OTL, senza trasformatori di uscita

OTL sta per Output Transformer Less, Senza Trasformatori di Uscita. A un certo punto sembrò potesse diventare una soluzione tra le più praticate nel campo degli amplificatori di classe elevata, ma poi il diffondersi dello stato solido l’ha fatta tornare nell’ombra.

Pur essendo in grado di eliminare alcune tra le limitazioni maggiori degli amplificatori a valvole, ha sempre trovato problemi difficili da risolvere nella sua realizzazione pratica. Una volta eseguito in modo corretto, però, l’OTL ha dato vita ad amplificatori irripetibili e a sonorità tra le più affascinanti nella storia della riproduzione audio.

Fu negli anni ’50 che Julius Futterman realizzò i suoi primi amplificatori OTL, basati su una topologia SEPP, Single Ended Push Pull. Fin da subito dimostrarono doti sonore eccellenti, ben al di là di quelle tipiche delle amplificazioni dell’epoca, sia pure le migliori.

L’altra faccia della medaglia stava in un’affidabilità non proprio da primato. Limitazione, questa, che ne avrebbe influenzato la percezione del pubblico nei decenni successivi e fino ai giorni nostri.
In realtà gli amplificatori OTL, se realizzati nei modi dovuti, hanno dimostrato di poter operare in piena sicurezza per anni, al pari di qualsiasi altra amplificazione.

Julius Futterman, il padfe delle amplificazioni OTL.
Julius Futterman, il padre delle amplificazioni OTL.

Si può dire che per queste elettroniche è stato diffuso il più grande numero di leggende rispetto a qualsiasi altra tipologia di apparecchiature destinate alla riproduzione audio. Quasi tutte vertono su presunte problematiche funzionali, che vedremo più avanti nello specifico.

Viceversa, quello che rappresenta il loro vero aspetto leggendario, ossia una qualità sonora basata su una serie di prerogative fuori dalla portata di amplificazioni realizzate secondo canoni di maggiore diffusione, viene a essere spesso sottaciuto.
Difficile stabilire i motivi di uno stato di cose siffatto, molto deriva dalle problematiche evidenziate dai Futterman e da alcuni degli OTL che li seguirono, i quali probabilmente hanno finito con l’influenzare anche l’immagine di modelli che hanno dimostrato nei fatti la loro affidabilità.

L’unico luogo comune in merito agli OTL che corrisponde al vero riguarda la generosa produzione di calore durante il funzionamento, sinonimo di un elevato assorbimento di energia. A questo proposito si può dire senza tema di smentite che gli OTL si trovano agli antipodi degli amplificatori di tipo a impulsi, notoriamente in grado di trasformare la massima parte dell’energia assorbita dalla rete di distribuzione in potenza erogata sul carico. Proprio per questo sono definiti amplificatori freddi.

Gli OTL, invece, sono molto caldi, direi quasi bollenti, il che li fa apprezzare, sotto questo aspetto, durante la stagione invernale. D’estate, viceversa, se l’ambiente in cui operano non è ben ventilato, il loro impiego può rivelarsi molto meno confortevole.
Tutto il resto delle voci a loro carico, almeno di quelli moderni, è destituito di qualsiasi fondamento, a parte la già menzionata sonorità impareggiabile.

Certo si tratta di una soluzione per alcuni versi estrema, e come tale necessita di più attenzioni rispetto a quelle di amplificazioni di tipologia più comune. Questo però sta all’utilizzatore, che si presume abbia la necessaria competenza in merito, anche se non è sempre così.

Chi si compera una Ferrari, del resto, non è che la porta a fare il tagliando dal primo meccanico che capita e solo quando se ne ricorda. Pertanto la manutenzione di un’auto del genere sarà più costosa rispetto a quella di un’utilitaria, e andrà effettuata con frequenza e accuratezza maggiori.

Si tratta di questioni legate al semplice buon senso, eppure è proprio nel trascurarle accuratamente che si sono potute muovere determinate critiche, come tali da rubricare nell’elenco delle assurdità e delle cose fuori luogo.

E’ evidente allora che trattandosi di elettroniche basate su soluzioni fuori dal comune, gli OTL richiedano al loro utilizzatore non tanto la disponibilità del denaro necessario ad acquistarle, quanto il grado di consapevolezza atto a trattarle nel modo ad esse più opportuno.

Sempre nel corso degli anni ’50 Philips produsse alcuni amplificatori OTL, realizzati per lavorare su un’impedenza di carico pari a 800 ohm, che quindi necessitavano dell’impiego di altoparlanti realizzati appositamente.

 

Il dopo Futtermann
In seguito alla morte di Futterman, il pioniere delle amplificazioni valvolari senza trasformatori di uscita, i suoi progetti furono ripresi e rivisti dalla New York Audio Labs. Tra le altre cose, questi ultimi acquisirono in breve la fama degli amplificatori più indicati per il pilotaggio dei diffusori Quad ESL 63, notoriamente ostici, e in genere degli elettrostatici.

Fu questo un altro elemento che accrebbe la curiosità degli appassionati per gli amplificatori senza trasformatori di uscita.

