Quando il CD si spella

Nei giorni scorsi l’edizione on line di uno tra i quotidiani più letti del paese ha dedicato un articolo all’ennesimo problema che ha colpito i dischi CD. Prima di entrare nello specifico dell’argomento mi sembra opportuno rilevare che, come accade spesso, tale articolo è pervaso da un sensazionalismo del tutto fuori luogo. Innanzitutto perché il problema è noto da parecchio e poi per la velleità di ergersi a difensore dei diritti del consumatore, ma badando bene a farlo fuori tempo massimo. Nel caso, il denunciare che il supporto digitale sia stato propagandato come assolutamente perfetto, mentre invece non lo era assolutamente, lo si doveva fare al momento opportuno. Ossia quando i problemi del supporto hanno iniziato a palesarsi, ormai più di venti anni fa, e ancora gli interessi economici e commerciali che vi ruotavano attorno erano cospicui.

Troppo facile e conveniente farlo oggi, che il CD non interessa più a nessuno o quasi, a parte chi ne possiede ampie collezioni. In sostanza questo modo di fare pone la fonte dell’articolo in questione sullo stesso piano del soggetto che pretenderebbe di porre all’indice. Entrambi infatti hanno tentato di far credere cose non vere. Gli artefici del dischetto argentato hanno effettivamente impegnato una quantità enorme di risorse per imporre una perfezione del prodotto che ognuno sa perfettamente non essere cosa di questo mondo, a parte forse la stampa specializzata distintasi per l’energia con cui ha battuto sulla grancassa nel corso dei decenni a favore di tale argomento. Anche quel quotidiano, nel suo piccolo, vorrebbe far credere cose altrettanto inverosimili. Quando invece ha dimostrato solo la sua viltà, che consiste appunto nello scagliarsi contro un obiettivo, e con tale veemenza, solo nel momento della sua massima debolezza, mentre invece fino a che dietro di esso gli interessi sono stati cospicui ha badato a tenere la propria voce bene in tono con quella del resto del coro.

Del resto sperare che chi opera nel settore delle fonti allineate, primo scopo delle quali non è informare ma evitare di pestare i piedi che contano, comprenda concetti simili e si regoli di conseguenza, ma soprattutto non tratti i propri lettori come un ammasso di decerebrati, non ha motivazione alcuna.

Dunque nell’articolo che con tanto eroismo va a scagliarsi contro un moribondo, nella migliore delle ipotesi, sono elencati i vari difetti che nel corso degli anni si sono verificati sui dischi CD, tra i quali il cosiddetto “bronzing”, dato dalla probabile ossidazione dello strato contenente i dati digitali e soprattutto il suo sollevarsi dal supporto in policarbonato, argomento principe dell’articolo. Si trascura invece il problema che forse ha avuto l’incidenza maggiore, rivelatosi oltretutto il più subdolo, dato che a occhio non è possibile accorgersi di esso. Riguarda appunto l’impossibilità di leggere il disco, sia pure a pick up ottico perfettamente efficiente, e/o il sovrapporsi al segnale audio di una serie continuativa di disturbi impulsivi che lo rende inascoltabile. Non sono mai stato un compratore di CD particolarmente accanito, eppure tra i dischi della mia collezione questo problema si è verificato più volte, nella totale assenza di degrado visibile del supporto.

Quando succede una cosa del genere non c’è più niente da fare, dato che a quel punto anche il tentativo di eseguire una masterizzazione del disco, per ricavarne una copia su CD-R, non conduce a nulla tranne il sacrificare un disco scrivibile.

Vediamo allora il problema dato dal sollevarsi della pellicola superiore del CD, quella che contiene appunto i dati digitali. Essendo sottilissima tende a sbriciolarsi, quando perde coesione con lo strato sottostante. Il difetto tende a verificarsi di solito partendo dal margine esterno e poi pian piano cammina vero l’interno. anche se non è da escludere un suo verificarsi a “isole” come nell’immagine più in basso. Se trascurato può causare il distacco di parti rilevanti della superficie superiore del disco, il che equivale a giocarsi il suo contenuto. Più spesso per fortuna il problema resta contenuto a pochi millimetri, in corrispondenza appunto del margine esterno.

