Impressioni di un ascolto

Già da tempo avevo invitato Tonino e Claudio per un ascolto nella mia saletta. Dopo una serie di rinvii, complice forse il Roma Hi-Fidelity l’appuntamento è stato fissato per il sabato successivo a quello della mostra. Occasione ideale: con le impressioni ancora fresche ricavate dagli impianti di sonorità più esplicita della rassegna, i parametri per esprimere un giudizio attendibile di sicuro non mancavano.

L’ascolto è andato avanti per diverse ore, durante le quali è stato riprodotto un po’ di tutto: dal jazz che insieme al rock progressivo è il mio preferito, alla musica per pianoforte, strumento rivelatore di magagne per eccellenza, a quella eseguita con strumenti acustici e poi medievali, se possibile ancora più critici, alle voci, singole e in coro. Senza tralasciare la chitarra, dato che Tonino la suona e quindi è immaginabile ne conosca a fondo la timbrica. Arrivando poi alle big band jazzistiche, quelle che dalle dimostrazioni delle apparecchiature audio “commerciali” sono bandite per antonomasia, in quanto le sonorità tipiche delle registrazioni del genere, caratterizzate dalla presenza di un numero di ottoni cospicuo, sono le più efficaci per porre nell’evidenza più cruda le limitazioni della produzione corrente di grande serie. Nonché quelle conseguenti all’approccio canonico inerente l’allestimento delle catene audio, sia pure di alto livello.

Non ci siamo fatti mancare nulla, insomma, compatibilmente con il tempo a disposizione da dedicare all’ascolto. Compreso un buon pranzetto, durante il quale tra battute e scambi di opinioni, i miei ospiti hanno confessato l’aver architettato uno scherzo innocente nei miei confronti, trovandosi poi a recedere dal loro proposito. Motivo, l’essere rimasti spiazzati di fronte a qualcosa capace di andare così oltre le loro attese.

A questo punto lascio la parola a Tonino, che poi ha avuto la cortesia di inviarmi il messaggio pubblicato qui di seguito.

Devo dire che sabato scorso ho ascoltato della Buona Musica, in casa di un amico.
Il buon Claudio Checchi sa di chi parlo, e sono sicuro che ne è contento quanto me, essendo lui stesso artefice e carnefice di quest’esperienza sonora.
Ma veniamo ai fatti.
Innanzi tutto le iniziali maiuscole del titolo lasciano presagire che non si è trattato di una rimpatriata dedicata all’ascolto mero ed assoluto di brani musicali, mirata a travolgerti dalle empatie delle incisioni che furono, ma di un’esperienza musicale importante, totalmente sconvolgente, speciale e dedicata.
Colui che ne è l’artefice, l’amico Claudio Checchi, e non me ne voglia, mi ha dato l’opportunità di osservare il suo lavoro da vicino e di costante ricerca sonora, frutto di anni di esperienza, ascolti, ore di prove laboriose, lasciandomi apprezzare le infinite qualità delle sue elettroniche Audio 2C e della sua sala d’ascolto, spazzando in una giornata malinconicamente tutte le mie esperienze in tal senso, tali da non avvicinarsi nemmeno lontanamente a quanto vissuto.
Lo stesso Claudio ne è quindi anche il carnefice, e non me ne voglia di nuovo, sapendo di “far del male” in senso figurato, dando forme e scene sonore inimmaginabili a ciò che le orecchie ascoltano di meraviglioso e che mente abituata a ben altre esperienze sonore non riesce a comprendere o accettare nell’immediato, suo malgrado.
Quindi grazie Claudio di avermi dato l’occasione di conoscere ed approfondire qualcosa di nuovo anche sulla soglia del mio mezzo secolo, un’esperienza per la quale scrivo queste poche righe per apprezzare il gran lavoro che vi si cela dietro.