Dal 1977 uno tra i nomi più noti nell’ambito delle amplificazioni OTL è Atmasphere, costruttore che con l’impiego di una circuitazione completamente simmetrica, denominata Circlotron, ha ottenuto doti di affidabilità più concrete. Molte delle sue amplificazioni si basano sulle valvole 6AS7G, anche se da qualche tempo ha iniziato a utilizzare anche le 6C33.

Il Fourier Sans Pareil
Il Fourier Sans Pareil

Si tratta di valvole di produzione russa, affermatesi come le più indicate per la realizzazione di amplificatori OTL. In particolare per via della loro impedenza di uscita particolarmente bassa, tenendo presente che stiamo comunque parlando di tubi a vuoto, che non ha paragone in tutto il resto della produzione mondiale.

Alle 6C33 si avvicinano alquanto le occidentali 6336, anche se non possono vantare la stessa eccellenza di caratteristiche.

A suo tempo è stato addirittura tentato l’impiego delle arcinote 300 B nella realizzazione di un amplificatore finale OTL. Così facendo, si pensava forse di dare una spinta ulteriore alle già eccellenti qualità sonore tipiche di questa tipologia di amplificatori. A detta di chi ha tentato quell’esperimento, invece, non si sono avuti vantaggi timbrici così eclatanti, ferma restando però la bassa potenza di uscita ottenibile con quel tipo di valvola. Viceversa i costi furono molto più elevati, motivo per cui il 300B OTL non ha avuto seguito.

 

Pro e contro
In linea generale le caratteristiche più interessanti di un amplificatore OTL sono: l’assenza del trasformatore di uscita, che determina l’eliminazione delle rotazioni di fase dovute all’accoppiamento induttivo di tale elemento, l’assenza di perdite di potenza causate dal suo rendimento, la linearità eccellente propiziata dall’assenza del ciclo di isteresi.

Si hanno inoltre una risposta in frequenza molto estesa, distorsione minore, slew rate elevato. Gli esemplari ben progettati mettono in luce caratteristiche sonore d’eccellenza, in primo luogo per dettaglio, trasparenza e velocità di risposta ai transienti.

Gli svantaggi, per contro, riguardano il basso rendimento, la necessità di alimentazioni molto generose, ad alta tensione e con secondari indipendenti per le diverse sezioni circuitali, l’elevata dissipazione in potenza. Oltre naturalmente alle difficoltà insite nella fase progettuale e nell’individuazione delle soluzioni atte a garantire la necessaria affidabilità a lungo termine, inerenti in primo luogo le modalità realizzative e la robustezza della componentistica, che determinano costi di produzione particolarmente onerosi.

Il Fourier
Il Fourier Panthere, monofonico da 200 W, dotato di un ottetto di 6C33C

Ecco, riflettendoci, si può imputare la provenienza di buona parte delle dicerie riguardanti gli OTL all’innegabile complessità e alle problematiche di difficile risoluzione che si incontrano in tutte le diverse fasi della loro realizzazione. Soprattutto con le dinamiche tipiche del mondo attuale, possono indurre a dedicarsi a prodotti molto meno complessi e costosi, per i quali basta rifarsi a schemi che sono di dominio comune da decenni.
Così facendo, oltretutto, ci si può avvalere di margini economici più rilevanti.

Insomma, se realizzando un prodotto semplice e già indagato in tutti i suoi aspetti, con un’estetica che dia nell’occhio abbinata a una politica di marketing ben calibrata si può guadagnare in maniera più che soddisfacente, perché andarsi a cercare complicazioni e problemi che non si è sicuri di saper risolvere?

Da sempre però la parte più bella del gioco sta proprio nella ricerca di nuovi mezzi e sistemi, che permettano di oltrepassare i limiti comunemente attribuiti alla riproduzione sonora.

Se così non fosse, e non ci fossero i pionieri che investono tempo, risorse e conoscenze nella ricerca di nuove possibilità, saremmo ancora all’era dei grammofoni a tromba. Che pure hanno il loro fascino.

Un altro elemento riguarda poi la tentazione incoercibile di delegittimare qualsiasi cosa svetti nei confronti della mediocrità, da parte di chi sa di farne parte e non riuscirà mai a tirarsene fuori.

La faziosità spinta sovente fino alla negazione dell’evidenza, propria di alcune frange di audiofili, e non solo loro, assieme al noto riflesso descritto dalla favola della volpe e l’uva hanno fatto il resto, nel costruire sugli OTL tutta una serie di dicerie non aderenti alla realtà dei fatti, oltre a vere e proprie leggende.

 

OTL anche dal Giappone
A testimoniare il grande interesse riguardo alle amplificazioni OTL, in rete si possono reperire senza difficoltà numerosi schemi per

l'amplificatore OTL realizzato da Technics, il 20 A.
l’amplificatore OTL realizzato da Technics, il 20 A.

autocostruzione. Altrettante sono le discussioni, sui forum dedicati a chi si diletta di fai da te nel settore audio, che riguardano tali amplificatori.

Non vanno poi dimenticati i più importanti tra gli altri amplificatori OTL succedutisi nel corso del tempo. A iniziare dal Technics 20 A, forse la prima esecuzione commerciale di un amplificatore OTL, basato su una variante circuitale del SEPP di Futtermann. Impiegava 5 coppie di valvole 50HB26 per canale, ed era in grado di erogare 2 x 30 watt su 8 ohm.

