“IL” giradischi 7 – installazione e messa a punto

Dopo tanta teoria, arriviamo agli aspetti pratici inerenti le sorgenti analogiche.

Il primo di essi riguarda la sistemazione in ambiente del giradischi. La sua importanza è fondamentale, perché in assenza di una base d’appoggio in grado di fare il suo dovere, nessun giradischi, economico o costoso che sia, potrà esprimere le sue doti sonore.

Estremizzando il concetto, la base d’appoggio viene prima ancora del giradischi e andrebbe scelta in base alle sue caratteristiche di peso e ingombro. Fondamentale se possibile è evitare soluzioni arrangiate: riadattare allo scopo mobili che già si possiedono può causare grattacapi a non finire.

A iniziare da quelli che riguardano il rimbombo e più in generale una resa poco accurata delle frequenze inferiori,  dovuta alle risonanze del mobile utilizzato, che verranno captate immancabilmente dal giradischi, con tutto quel che ne consegue.

Va sempre tenuto a mente, infatti, che lo scopo del giradischi è trasformare l’energia meccanica, quella derivante dal muoversi dell’asticciola nel tracciamento del solco, in impulsi elettrici. Il suo limite sta nel non riuscire a distinguere  quelli provenienti dal disco o di origine altra. Sta a noi quindi fare in modo di metterlo al riparo meglio che sia possibile da tutto ciò che non sia il segnale inciso nel solco vinilico.

Per prima cosa, allora, occorre munirsi di un buon tavolino per giradischi. Già su questo primo passaggio le scuole di pensiero sono numerose e prescrivono soluzioni antitetiche le une alle altre. Molto dipende comunque dalle necessità e dalle preferenze del giradischi da installare. Per i Rega, ad esempio, si consigliano da sempre basi leggere, altre macchine hanno preferenze diverse.

Scegliere un tavolino per giradischi non è facile: se in commercio ce ne sono molti, e spesso a prezzi tuttaltro che irrisori, non è detto che facciano tutti il loro dovere. Spesso, anzi, danno maggiore importanza alla soddisfazione del senso estetico dell’osservatore che alle necessità della sorgente, tendenza dominante nel settore ormai da qualche decennio, coi risultati che sappiamo.

Personalmente utilizzo da tempo e con soddisfazione il tavolo che a suo tempo venne studiato per il Linn LP 12 dal suo distributore italiano, realizzato mediante una struttura metallica sottile ma robusta che fa da base a una tavoletta di MDF. Siccome il mio giradischi attuale ha esigenze del tutto diverse rispetto a quello menzionato, a suo tempo ho sostituito il piano d’appoggio.

Alcuni giurano sulle qualità del tavolino Lack di Ikea. Dato il suo costo irrisorio può valere la pena di provarlo, prima di ricorrere a soluzioni più costose. Picchiettandoci sopra con le nocche, tuttavia, si vede subito che non è un campione di smorzamento.

I pavimenti di alcune abitazioni, soprattutto quelle costruite più di qualche decennio fa, hanno una certa tendenza all’elasticità. Questo suggerirebbe di utilizzare una mensola a parete, ancorata stabilmente a un muro maestro. Come si può immaginare si tratta di una soluzione alquanto estrema e dalla messa in opera di praticità opinabile. Non sempre infatti si ha a disposizione una parete portante da forare a piacimento per il fissaggio del supporto per il giradischi. Inoltre, se è vero che il semplice camminare nella stanza di un palazzone ottocentesco può causare fenomeni di rientro evidenti in più di qualche giradischi installato nello stesso ambiente, lo è altrettanto che nell’ascolto di musica si tende in genere a restare seduti in poltrona piuttosto che aggirarsi nevroticamente avanti e indietro.

In ambito più generale, la base d’appoggio è importante non solo in quanto può evitare i problemi maggiori di rientro acustico e rimbombo, ma anche perché il funzionamento del giradischi è influenzato da elementi meno evidenti e se vogliamo più subdoli. Come tali non si manifestano in maniera altrettanto vistosa, ma sono lo stesso in grado di penalizzare la sonorità della sorgente analogica.

In sostanza sono quelli di cui spesso ci si accorge una volta che li si è risolti.

Lo stesso esemplare di giradischi, insomma, può suonare in maniera molto diversa, proprio in funzione della cura attribuita alle sue modalità d’installazione.

 

Migliorare l’isolamento

Quale che sia la soluzione prescelta per la base d’appoggio, un accorgimento utile può essere quello di migliorare l’isolamento del telaio del giradischi dall’ambiente circostante con l’impiego di appositi piedini. In commercio ce ne sono delle tipologie più svariate, ognuna delle quali ha precisi influssi sulla sonorità del giradischi, in funzione della conformazione e del materiale utilizzato.

Qualora sia necessario o solo desiderabile migliorare il controllo della riproduzione in gamma bassa e mediobassa, attribuendole inoltre doti migliori di precisione, articolazione e stabilità d’immagine, oltre a migliorare il recupero delle informazioni riguardanti il resto della banda audio, una soluzione tra le più efficaci è data dai supporti presentati qualche tempo fa su questo spazio.

Anche nella versione per diffusori, se occorre asciugare una gamma bassa troppo esuberante e migliorare i parametri appena descritti, problema tipico di molti impianti, fanno miracoli.

In altri casi, ossia quando ci si trova nella situazione opposta e si ritiene preferibile attribuire alla sonorità corpo e spessore, conseguendo inoltre un maggiore disaccoppiamento, si può ricorrere all’impiego di supporti morbidi. Allo scopo possono prestarsi anche oggetti non studiati specificamente per la riproduzione sonora, contenendo al massimo i costi.