Inutile dire che le sue parole mi hanno fatto grande piacere. A parte il riconoscimento per gli esiti del mio lavoro, portato avanti tra grandi difficoltà, l’idea di essere visto come un “carnefice”, riguardo al bagaglio di esperienze e concezioni che un appassionato anche di lungo corso si è costruito con il passare del tempo, mi diverte non poco. Soprattutto perché non avrei mai immaginato che un attributo simile potesse essere usato per definire la mia figura, in relazione all’attività svolta fin qui. Credo che questo al di là di tutto fornisca la misura più attendibile dei risultati che si possono ottenere seguendo un certo percorso, quello che mi ha portato a maturare le idee e i punti di vista che poi esprimo negli articoli pubblicati su Il Sito Della Passione Audio.

Quel che scrivo ha ricevuto l’apprezzamento di alcuni, che approfitto dell’occasione per ringraziare di nuovo, anche per il loro supporto, e almeno altrettante critiche. Nei confronti di queste ultime credo sia proprio l’aver raggiunto determinati traguardi a rappresentare la migliore delle risposte. Basata non su chiacchiere, prese di posizione più o meno opinabili o sterili provocazioni, ma su fatti concreti. Verificabili senza difficoltà da chiunque ne abbia l’intenzione. Come ho già avuto modo di sottolineare varie volte, la mia saletta è aperta a chiunque abbia intenzione o solo curiosità di fare una verifica o di mettere in discussione le proprie convinzioni. Così facendo ci si può rendere conto che arrivare a determinati livelli non è tanto una questione di disponibilità economiche, quanto di approccio e di metodo.

Buttare a mare l’80% delle convinzioni maturate anche seguendo troppi consigli interessati più al tornaconto di chi li elargisce che a diffondere una cultura finalizzata alla riproduzione naturale dell’evento sonoro, può risultare difficile, ne sono perfettamente conscio. Soprattutto quando certe questioni si affrontano sulla carta.

Invece, avere di fronte a sé qualcosa che sono proprio i nostri sensi a connotare in maniera indiscutibile, può rendere tutto molto più semplice. Almeno per chi è in grado di accettare l’evidenza delle cose per quella che è. Cosa da non dare assolutamente per scontata, anche se questo è tutto un altro discorso, che ci sarà tempo e luogo per affrontare.

A proposito di approccio e di metodo, la foto che ho scelto per questo post credo sia emblematica. Ritrae un particolare del mio preamplificatore MTAS, che a sua volta è un po’ la sintesi delle mie convinzioni al riguardo, oltre a rappresentare un elemento di importanza fondamentale per la sonorità complessiva dell’impianto operante nella mia saletta.

Anche Tonino e Claudio mi hanno chiesto lumi al riguardo, in particolare per la distanza inusitata tra pannello frontale e manopole. Osservando bene si nota che gli alberini di collegamento non vanno a inserirsi in semplici forature, ma in asole. La loro presenza, e la loro ampiezza, sono dovute al grado di libertà necessario al movimento del controtelaio flottante su cui alloggiano gli elementi attivi valvolari e le circuitazioni di segnale, soluzione che ritengo fondamentale ai fini delle sue prerogative sonore. Inizialmente mi ero ripromesso di accostare maggiormente le manopole, ma poi le ho lasciate così, preso da questioni di importanza ben maggiore nei confronti della qualità sonora. Come dicevo, personalmente ritengo l’MTAS emblematico per la sua impostazione generale, che se osservata secondo i canoni consueti per questo tipo di apparecchiature è un bel po’ controcorrente. La circuiteria è ridotta ai minimi termini, e soprattutto realizzata in base a soluzioni opposte a quelle canoniche, come spesso avviene interessate più alle risultanze strumentali, osservate da una prospettiva legata alla più stretta ortodossia, che al soddisfacimento dell’udito. Del resto non il comprendere, ma solo il dubitare che tra le due cose vi possano essere non differenze ma una vera e propria antitesi, è la conseguenza di un percorso che sempre meno persone sembra siano disposte a intraprendere. Meglio cullarsi nelle false sicurezze di uno scenario appositamente precostituito, rispetto al quale evitare di verificarne l’inconsistenza è semplicissimo: basta tenersi accuratamente alla larga dagli impianti capaci di porre in un’evidenza brutale, certi aspetti, al punto da spingere le persone che fanno determinate esperienze a definire carnefici chi li ha allestiti.

