… Proprio in questa direzione, temo

Il titolo di quest’articolo sembra senza capo né coda. in realtà fa da risposta all’ultimo pubblicato in ordine di tempo, “Dove sta andando la riproduzione sonora?“.

Lo spunto al riguardo me l’ha dato un frequentatore piuttosto assiduo di Il Sito Della Passione Audio, Davide, appassionato di giovane età, quindi proprio del tipo che si va maggiormente cercando nel settore, augurandosi però di non trovarne. Forma mentale di cui la sua vicenda è un emblema.

Con lui negli ultimi tempi c’è stato uno scambio di e-mail piuttosto fitto. Mi ha chiesto alcuni consigli e ho cercato di darglieli come meglio mi è riuscito. Un po’ per la simpatia che il suo garbo e la sua voglia di miglioramento mi hanno ispirato, ma anche perché credo che la funzione di noi “vecchi” appassionati sia soprattutto quella di aiutare le giovani generazioni, cercando di condividere quel poco che abbiamo imparato in tanti anni. Almeno se non si desidera cadere nell’autoreferenzialità.

I problemi incontrati da Davide credo facciano da dimostrazione nel modo migliore alle considerazioni espresse nell’articolo sopra linkato. Un settore come il nostro, nel quale si brama letteralmente il ricambio generazionale di cui è carente da tempo immemore, dovrebbe cercare di dare un incentivo agli appassionati di giovane età che pure ci sono. I modi per farlo potrebbero essere diversi, a iniziare dal livello qualitativo e dai costi delle apparecchiature destinate agli esordienti, passando per iniziative anche a livello di comunicazione e promozione che facciano sapere che esiste qualcosa che va al di là di cuffie e lettori MP3, e poi diano l’opportunità di avvicinarsi con maggiore facilità a un mondo notoriamente ostico.

Poi ho sempre pensato che la riproduzione sonora andrebbe portata nelle scuole: si desterebbero interesse ed entusiasmo in molti giovani, che poi col tempo diverrebbero appassionati. Al riguardo occorrerebbero associazioni di categoria in cui ciascuno non pensa solo all’orticello personale e a foraggiare la pubblicistica di settore per assicurarsi il giudizio invariabilmente positivo dal Coro Degli Entusiasti A Prescindere.

Invece, come andiamo a vedere, questo mondo cosa fa? Si adopera per bastonare nel modo più efficace i nuovi arrivi, ormai rari, fin dai loro primi passi. Operando così una sorta di selezione, peraltro feroce: solo chi è disposto a tollerare e sottostare alla fregatura può permettersi di andare avanti, in previsione, o meglio in modalità propedeutica a ciò con cui andrà a misurarsi in futuro.

Siamo di fronte, insomma, a uno dei migliori esempi di sdoppiamento della personalità: da una parte cerchiamo l’afflusso di sangue fresco, innalzando fino al cielo le geremiadi per la sua mancanza che sta portando questo settore all’estinzione. Alla quale ormai manca poco, dato che la generazione che in esso predomina largamente sta per raggiungere i limiti di età. Poi però, nel momento in cui qualche temerario ancora lontano dagli “anta” decide di avventurarsi in questo mondo cosa facciamo? Gli appioppiamo un pezzo di plastica prodotto in Cina, a costo zero, ma soprattutto non in grado di svolgere le proprie funzioni con il minimo decoro, facendoglielo pagare anche una certa sommetta.

Entriamo nello specifico della questione con l’ultimo messaggio inviato dal mio giovane amico qualche giorno fa.

Ciao, il mio giradischi ha connettori RCA femmina di uscita esterni. Il problema è che il segnale che parte dalla base del braccio sia bypassato sempre e comunque dal modulo di digitalizzazione/pre phono USB integrato, indifferentemente che sia accesso o spento. Ho letto in giro di questa situazione da più possessori di AT-LP 120, giradischi con pre integrato che si rifà al 1200 Technics come estetica e come meccanica (trazione diretta). Come anche il mio, un Dual, che però di Dual ha solo il nome in quanto è un modello (DTJ 301 USB) fabbricato come l’AT-LP 120 in Cina (il Dual però ha una qualità leggermente inferiore). Questi hanno visto che il segnale è sempre e comunque bypassato e degradato in termini di chiarezza e spazialità, e ascoltando mi sono reso conto che c’erano somiglianze inquietanti con il suono del mio giradischi. Leggendo su più forum ho visto che la rimozione dello stesso, o almeno il passaggio diretto del segnale dalla base del braccio ai connettori RCA esterni ha determinato miglioramenti sensibili. Vale la pena provare? Ti allego foto dell’interno del Dual che ho io. Tieni presente che ho un ottimo pre phono esterno, il Black Cube Statement.