Sempre dal Giappone arrivava il Luxman MQ 36, del 1966, che utilizzava due coppie di valvole 6336A negli stadi finali e le EF86 quali driver. La sua particolarità era quella di avere morsetti di uscita 16 – 32 ohm, che evidenziava la difficoltà nell’abbinarsi a diffusori di impedenza consueta.

E’ proprio questo il nodo centrale da risolvere per le amplificazioni OTL: l’abbinamento degli stadi di uscita con le caratteristiche del carico, che obbligano spesso all’impiego di numerosi di componenti attivi.

Risale al decennio successivo la produzione di ampificatori OTL della statunitense Fourier, che riprese anch’essa le circuitazioni di Futterman, modificandole e migliorandole dove possibile. Si articolava su tre modelli: il Triomphe, il Sans Pareil e il Panthere.

Il Luxman MQ 36
Il Luxman MQ 36

Il Triomphe erogava 85 watt per canale grazie all’impiego di 16 valvole 6AS7. Il Sans Pareil era un monofonico che utilizzava invece 10 PL509 per una potenza di 190 watt. Il Panthere, anch’esso mono, erogava 200 watt a partire da un ottetto di 6C33C.

Da ricordare i giapponesi Mactone M-8, monofonici realizzati in versione V da 120 watt, e B da 80 watt.

 

L’OTL italiano

L’Italia è uno dei paesi in cui la tecnica OTL è stata indagata nella maniera più intensa e continuativa, con risultati meritevoli di grande considerazione, che oltretutto hanno dato grande lustro alla scuola progettistica e realizzativa del nostro paese.
Il tutto inizia nell’Aprile del 1982, quando un gruppo formato da tecnici e appassionati si confronta in merito a uno tra gli argomenti tuttora più dibattuti nell’ambito della riproduzione sonora. Ovverosia la superiorità degli amplificatori a valvole o di quelli a stato solido.

Non trovando una risposta univoca al quesito, uno tra i componenti del gruppo prova ad affrontare la questione in un modo inusuale. Vale a dire cercando di abbinare le doti sonore delle valvole ai vantaggi intrinseci dello stato solido. Primo tra i quali, appunto, l’assenza della necessità di ricorrere a trasformatori per abbinare correttamente gli stadi di uscita con il carico, ovverosia gli altoparlanti.

Tra l’altro, ciò consentirebbe di liberare risorse considerevoli, dato che i trasformatori di uscita ben realizzati costano parecchio, impiegabili per altri aspetti della realizzazione.

Dunque, costruendo un amplificatore a valvole che abbia caratteristiche per quanto possibile simili a un esemplare a transistor, si sarebbero potute verificare le caratteristiche delle due tipologie di componenti attivi, se non su un piano di parità assoluta, impossibile da concretizzare, quantomeno in condizioni tali da dare a ciascuna la possibilità di esprimersi al meglio.

Se sulla carta la cosa può sembrare facile, tradurla in pratica lo è molto meno.

 

Giovanni Mariani
La persona che ha avuto quell’idea è Giovanni Mariani. Di esperienza ne ha, essendo attivo nel settore fin dalla fine degli anni cinquanta e avendo ricoperto tra l’altro la carica di responsabile tecnico della SAE Europa.

Giovanni Mariani, l'artefice degli OTL Graaf
Giovanni Mariani, l’artefice degli OTL Graaf. Nella foto si intravvedono le apparecchiature da lui costruite per la verifica dei componenti e degli amplificatori finiti, che duravano alcuni giorni per ciascun esemplare.

Per metterla in pratica decide di realizzare un amplificatore a valvole senza trasformatori di uscita. Non solo, per il suo progetto utilizza una serie di soluzioni innovative anche nell’ambito delle elettroniche valvolari di simile raffinatezza.

Riguardano l’eliminazione dei condensatori dagli stadi di uscita, in modo da avere un accoppiamento in continua con il carico, e l’interfacciamento diretto tra i diversi stadi circuitali, che quindi si trovano anch’essi ad essere accoppiati in continua, un po’ come si fa con gli amplificatori a stato solido.

Naturalmente per maturare una sintesi del genere sono stati necessari anni di riflessioni e di verifiche, per poi individuare le soluzioni più confacenti a dare al tutto una forma concreta. E soprattutto in grado di funzionare.

Da tanto lavoro deriva una coppia di prototipi monofonici da 400 watt ciascuno, che valutata all’ascolto ha dato una risposta perentoria al quesito che ha spinto ad affrontarne la realizzazione.

La sua sonorità era entusiasmante, così si decise di realizzare l’amplificatore in una versione adatta a essere commercializzata. Il GM 400, così si chiamava il prototipo, fu riprogettato in una forma più snella e indicata allo scopo. Ha visto così la luce il GM 200, un finale stereofonico da 200 watt per canale su 4 ohm.

 

Gli OTL Graaf
Il GM 200 sarà realizzato da un marchio creato appositamente nel 1985 e denominato Graaf, che sta per Gruppo Ricerche Audio Alta Fedeltà.

Il GM 200 è in grado di operare stabilmente, senza trasformatori e condensatori di uscita secondo una topologia OTL-OCL, sia pure nel pilotaggio di carichi difficili. Tanto è vero che la sua potenza nominale è dichiarata su un carico di 4 ohm, semplicemente improponibile per gli OTL che lo precedettero.