Risultanze che, oltretutto, si limitano solo ed esclusivamente agli aspetti riguardanti il contesto elettrico della faccenda, disinteressandosi completamente dei contenuti di ordine meccanico che intervengono nella riproduzione sonora e hanno un rilievo almeno pari, tanto più evidente quanto si sale di qualità. Del resto misure in tal senso non ne esistono, a dimostrazione della parzialità dell’approccio alla riproduzione sonora, tipico delle fonti allineate.

in base a questa concezione, cerco di dedicare la cura maggiore a tutto quanto trascurato dai metodi di realizzazione diciamo così tradizionali. Per quel che riguarda i preamplificatori e più in genere tutte le realizzazioni industriali dedicate alla riproduzione sonora. A iniziare dal trasporto del segnale audio e dell’energia necessaria al funzionamento dell’unità e proseguendo con gli elementi di contorno. Senza trascurare infine gli elementi che per certi versi rappresentano un controsenso ma ai quali si è talmente abituati da non rendersi più neppure conto della loro valenza.

Un esempio tipico è quello dato dagli innumerevoli sprechi e dalle penalizzazioni che si introducono nella catena di riproduzione, per poi trovarsi nella necessità di recuperare in qualche modo. Senza rendersi conto oltretutto che una volta introdotto un errore, non è possibile correggerlo con uno che si ritiene di segno opposto. Dato che quest’ultimo è comunque caratterizzato da una lunga serie di elementi collaterali sui quali si sorvola deliberatamente per motivi di convenienza, già a livello concettuale, ma che in definitiva vanno a rappresentare vere e proprie palle al piede per la sonorità dell’impianto, dalle quali non c’è più modo di liberarsi. Meglio allora un approccio più snello, che limiti per quanto possibile l’introduzione di determinate penalizzazioni: ne guadagnerà non solo la sonorità complessiva dell’impianto, ma anche il portafoglio di chi poi lo andrà ad acquistare.

Per la realizzazione del pre MTAS, come per il resto delle apparecchiature da me realizzate, mi sono avvalso di alcuni suggerimenti di persone di competenza innegabile e me ne avvarrò per le sue evoluzioni future. Anche questo è un lato del mio approccio e del mio modo di vedere le cose che credo sia molto importante ai fini del raggiungimento di determinati risultati, per quali che siano: tenere le orecchie bene aperte, stare a sentire e valutare con la massima attenzione quel che hanno da dire persone con esperienze diverse dalle mie. Soprattutto non dare mai nulla per scontato, ma provare sempre in prima persona anche le soluzioni che potrebbero apparire più inverosimili.

Così facendo ci si accorge che spesso sembrano tali solo in base alle limitazioni della nostra conoscenza e del nostro approccio, e che è proprio in questo modo che si va avanti e si progredisce, per arrivare talvolta a limiti che in precedenza si sarebbero ritenuti irraggiungibili. Sempre nella consapevolezza che tanto o poco che si sappia non è mai abbastanza e c’è sempre fin troppo da imparare. Proprio perché la complessità delle modalità di svolgimento dei fenomeni naturali, e ancor più quella inerente le loro interazioni vanno ben oltre le pretese di quello che certuni sono convinti vada definito come approccio scientifico.