Ho trovato in giro altri interventi che esternalizzavano addirittura l’alimentazione del giradischi installando presa apposita sullo stesso, eliminando quasi del tutto i ronzii.

Grazie in anticipo

Davide

 

Questa è la mia risposta.

Caro Davide,
perdona la rudezza delle mie parole, ma oggetti simili non andrebbero proprio presi in considerazione. Proprio perché sono del tutto inadeguati a un impiego di qualche pretesa hi-fi.
L’analogico è intrinsecamente costoso, quindi se ne devono accettare gli investimenti necessari. Altrimenti meglio rivolgersi al digitale.
Questo detto da un analogista sfegatato.
Tra l’altro, proprio questo è uno dei motivi che a suo tempo spinsero l’industria di settore a puntare sui formati a codifica binaria.

La tua situazione se vogliamo è emblematica: hai comperato un giradischi che a prima vista sembrava conveniente, per via del suo costo e della presenza del pre phono, che suggerirebbe la possibilità di evitare una serie di spese e di problemi ad esso correlati.
Però poi, proprio quel particolare si rivela la causa di guai peggiori e di spese impreviste.
Così sei partito pensando di risparmiare, o magari desiderando fortemente l’analogico non disponendo della somma necessaria per un esemplare degno di considerazione (quindi che sia in grado di funzionare in modo decente), ma poi hai dovuto acquistare un pre phono esterno, e molto probabilmente anche una testina, per cercare di migliorare un po’ una situazione di grave insoddisfazione. Per ritrovarti infine con ulteriori problemi, per risolvere i quali dopo una serie di ricerche, che ti hanno rubato tempo che avresti potuto dedicare ad altro, senza contare le ore di ascolto rovinate, a dover effettuare un intervento di disattivazione del pre phono interno al giradischi.
Sommando tutte queste spese, senza contare il costo maggiore del supporto vinilico, sono convinto che avresti potuto comperare una sorgente digitale in grado di darti una qualità sonora migliore e molti meno problemi.
Il rimedio più spiccio sarebbe appunto by passare il pre phono interno, non solo a livello di segnale proveniente dalla testina, ma anche di alimentazione.
Sinceramente non ho idea di quanto possa venire a costare un intervento del genere.
A questo proposito è da tenere presente anche la necessità di rimettere le cose come stavano all’origine, in un futuro più o meno remoto, in funzione della rivendita del giradischi.

A questo punto, allora, in una prospettiva di lungo termine si rivelerebbe meno dispendioso proprio il cercare di rivendere subito il tuo giradischi e passare ad altro.
Ossia a un giradischi vero, seppure economico e magari usato, come un Rega P3 che si trova sui 300 euro, oppure abbandonando proprio l’analogico per passare al digitale. Con il proposito magari di riavvicinarti ad esso nel momento in cui avrai possibilità di spesa in linea con i suoi costi.Dual-DTJ-301

Da qui in poi le considerazioni, inevitabili, sulla vicenda del nostro amico.

Credo si tratti di una situazione piuttosto comune per gli appassionati di recente acquisizione. Come vediamo il mondo della riproduzione sonora provvede a sottoporli a una sorta di rito iniziatico, volto a saggiarne l’attitudine e la capacità a sottostare ai suoi meccanismi tipici, che prevedono l’esborso di somme che quasi mai sono proporzionate al valore di quel che si riceve in cambio.

Anche se di ciò ci si può accorgere solo ad acquisto avvenuto e non è detto, dato che allo scopo serve una competenza che quasi mai si ha, in quanto esordienti.