La sua sezione finale impiega 16 valvole per ciascun canale, le PL 504 di produzione RCA, che fino ad allora erano state utilizzate soprattutto per gli amplificatori di riga dei televisori.

Vicino a ognuna delle valvole finali c’è un LED, che serve a indicarne eventuali malfunzionamenti. Scelta, questa dovuta non solo al numero di componenti attivi utilizzati, ma anche al fatto che la stabilità e la robustezza dell’amplificatore sono tali da rendere oggettivamente difficile accorgersi se una valvola fa i capricci senza sottoporre l’amplificatore a una verifica strumentale.

Infatti, anche con una valvola in meno il GM 200 continua a funzionare in maniera imperturbabile. Alla faccia della delicatezza e dell’inaffidabilità che si sono volute affibbiare agli amplificatori OTL nella loro totalità.

Il Graaf GM 200, amplificatore di vertice tra gli OTL del marchio modenese, da 200 W per canale su 4 ohm.
Il Graaf GM 200, amplificatore di vertice tra gli OTL del marchio modenese, da 200 W per canale su 4 ohm.

Sempre a questo proposito, col tempo si verificherà la stabilità delle prestazioni anche a lungo termine sugli esemplari rientrati in sede per essere rivalvolati. Dopo anni di uso intenso si è osservato che erano ancora in grado di erogare circa 150 watt per canale.

La regolazione di bias e offset avveniva in maniera automatica, con l’impiego di una Philips EF 200 per canale. Tali valvole utilizzano un pentodo, per le funzioni audio, e un triodo, dedicato al controllo di tali parametri. Negli stadi driver venne impiegata una 12 AV 7 per canale, in seguito sostituita da una 6922. La dotazione di componenti attivi era completata da una coppia di “occhi magici”, utilizzati quali VU meter.

Per la realizzazione del GM 200 è stato necessario affrontare alcune questioni circuitali molto complesse, risolte a detta di molti in maniera geniale. In tal modo si è dato vita a un amplificatore dalla potenza molto elevata e dalla sonorità veramente fuori dal comune. Malgrado ciò, e al di là del numero di componenti attivi utilizzati, la sua topologia è molto semplice. Da essa deriva anche l’operatività in Classe A fino a 15 watt per canale, per nulla pochi anche in considerazione del fatto che si tratta di un amplificatore valvolare.

 

Una musicalità disarmante
Il GM 200 è caratterizzato da una sonorità fuori da comune, anche se considerata secondo i canoni attuali. In primo luogo per luminosità e limpidezza, le doti tipiche delle migliori elettroniche a valvole. Tali prerogative, però, sono molto più esplicite del solito, anche facendo riferimento ad amplificazioni di classe purissima. Ancor più in evidenza è la ricchezza armonica, forse l’aspetto maggiormente favorito dall’assenza di trasformatori di uscita. Tale assenza si dimostra inoltre molto vantaggiosa per il comportamento agli estremi banda. Quello basso ha potenza, prontezza, estensione e plasticità fin quasi incredibili. Qualcosa di mai più replicato, almeno tra tutto quanto ho avuto modo di ascoltare.

Malgrado ciò le basse frequenze non vanno a influire, nemmeno in parte minima, sulla gamma media, estremamente nitida e dettagliata. Era questo un aspetto inconsueto per un amplificatore di potenza così elevata, genere di apparecchiature non sempre caratterizzata da una spiccata finezza di riproduzione.

Il marchio che campeggia su tutti gli amplificatori Graaf, con le iniziali del loro progettista.
Il marchio che campeggia su tutti gli amplificatori Graaf, con le iniziali del loro progettista.

Tuttavia era un’altra la particolarità che colpiva maggiormente nella sonorità del GM 200. Si tratta della sua velocità, abbinata a una precisione estrema nei fronti di salita e di discesa. Se elementi siffatti li inseriamo in un contesto di potenza e qualità sonora così elevate, si ottiene la capacità di liberare all’istante quantità fin quasi inverosimili di energia in un contesto di nitidezza e di imperturbabilità alle caratteristiche del segnale, sia pure le più ostiche, che lascia semplicemente basiti. Sotto questo profilo non è esatto dire che fosse in grado di surclassare gli amplificatori a valvole e quelli a stato solido, ma qualunque fosse il confronto cui lo si sottoponeva, proprio non c’era storia.

Da tutto quanto descritto finora derivavano doti di contrasto e dettaglio sorprendenti, che conferivano alla riproduzione ulteriori elementi di unicità.

Tutto questo senza obbligare a sopportare esasperazioni timbriche, in particolare alle frequenze superiori. L’insieme di caratteristiche musicali tanto spiccate dà vita a sensazioni d’ascolto ben poco comuni. L’abbinamento tra una simile raffinatezza e una potenza rara tra gli amplificatori a valvole era ed è qualcosa di inedito. Malgrado ciò il GM 200 lo fa sembrare la cosa più semplice di questo mondo.

 

Il tasto dolente
Il prezzo del finale era molto elevato: sfiorava la soglia dei 20 milioni di lire, secondo il listino Graaf di fine anni novanta, somma che non ha nulla a che vedere con i 10.000 euro di oggi.