 

Piedini fai da te

Un esempio è dato da quelle che all’epoca della mia infanzia erano conosciute come palline magiche. Circondate da un anello per tende di diametro appropriato, costituiscono un piedino piuttosto efficace e di costo contenuto. Un’altra possibilità, ancora più economica e spesso più efficace, consiste nella fabbricazione diretta del supporto, con l’impiego di bicchierini da caffé usa e getta e silicone bianco per lavandini.

Si riempiono direttamente i bicchierini con il silicone, mediante l’utilizzo delle specifiche pistole, e se ne pareggia il livello con il manico di un cucchiaino o altro arnese similare, al margine superiore del bicchiere.

Per regolarne la morbidezza è sufficiente scavare un buco di profondità e diametro a piacere al centro dell’imboccatura del bicchiere, a silicone ancora fresco, in funzione delle caratteristiche soniche e di flessibilità che si vogliono attribuire al piedino e al peso dell’apparecchiatura che andrà a sostenere.

Un paio di giorni d’attesa o forse tre, affinché il silicone si asciughi per bene, poi si rompe il bicchierino ed ecco pronto un piedino dalle doti smorzanti di grande efficacia, utilizzabile anche sotto alle elettroniche.

Esteticamente non è il massimo, ma può essere celato alla vista con del cartoncino bristol di colore appropriato, conformato in modo da circondare completamente il piedino, fissandone poi le estremità con del biadesivo a formare una specie di cilindretto cavo. Addirittura, riempiendo il foro praticato in precedenza con del silicone di tipo diverso come ad esempio quello trasparente, si può ottenere un piedino a densità differenziata, potenzialmente ancora più efficace, soprattutto per i carichi più pesanti.

Se ne possono utilizzare anche in più strati, interponendo tra di essi una tavoletta, così da aumentare ancor più l’isolamento meccanico del giradischi o dell’elettronica. Questo accorgimento può essere impiegato anche con le palline di cui sopra.

Gli oggetti appena descritti sono in genere più efficaci dei piedini a corredo di giradischi ed elettroniche, e possono rivelarsi di aiuto notevole nel ridurre i fenomeni derivanti dalle interferenze tra telaio e base d’appoggio cui sono esposte tutte le apparecchiature, nessuna esclusa. Tra i numerosi che influenzano la riproduzione sonora, tali aspetti sono tra quelli storicamente più trascurati dai fabbricanti di apparecchiature audio di qualsiasi ordine e grado.

In ogni caso, proprio sulle modalità di appoggio di sorgenti, elettroniche e diffusori si gioca una parte non indifferente del destino di qualsiasi impianto, in termini di qualità sonora. Tenuto conto di questo, la trascuratezza con cui tale aspetto è abbandonato a sé stesso dalla stragrande maggioranza degli appassionati, ha dell’inverosimile.

Al proposito sono come sempre sempre aiutati dalla pubblicistica di settore, talmente presa a cantare le lodi di ogni  apparecchiatura affidatale in prova da costruttori e distributori, da non riuscire a trovare materialmente lo spazio e il tempo necessari per affrontare simili questioncelle.

Per quanto siano fondamentali nell’equilbrio di un qualsiasi impianto, purtroppo hanno un difetto pessimo: non portano introiti pubblicitari. Proprio perché, come è stato detto e ripetuto fino alla nausea su questo spazio,  l’impegno personale del singolo appassionato ai fini della messa a punto dell’impianto non produce nulla di buono, per fabbricanti, distributori e cantori di laudi al seguito.

Non solo, potrebbe portare infine alla presa di coscienza che cambiare apparecchiatura a ogni cambio di stagione, secondo la compulsione all’acquisto instillata febbrilmente dalla pubblicistica di settore, non serve a nulla, se non a gettare dalla finestra quantità di denaro improbabili. Gira e rigira, infatti, i problemi restano sempre gli stessi, quando invece la messa a punto di quel che si possiede già produce non di rado miglioramenti più evidenti e ben più economici.

 

La messa in bolla

Oggi che i bracci fonografici sono in larga maggioranza a bilanciamento statico, ossia il peso che scaricano sulla testina è ottenuto per mezzo di contrappesi, la perfetta messa in piano del giradischi è un aspetto fondamentale. Vale la pena quindi di munirsi di una livella per verificare tale parametro ed eventualmente aggiustarlo in maniera fine per mezzo di pezzetti di cartoncino o altri spessori da sistemare nei punti opportuni.

Solo a titolo di curiosità rileviamo che un tempo erano alquanto diffusi anche i bracci a bilanciamento dinamico, ossia quelli che utilizzano una molla affinchè la testina sia caricata del peso opportuno a tracciare correttamente il solco inciso sulla superficie vinilica. Tale scelta li rendeva meno sensibili alla messa in piano, prerogativa che uno dei fabbricanti più affezionati a tale soluzione, Dual, dimostrava in occasione delle mostre di settore montando i suoi giradischi su un piano a inclinazione continuamente variabile. Malgrado ciò proseguivano imperterriti nel loro funzionamento.

Ci sono altri aspetti della funzionalità del giradischi che risentono della messa in piano, che al di là delle esigenze coreografiche va sempre eseguita con la massima accuratezza.

la ghiera di regolazione del peso nei gracci ad equilibratura dinamica
Nel bracci a bilanciamento dinamico, la regolazione del peso di lettura avviene per mezzo di una ghiera che agisce su una molla. Qui un giradischi Dual.