In una fase come quella attuale, in cui al senso della vista viene attribuita tutta l’importanza, proprio sotto il profilo visivo le macchine analogiche economiche oggi più in voga sembrano avere tutto il necessario ad accontentare i loro acquirenti e anche di più. Del resto 9 volte su 10 l’acquisto si fa su internet e quindi l’importante è ben figurare in fotografia. Ecco quindi un bello stroboscopio che dà importanza e fa da specchietto per allodole, proprio come i vu-meter nel campo delle amplificazioni, rivolgendosi però anche a una clientela più navigata ma non per questo meno facile all’infatuazione.

Poi in realtà di fronte a tanto sfavillio ci si accorge che macchine simili non sono nemmeno in grado di fare il loro dovere, ossia suonare in maniera appena decente, dato che sono gravate da quantità di ronzio inaccettabili. Eccoci a rilevare ancora una volta qualcosa che accade spesso, se non sempre. Ossia che a furia di inseguire un traguardo si finisce con il superarlo senza accorgersene. Più lo si insegue con caparbietà e meno sono le possibilità di capire di trovarsi ormai ben oltre ad esso. Con tutte le conseguenze che ne derivano.

Vediamo infatti che questa forma di capitalismo assolutamente intollerante nei confronti di qualsiasi forma di controllo, e che rivendica in forma sempre più proterva la refrattarietà verso ogni senso della misura, ha spinto talmente fuori da ogni limite di ragionevolezza la pretesa di non riconoscere null’altro che non sia il profitto, al punto di causare le condizioni ideali per mettere in fuga le sue fonti di introiti potenziali.

Infatti per ogni appassionato come Davide, disposto a passare sopra alla fregatura che ha subito, predisponendosi a nuove e più importanti spese così da esporsi a rischi maggiori, ce ne sono molti non determinati quanto lui, che imparano la lezione e capiscono all’istante che questo settore è meglio lasciarlo perdere, perché sono solo soldi buttati, grattacapi e nulla più.

Davvero un gran bel risultato.

A questo proposito va rilevato che oggi il giradischi acquistato da Davide costa 220 euro. Somma abbordabile ma non trascurabile, dato che una persona della sua stessa età che se è talmente fortunata da lavorare, difficilmente ha uno stipendio che va oltre i 7-800 euro mensili. Dai quali vanno detratte le spese di trasporto e vestiario, oltre a quelle necessarie a presentarsi sul posto di lavoro con un’immagine confacente ai desideri del datore.

Ho detto talmente fortunata da lavorare e non per caso, o per procurarmi lo strumento atto a dare maggiore forza alla mia tesi, dato che l’ammontare della disoccupazione giovanile va ben oltre il 40% calcolato ufficialmente. Dato che oggi si pretende di dire che è occupato anche chi lavora anche una sola ora al mese e retribuito secondo il vergognoso sistema dei voucher, ossia dello sfruttamento più bieco. Per non parlare delle differenziazioni capziose tra disoccupati, inoccupati e scoraggiati, necessarie appunto a presentare un valore ben più basso di quello reale. Questo modo di fare è la vera dimostrazione della ferrea volontà di un governo privo di qualsiasi legittimazione, ma proprio per questo tenuto in vita con ancora maggior pervicacia e sprezzo della sovranità popolare, al di là del fantoccio che ne è posto a capo, nello sfruttare allo stremo interi ceti sociali. Ad essi rifiuta il minimo livello di dignità, privandoli appositamente di ogni rappresentanza politica, il che oltre a mostrarne la vera connotazione ideologica, trascura il noto adagio “No taxation without representation”. Cosa con cui presto o tardi ci si troverà a dover fare i conti.

Chi lavora, insomma, per mettere da parte quanto necessario all’acquisto di quell’oggetto ha bisogno almeno di un paio di mesi se non tre. Con lo scopo di acquistare qualcosa che non è neppure in grado di funzionare in modo dignitoso. A ulteriore riprova che quello che si vede è di camicia, ma sul resto è meglio stendere un velo pietoso.

Tralasciamo poi che a fronte di condizioni di lavoro sempre più gravose viene riconosciuto un compenso svuotato all’atto pratico di qualsiasi valore, anche se lo si fa pagare carissimo. Proprio perché per il suo tramite non è possibile acquistare null’altro da immondizia, sia pure esteticamente gradevole.

Eccoci allora all’occasione migliore per fare un discorso che mi frulla da parecchio nella testa. Riguarda proprio il meccanismo che si attiva nel momento in cui decidiamo un acquisto.

