I dischi di novembre

I Beatles erano molto attenti ai rapporti con i loro fans, organizzati in un club tra i più attivi della sua epoca. Per questo ogni Natale registravano un messaggio, che stampato su flexi disc veniva inviato per posta a tutti i suoi membri. Iniziata nel 1963, l’usanza andò avanti fino allo scioglimento del gruppo, avvenuto nel 1969. Sono 7 messaggi natalizi in totale, mai pubblicati fino ad oggi al di fuori del fan club, raccolti in un cofanetto la cui uscita è prevista per il prossimo 8 Dicembre.

Per quanto non sia particolarmente significativo musicalmente, il contenuto del cofanetto rappresenta un documento importante. Non tanto per i collezionisti di qualunque cosa abbia a che fare con il lascito del quartetto di Liverpool, riguardo al quale si sta raschiando evidentemente il fondo del barile, ma quale testimonianza per l’evolversi delle tecniche di comunicazione che hanno portato la musica, e in particolare quella di un certo tipo, a occupare un ruolo preminente nel più vasto sistema dell’intrattenimento. Soprattutto nei confronti di una precisa fascia generazionale, andando a costituire un fenomeno che  proprio in quanto tale ha dato luogo alle necessità di una fruizione più approfondita e coinvolgente dell’evento sonoro. Quindi alla motivazione primaria per la nascita, lo sviluppo, il perfezionamento e la diffusione dei sistemi di riproduzione sonora di qualità elevata.

Gli stessi Beatles a questo proposito hanno avuto un ruolo altrettanto importante, prima come punto di partenza e poi quale veicolo di diffusione, insieme a un gruppo di epigoni via via più nutrito, di una mutazione molto profonda in termini culturali, del linguaggio, in particolare quello non verbale, e se vogliamo di un approccio all’esistenza e un rapporto con sé e con gli altri profondamente diversi da quanto era stato socialmente ammissibile fino ad allora.

Il cofanetto comprende 7 dischi da 7 pollici, lo stesso formato in cui i messaggi a suo tempo vennero diffusi, ognuno dei quali è realizzato con vinile colorato in una tinta che riprende  quella dominante nell’immagine di copertina. Come sempre la raccolta è accompagnata da un libretto, di 16 pagine, che raccoglie le note di registrazione e la riproduzione delle newsletter pubblicate dal gruppo atteaverso il suo fan club.

 

Dallo scorso 27 Ottobre è di nuovo disponibile “The Jimi Hendrix Experience“, il famoso e ambito cofanetto in velluto viola comprendente 8 LP, pubblicato in origine nell’anno 2000 in sole 2000 copie, andate presto esaurite. Ne fanno parte registrazioni inedite, dal vivo e in studio, dei brani più celebri del chitarrista, in ordine cronologico, per un totale di 56 tracce. La riedizione su vinile da 180 grammi è curata da Sony Legacy

 

Continuiamo con il rock, per parlare della riedizione degli LP di Tom Waits, curata dalla Anti e tutti su vinile da 180 grammi. Si inizia dal 10 Novembre con “Bad As Me“, su LP singolo, per poi proseguire il 24 dello stesso mese con due doppi,  Alice” e “Real Gone“, più il singolo LP “Blood Money“. Il primo Dicembre sarà la volta di “Glitter And Doom Live“, mentre “Mule Variations” chiuderà il 15 il calendario delle uscite. Anche questi sono su doppio LP.

Per il progressive rock mi sembra interessante l’uscita di “Three Piece Suite“, che raccoglie alcuni brani tratti dai primi tre album dei Gentle Giant. Il remix è stato curato da Steven Wilson dei Porcupine Tree, già occupatosi di “Octopus” e di ” The Power And The Glory” dello stesso gruppo. Nonché, ormai alcuni anni fa, dell’intera raccolta delle riedizioni del quarantennale dei dischi dei King Crimson. Si tratta forse dell’esempio più evidente di come il remix di dischi storici, se effettuato con sapienza e misura, non debba essere per forza di cose un elemento distruttivo per la loro sonorità originaria, ma possa rivalutarla e renderla più fruibile rispetto alle prime edizioni.

Ovvio che di Steven Wilson ce n’è uno soltanto e quindi non possa occuparsi di troppe cose insieme, ma se il suo lavoro fosse stato preso a esempio per tante riedizioni nostrane, come quelle da edicola esaminate di recente, il loro contenuto e quindi il responso al riguardo sarebbe stato ben diverso.

“Three Piece Suite”, desta un rimpianto dato che dischi come “Gentle Giant, “Acquiring The Taste” e “Three Friends“, dai quali sono tratti i brani in scaletta, avrebbero meritato la riedizione in forma integrale.

Ancora per il rock progressivo è da menzionare il cofanetto dedicato a Emerson, Lake & Palmer. Intitolato “Fanfare 1970-1997“, è stato pubblicato a fine Ottobre.

Comprende naturalmente tutti gli album pubblicati dal gruppo a ciascuno dei quali è dedicato un CD, oltre a una serie di altri contenuti. Quello più interessante, almeno per il pubblico italiano, riguarda i 3 LP inediti, su vinile da 140 grammi, che includono brani eseguiti nei concerti del 1973 di Roma e Milano. Ci sono poi  altri 5 CD, dedicati ad altrettanti concerti: uno tenuto negli Stati Uniti nel 1972 e gli altri quattro negli anni ’90.

Del cofanetto fa parte inoltre un disco Blu Ray, in cui sono contenute le rimasterizzazioni 5.1 di “EL&P“, “Tarkus“, “Trilogy” e “Brain Salad Surgery“. Le prime due sono state realizzate ancora una volta da Steven Wilson, le altre da Jakko Jakszik.

Ancora non è finita, dato che ci sono anche i due 45 giri pubblicati dal gruppo: sono riprodotti nel consueto formato da 7 pollici, con le versioni rimasterizzate di “Lucky Man” e ” Knife/Edge” il primo e “Fanfare For The Common Man” e “Brain Sald Surgery” il secondo.

Immancabile il libretto, in formato 12 pollici, che contiene foto, i testi di tutti i brani e uno scritto curato da Chris Welch, tra i più noti giornalisti musicali di quell’epoca. Per non farsi mancare nulla c’è poi una spilla in metallo smaltato, con impresso il logo del gruppo.

Il cofanetto è in edizione limitata a 3000 copie e numerata: considerando la quantità di materiale contenuto, il prezzo di vendita pari a 150 euro circa è da considerarsi allettante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un altro disco di quelli che hanno fatto la storia del rock è in uscita per il 17 Novembre: si tratta della riedizione del cinquantennale di “Strange Days” dei Doors. E’ pubblicato su CD doppio e sul primo disco riporta la rimasterizzazione dell’album curata dall’ingegnere del suono che a suò tempo curò la regisgtrazione dei nastri originali, Bruce Botnick. Il secondo disco propone invece la versione monofonica dell’album, che vede la luce su CD per la prima volta. Al di là dei contenuti artistici e della rilevanza del gruppo, soprattutto per quel che riguarda il cantante Jim Morrison, il disco è interessante anche perché per l’occasione il gruppo ebbe a disposizione un registratore a otto piste, che all’epoca rappresentava l’apice tecnologico della registrazione in studio e permetteva soluzioni espressive generalmente negate dai precedenti quattro piste. In “Strange Days” fece una delle sue primissime comparse  nell’ambito della musica rock il Moog Synthesizer, strumento che non solo avrebbe caratterizzato un’intera epoca con le sue sonorità, ma avrebbe avuto anche una lunga serie di successori, come l sintetizzatori EMS, ARP e persino il nostrano Davoli, che trovò  impiego anche da parte di gruppi stranieri. Il suo suono può essere ascoltato ad esempio in “For The Girls Who Grow Plump In The Night” dei Caravan.

Da rilevare inoltre che la versione semplificata del Moog Synthesizer, definita Minimoog, è tuttora tra i sintetizzatori più ricercati: gli esemplari in condizioni di pieno funzionamento spuntano quotazioni inimmaginabili solo pochi anni fa. Questo si deve alla naturalezza dei suoi suoni, dovuti alla sintesi analogica, che sono tuttora attuali o meglio senza età. Tutto il contrario di quelli dei sintetizzatori digitali, che sono caratterizzati temporalmente in maniera ben riconoscibile e malgrado a suo tempo abbiano spopolato, oggi sono obsoleti proprio dal punto di vista delle sonorità.

Lo stesso del resto è accaduto per l’organo Hammond e per il piano Fender: prima messi nell’angolo dall’esplosione delle tastiere a sintesi digitale e a campionamento rivelatasi quantomai effimera, ma poi, proprio come è accaduto per i dischi vinilici nella riproduzione sonora nei confronti del digitale, hanno avuto la loro rivincita e oggi sono gli strumenti a tastiera più ambiti tra gli esecutori di musica moderna.

Per il rock progressivo che predomina in questa edizione di ” I dischi del mese”, ho voluto lasciare per ultima la riedizione dei primi quattro dischi di Brian Eno: “Here Come The Warm Jets“, “Taking Tiger Mountain (By Strategy)“, “Another Green World” e “Before And After Science“.

Si tratta di album fondamentali che non possono mancare nella raccolta di qualsiasi cultore del genere. Per il loro tramite si può ripercorrere l’evoluzione che dopo la fuoriuscita dai Roxy Music portò l’assertore di “La musica ai non musicisti” da forme assimilabili a quelle del gruppo in cui aveva militato, sebbene più rivolte all’avanguardia come quelle dei primi due album, verso la sperimentazione fin quasi assoluta che avrebbe caratterizzato la fase successiva della sua carriera. I prodromi della quale sono rintracciabili senza difficoltà nella seconda coppia di LP.

La sintesi più efficace, dal mio punto di vista, è stata quella di “Another Green World”, disco dalla personalità se vogliamo introversa, ma forse proprio per questo di più grande bellezza nel minimalismo che ne pervade in varia misura tutti i brani. La riedizione è curata da UMC su vinili da 180 grammi.

Purtroppo non è dato sapere se la riedizione comprende le stampe accluse nella prima edizione di “Before And After Science”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Passiamo al jazz con un paio di uscite della Concord. La prima riguarda “Bridge Into The New Age” del sassofonista Azar Lawrence, che ha all’attivo collaborazioni con artisti del calibro di Mc Coy Tyner, Miles Davis, Freddie Hubbard ed Elvin Jones, solo per nominarne alcuni. Si tratta del suo disco d’esordio da leader, nel 1974 e come molti dischi dell’epoca è caratterizzato da una radicale contaminazione con altri generi e dalla ricerca di nuove modalità espressive, che in breve mutarono completamente la realtà del panorama jazzistico e ne decretarono la rapida evoluzione verso forme più libere e spesso di maggiore fruibilità.

La seconda è “Jungle Fire” di Pucho and The Latin Soul Brothers, tipico esempio della mescolanza tra jazz, funky e musica latina tipica della seconda metà degli anni sessanta, ma che suona attuale ancora oggi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lucky Peterson dedica a quello che probabilmente è stato il più grande organista jazz il suo “Tribute To Jimmy Smith“, mentre da Dieter Ilg arriva “B-A-C-H“, in cui con il suo trio rivisita numerose tra le opere più note del compositore tedesco.

Altri due classici appena ristampati sono “Legrand Jazz“, forse l’album più noto e godibile del compositore francese e “Fontessa” del Modern Jazz Quartet, un altro dei dischi che hanno fatto la storia del jazz. Le due riedizioni sono state pubblicate rispettivamente da Impex Records e Speaker’s Corner.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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