 

Montaggio e dimatura della testina

Sul montaggio non credo ci sia molto da dire, si utilizzano le apposite vitine a corredo della testina o volendo quelle acquistabili a parte, che potrebbero essere di qualità migliore. Anch’esse hanno un influsso sulla sonorità espressa dalla sorgente analogica.

Personalmente trovo più pratico inserire le viti dal basso e mettere il dado o l’anello filettato sopra lo shell, con l’interposizione di una rondellina morbida. Stringere le viti affinché il corpo testina sia ben solidale con lo shell, ma senza esagerare, per non rischiare di deformarlo.

Le pagliuzze si collegano seguendo il codice colori: bianco e blu per polo caldo e massa del canale sinistro, rosso e verde polo caldo e massa canale destro.

La dimatura va eseguita con grande attenzione, dato che da essa dipende l’errore radiale di lettura e influenza le successive operazioni di bilanciatura del braccio.

Più che l’errore radiale in assoluto, è quello in funzione della distanza dal centro del disco a essere critico, dato che la distorsione da esso originata tende a crescere maggiormente verso i solchi interni.

A questo riguardo entrano in gioco i parametri di lunghezza effettiva, overhang o sbalzo e offset.

La lunghezza effettiva è la distanza tra articolazione del braccio e stilo, l’overhang o sbalzo è la differenza tra la lunghezza effettiva e la distanza tra articolazione del braccio e perno del giradischi. In altre parole è lo sbalzo dello stilo rispetto al perno quando il braccio è portato a fondo corsa, fino a sovrastare il perno con lo shell.

Di solito i costruttori di bracci dichiarano il valore di overhang necessario, dimodoché se il braccio è montato correttamente, almeno in teoria attribuendo allo stilo tale valore, l’andamento dell’errore radiale sarà quello preventivato dal fabbricante.

L’offset infine è l’angolazione attribuita allo shell, o meglio ancora assunta dalla testina rispetto all’asse della canna. Per il suo tramite si minimizza l’errore radiale rispetto a un sistema di lettura totalmente dritto. E’ possibile anche giostrare sul suo valore, ruotando la testina sullo shell, nel caso in cui le asolature presenti su quest’ultimo non siano lunghe a sufficienza da permettere di posizionarla in modo tale da ottenere la dimatura corretta.

Questa come vedremo tra poco non è univoca, ma può variare in funzione delle scelte inerenti la distribuzione dell’errore radiale di lettura in funzione della distanza dal centro del disco.

Qualora il braccio sia montato correttamente, cosa da non dare mai per scontata anche sui giradischi che ne hanno uno montato all’origine, in genere dovrebbe essere sufficiente far si che lo stilo corrisponda al margine anteriore dello shell. Questo può essere il posizionamento di massima, da cui iniziare le operazioni di dimatura.

Allo scopo si usa la dima a corredo di braccio o giradischi. In assenza, se ne trovano numerose in rete da scaricare e stampare su cartoncino. In questo caso è essenziale riuscire a tagliare il foro per il perno del giradischi con la massima precisione, dato che un qualsiasi errore in tale operazione invaliderebbe le indicazioni fornite.

La dima si usa inserendone il foro sul perno del piatto, per poi posizionare la testina ortogonalmente al reticolo stampato su di essa. A quel punto si controlla il punto in cui va a cadere lo stilo sulla scala di errore. Se del caso si sposta leggermente la testina sullo shell e si ripete l’operazione.

Va da sé che i corpi testina e gli shell di forma squadrata sono quelli che permettono di portare a compimento l’operazione con le minori difficoltà.

Ultimamente sono andate diffondendosi anche le dime metalliche, dal funzionamento generalmente efficace, che facilita in una certa misura il corretto posizionamento della testina. Purtroppo sono quasi sempre parecchio costose.

La teoria inerente il posizionamento della testina ai fini della riduzione dell’errore radiale di lettura non è univoca. I criteri adottabili a tale riguardo possono essere diversi. Si può scegliere infatti di mantere l’errore radiale il più basso possibile su tutta la superficie del disco, secondo la curva di Baerwald.

La curva Baerwald.

 

Altrimenti è possibile minimizzarlo laddove lo si ritiene più dannoso, ossia verso i solchi finali, accettando per contro un suo aumento in altri punti secondo la curva di Stevenson.

La curva Stevenson.

 

Infine si può decidere di mantenere l’errore radiale più basso tra i due punti in cui esso si annulla, ossia nella parte mediana del disco, accettando per contro un errore maggiore ai suoi estremi. Questa curva è definita Lofgren B.

La curva Lofgren B

 

L’adozione dell’una o dell’altra dipende da una serie di considerazioni, come alcune tra quelle già fatte, e anche da quella che a distanze inferiori dai 65-70 mm la gran parte dei dischi ha soltanto quella che gli anglosassoni definiscono “dead wax”. zona in cui ci sono i solchi muti di fine disco.

Purtroppo però anche per questo aspetto non c’è una regola fissa e le scelte al riguardo sono lasciate ai gusti e alle preferenze di chi a suo tempo ha eseguito il cosiddetto cutting. A parità di durata dell’incisione, se si dà maggiore spazio ai solchi è possibile attribuire una dinamica maggiore al segnale inciso, andando a finire però nella zona centrale in cui la distorsione è maggiore. Altrimenti, riducendo lo spaziatura tra un solco e l’altra si ha minore dinamica a disposizione, ma si evita che l’incisione vada a interessare la zona dove l’errore di lettura non è solo generalmente maggiore ma ha la massima incidenza, per via della distanza ridotta dal centro del disco.

