La filosofia del Maxibon, considerazioni a margine

Emanuele è tra i veterani della frequentazione di Il Sito Della Passione Audio. E’ anche in possesso di una solida base culturale e di una consapevolezza superiore alla media per i problemi riguardanti la riproduzione sonora, malgrado la sua età ancora giovane. Lo dimostra il commento che ha inviato riguardo all’articolo “La filosofia del Maxibon”.

Dato lo spessore delle sue considerazioni, le ho ritenute meritevoli di essere incluse in un articolo a sé stante.

Emanuele infatti ha dimostrato di poter essere un bravo redattore specializzato nel settore di nostro interesse.

Vedremo se vorrà continuare a dedicare un po’ del tempo di cui dispone a questa attività.

Ecco il suo articolo:

 

La filosofia del Maxibon, considerazioni a margine

di Emanuele L.

Nell’articolo “La filosofia del Maxibon”, Claudio dice:

Lo stesso criterio si applica in una certa tipologia di riproduzione sonora, quella appunto comune ai marchi più in voga nei segmenti di maggiore impegno economico, ai fini della quale si ritiene che la cosa più importante non sia l’assurgere a determinati livelli qualitativi di riproduzione, ma evitare che ne siano evidenziati i difetti più tipici.

Questo perché si ritiene oltremodo sconveniente che all’inserimento di uno o più componenti di quei marchi nella catena audio si possano evidenziare certi difetti. Proprio in quanto si ritiene il pubblico non all’altezza di comprendere i motivi in base ai quali si manifestano, che pertanto verrebbero attribuiti d’ufficio al nuovo entrato. Quindi si fa del tutto per evitarli.

La compianta B&W ha fatto proprio questo: è giunta all’apice del suo percorso di ricerca con la serie D del 2005, ma presto si è stufata di ricevere critiche per i presunti medio asettico e nasale, acuto in evidenza e metallico, basso sovrabbondante ed incontrollabile, effetti che per quanto mi riguarda si devono al non curare la corrente elettrica, i cavi di alimentazione e il dotarsi di una buona sorgente, pensando di risolvere i problemi cambiando vorticosamente amplificazioni, fin quando non se ne trovi una con difetti di segno opposto a quelli indotti dal trascurare gli aspetti fondamentali sopra elencati.

Le B&W di allora erano diffusori che facevano di completezza, universalità e trasparenza i loro punti cardine, oltre ad una curva di miglioramento pressoché infinita, potendo abbinare loro a sorgenti e amplificazioni anche teoricamente spropositate. Eppure ti facevano sentire ogni miglioramento, senza mai dare l’impressione che potesse essere il diffusore il fattore limitante.

Ecco subito pronte le critiche degli appassionati: “Ah, non ha senso che per far suonare un diffusore da 8mila euro devi mettergli 30mila euro di roba”.

No, le cose stanno in maniera opposta: hai raggiunto un livello eccellente risparmiando sul diffusore, lavorandoci, sistemando i problemi anziché mascherarli con uno più accomodante.

Come in ogni ambito, consapevolezza e buon senso sono numericamente minoritari. Ma oggi più che mai per sopravvivere si devono fare numeri.

Così B&W ha iniziato progressivamente a sottrarre gamma bassa dai suoi diffusori, a partire dalla serie Diamond fino alla più recente serie D3, al contempo velando il medio (corrisponde perfettamente il cambio di colore dal giallo al grigio) e “leccando” l’acuto (entrambi in evidenza per “fare scena”). Il tutto seguito dal raddoppio dei listini, che ne ha distrutto la reputazione presso chi la apprezzava per la sua onestá.

Piuttosto che offrire un prodotto di qualità, vista la difficoltà piuttosto comune di allestire un sistema realmente efficace, meglio un prodotto studiato a tavolino per cercare di non far emergere i problemi.

Il prodotto di qualità non farebbe altro che porre in evidenza i difetti di sistemi allestiti da chi non ha idea di dove mettere le mani.