In genere quando si ha bisogno di un oggetto o lo si desidera soltanto, ci si informa sul prezzo e se questo è giudicato proporzionato a quel che ci si attende da esso, lo si compera e la storia finisce li. Fermo restando che non sempre, anzi quasi mai, si rivela al pari delle attese. Spesso invece dimostra vizi più o meno occulti, dei quali non era possibile accorgersi a priori.

Quando si entra in questo meccanismo, quasi mai ci si sofferma sulle modalità di formazione del prezzo di vendita. Essendo gravato dal 23% di IVA e per almeno un 20-30% di margine per il rivenditore, la metà o più del suo prezzo se ne va in questo modo. Poi però vanno aggiunti i margini per il produttore e i passaggi intermedi della filiera, le tasse e le spese di trasporto. Ciò significa che se va bene solo il 20, massimo il 30% del costo al pubblico del prodotto rimane per la sua fabbricazione. Ossia, dei 220 euro pagati per il giradischi, al valore dell’oggetto ne vanno si e no 40.

Togliamone 20 per motore, piatto con lo stroboscopio e controllo di velocità: cosa resta? Praticamente nulla, che poi è esattamente quello che si riceve in cambio di una somma che è costata fatiche e sacrifici.

In sostanza, al giovane che si accosta a questo settore si vanno a proporre oggetti di livello qualitativo troppo basso o per meglio dire inesistente. Come si può pensare di risvegliare una passione mediante oggetti del genere?

A dirla tutta, un giradischi incapace di funzionare senza produrre un ronzio fastidioso, non dovrebbe neppure essere prodotto. Tuttavia l’urgenza di sfruttare una tra le poche tendenze oggi in crescita, com’è appunto l’analogico, è più forte di ogni altra considerazione. Compresa quella che anche nella fascia più bassa, se si vuole sperare che questo settore riattecchisca, è necessario proporre oggetti quantomeno dignitosi.

A questo proposito si può osservare come al fine di comportamenti che allo scopo di produrre profitto a breve termine causando l’allontanarsi di ogni possibile fonte di ricambio generazionale, non si esita a distruggere definitivamente la reputazione di marchi storici come Dual.
Modo di fare che a sua volta è emblematico dell’assoluta assenza di scrupoli insita appunto nell’ordinamento capitalista, talmente semplice e stringato da riconoscere, appunto, solo la legge del profitto, come qui abbiamo una volta di più la dimostrazione.

Non solo tratta gli individui esclusivamente in funzione dei suoi interessi, dunque come fornitori di manodopera da cui ricavare il massimo del plusvalore o come strumenti di perpetuazione del ciclo consumistico su cui si basa, ma non esita a portare al macello nel modo più feroce gli stessi suoi emblemi, nel momento in cui ritiene non siano più funzionali ai ritmi di estrazione del profitto che si prefigge.
Inevitabile allora porsi una domanda: se persino sui suoi marchi storici, che gli hanno dato tanto lustro e sono stati il pilastro funzionale del meccanismo atto ai ritorni economici di cui si nutre, un sistema simile dimostra tanta crudeltà, come potrà comportarsi nei confronti degli esseri umani che ritenga fuori dalla fase di maggiore utilità al ciclo di realizzazione del profitto?

Tutto questo, oltretutto, dimostra oltre ogni ipotesi contraria ciò che vado dicendo da parecchio tempo: il capitalismo è fisiologicamente destinato a divorare qualsiasi ostacolo si trovi lungo la sua strada, con tanta più efficacia quanto più si perfeziona. Solo che, una volta abbattuti tutti gli ostacoli che ha incontrato sul suo cammino, deve in qualche modo continuare a placare la sua fame insaziabile: avendo già eliminato tutto ciò che è difforme da sé stesso, può farlo soltanto divorando elementi atti alla propria funzione ma che ritenga sacrificabili allo scopo, proprio come nel caso di Dual. Ma anche di AR, Sansui e tanti altri marchi, allo scopo ridotti a una fine ignominiosa. Così facendo, e a furia di proseguire su questo percorso dal quale è incapace di deviare, finirà un giorno con il fagocitare anche sé stesso.

 

 

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