La curva Baerwald, la più diffusa, dispone i punti con errore radiale pari a zero a 66 e 120,9 mm dal perno. La Stevenson a 60,3 e 117,6, la Lofgren a a 70,1 e 116,2.

La differenza, in termini di posizionamento della testina, è nell’ordine del millimetro o poco più. Questo spiega quanto sia necessaria la massima precisione nelle operazioni di dimatura.

Come abbiamo visto, a patto che sia ben tarato il giradischi ha soltanto due punti in cui consegue un errore di lettura  pari a zero. Qualcuno allora ha avuto l’idea brillante di paragonarlo al proverbiale orologio rotto, dato che anch’esso segna l’ora giusta due volte al giorno.

Se è questa la linea di pensiero che si desidera adottare, non andrebbe trascurato che anche il digitale più costoso può solo sognare le doti musicali più significative di un buon analogico. Dunque, nonostante l’impegno pluridecennale profuso a favore dell’audio a codifica binaria, la tanto decantata tecnologia e l’ancor più idolatrato progresso che la riguarda, gli stuoli di insigni scienziati che entrambi hanno al loro servizio ancora non sono riusciti a costruire qualcosa che sia indiscutibilmente migliore di una vecchia pendola scassata.

 

Bilanciamento del braccio e impostazione del peso di lettura

Una volta stabilita la posizione della testina sullo shell, si può passare all’equilibratura del braccio.

Munendosi di un’apposita bilancina, oggi vanno di moda quelle digitali ma personalmente continuo ad affidarmi alla mia vecchia Shure, in teoria sarebbe possibile fare a meno dell’operazione che riguarda il bilanciamento del braccio. Basterebbe infatti aggiustare i contrappesi fin quando la bilancina indica il valore desiderato.

Tuttavia, nell’impostazione del peso di lettura, è buona norma partire sempre dalla bilanciatura del braccio. Così facendo, la distribuzione delle masse sarà ragionevolmente vicina a quella stabilita in sede di progetto.

La si esegue con il sistema di lettura in assetto di funzionamento, quindi con il copripuntina sollevato o rimosso, il che obbliga a osservare la massima attenzione per non incorrere in qualche guaio di costosa soluzione.

Posizionati peso di lettura e antiskating a zero, si ruota il contrappeso principale, quello montato sul prolungamento posteriore della canna del braccio, fino a che il braccio stesso non rimane perfettamente orizzontale, in equilibrio sull’articolazione.

A quel punto si posiziona la ghiera che riporta i valori di peso in modo che indichi lo zero e poi, ruotando il contrappeso insieme ad essa, la si porta fino all’indicazione del valore desiderato. In genere i sistemi di indicazione forniti dai costruttori hanno una buona precisione, ma è sempre meglio controllare il valore impostato con una bilancina.

Come si vede è un’operazione più difficile a descriversi che a farsi. Quelle fin qui elencate sono le operazioni di massima da eseguire con i bracci dotati di impostazione del peso di lettura mediante il contrappeso principale, ma ce ne sono altri che utilizzano pesi aggiuntivi. In questo caso il peso di lettura s’imposta portandosi prima in equilbrio con il contrappeso principale, secondo la procedura appena illustrata, e poi spostando i pesetti aggiuntivi lungo un asse che solitamente riporta diverse tacche, corrispondenti a valori di peso predeterminati, in genere suddivisi di mezzo grammo in mezzo grammo.

Infine ci sono i sisitemi di regolazione del peso a molla, quelli che contraddistinguono i già menzionati bracci a bilanciamento dinamico. In questo caso, sempre dopo aver posizionato il contrappeso principale in modo da portare il braccio in equilbrio, basta regolare l’apposita ghiera, quasi sempre posizionata in corrispondenza dell’articolazione.

In ogni caso è consigliabile seguire con attenzione le istruzioni del costruttore. In assenza, caso tipico per i giradischi e i bracci usati o d’epoca, si possono reperire in rete.

Caricare la testina con un peso appropriato, primariamente in funzione della cedevolezza del suo equipaggio mobile, ha lo scopo di permettere il tracciamento del solco, che a seconda delle caratteristiche del segnale in esso inciso può essere più o meno difficoltoso. I costruttori stabiliscono un valore minimo e massimo all’interno dei quali eseguire la regolazione del peso.

Com’è immaginabile si tratta di valori di massima, stabiliti oltretutto con un criterio ampiamente precauzionale, non potendo conoscere a priori le caratteristiche del sistema in cui la testina andrà a operare. Un tempo si diceva che fosse opportuno regolare il peso vicino al massimo consentito, per evitare problemi di tracciamento che nei passaggi in cui la velocità dell’incisione sale maggiormente darebbero luogo alla tipica sonorità gracchiante.

Le capacità di tracciamento non dipendono soltanto dalle caratteristiche meccaniche dell’equipaggio mobile e dalla conformazione dello stilo, ma anche dalle doti del braccio e del giradischi. Pertanto all’atto pratico si può verificare come sia sufficiente un peso di lettura inferiore a quello minimo per avere un tracciamento corretto anche dei solchi dall’andamento più tormentato.

E’ opportuno quindi adottare il peso di lettura minimo che permetta di non incorrere in problemi di tracciamento. Questo per almeno due ordini di motivi: aumentando il peso la testina tende a “sedersi” sul disco e di conseguenza  l’inclinazione dell’asticciola rispetto al solco va sempre più a ridursi, variando il cosiddetto SRA, angolo di lettura dello stilo.

Quando il peso di lettura è corretto, la testina conserva un assetto sollevato dalla superficie del disco e di conseguenza l’angolazione del cantilever e dello stilo permette l’esplorazione più efficace del solco. Se il peso è troppo elevato, immagine qui sotto, la testina si siede sul disco e l’angolo di tracciamento si riduce, impedendo allo stilo un recupero efficace delle informazioni. L’aumento del peso determina anche la necessità di un innalzamento della forza di antiskating, come mostra la foto seguente, in cui il cantilever ha assunto un’angolazione più marcata verso l’esterno.

 

Inoltre la sospensione, gravata da un peso maggiore, tende a limitare la libertà del movimento su cui l’equipaggio mobile e la testina nel suo insieme basano il loro funzionamento. Questo comporta sonorità più chiuse e prive di dettaglio e vitalità, appunto quelle tipiche dell’analogico dei tempi in cui si osservavano regole di cui non ci si curava di verificare le conseguenze pratiche oltre gli aspetti più superficiali.

Riducendo il peso di lettura la sonorità si libera, acquisendo grandemente in chiarezza, dettaglio e precisione. Una tra le testine che utilizzo è data per un peso di lettura tra 1,5 e 2 grammi, ma in realtà con il sistema braccio-giradischi su cui è montata legge tranquillamente a 1,1 grammi. Un’altra, specificata per lo stesso peso di lettura, traccia addirittura a 0,85 grammi.

Va poi tenuto conto che ogni esemplare di testina fa caso a sé, per via delle inevitabili discrepanze che si verificano già a livello meccanico in qualsiasi sistema contraddistinto da una paragonabile complessità realizzativa.

Il peso di lettura necessario, infine, è influenzato anche dal modificarsi della sospensione dell’equipaggio mobile in funzione del suo invecchiamento. A seconda del materiale con cui è realizzata può tendere a indurirsi, caso in cui occorre aumentare un pochino il peso, oppure ad ammorbidirsi, quindi lo si dovrà ridurre.

Un altro fattore è dato dalla temperatura ambientale. Se necessario è possibile mantenerla entro certi limiti semplicemente tenendo accesa una lampada a incandescenza sopra il giradischi.

Va detto che anche a testina nuova, o comunque mai utilizzata, la sospensione ha bisogno di muoversi per acquisire la sua elasticità. Quindi nella procedura di verifica del peso minimo utilizzabile è consigliabile partire dal valore più basso indicato dal costruttore, lasciarla lavorare per alcune ore e poi iniziare a scendere, di un decimo di grammo per volta o anche meno, fino a che si trova il punto in cui l’equipaggio mobile lavora con la libertà migliore ma senza incorrere in problemi di tracciamento.

Il variare dell’angolazione dello stilo rispetto al solco conseguente alla modifica del peso di lettura può essere compensato almeno in parte intervenendo sul VTA, regolazione offerta da ogni braccio che si rispetti, esclusi i Rega.

 

Angolo di tracciamento verticale (VTA)

La regolazione del VTA fa parte dell’equipaggiamento di un qualsiasi braccio di pregio, appunto esclusi quelli indicati in precedenza, per i quali sono comunque disponibili dei pacchetti di modifica come quelli realizzati da Origin Live e altri.

In primo luogo detta regolazione  permette di montare testine di tipo diverso, a volte caratterizzate da un’altezza del corpo specifica, mantenendo il braccio nell’assetto di lettura corretto. Soprattutto, permette di fare in modo che l’angolo di tracciamento approssimi per quanto possibile quello adottato in origine dal bulino incisore, in modo tale da permettere la lettura più efficace e approfondita delle informazioni racchiuse nel solco.

Purtroppo non c’è un valore standard adottato in fase d’incisione e ogni disco o quasi fa caso a sé. In pratica si è costretti a utilizzare un valore di massima, se non si vuole cambiare regolazione a ogni disco, da individuare oltretutto per tentativi. Ciò non toglie che sia una funzione di massima utilità, dato che permette di variare la sonorità del giradischi in maniera ben percepibile. Abbassando l’articolazione del braccio, quindi con la canna lievemente “impennata” si ha una sonorità più morbida, alzando l’articolazione, quindi con la canna lievemente “puntata” si ha una riproduzione più brillante e dettagliata.

La regolazione del VTA è utile anche per compensare l’angolo di tracciamento di molte testine, più ridotto del dovuto. Tipico è il caso di quelle delle serie “15”, a suo tempo commercializzate da vari fabbricanti, così definite per l’angolo attribuito al cantilever, appunto di 15 gradi. Quello attribuito al bulino in fase d’incisione può arrivare anche a 23-26 gradi.

Dopo ogni variazione del VTA è buona norma ricontrollare il peso di lettura. Inoltre può rivelarsi necessario posizionare in maniera congruente l’altezza del pistoncino del sistema di sollevamento, che potrebbe alzare troppo poco lo stilo dal disco oppure abbassarlo in maniera insufficiente affinché poggi correttamente sul vinile durante la fase di lettura. Poiché anche l’elemento che va materialmente a sollevare la canna potrebbe non essere geometricamente perfetto, è bene sincerarsi che durante la lettura di tutta la superficie del disco rimanga sempre una certa quantità d’aria tra di essi.

 

Azimuth

Se il VTA è la regolazione del braccio lungo il piano orizzontale, quella dell’azimuth riguarda il piano verticale. In altri termini interessa la perpendicolarità dell’equipaggio mobile della testina, costuituito da cantilever e stilo, nei confronti della superficie del disco, e quindi il giusto contatto dello stilo con entrambe le pareti del solco.

Per dette regolazioni sarebbe indicata la perfetta ortogonalità del sistema di lettura nei confronti della superficie del disco, quindi con la canna parallela al disco nell’osservazione laterale e con lo shell altrettanto parallelo se visto da una posizione frontale.

In realtà queste sono soltanto le condizioni di partenza, dato che oltre alle già menzionate questioni inerenti l’inclinazione del bulino incisore, per una serie di motivi la testina e il braccio non sono geometricamente perfetti. Vale quindi la pena di spendere un po’ di fatica per trovare le regolazioni più efficaci.

Purtroppo i bracci che permettono una regolazione dell’azimuth sono pochi. Ancora meno quelli che offrono la possibilità di eseguirla in maniera accurata e soprattutto ripetibile.

Per la verifica di massima di questo parametro torna utile il disco liscio, unica e sola funzione cui andrebbe adibito. Illuminado la sua superficie con un’angolazione appropriata, ovviamente a testina abbassata, di quest’ultima si ottiene l’immagine riflessa, che è appunto di grande aiuto per verificare l’eventuale inclinazione del cantilever e correggerla fino a ottenere la sua perpendicolarità.

In questo il disco liscio si rivela ben più efficace degli specchietti per signora di cui si raccomandava l’uso un tempo, dato che l’immagine da esso riflessa non risente delle distorsioni causate dalla distanza tra piano di contatto dello stilo e superficie rilettente, tipica dello specchio.

Come già specificato in passato, e qui vado a ripetere per l’ennesima volta, questa è l’unica funzione attribuibile al disco liscio.

 

Antiskating

Ancora oggi c’è chi vorrebbe utilizzare il disco liscio per la regolazione dell’antiskating, ai fini della quale non è inutile ma proprio dannoso.

Le origini di questa leggenda pseudo tecnica risalgono all’era in cui l’approccio alla riproduzione sonora era alquanto più superficiale. Anche a livello di riviste specializzate: proprio una tra le più note dell’epoca pubblicò un disco-prova caratterizzato da una porzione liscia, dedicata a questa regolazione.

In realtà l’inadeguatezza di fondo di un sistema simile dovrebbe essere intuitiva: come si può ritenere possibile  riprodurre le condizioni di lettura dello stilo all’interno di un solco inciso, allo scopo di bilanciare le forze che si creano in sua conseguenza, mediante un disco sulla cui superficie non solo il solco non è inciso, ma non è neppure presente?

Misteri della fede.

Va da sé che l’antiskating predisposto con tale sistema non potrà che essere largamente insufficiente. Cosa che a lungo andare porta inevitabilmente alla deformazione della sospensione, e quindi a un cantilever non più in asse con la testina ma che punta verso l’esterno rispetto ad essa anche in condizioni di riposo.

Se l’antiskating è insufficiente, condizione tipica conseguente alla regolazione mediante disco liscio, durante il tracciamento del disco il cantilever tende a spostarsi verso l’esterno rispetto al corpo testina. Quando l’antiskating è regolato in modo opportuno, il cantilever torna in asse con il corpo testina. Da rilevare che le immagini sono state riprese utilizzando una testina ferma da anni e quindi con la sospensione probabilmente indurita. Si può immaginare cosa accadrebbe con una testina la cui sospensione è nel pieno delle sue caratteristiche di elasticità.

 

 

Una volta che la sospensione è deformata, le soluzioni che la realtà con la sua deprecata testardaggine lascia a nostra disposizione sono due: nel caso di una bobina mobile ci si tiene la testina così com’è, oppure se possibile si procede alla sostituzione del gruppo sospensione presso i pochi laboratori specializzati in grado di portare a termine felicemente tale operazione. Ossia senza rompere o pregiudicare qualcos’altro mente eseguono l’intervento, compito per nulla facile quando ci si confronta con oggetti dalle proporzioni tanto ridotte. Il tutto a costi che approssimano da vicino l’acquisto di una testina nuova di pari livello.

Con una testina a magnete mobile sarà sufficiente sostituire lo stilo, ancora una volta a costi che si avvicinano a quelli di una testina nuova.

Posto che la forza centripeta dovuta alla lettura del solco non ha un valore fisso ma varia a seconda della posizione del braccio sulla superficie del disco, del peso di lettura e della velocità di tracciamento, funzione a sua volta delle caratteristiche istantanee dell’incisione, la forza utilizzata per bilanciarla non può che essere un compromesso. Per verificarne l’idoneità, a parte l’impiego dell’oscilloscopio che è alla portata di pochi, l’unica è osservare frontalmente la testina mentre, a giradischi in movimento, traccia nella porzione mediana della parte incisa del disco. Se l’asticcola è in asse con la testina, la forza di antiskating applicata è ragionevolmente corretta, se l’asticcola tende verso l’esterno, la forza è insufficiente, se tende verso l’interno l’antiskating è troppo generoso.

Una forza di antiskating errata può indurre, nei casi peggiori, una perdita di contatto dello stilo con una parete del solco, dando luogo alla tipica sonorità gracchiante percepibile su un solo canale, mentre l’altro continua a suonare senza problemi.

 

Sistemi a controtelaio

Croce e delizia degli appassionati nell’epoca dell’analogico nel suo massimo fulgore, il sistema a controtelaio sospeso ha avuto il merito di porre al riparo dai fenomeni di rientro acustico, altrimenti definito come acoustic feedback, i giradischi in una fase in cui le accortezze d’installazione odierne non erano neppure immaginabili.

Nello stesso tempo, i diffusori erano caratterizzati mediamente da altoparlanti di maggiori dimensioni, le sonorità tipiche erano alquanto più sbracate su bassi e mediobassi mentre l’abuso sulla manopola del volume era pratica costante, dato che proprio la possibilità di attingere a livelli di pressione sonora ben più elevati della norma era l’elemento più facilmente riconoscibile che distingueva l’utilizzatore di un impianto stereo da quello delle comuni fonovaligie.

Tutto questo dava luogo appunto ai fenomeni di rientro acustico, i cui effetti potevano variare da un certo rimbombo, fastidioso e persistente, fino ai veri e propri ululati che si verificavano più spesso coi giradischi giapponesi, meno protetti sotto questo profilo per via dei loro telai rigidi.

In pratica accadeva che l’energia meccanica da cui è caratterizzata l’emissione sonora veniva ricaptata dalla testina e da essa trasformata in segnale elettrico che si aggiungeva a quello rilevato nella lettura del solco e di nuovo amplificato ed emesso dai diffusori. Per poi ricominciare il ciclo da capo, innescando appunto un corto circuito acustico che a sua volta generava un disturbo tale da arrivare facilmente a sovrastare l’emissione sonora dell’impianto, fino a renderla non più percepibile, e non di rado anche a causare rotture di altoparlanti e amplificatori.

Facendo attenzione, si poteva cogliere l’inizio dell’innesco, sulle prime quasi impercettibile, ma che si trasformava d’improvviso nel tipico ululato penetrante e distruttivo giustamente temuto per le sue conseguenze.

Sistema principe per evitare il problema era l’accorgimento realizzativo stante nel cosiddetto controtelaio sospeso. In pratica per il suo tramite braccio e piatto sono meccanicamente isolati dal resto del telaio del giradischi, quindi assai meno esposti all’innesco dei fenomeni appena descritti.

Il problema principale del controtelaio sospeso sta nei suoi costi, ovviamente maggiori per via della complessità realizzativa, che quindi si è cercato di aggirare nel momento in cui la riproduzione sonora passò dall’essere un raffinato passatempo d’élite a una tendenza di massa, come avvenne nel corso degli anni 70.

Proprio i costi realizzativi, e ancor più le previsioni a lungo termine del loro ammontare, hanno costituito l’argomento numero uno per via del quale l’industria di settore ha deciso di passare armi a bagagli alle sorgenti digitali, al di là della fuffa propagandistica.

Oggi quei fenomeni di rientro, soprattutto nelle proporzioni in cui si verificavano nei casi peggiori, sono fin quasi inimmaginabili, ma chi ha vissuto in prima persona quell’epoca che qualcuno potrebbe definire eroica li ricorda eccome.

Mentre Dual e Thorens, tra i marchi europei più diffusi in assoluto nell’ambito dei giradischi utilizzavano sistemi di sospensione su cui era rispettivamente impossibile intervenire e regolabili soltando accedendo all’interno della macchina, gli inglesi resero comune la taratura dall’esterno del sistema di sospensione.

Tra l’altro, questo rendeva meno complesso l’accoppiamento con bracci realizzati da produttori terzi. Malgrado ciò, la taratura del sistema di sospensione è rimasto sempre un affare piuttosto complesso. Soprattutto quando al giradischi si abbinava un braccio piuttosto pesante, che quindi tendeva a sbilanciarlo su un lato. I costruttori di giradischi non dichiaravano il peso massimo ammissibile del braccio e neppure i fabbricanti dei bracci, tranne pochi casi, si curavano di indicare il peso dei loro prodotti.

Di tale problema non si parlava proprio, tutto quindi era lasciato alla consapevolezza e al buon senso dell’appassionato.

La verifica del funzionamento del sistema di sospensione si eseguiva, e si esegue tuttora, picchiettando con due dita su un punto del piatto a metà strada tra articolazione del braccio e perno del piatto. Ne deve risultare un movimento omogeneo e ben smorzato, che va ad attenuarsi in maniera simmetrica tra i diversi punti di sospensione.

Inoltre le oscillazioni del sistema dovrebbero avere la frequenza più bassa possibile, dato che il sistema di per sé stesso costituisce un filtro meccanico passa basso, che al di sotto del punto di risonanza non è più in grado di eseguire la sua azione filtrante. Nello stesso tempo, più si abbassa la frequenza di risonanza del sistema di sospensione e più la sonorità del giradischi si estende verso il limite inferiore dell’udibile.

Quindi per far si che il giradischi esprima il meglio delle sue doti sonore è necessario fare in modo che il sistema di sospensione sia tarato con la maggiore accuratezza possibile.

 

Pulizia dello stilo

Affinché possa tracciare correttamente, e suonare come deve, la testina necessita che il suo stilo sia pulito. Innanzitutto da polvere e dai residui di vinile che si porta dietro durante la riproduzione del disco. Allo scopo alcuni costruttori includono nell’equipaggiamento delle loro testine un pennellino, che però ha il spesso il difetto di essere troppo morbido. Uno molto efficace era in dotazione ai liquidi di pulizia a suo tempo prodotti da Last, marchio americano specializzato nella manutenzione di vinile e testine. Le sue corte setole sono di efficacia notevole nella rimozione dello sporco leggero.

Dal momento che durante la lettura del disco all’interno del solco si producono temperature non indifferenti, anche dell’ordine delle centinaia di gradi, i residui che lo stilo porta con sé tendono a cuocersi sulla sua superficie, lasciando a lungo andare un deposito contro cui il pennellino non può fare molto.