Una cifra considerevole, ma tutto sommato moderata in rapporto alle caratteristiche uniche per tecnica e sonorità, e soprattutto nei confronti delle modalità realizzative. Ogni esemplare di GM 200 veniva sottoposto a lunghe ed accurate prove di funzionamento prima di essere inviato ai rivenditori.

Addirittura, la durata di tali prove assommava ad alcuni giorni e oltrepassava di gran lunga la quantità di tempo necessaria al suo assemblaggio. La realizzazione vantava l’impiego di componentistica selezionata in maniera molto accurata, determinando un’ulteriore crescita dei costi di produzione. Era però uno tra i motivi alla base dell’affidabilità del GM 200 e dei modelli che lo hanno seguito.

 

I discendenti del GM 200
Il successo sotto il profilo tecnico e sonoro ottenuto con il GM 200 spinse Graaf a realizzare altre amplificazioni, della stessa tipologia ma più abbordabili.
Fu così la volta del GM 100, sorta di versione dimezzata nei componenti attivi della sezione di uscita e nella potenza erogata, e poi del GM 20. Anch’esso OTL, ma derivante da un progetto completamente diverso.

Il GM 100 non era un vero e proprio OTL, dal momento che utilizzava dei traslatori di impedenza per ottimizzare l’accoppiamento con il carico. Questa soluzione si rese necessaria proprio a causa del dimezzamento delle valvole impiegate nella sezione di uscita. In confronto agli altri finali realizzati da Graaf è stato forse contraddistinto da doti sonore meno spiccate ma sempre superiori a quelle proprie delle realizzazioni valvolari più tradizionali, diffuse e apprezzate.

Personalmente, durante un evento pubblico, ho sentito quello che era un po’ il brutto anatroccolo degli OTL Graaf ridicolizzare letteralmente un’amplificazione modernissima e costosa come un grande appartamento. Nell’occasione la mia valutazione è stata confortata appieno dal parere identico espresso dai presenti, nonché da quel principiante del nostro settore che risponde al nome di A.J. Van den Hul.

Eppure all’epoca tutta la stampa di settore era inginocchiata faccia a terra al cospetto di quell’amplificazione, come musulmani all’ora della preghiera. Il motivo stava nel costo, ma anche negli eccezionali responsi di laboratorio da essa ottenuti. Come sempre però smarrivano ogni rilevanza, quando arrivava il momento di tradurre in doti musicali numeri così roboanti, che hanno dimostrato ulteriormente di avere un significato identico a quelli di un’estrazione del lotto.

In quanto tali hanno fatto la fortuna di chi vendeva le costosissime elettroniche anzidette, allo stesso modo di una quaterna secca sulla ruota di Napoli. O meglio di un bel 6 al Superenalotto.

Aspetto curioso, chi invece costruiva il piccolo Davide che sconfisse i mostruosi Golia non ha avuto una sorte altrettanto benevola.

 

Il GM 20

Il GM 20, ritratto nella foto di apertura, era un 20 watt per canale che utilizzava due coppie di 6C33C-B. Si trattava di triodi di potenza prodotti dalla russa Ulyanov.

Il Graaf GM 100 TL
Il Graaf GM 100 TL non è un vero OTL come suggerisce la sigla, essendo dotato di traslatori di impedenza.

Il loro impiego primario era in avionica, soprattutto nei radar degli aerei da caccia MIG. Le dimensioni ragguardevoli, e la luminosità rossastra che emanano durante il funzionamento, danno al GM 20 un aspetto inconfondibile e particolarmente attraente. In passato questa valvola era realizzata anche dalla Svetlana di Leningrado, con il famoso marchio dalla C alata. Oggi le 6C33C Svetlana sono reperibili solo con estrema difficoltà sul mercato delle valvole NOS.

Il GM 20 è stato realizzato sulla base della topologia Circlotron. Le sue caratteristiche timbriche sono del tutto diverse rispetto a quelle del GM 200, dato che diverse sono la circuitazione, le valvole impiegate, quattro 6C33 nella sezone finale, e la potenza erogata. Malgrado ciò, la sonorità tipica degli OTL viene pienamente confermata. Il modello più piccolo è caratterizzato da una maggiore morbidezza della gamma inferiore, che rimane ben estesa, piena, dettagliata e di potenza considerevole. Inoltre, se possibile, la sua sonorità è ancora più raffinata.

Date le sue caratteristiche circuitali, sulla carta il GM 20 è più adatto al pilotaggio di diffusori di buona sensibilità, dall’impedenza effettiva pari almeno a 8 ohm. In realtà si è dimostrato perfettamente in grado di pilotare anche esemplari dall’impedenza parecchio più bassa, purché di efficienza sopra la media, e senza per questo perdere in affidabilità o in durata delle valvole finali, che comunque non è estesissima per via delle caratteristiche intrinseche delle 6C33.

Grazie al prezzo più contenuto ha avuto una diffusione maggiore rispetto al GM 200.

Intervenendo sulla piedinatura interna, il GM 20 può essere configurato per operare in mono, modalità che ne riduce la dipendenza nei confronti dell’impedenza del carico e allunga la vita utile delle valvole finali.

