quelle dei personaggi della sua risma.

L’aspetto più affascinante di tutta la faccenda è il modo in cui la credulità degl’individui viene ogni giorno messa alla prova e insieme sospinta un passo più in là, innalzando sempre più l’asticella riguardante l’assurdità delle argomentazioni utilizzate allo scopo. Senza però che i soggetti su cui si esegue la sperimentazione riescano a rendersene conto, assuefatti come sono al trattamento.

Pertanto faccio riferimento al disco di Eno a puro titolo di cronaca, in omaggio all’artista che è stato, non certo in funzione delle teorie usate come pretesto a fine dello sterminio di massa di cui consapevolmente o meno si è fatto latore.

 

Da Verve arriva un bel cofanetto di 3 Lp dedicato ai singoli di Ella Fitzgerald: “Jukebox Ella: the complete Verve singles vol.1”

 

Sempre per quanto riguarda le riedizioni, da segnalare l’uscita di “Blue”, di Joni Mitchell, su LP da 180 grammi edito da Rhino.

Pure Pleasure ha dato alle stampe “Two is one” di Charlie Rouse, sassofonista impostosi in seguito con il quartetto Sphere, gruppo tra i più in vista e innovatori del genere jazzistico nel corso degli anni 80. Era composto dagli accompagnatori di Thelonious Monk, con l’aggiunta di Kenny Barron al piano. Si tratta ancora una volta di un LP su vinile da 180 grammi, riedizione dell’album risalente al 1974, periodo in cui i confini del jazz si stavano espandendo nelle direzioni più diverse. Ne è testimonianza il disco in questione, che annovera nel parco strumenti scelto per l’occasione un violoncello elettrificato, proprio in quanto l’ampliamento dei confini non riguardava soltanto l’apertura a generi diversi ma anche la ricerca di sonorità inconsuete, non solo per il jazz.

Di Thelonious Monk il 16 dicembre prossimo sarà pubblicata la ristampa di “Genius of modern music, volume one”. Si tratta di un album uscito originariamente nel 1956, comprendente le sue registrazioni da leader per la Blue Note, eseguite nel 1947 e 48. La ristampa mantiene le registrazioni mono, incise su vinile da 180 grammi.

Sempre riguardo alle riedizioni,  l’etichetta Get On Down renderà disponibile dal prossimo 28 ottobre la ristampa su LP di “The man with the horn” di Miles Davis: disco del rientro dopo gli anni di abbandono dovuto ai suoi noti problemi fisici. Si tratta di un disco che ha sollevato numerose polemiche ma che ritengo molto bello e quindi senz’altro meritevole di ascolto. Anche per la sua ottima qualità sonora, quantomeno nella prima stampa statunitense che fin dalla sua uscita fa parte della mia collezione. Nella stessa data, sempre da parte della Get On Down, sarà reso disponibile anche “Decoy”, ritenuto da molti l’album migliore della fase finale del trombettista.

Ancora non basta, dato che per il giorno di Natale è attesa la ripubblicazione di “Bitches Brew”, l’album forse più criticato dell’intera discografia davisiana, per via dell’apertura a sonorità allora inconsuete per il jazz, ma che avrebbero aperto la via a decenni di sperimentazione nonché ad album e a gruppi di grande successo. Farà parte della serie Ultradisc One Step di MFSL e sarà accompagnato da un altro album di Davis molto noto, “Sketches of Spain”. Vi si aggiungerà poi “Somethin’ else” di Cannonball Adderley. sempre per la stessa serie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il 2 dicembre, per la serie British jazz explosion, in omaggio a un altro dei fenomeni che caratterizzarono la scena jazzistica a cavallo tra gli anni 60 e 70, Deram pubblicherà “Tales of the algonquin”, di John Surman e John Warren. L’album è stato incluso da Jazzwise Magazine nella lista “The 100 jazz albums that shook the world“. La Penguin guide of jazz lo definito un capolavoro: vede all’opera un Surman allora ventisettenne a capo di un organico di sedici elementi di cui fanno parte alcuni tra i più bei nomi del jazz d’oiltremanica, come Mike Osborne, Barre Phillips, Harry Miller, John Taylor, Alan Skidmore, Harry Beckett e Kenny Wheeler.

La ristampa è in edizione limitata, per cui chi è interessato alla pietra miliare di quel che un tempo la stampa specializzata definiva “nuovo jazz inglese” farà bene a prenotare per tempo la sua copia.

Chiudiamo con un po’ di rock: “Crosby, Stills & Nash” su SACD, sempre da MFSL è atteso per il 28 ottobre. Il 4 novembre sarà la volta di “Stand up”, secondo album dei Jethro Tull col quale il gruppo ha acquisito la sua fisionomia musicale definitiva ispirata al folk rock, dopo gl’inizi jazzistici di “This was”. E’ pubblicato da Analogue Productions. Infine, dall’inizio di settembre EMI ha reso disponibile “The best of Roxy Music”, su LP doppio da 180 grammi.

Per questa volta è tutto.

 

Potrebbe interessarti anche

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *