CAVI

 

 

Durante la mia collaborazione con le riviste di settore di cavi ho avuto modo di provarne parecchi, un po’ di tutti i marchi attivi in campo audio e di tutti i prezzi.

Ma proprio come per le apparecchiature di produzione industriale, mio malgrado anche nei cavi mi sono sempre trovato a riscontrare quella mediocrità di fondo che finisce per accomunarli sulle medesime limitazioni, tranne forse alcuni modelli di costo proibitivo.

Tra l’uno e l’altro sono certamente riscontrabili differenze di ordine timbrico, anche marcate: quello più cupo, quello più dettagliato, esteso in alto, equilibrato sul medio o con la gamma bassa più solida e potente. Dunque scegliendo con attenzione è possibile mettere insieme il set di cavi più adatto per il proprio impianto.

Ma sempre e solo sotto il profilo timbrico. Quando si cerca di andare oltre quello che a tutti gli effetti è soltanto il parametro di base e più superficiale atto a caratterizzare le prerogative della riproduzione sonora, sembra di sbattere con la testa contro un soffitto: più su di tanto non è possibile andare.

In questo spazio ci limitiamo a prendere atto del problema, ma chi è interessato all’argomento troverà a breve un’analisi, svolta ovviamente secondo il mio punto di vista, nell’articolo “Cavi, diatriba senza fine“.

All’atto pratico, il plafond delle caratteristiche di quasi tutti i cavi di produzione industriale non solo determina uno scadimento evidente per la sonorità dell’impianto, ma causa anche un fenomeno ancora peggiore: il rendere sostanzialmente inutile, oltre certi limiti, la ricerca di miglioramento effettuata mediante il cambio dei componenti dell’impianto, con altri via via più raffinati.

Certo, un cambiamento passando dall’uno all’altro lo si continua a percepire, ma sempre restando entro limiti prestazionali ben precisi, dati appunto dal collo di bottiglia rappresentato dal sistema di cavi utilizzato, che non permette ai componenti dell’impianto di esprimere fino in fondo il loro potenziale.

Questo è un altro dei motivi per cui gli appassionati continuano a cambiare apparecchiature su apparecchiature, andando incontro a spese talvolta significative, per restare sempre insoddisfatti.

In sostanza ciò avviene perché cercano la soluzione dei difetti del loro impianto in elementi che hanno a che fare con essi solo in parte.

Viene insomma a delinearsi un limite sostanzialmente invalicabile, qualsiasi cosa si faccia, peraltro abbastanza basso. Soprattutto in relazione alle quantità di denaro considerevoli investite nell’impianto.

Le conseguenze di quel limite sono date dal conferire alla sonorità dell’impianto la prerogativa facilmente riconoscibile di riproduzione. Che quindi è senza vita e realismo: volendo esagerare, ma neanche troppo, sembra di essere di fronte a una grossa radio, con tutti i risvolti del caso.

Quando si cerca in qualche modo di forzare quei limiti, non di rado si finisce a sonorità fortemente esasperate. Quindi se possibile ancora più artificiali. Un esempio tipico lo si riscontra presso alcune salette delle mostre di settore, nelle quali personalmente non riesco a resistere più di qualche minuto, dato che i suoni che in esse vengono emessi mi causano mal di orecchie e di testa.

Una volta preso atto che il sistema di cavi può produrre un limite invalicabile alle prestazioni dell’impianto, e che quello indotto dai cavi di produzione commerciale e prezzo terreno pone questo limite piuttosto in basso, mi restavano due possibilità: cercare di acquistarne di più costosi, oppure cercare di sopravanzarlo per conto mio.

La seconda opzione era quella obbligata.

Se questo era il dato di fatto, il punto di partenza è, dal mio punto di vista, l’inutilità di scimmiottare le soluzioni tipiche dei cavi industriali, per quanto rinomati e riveriti: era chiaro che se volevo andare oltre i loro limiti dovevo fare qualcosa di radicalmente diverso.

Fare qualcosa di diverso significava iniziare a prendere in considerazione l’eventualità che ci fosse qualcosa che va oltre R-L-C, resistenza, induttanza e capacità, ufficialmente ritenuti i soli parametri influenti sulle prestazioni di un cavo.

Del resto se quelli realizzati secondo tale legge e ottimizzandone per quanto possibile i parametri dimostrano con tanta evidenza i loro limiti, ci deve essere per forza qualche altra cosa. Affrontando la questione in questi termini ho ritenuto di individuare una serie di elementi in genere trascurati nella realizzazione dei cavi destinati all’impiego in campo audio.

Quindi mi sono messo all’opera per vedere se le mie intuizioni potevano avere anche un vago legame con la realtà.

Ho iniziato con il realizzare un cavo per diffusori.

E’ stato di sicuro per una botta di fortuna, ma quando l’ho collegato ha dimostrato di essere molto diverso da tutto quello che avevo avuto modo di provare fino ad allora.

In particolare la sensazione che subito ha catturato la mia attenzione è stata la mancanza plateale di un qualcosa cui ero talmente abituato da non rendermi più neppure conto della sua presenza. Nello stesso tempo, lo spazio a disposizione per la sonorità degli strumenti sembrava come essere aumentato e divenuto più realistico. Mi scuso se adopero un termine simile, ma davvero non so come definire in modo più appropriato quella sensazione.

 

Cavi di potenza Audio2C Zen P-C in versione monowiring. Possono essere realizzati anche con conduttori in argento.

 

Proseguendo con l’ascolto sono pian piano riuscito a prendere le misure a quello cui mi trovavo di fronte. L’elemento mancante era quella che chiamerei una sorta di nebbia elettrica, dato che non mi viene un altro termine con cui definirla, indotta da qualsiasi cavo che avevo provato fino ad allora, nessuno escluso. La sua presenza andava a mescolarsi con la sonorità degli strumenti e delle voci, causandone innanzitutto l’intorbidimento. Oltre a un senso di costrizione, non solo a livello timbrico ma anche dinamico, di dettaglio e naturalezza.

Cose, queste, di cui ci si rende conto solo una volta che le si sono non dico eliminate, ma almeno ridotte sensibilmente nella loro entità. Si è abituati ad esse, essendo connaturate nella riproduzione sonora eseguita tramite i mezzi, diciamo così, tradizionali al punto tale che non ci si fa più caso. Insomma, ci si convive, senza più neppure accorgersene.

Proprio come uno che è nato in una grande città, e non si è mai mosso di lì, è talmente abituato a respirarne l’aria inquinata che non se ne accorge nemmeno. Però se lo si porta in montagna, non a fondo valle ma in cima alla funivia, lo capisce eccome. Appena scende dalla cabina la differenza la coglie all’istante, già al primo respiro. L’aria è più tersa, pulita, frizzante, respirarla procura addirittura piacere e con essa ci si riempiono i polmoni: sembra di non averne mai abbastanza.

Ecco, se mi si passa il paragone, eliminando quella sorta di nebbia elettrica, o comunque riducendone l’entità in maniera significativa, la sensazione può essere simile, tranne che invece dell’olfatto coinvolge l’udito. Resta appunto più spazio per far esprimere la sonorità degli strumenti, da cui maggiore nitidezza, dinamica, tridimensionalità, facilità di cogliere il dettaglio.

A quel punto non restava che fare una controprova, applicando i principi utilizzati per quel cavo di potenza anche a cavi di segnale. E poi di alimentazione e digitali.

 

Il cavo di segnale Audio 2C Zen IC-1. Può essere realizzato anche nella versione IS-1, con conduttori in argento.

 

Ogni volta che se ne aggiungeva uno quella sensazione di liberazione aumentava, oltretutto in proporzioni via via maggiori, fino a che, arrivato a eliminare anche l’ultimo cavo “tradizionale”, il miglioramento è stato di un multiplo rispetto a quello verificato con il primo.

L’esperimento descritto l’ho ripetuto diverse volte, e con impianti e soggetti diversi, anche a loro insaputa, arrivando sempre alle stesse conclusioni. Uno di loro, mano a mano che sostituiva uno dopo l’altro i cavi di segnale nel suo impianto, a ogni nuovo esemplare mi diceva: “Claudio, ogni volta che mi porti un nuovo cavo va meglio di quello prima!” Eppure il cavo era fatto sempre allo stesso modo.

Così il salto di qualità che si ottiene con l’ultimo cavo sostituito è sempre molto maggiore di quello verificato con i precedenti, anche se via via che si aggiungono gli uni agli altri la sensazione di miglioramento va sempre ad aumentare uno dopo l’altro.

Questo comporta un altro aspetto generalmente trascurato: i cavi presenti in un impianto nel loro insieme formano un sistema, esattamente come lo è l’impianto. Quindi un sistema nel sistema che come tale va considerato, invece di prendere ogni volta in esame il singolo cavo.

Ciò ovviamente non significa che i cavi di un impianto vadano comperati o cambiati tutti insieme, anche se fare una prova in tal senso permette di cogliere al meglio le differenze tra un set e l’altro, ma che il processo di sostituzione dovrebbe avvenire in una prospettiva di sistema, invece che limitandosi a valutare il singolo cavo volta per volta.

Fin qui una parte delle convinzioni che ho maturato in qualche anno dedicato alla realizzazione di cavi.

 

Zen

Ho deciso di chiamare così la mia linea di cavi,  malgrado come ho scritto nella pagina dedicata alla filosofia da cui derivano i miei prodotti, detesti le denominazioni roboanti. Infatti ritengo siano utilizzate soprattutto per far credere agli appassionati e ai potenziali clienti cose che non esistono, e per riempire meglio la loro bocca e quella dei venditori dei prodotti che se ne avvalgono.

Il motivo di questa scelta sta nel fatto che purtroppo la realizzazione dei miei cavi è lunga, complessa e faticosa. Così da imporre uno sforzo di volontà notevole soltanto per decidere di apprestarsi a tale opera. E poi anche perché sono il frutto di una riflessione protrattasi nel tempo, volta a immaginare quale potesse essere un sistema tale da andare oltre le limitazioni tipiche dei cavi dedicati alla riproduzione sonora.

Leggendo queste parole, qualcuno potrebbe chiedersi chi me lo fa fare ad affrontare tante difficoltà per realizzare oggetti se vogliamo banali. La risposta è semplice: si tratta del solo modo che conosco in grado di permettere i risultati in termini di qualità sonora riassunti in questa pagina, ormai riconosciuti e condivisi da un certo numero di appassionati.

Per quanto mi riguarda, del resto, fare le cose in un altro modo non avrebbe senso, proprio perché a quel punto i miei cavi ricadrebbero non dico nella mediocrità ma nella banalità, dato che finirebbero con l’assomigliare almeno in parte ai tanti altri prodotti disponibili. Quindi non avrebbe più senso alcuno realizzarli.

Devo dire che seppure necessitino di tanto sforzo, mi dà grande soddisfazione vedere la faccia meravigliata degli appassionati che mi chiedono di ascoltarli sul loro impianto, una volta collegati. Di più ancora mi diverte vedere lo sconcerto che li assale quando dopo qualche decina di minuti di ascolto proviamo a toglierli per rimettere quello che c’era prima. Accade così che l’impianto che in origine sembrava suonare in maniera tutto sommato gradevole, diventa all’improvviso inascoltabile.

Questo comporta anche un rovescio della medaglia, stante nel fatto che non riesco mai ad avere un set da dimostrazione, proprio perché finisce sempre col restare attaccato all’impianto degli appassionati che mi hanno chiesto di provarli.

Così ogni volta che qualcuno li vuole ascoltare si ricomincia da capo, e tra la richiesta e l’effettuazione della prova passano regolarmente alcune settimane.

Del resto chi non ha intenzione di attendere può trovare il prodotto commerciale bell’e pronto nei negozi specializzati.

Termino col dire, ma a questo punto forse non ce n’è bisogno, che i miei cavi si basano su modalità di realizzazione esclusivamente manuali, a partire dal trafilato grezzo in rame o argento, e sono disponibili nelle tipologie di alimentazione, interconnessione, per diffusori e digitali.

Ciascun modello può essere ulteriormente personalizzato in merito alle sue doti sonore, sulla base delle esigenze di chi lo andrà a utilizzare.

Spero di non essere tacciato di immodestia o altro, ma l’e-mail inviatami tempo fa da un appassionato che ha installato una coppia di esemplari per diffusori mi ha fatto un grandissimo piacere. Per questo l’ho conservata e ora la pubblico qui di seguito.

 

On Wed, 7 Jan 2015 22:39:10 +0100 (CET)
“xxxxxx@libero.it” <xxxxxx@libero.it> wrote:

Ciao Claudio,

ho i capelli dritti. Il giradischi ora va da dio, il cavo è eccezionale. i vicini di casa hanno chiamato i carabinieri e a me non fanno male le orecchie. C’è qualcosa che non va perché non ci sto capendo + niente. Non sono abituato a quella qualità. I pitoncini dietro le casse fanno la loro grande figura poi se li svegli ti incantano  e muori incantato dalla musica. Non riesco a capire perché ad alto volume non danno fastidio, e poi mi sembra che suonino + forte. Stai attento Claudio a fare cavi del genere rischi le patrie galere, 1 volta i personaggi scomodi li mettevano in galera. Se continui a fare cavi cosi ammazzi tutti gli altri cavi, diventi scomodo e ti eliminano. Noi però comuni audiofili pagheremo i migliori avvocati x farti uscire  e continuare a fare cavi come questi. Gira voce che sopra casa tua ed intorno girano strani esseri grigi con occhi grandissimi che atterrano con delle macchine a forma di dischi luminosi e si portano via dei cordoni neri lunghi circa 2 metri o poco più che sembrano piccoli pitoni. Stai attento che se spargono la voce tra di loro ti portano via x capire come fai a fare quei cosi neri. Ciao grazie e attento.

 

Prove di ascolto possono essere effettuate nella mia saletta oppure con l’impianto dell’interessato.

Per ulteriori informazioni si può utilizzare il modulo contatti.

 

Cavi di alimentazione Audio 2C Zen A-2 per sorgenti, preamplificatori e amplificatori di potenza contenuta