 

L’esempio di Mario

Da un pò di tempo sono in contatto con un appassionato che per convenzione chiamerò Mario, il quale, con una bella coppia di B&W 800 Diamond in casa (a mio parere l’unico diffusore equilibrato della serie D2, già sottoposta a piallatura dei bassi, infatti alle misure praticamente equivale al modello inferiore della serie precedente,le 802D), sta pensando di darle via e passare a diffusori che dovrebbero essere capaci in sostanza di suonare da soli, sempre “bene” qualunque cosa gli si colleghi.

Mario ha provato di tutto, da pre e finali McIntosh ad Accuphase di altissimo rango, eppure accusando sempre un suono senza bassi, energia e coinvolgimento.

Inutili a oggi tutti i tentativi di fargli comprendere che, con la corrente elettrica e la fase degli apparecchi lasciate al caso, un PC attaccato a un DAC inadeguato e un cablaggio improvvisato, qualsiasi amplificazione comperi o si faccia portare a casa in prova, non avrà MAI un suono soddisfacente.

Diffusori di quel livello infatti, non faranno altro che evidenziare problemi, inadeguatezze, scompensi del resto della catena e soprattutto della corrente che la alimenta.

Lui o altri pensano piuttosto a farsi fare preventivi per l’acquisto di correttori d’ambiente, come se la sala d’ascolto potesse sistemare le carenze di ciò che suona.

Le può ingigantire se ci sono problemi grossolani, può deteriorare certi parametri, ma se un sistema suona stitico, con un basso debole e senza ritmo, l’immagine sonora sotto i piedi e le sibilanti che tagliano le orecchie, il problema non é nè l’ambiente, né “l’incisione”, altra fandonia comunemente accettata, “fa figo” dirlo e sembra che per essere accettati lo si debba affermare per forza, come un manifesto, un simbolo di appartenenza.

Il problema è il sistema.

Mario ed altri preferiscono allora il diffusore “che suona bene” a prescindere da ciò che riceve: un non-diffusore quindi, un trasduttore che diventa interprete, o forse un filtro, da 30mila euro. Altrettanti ne investe su pre e finali da centinaia di Watt, ma non vuole spendere quelle poche migliaia di euro in sistemi di rigenerazione della corrente e cavi di alimentazione. Tantomeno vuol fare la fatica a costo zero di girare le spine nelle prese: tutte cose che gli permetterebbero di ottenere il meglio da oggetti meno costosi e meno ingombranti, anzichè sprecare somme ragguardevoli sfruttandone il 15%.

Così facendo potrebbe anche dedicare maggiore attenzione alla sorgente da cui il suono esce, piuttosto che provare invano ad “aggiustare” a valle qualcosa che nasce già viziato.

Non c’è verso.

Comprare rigeneratori, cavi e lettori non appaga, è uno spreco, bisogna comprare diffusori, pre e finali, bisogna trattare prima l’ambiente. Cioè l’anello finale e quanto é visibile, che dando soddisfazione feticistica merita attenzione. Trascurando l’origine del suono che quei pre e finali e diffusori hanno il compito di riprodurre.

 

Il carro andrebbe messo sempre dietro ai buoi e mai davanti.

 

Concludo con una citazione da “I viaggi di Gulliver”, di Jonathan Swift:

“C’era un Architetto molto ingegnoso che aveva escogitato un nuovo Metodo per costruire Case, cominciando dal tetto, e lavorando all’ingiu’ fino alle fondamenta.”

L’ho trovata in un elenco di aforismi sulla stupidità.

Non dò la colpa neppure a Mario, perché in molti casi l’utente non è stupido, ma viene reso tale dalla lobby degli operatori del settore che da molti anni ormai, attraverso la diffusione di falsi miti, preferisce gente insicura, confusa, facile da manovrare con l’arroganza e l’aggressività, sempre pronta a dare fondo al portafogli, piuttosto che appassionati che sanno quello che vogliono ma soprattutto dove mettere le mani e che non accettano di essere plasmati con lo stampino.

La colpa invece è di chi, anche a livello teorico, ha diffuso falsità anziché qualità, per poter avere meno problemi, con un atteggiamento miope e di convenienza immediata che a lungo termine ha portato danni a tutti. Per primi a loro stessi.

 

 

 

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