Ultimo nella serie degli OTL Graaf è stato il Modena, versione del GM 20 ottimizzata fin dall’origine per l’impiego in mono, con le conseguenze appena descritte.

 

Un successo mancato
Gli amplificatori OTL non hanno riscosso il successo che avrebbero meritato. Per quel che riguarda i Graaf si può dire che siano tra le elettroniche più in credito di riconoscimenti e riscontro commerciale, malgrado le loro caratteristiche tecniche e musicali.

Prima ancora che dal pubblico non sono stati compresi dai canali di vendita, non del tutto consapevoli delle loro potenzialità, o forse lo erano fin troppo, e ancor più timorosi nei confronti dei loro aspetti meno vantaggiosi. Alcuni di essi sono stati accentuati mentre altri sono del tutto inesistenti, come vedremo meglio più avanti.

Per quanto mi riguarda, ho potuto verificare come gli amplificatori Graaf venissero dimostrati con grande ritrosia, e quasi sempre lasciati scollegati piuttosto che essere fatti ascoltare ai potenziali clienti.

Il dubbio è che le loro doti sonore fossero tali da scoraggiare in un certo senso chi avrebbe dovuto venderli, forse nel timore che il loro acquirente terminasse così la sua corsa al continuo rinnovamento per le apparecchiature dell’impianto. Nella ricerca, spesso vana, dell’oggetto non dico definitivo ma almeno capace di dare le soddisfazioni che ci si attendono.

Affinché gli OTL Graaf raggiungessero il grado di diffusione che avrebbero meritato, sarebbe probabilmente stata necessaria una rete di vendita culturalmente ed eticamente più all’altezza della situazione. Non solo in merito alle caratteristiche del prodotto, ma anche nel saperle illustrare e nell’individuare l’acquirente in grado di comprendere oggetti che senza dubbio non sono per tutti.

Soprattutto, sarebbe stato necessario disporre di rivenditori non così determinati a spennare all’infinito i loro clienti.

Una cosa non facile da ottenere nel nostro settore, in cui spesso si bada più alla rapidità e alla convenienza del ciclo commerciale rispetto alla sostanza di quel che si vende. Le elettroniche Graaf, in ogni caso, hanno trovato un successo notevole su molti mercati esteri. In particolare in quelli nord europei e scandinavi, dove certo non manca la produzione di elettroniche di classe, e in quelli asiatici.

Da qualche anno Graaf ha interrotto la produzione dei suoi finali OTL, anche per via della sempre più difficile sostenibilità dei costi di produzione e soprattutto di collaudo, per i quali il progettista aveva pensato e realizzato una specifica quanto cospicua serie di apparecchiature.
Il marchio modenese prosegue tuttora la sua attività, con un amplificatore a stato solido, al quale verrà presto affiancato un preamplificatore valvolare.

 

Realtà e leggende

Passiamo ora a valutare un altro aspetto che caratterizza in maniera sostanziale la realtà delle amplificazioni OTL, quello che riguarda le leggende sorte al loro riguardo.

Si dice innanzitutto che siano poco affidabili.

A questo proposito potrebbe essere la mia esperienza personale a smentire per prima questo luogo comune. Ho iniziato a utilizzare un GM 20 nel 1998, con il quale ho svolto una quantità enorme di prove di ascolto, accumulando un numero di ore di funzionamento pari a svariate decine di migliaia.

Ha funzionato ininterrottamente dalla mattina alla sera per diversi anni ed ha avuto bisogno di tre sostituzioni delle valvole finali. Dettate da un approccio precauzionale, per via dell’impiego cui è stato destinato, riguardo al quale è necessario avere la massima sicurezza di funzionamento.

Al momento della sostituzione, infatti, funzionavano ancora benissimo. Tranne una, passata a miglior vita dopo molti anni d’impiego, sempre con la manopola del volume ruotata con una certa generosità.

Una rottura è avvenuta effettivamente qualche anno fa e ha riguardato un condensatore di filtraggio, tra l’altro sostituibile con grande facilità, e tutto finisce qui.

Sempre per motivi precauzionali è stato sottoposto a una revisione completa da parte di Giovanni Mariani.

Ritengo che questo tronchi il discorso anche rispetto alla scarsa durata delle finali. Quelle che ho sostituito le tengo come riserva, dato che nonostante il numero di ore di funzionamento sono in buone condizioni.

Ma anche se fosse, si è mai visto qualcuno che non volesse farsi ridere in faccia e passare da assoluto incompetente, lamentarsi per la scarsa durata delle gomme della sua Ferrari?

Non so quindi se questo possa definirsi come il profilo di un amplificatore poco affidabile: oltretutto con prerogative timbriche di un esemplare da competizione si accetterebbe ben altro.

Ai fini dell’affidabilità di un OTL è fondamentale la selezione, dei componenti e di tutte le valvole, non solo le finali. Se si pretende di acquistarle presso un rivenditore qualsiasi, magari allettati dal basso prezzo a cui si possono reperire, si deve tenere presente che la dispersione di caratteristiche tra una valvola e l’altra è molto ampia, in particolare per le 6C33.