E’ questo il motivo per cui le testine che hanno lavorato parecchio non hanno più lo stilo brillante come quelle nuove, quando è colpito dalla luce.

Non so neppure quanto possano fare quei composti appiccicosi oggi in commercio, che temo sempre possano portarsi via lo stilo, notoriamente incollato al cantilever, almeno per molte delle testine moderne. Quando lo stilo è quello d’origine il problema non dovrebbe porsi, ma nel caso di quelli sostituiti, sempre tramite un incollaggio che per forza di cose non può avere la saldezza delle origini, sinceramente ci andrei con un po’ di cautela.

In casi del genere è preferibile la pulizia a liquido, uno di quelli appositamente prodotti ma in mancanza si può usare dell’alcool puro o anche della vodka di qualità. E’ opportuno ridurre questo tipo di interventi allo stretto necessario, dato che a lungo andare l’alcool può sciogliere i collanti che tengono unito lo stilo al cantilever.

La pulizia più approfondita può essere realizzata ricorrendo agli spazzolini elettrici che a suo tempo erano realizzati da costruttori come Ortofon e Audiotechnica. Personalmente ho sentito una testina di alto livello che sembrava già suonare molto bene recuperare in maniera imprevedibile in gamma alta e altissima con l’utilizzo di tali dispositivi.

Il loro impiego non è complicato: si mettono un paio di gocce di liquido pulente sullo spazzolino e poi si preme il pulsante di avvio. Si cala la testina e si lascia agire per qualche secondo.

Ancora una volta osserverei cautela nei confronti degli stili reincollati.

 

Smagnetizzazione

Dal momento che le bobine delle testine MC lavorano immerse nel campo magnetico generato da magneti piuttosto potenti, è inevitabile che tendano a magnetizzarsi. Ne deriva una sonorità improntata a una certa asprezza, quella cui è abituata la maggioranza degli utilizzatori.

Una possibile soluzione al problema sta negli appositi smagnetizzatori reperibili in commercio. A seguito del loro impiego la sonorità acquisisce una morbidezza e una fluidità impossibili da ottenere altrimenti.

L’effetto della smagnetizzazione non è permanente, ma va ripetuto di tanto in tanto. Personalmente lo faccio prima di ogni ascolto delle mie testine MC, dato che per forza di cose le bobine tendono a rimagnetizzarsi. Con l’uso e anche perché restano comunque immerse nel campo generato dai magneti presenti all’interno della testina.

Un noto fabbricante di fonorivelatori attribuisce al sistematico ripresentarsi del problema la sua posizione al riguardo, concernente l’inutilità di usare gli smagnetizzatori, tanto dopo un po’ le bobine si magnetizzano di nuovo. Il che, in linea di principio, equivale a sostenere che lavarsi sia inutile, tanto in capo a qualche ora si sarà sporchi di nuovo.

Personalmente utilizzo uno smagnetizzatore di produzione artigianale che ha dimostrato la sua efficacia e la sua capacità di migliorare i propri effetti ripetendo più volte consecutive il trattamento.

 

Altra pulizia

Si puliscono i dischi, le apparecchiature dell’impianto, i tavolini che fanno loro da supporto e talvolta i connettori dei cavi. I contatti di testina e braccio, invece, li si trascura.

Si potrebbe pensare che non serva, dato che sono dorati. Le cose stanno invece in maniera diversa, poiché anche le dorature, per quanto eseguite correttamente, tendono comunque ad accumulare dell’ossido. Anche quando shell, bracci e testine sono nuovi, dato che dal momento della loro produzione a quello del loro primo impiego passa del tempo, durante il quale il processo di ossidazione ha tutta l’opportunità di agire.

Quindi, anche a testina nuova, è essenziale pulire i suoi contatti, ancor più quando ha mesi o anni di attività alle spalle. Vanno puliti anche i contatti relativi alle pagliuzze dello shell, quelli tra shell e braccio e quelli tra braccio e connettore del cavo di uscita.

Personalmente utilizzo del bicarbonato a secco, efficacissimo, rispettoso delle dorature e dal costo molto basso, aiutandomi con cotton fioc e spazzolini. Il nero che resta sugli arnesi di pulizia testimonia al riguardo.

Dato che l’ossido tende a penalizzare la conduzione, rendendo il suono più aspro e confuso, e che a causa della sua tensione infinitesimale il segnale analogico è il più vulnerabile a qualsiasi forma di penalizzazione, i risultati che si ottengono da tale operazione possono lasciare a bocca spalancata. Soprattutto quando il giradischi è connesso a un impianto in grado di metterne in luce le caratteristiche sonore.

Come abbiamo visto, l’installazione e la messa a punto di una sorgente analogica sono pratiche lunghe e complesse, che pretendono il rispetto di una lunga serie di elementi e il possesso di una buona manualità e precisione. Ecco perché è stata più volte paragonata a una forma d’arte, sia pure minore. I risultati che se ne possono ottenere, curandone al meglio i diversi aspetti, possono dar luogo a grosse soprese in termini di qualità sonora.

L’analogico dunque non è solo uno sport piuttosto costoso, ma anche imppegnativo. Proprio perché per essere fruito al meglio necessita di una serie di attenzioni che non sempre si ha la possibilità, il tempo e la voglia di prestare. La ricompensa sta in una serie di prerogative inerenti la naturalezza e la verosimiglianza della riproduzione oltremodo difficile, se non impossibile, da ottenere nell’utilizzo delle sorgenti di altra tipologia.

Soprattutto da quelle “premi il bottone e ascolta”.

 

 

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