Viceversa, quando si è convinti di sapere e di aver capito tutto, che tutto sia racchiuso in quanto è già risaputo e che null’altro possa intervenire nella fenomenologia della riproduzione che non sia ricompreso nell’ambito delle verifiche strumentali oggi note, si finisce sempre con il restare al palo. Per il semplice motivo che quel modo di vedere le cose è antitetico ai fini del progredire verso limiti via via più elevati, sempre in termini di qualità sonora. Adottando un approccio simile, inoltre, ci si preclude la possibilità di fare esperienza, proprio perché si dà per scontato che tutto sia inutile, o meglio ininfluente.

Tipica a questo proposito è stata la reazione dei miei ospiti alla verifica della funzionalità del risonatore di Schumann, oggetto attorno al quale vi sono tuttora numerose polemiche. Malgrado non avessero dimestichezza con esso e con i risultati che permette, non hanno avuto difficoltà alcuna a rilevarne gli effetti. Segno che quando si va sul concreto, invece di perdere tempo a digitare compulsivamente su una tastiera, non di rado con lo scopo di dimostrare di averlo più lungo di tutti gli altri, le percezioni anche tra persone dalle esperienze molto diverse finiscono con il trovarsi in buon accordo.

Claudio, se non ricordo male, ha detto che anche senza di esso l’impianto andava bene lo stesso, cosa senza dubbio vera, dato che un oggetto siffatto non può e nemmeno ha il compito di stravolgere completamente la qualità sonore di una catena audio. Tuttavia non ha avuto difficoltà a convenire sul fatto che, a risonatore spento, gli elementi di naturalezza tipici del suo intervento si vanno a perdere, restituendo alla riproduzione una maggiore riconoscibilità come tale.

Un altro aspetto sul quale ci siamo trovati d’accordo ha riguardato le caratteristiche di nitidezza e ricchezza di armoniche, tali da dare un’impressione di forte realismo e presenza di voci e strumenti nell’ambiente d’ascolto. Abbinata però all’assenza pressoché totale di fastidi, asprezze e sonorità più o meno lancinanti. Condizione del tutto opposta a quella riscontrabile per tanti impianti, anche di prezzo e blasone molto elevati, i quali invece suonano quasi sempre poco verosimili, mettono in evidenza sintomi di chiusura inaccettabili, abbinati però ad asprezze ed esasperazioni ben percepibili.

Proprio questi sono gli elementi risultanti dall’approccio canonico, il quale prevede l’attribuzione della massima importanza alle apparecchiature, trascurando deliberatamente le condizioni di contorno. Che invece più si sale di livello e più diventano critiche, per motivi che non ci dovrebbe essere bisogno neppure di spiegare, quando invece ci si rifiuta spesso di prenderli in considerazione, per motivi vari. Uno di essi credo sia la realtà dipinta dalla pubblicistica di settore, in larga parte strumentale, che da sempre spinge esclusivamente proprio sulle apparecchiature, pretendendo che solo mediante il loro impiego si possano ottenere i migliori risultati. Cosa evidentemente non vera, come suggerisce anche l’attività incessante di sostituzione e compravendita tipica degli appassionati che aderiscono a quel tipo di visione, i quali sembrano non capire che è inutile cambiare ogni volta amplificatore, sorgente o diffusori, attribuendo ad essi l’origine della propria insoddisfazione cronica, se prima non li si pone nelle condizioni di esprimere il loro potenziale, per quale che sia.

Se lo si facesse, invece, si scoprirebbe che non c’è nessunissimo bisogno di apparecchiature da nababbi per avere qualità di riproduzione molto soddisfacenti, ma basterebbero oggetti molto più modesti, a patto che ad essi ci si dedichi con la cura e soprattutto la sensibilità necessarie, invece di rivolgersi ad essi con il consueto approccio consumistico e, mi si permetta, acefalo, che porta soltanto a un continuo susseguirsi di spese a vuoto. Ovvero facendo quanto di più conveniente per chi ha lo scopo non di accrescere il livello culturale di questo settore, ma di spremerne risorse economiche oltre ogni opportunità.