Tranne che per i programmi dal minutaggio più esteso, tipico in genere delle raccolte o delle riedizioni su un solo CD di due LP, difficilmente il contenuto musicale si spinge a sfruttare tutta la capienza del disco, pari a 74 minuti. in genere si ferma a un’ora, un’ora e cinque e spesso anche meno. Ciò significa che l’ultima parte della sezione scrivibile, quella appunto verso la fascia esterna, resta vuota. Quindi è possibile che anche nel caso di spellatura del CD, se il problema non ha già colpito una zona particolarmente estesa in profondità, il programma audio contenuto nel disco difettoso sia ancora riproducibile per intero.

In questo caso le opzioni disponibili sono due: la prima e più banale riguarda la già menzionata masterizzazione, in modo da realizzare una copia di riserva del disco, per rendere sopportabile l’evenienza che il distacco della pellicola superiore vada ad aggravarsi sempre più. Tuttavia non è detto che si debba restare passivi di fronte all’avanzare del morbo. In fin dei conti anche se un po’ rovinato, soprattutto nel suo aspetto, l’utilizzo del disco originale potrebbe essere maggiormente desiderabile per una lunga serie di motivi.

In questo caso ci si può apprestare a compiere un’opera di salvataggio, o meglio di contenimento del danno, che oltretutto non è particolarmente complessa e sembra dare buoni risultati, anche a medio termine. Nel lungo ancora non è dato sapere, ma è probabile che una volta eseguito il nuovo fissaggio, la pellicola resti al suo posto indefinitamente. Nulla vieta oltretutto di effettuare di tanto in tanto un controllo e un eventuale ritocco.

Forse il disco salvato con il metodo descritto non ha l’aspetto più invitante, ma credo che l’importante sia aver fermato il progredire del degrado e rendere possibile l’ascolto del contenuto.

Come dicevo il sistema è semplice e alla portata di chiunque: si tratta di usare del comune smalto per unghie trasparente. Si intinge il pennellino in dotazione e si passa lo smalto radialmente e solo dall’interno verso l’esterno. Vanno evitate tanto la direzione contraria, quanto il passare il pennellino lungo la circonferenza. Così facendo si potrebbero asportare parti ulteriori della pellicola metallica e quindi peggiorare il danno o addirittura compromettere, anche se solo in parte, il contenuto del CD. Va fatta attenzione a depositare solo uno strato sottile di smalto sulla parte sollevata, evitando quindi accumuli di materiale troppo voluminosi.

Si attende che lo smalto si asciughi e il disco è di nuovo utilizzabile. Se la superficie cromata appare più o meno dentellata e lo smalto depositato a sua protezione è alquanto visibile, pazienza: credo che l’essenziale sia l’aver salvato il disco da un ulteriore danneggiamento, che nel momento in cui la parte superiore comincia a spellarsi è assolutamente sicuro.

Un poco di attenzione va rivolto alla consistenza dello smalto. Non deve essere troppo denso, per evitare accumuli indesiderati, ma neppure troppo liquido, dato che percentuali elevate di solvente potrebbero essere dannose per lo strato di policarbonato. Quello che ci vuole, insomma, è la giusta via di mezzo.

Va detto inoltre che spesso il problema della spellatura va a colpire i dischi più vecchi. Non di rado, come quello dell’immagine, si tratta di riedizioni su CD di materiale già edito su vinile ma non sottoposto a remastering. Il che rende ancora più prezioso il CD da salvare, dato che la maggior parte delle operazioni di ammodernamento e restauro del suono su materiale già pubblicato in precedenza ha esiti peggiorativi.

Anche questo è un argomento meritevole di riflessione, che sarà affrontato in un prossimo futuro.

 

 

 

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