Viceversa, per funzionare in modo affidabile, gli amplificatori OTL hanno bisogno che le valvole siano bene uniformi nelle loro caratteristiche elettriche. Per questo motivo Mariani a suo tempo mise a punto una procedura di selezione molto stringente e approfondita, che tra l’altro prevedeva la verifica dell’assenza di corto circuiti tra le sezioni interne con tensioni pari a 1 kV.

Inoltre la selezione delle valvole finali era effettuata a partire da criteri alquanto differenti rispetto a quello canonico. Insomma, è una questione di conoscenza. Se manca è molto facile battere la testa.

La morale è che se si vuole l’OTL, ma poi ci si montano valvole finali acquistate chissà dove e si fa saltare l’amplificatore, la colpa non è di quest’ultimo o della specifica tipologia, ma solo della propria leggerezza.

Corrisponde al vero, invece, che l’amplificatore OTL vada tenuto bene a punto. Per questo è conveniente controllare di tanto in tanto bias e offset, laddove non vi sia la regolazione automatica, con l’aiuto di un semplice multimetro. L’operazione non è difficile e necessita solo di qualche decina di minuti per essere completata. Essenziale è verificare che il bias non ecceda il valore indicato dal costruttore anche ad amplificatore ben caldo.

Date le caratteristiche d’eccellenza degli OTL,  le semplici operazioni volte a mantenerli nelle condizioni di funzionalità ottimale non sembrano questo grande sacrificio. Se si ritiene che lo siano, vuol dire semplicemente che non si ha la mentalità giusta per certe cose: meglio allora rivolgersi ad amplificatori di tipologia più ordinaria.

In merito alle questioni di impedenza del carico, corrisponde al vero il fatto che al suo diminuire la potenza erogata dagli OTL invece di aumentare tende a ridursi.

Malgrado ciò quello che ho utilizzato per più di quindici anni ha operato continuativamente assieme a diffusori che scendono a circa 3 ohm nella zona di maggiore richiesta energetica, senza dare segni di affaticamento. Il che non ha sicuramente posto le valvole finali in condizioni di tutto riposo e ne sottolinea ulteriormente la robustezza. Probabilmente con diffusori d’impedenza più elevata andrebbe ancora meglio, ma sfido chiunque ad ascoltarlo e dire in buona fede che si trovi in difficoltà a causa della bassa impedenza del carico, sia pure a pressioni sonore di un certo rilievo.

Molti tra quelli che lo hanno fatto, viceversa, hanno semplicemente dichiarato di non aver mai sentito nulla di simile.

C’è da dire che dalle nostre parti gli OTL hanno riscosso le antipatie di molti, anche nell’ambito della stampa specializzata.

In alcuni casi particolari a tale tipologia, e a un marchio specifico, è stata mossa una vera e propria guerra personale.

Piccinerie legate a questioni innominabili e all’etica professionale di chi si lancia in operazioni simili. Del resto un simile livello di credibilità è condiviso nientemeno che con quelli della rivista Stereophile, i quali riguardo al GM 200 hanno preteso di pubblicare dati di rapporto segnale/rumore peggiori di quelli di un registratore a cassette. Cosa non si farebbe per non incorrere nelle ire degli inserzionisti più assidui, che hanno sempre mal sopportato di vedere le proprie apparecchiature sfigurare nei confronti di quelle realizzate da emeriti sconosciuti.

Quel che conta sono solo i fatti: ci dicono che gli aspetti più godibili della sonorità degli OTL riescono a trovare riscontri nel campo delle amplificazioni tradizionali destinate alla vendita al pubblico solo con estrema difficoltà.

Al di là di tutte le discussioni, immancabili soprattutto su un argomento come quello che riguarda gli amplificatori valvolari senza trasformatori di uscita, vi è almeno una certezza: il fatto che abbiano conferito grande prestigio e notorietà ai progettisti che hanno aperto la strada alla loro realizzazione, trasformandola in realtà. Che a sua volta ha dato a chi ha voluto e saputo comprenderla, ore e ore di piacere d’ascolto inarrivabile, ma soprattutto un appagamento definitivo. Traguardo ultimo di ogni vero appassionato, ma visto come la peste da chi ha il proprio interesse nel mantenerlo in una perenne insoddisfazione.

 

 

17 thoughts on “OTL, senza trasformatori di uscita

  1. Buona sera, le scrivo in quanto sto restaurando un vecchio Finale Pioneer modello SM-100 del 1968 che pur essendo a transistor ( Toshiba in TO3 ) e’ progettato in OTL SEEP con delle caratteristiche di assoluto rilievo per la potenza di uscita , la distorsione e il rapporto S/N che supera addirittura i 110 db e la possibilita’ di regolare il fattore di smorzamento su tre distinti valori, le chiedo quindi una sua opinione su questo amplificatore di cui faccio fatica a trovare informazioni. La ringrazio cordiali saluti Marco

    1. Buonasera Marco,
      grazie della considerazione.
      Data la sua rarità, l’originalità circuitale, con ogni probabilità tipica di un’era in cui lo stato solido era ancora in una fase di sperimentazione e l’appartenenza a una classe superiore di apparecchiature, ritengo valga senz’altro la pena di restaurare il finale in questione.
      Quantomeno dal punto di vista storico, ma è anche probabile che sia caratterizzato da una sonorità di rilievo.
      A questo riguardo nulla valgono le caratteristiche tecniche, mentre possibilità di regolazione fuori dall’usuale sono in genere penalizzanti per le doti sonore dell’oggetto che ne è equipaggiato, stante il conseguente disseminare il percorso del segnale di ostacoli non necessari e con ogni probabilità dannosi.
      Questo comunque è in linea con lo spirito dell’epoca, in cui tratto distintivo primario era dato appunto dalla dotazione comandi, la cui estensione si riteneva obbligatorio andasse di pari passo con il prestigio dell’oggetto.
      Se possibile cercherei di utilizzare componentistica della qualità migliore possibile nell’intervento di restauro, che con ogni probabilità si rispecchierà nelle doti sonore ottenute.
      Se a lavoro completato vorrai informarmi dei risultati mi farà senz’altro piacere.
      A presto.

  2. Ciao Claudio… ho realizzato molte versioni da me modificate dell’OTL su schema TIM MELLOW, tutto quello che dici è assolutamente condivisibile… non per nulla in casa ho 3 amplificatori OTL, due da 25W con 4 6C33C ed uno da 50W utilizzando 8 x 6C33C.
    Quando li ascolto penso a chi non ne ha mai avuto uno o che non è mai riuscito ad ascoltarne…. Sono più che certo che non avrebbe più dubbi su cosa fare per migliorare definitivamente il suo impianto audio.

    1. Ciao Francesco, grazie della testimonianza.
      Concordo ovviamente con le tue valutazioni, anche se ritengo che l’OTL non sia proprio per tutti.
      Complimenti per le tue realizzazioni.

  3. Ciao Claudio, complimenti per i tuoi articoli. Che notizie hai sul Graaf 5050 e il suo preamplificatore?
    Grazie,
    Stefano

    1. Ciao Stefano, grazie per l’apprezzamento.
      Si tratta di apparecchiature senz’altro valide.
      Data la loro età sarebbe indicato procedere a una revisione che restituisca loro le doti originarie.
      Per ulteriori delucidazioni riscrivimi in privato usando il modulo di contatto.

  4. Buon giorno, mi chiamo Felice Mantovani, ho 55 anni e sono + di 30 su questo argomento. Ho già realizzato un OTL con 6+6 6AS7, ma il mio obbiettivo è un’ampli minimale da 10-20W (già in fase di realizzazione) che piloti un largabanda ad alta impedenza (già realizzazto). Vorrei condividere gli schemi per eventuale supporto/discussione tecnica fra appassionati..

    1. Ciao Felice, grazie della considerazione e complimenti per la tua realizzazione con le 6AS7.
      Un OTL da 20 watt è tuttaltro che minimale, si tratta infatti della stessa potenza del GM 20. 😉
      Mandami un messaggio per mezzo del modulo di contatto, senza dimenticare ovviamente il tuo indirizzo e-mail, e ti darò tutte le istruzioni per l’invio degli schemi e dell’eventuale testo di accompagnamento, cui sarà dedicato un articolo poi commentabile da chiunque lo desideri.
      Grazie e a presto

    1. Caro Vittorio, grazie del commento e complimenti innanzitutto per il tuo finale.
      I tuoi amici hanno perfettamente ragione, dato che il GM 100 suona in maniera davvero ottima. Non a caso, come accennato nell’articolo, è stato proprio lui a ridimensionare in maniera tanto plateale i mega-finali-costosi-come-un-appartamento di fronte ai quali la critica di settore era a quei tempi genuflessa all’unanimità.
      Tuttavia, rispetto al GM 20 e ancor più al GM 200, del quale rappresentava in buona sostanza una versione in scala 1/2, la sua musicalità era un tantino meno esplicita, o meglio sorprendente. Per poter funzionare con metà delle valvole rispetto al modello maggiore, il GM 100 utilizzava dei traslatori d’uscita. Ecco perché la sua sigla era “TL” e non “OTL” come quella degli altri due. Tali componenti, necessari alla sua stabilità operativa sul carico tipico dei diffusori attuali, andavano però a influire almeno in parte sulla qualità del segnale in uscita dal GM 100.
      E’ anche vero che Mariani ha dichiarato a me personalmente come uno tra i suoi rimpianti maggiori, a seguito della chiusura di Graaf, sia proprio quello di non aver potuto sviluppare a fondo la tecnica realizzativa TL propria del finale che possiedi. Dato che secondo lui aveva grandi potenzialità inespresse, persino superiori a quelle degli OTL.

      1. Claudio, apprezzo molto il mio Graaf GM 100 ma molti mi consigliano di sostituirlo. Io ho qualche dubbio in proposito. Ciao.

        1. Caro Vittorio, siccome il tuo più che un commento è una domanda, e solleva una serie di questioni decisamente interessanti, ho ritenuto sia il caso di spostarlo nella pagina delle risposte.
          Spero non ti dispiaccia.
          Comunque in quello spazio troverai la mia risposta, che riassume le mie valutazioni al riguardo.
          A presto!

          1. Scusami Claudio; ma sono andato alla pagina delle risposte ma non ho trovato nulla. Ho sbagliato qualcosa. Ciao e grazie.

          2. Non hai sbagliato nulla Vittorio, è solo che sto ancora scrivendo. 😉 Dammi ancora qualche istante e troverai la risposta dove ti ho detto. OK?

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