Termino qui, riconfermando ancora una volta la mia disponibilità nei confronti di chiunque al bullismo via tastiera, in cui l’atteggiamento prevalente è tapparsi le orecchie e urlare per impedirsi di ascoltare le ragioni altrui, preferisca approfondire le modalità di approccio che ho tratteggiato fin qui per sommi capi, e soprattutto verificare le loro conseguenze.

 

 

6 thoughts on “Impressioni di un ascolto

  1. Ho avuto l’occasione di ascoltare l’impianto di Claudio, premetto che non sono un audiofilo per cui non ho una educazione all’ascolto diciamo specializzata per cui manco di un linguaggio atto alla descrizione dell’esperienza sonora vissuta ma proprio per questo penso che possa essere interessante anche per il costruttore sentire opinioni “volgari”.
    L’impatto prima che sonoro è stato visivo, non mi era mai capitato di vedere un simile allestimento di cavi ed apparecchiature, simmetricamente ordinate su di un’asse, ma che nello stesso tempo avevano un figura decisamente espressionista, come a indicare due nature: una razionale e l’altra emotiva. Proprio questa dicotomia è per me la chiave più utile per descrivere questa seduta di ascolto. Da una parte si aveva una descrizione sonora dettagliata ma facile, leggera che tende a soddisfare la parte intellettuale, dall’altra invece c’era uno spazio creato dalla musica vertiginoso, dove la percezione abituale veniva eccitata fino ad un processo immaginativo, in cui il suono dello strumento o la voce sono così presenti e veri da destare inquietudine….., c’è dell’arte.

    1. Caro Davide, grazie innanzitutto del commento.
      Sei convinto di non avere un’educazione all’ascolto, ma poi riesci a cogliere elementi non così scontati come le differenze sottili tra il vecchio amplificatore e quello nuovo o quelli relativi alla funzionalità del tuo giradischi. In genere, poi, i commenti più centrati li ho sentiti spesso fare da persone non così esperte, forse perché non hanno la testa imbottita dei pregiudizi tipici di tanti appassionati.
      Per il resto hai descritto come meglio non si potrebbe alcuni tra gli aspetti dell’impianto presente nella mia saletta. Del resto proprio questo era l’elemento guida primario della mia ricerca: vedere fin dove si può arrivare in termini di realismo della riproduzione.
      Il tuo definire inquietante questo parametro, credo sia la migliore delle conferme per i risultati ottenuti, ai quali si può pervenire curando con attenzione le condizioni di lavoro di tutto l’impianto e gli elementi di contorno.
      Tutto il contrario, insomma, di quello che sostiene da sempre la pubblicistica di settore, la quale pretenderebbe che solo buttando lì alla rinfusa delle apparecchiature, basta che siano particolarmente costose, si possano ottenere determinati risultati: l’insoddisfazione perenne, tipica del 99% degli appassionati, sta a testimoniare quale sia l’attendibilità di certe linee di pensiero.

  2. Ciao Claudio, ne approfitto per riallacciarmi al discorso del mio amico Tonino: è dura scoprire che l’esperienza audiofila assimilata in 30 anni e trasmessa dalle grandi marche non si avvicina neanche lontanamente a quello che ho avuto il piacere di ascoltare a casa tua.
    Dal nostro appuntamento ad oggi sono passati diversi giorni, ed ogni volta penso a come tu possa aver ideato, creato un palcoscenico: si, proprio così cari signori, sto parlando dell’impianto dove qualche minuto prima vidi tutte le elettroniche (finali, Pre, dac, diffusori. cavi) e poi il nulla,solo musica che scorreva piacevole e naturale senza affaticamento. Durante la sessione chiusi gli occhi e cominciai a percepire la sostanza di questo impianto: un vero e proprio palcoscenico sonoro dove i maestri si esibivano al meglio con i propri strumenti. Pertanto, a questo punto, mi dispiace ammetterlo ma sono giunto alla conclusione che in passato io non abbia mai sentito elettroniche suonare così naturali, dinamiche, veloci con un cesello, un capato fuori dal comune, da fare invidia al Benvenuto Cellini.
    Ringrazio Claudio Checchi per avermi dato l’occasione di ascoltare i suoi componenti Audio 2C frutto di una lunga esperienza e passione nel campo dell’hifi.
    Complimenti anche alla padrona di casa per il pranzetto e l’ospitalità; e per chiunque abbia voglia di togliersi la curiosità, “farsi del male” come dice il mio amico Claudio, ed ascoltare una sessione veramente come si deve, fidatevi, vale veramente la pena di andarlo a trovare. Io vi ho avvisato!

    1. Beh, Claudio, cosa dire… Penso che un commento come il tuo sia il sogno di qualsiasi realizzatore di apparecchiature audio.
      Quindi non posso che ringraziarti di cuore delle belle parole che mi hai inviato. Un ringraziamento anche da Paola, che ci tiene sempre a far sentire gli ospiti a loro agio, come da tradizione di famiglia.
      Riguardo al tuo quesito, ossia come possa aver fatto ad arrivare a questo punto, la risposta non è difficile: un pezzetto alla volta. Prima migliori una cosa, poi ne fai un’altra, poi ti viene un’idea, la sperimenti e vedi se può andare e così via. E’ un po’ come con le ciliege, una tira l’altra. In questo modo si guadagna un 5% qui, un 10% là e dopo aver compiuto un certo percorso ti ritrovi ad aver raggiunto dei risultati interessanti.
      Allo scopo credo sia fondamentale rendere tutto quanto più semplice possibile, togliendo di mezzo il maggior numero di ostacoli sul percorso del segnale, facendo in modo che quello che non si può togliere sia della maggiore qualità possibile, compatibilmente con le disponibilità economiche che come sempre sono quelle che sono. Altrettanto importante è la cura delle condizioni di contorno, che a certi livelli diventano più importanti delle apparecchiature stesse.
      Tutto comunque è iniziato con i cavi, tu stesso sai per esperienza personale quale salto enorme di qualità possano permettere, fermo restando tutto il resto dell’impianto e dell’installazione. A questo proposito hai visto come particolari apparentemente insignificanti possano acquisire un rilievo insospettabile e di grande importanza ai fini del risultato finale.
      Ora non resta che inviarti un saluto e ancora un grande ringraziamento per questo tuo commento.
      Naturalmente quando vorrai tornare a trovarmi sarà sempre un grande piacere.
      A presto!

  3. Ti ringrazio Claudio e complimenti per l’inciso sul tema dell’ascolto nella tua saletta.
    Ribadisco con piacere che ciò che abbiamo ascoltato, soprattutto col merito delle tue indicazioni e suggerimenti, nonchè disposizione e sistemazione accurata delle componenti elettroniche tutte, non è frutto assolutamente di suggestioni sonore.
    E ne sono sempre più convinto, man mano che passano i giorni da quella data, dandomi modo di ragionare meglio in merito a cosa e come, nel saper ascoltare un impianto, sia necessario magari a volte socchiudere gli occhi e non giudicare dalle apparenze.
    Grazie e ad un prossimo ascolto, se vorrai.

    1. Grazie a te e Claudio per la disponibilità e la partecipazione. Appena finisco il pre e il finale di Umberto faccio le nuove modifiche al mio pre e vi avverto, così potrete verificare il cambiamento. Come sempre, quando si passa dalle parole per quanto suggestive e convincenti, all’esperienza diretta, le cose risultano immediatamente comprensibili per quelle che sono. Anche se non è da dare per scontato che la realtà cui ci si trova di fronte sia accettata per quella che è. Non di rado infatti, c’è chi arriva a negarla. Quindi anche nelle verifiche di persona, c’è bisogno innanzitutto di buona fede e apertura: non solo di orecchie ma anche mentale.

Rispondi a Claudio Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *