100.000 letture per un’altra fedeltà

Nei giorni scorsi il conteggio degli accessi a Il Sito Della Passione Audio ha oltrepassato le 100.000 unità.

Di fatto questo traguardo è stato tagliato già da qualche tempo, dato che un conteggio rigoroso degli accessi, mediante specifico plug in, è iniziato a circa 5 mesi dalla messa in linea del sito.

Atteniamoci però al dato ufficiale, di cui approfitto per ringraziare tutti quanti hanno seguito la mia attività su questo spazio in maniera più o meno assidua.

Centomila accessi in un anno e mezzo, per una media di circa duecento al giorno.

Sono pochi? Sono tanti?

Difficile dirlo. Questo dato di sicuro non è stato aiutato dal rivolgersi a un settore che, lo si voglia o meno, è residuale, già da parecchio. Oltretutto seguendo una filosofia non allineata, o meglio del tutto controcorrente rispetto alle millemila mistificazioni spacciate per verità rivelate, che ormai ne costituiscono la vulgata dominante. Almeno in apparenza è accettata di buon grado dalla maggior parte degli appasionati, stando a quel che si legge sui forum e sui social dedicati al settore.

Dunque i contenuti pubblicati in questo spazio sono dedicati quasi esclusivamente ad approfondire i numerosi aspetti controversi della riproduzione sonora, che da sempre le fonti di informazione più o meno ufficiali trascurano minuziosamente.

Per convenienza? Trasandatezza? Scarsa voglia di affrontare argomenti scomodi, che in quanto tali non si sa mai dove possono portare?

Non saprei: di sicuro quel modo di fare non mi appartiene e me ne sono sempre tenuto alla larga.

 

Vetrine, commistioni e “soma”

Ho sempre detestato l’ipocrisia e il girarsi graziosamente dell’altra parte ogniqualvolta si palesino questioni scomode. A cui fa regolarmente seguito il tentativo di delegittimazione nei confronti di chiunque si azzardi a rilevarle o, non sia mai, a cercare di comprenderne le origini.

Motivo di più per il quale mi sono sempre schierato contro il pensiero unico, che in questo settore è figlio dell’eterno presente insito nella vetrina sfavillante e senza soluzione di continuità materializzata dalla pubblicistica di settore.

Da sempre riempita all’inverosimile di apparecchiature sostanzialmente indifferenziate le une dalle altre, con cui ci si rapporta secondo un metro unidirezionale. Fondato sulla rinuncia sistematica e deliberata alla benché minima volontà di analisi e di applicazione del senso critico, qualunque sia il media utilizzato: carta stampata, rete eccetera.

Del resto se chi allestisce quella vetrina non ha problemi a fare da testimonial negli eventi dedicati al lancio delle nuove apparecchiature da parte dei costruttori più in vista,  va da sé che le cose non possano andare in maniera diversa. E mai ci andranno, visto che chi dovrebbe esprimere una critica va sottobraccio a chi vende l’oggetto da analizzare.

Paradosso dei paradossi, invece di curare il necessario mantenimento delle distanze tra funzioni similmente antitetiche, si diffonde questa commistione facendone pubblico vanto. Indice ulteriore della realtà capovolta che stiamo vivendo.

Si dice che con le dittature di un tempo si perdesse la libertà. Con l’odierna dittatura dei mercati, che pretende ogni giorno di sovrimporsi alla sovranità degli Stati Nazionali e minaccia di punire gli esiti del voto popolare se non ne asseconda i desideri, si perde innanzitutto il lume della ragione.

Delle conseguenze pratiche di un andazzo simile, gli appassionati sembrano non accorgersi. Spero che non sollevino il problema per evitare discussioni che finirebbero col prendere una piega antipatica.

Così, a forza di essere propagandato come l’unico possibile, si è affermata l’idea che l’approccio alla materia capace di esprimere soltanto lodi sperticate sia quello corretto. Quando invece è la negazione di sé stesso, avendo eliminato il motivo d’essere della valutazione stessa. Per questo vediamo che tanti appassionati, nel momento in cui decidono di parlare di qualche apparecchiatura, lo fanno proprio uniformandosi a quel modello.

Ne esasperano anzi gli elementi più deteriori, al punto di renderli grotteschi nella loro piaggeria. Segno evidente che ci si è omologati ad esso, più che altro per forza d’inerzia, non avendo alternative che permettano di fare una scelta, per poi finire con il pretenderlo.

Questo fenomeno mi ricorda il modo in cui la popolazione descritta in “Brave New World” di Aldous Huxley, in italiano “Il Mondo Nuovo“, geneticamente programmata allo standard di vita cui era stata destinata a priori con cinismo tirannico, aveva un solo desiderio. Lo esprimeva chiedendo ritmicamente e a gran voce: “Soma, soma, soma!” Ovvero lo stupefacente legale il cui uso sistematico era benvisto e anzi raccomandato dalle autorità, in quanto strumento di massima efficacia per garantire il controllo dell’ordine pubblico e delle gerarchie sociali.

Qui occorre una precisazione: per stupefacente s’intende in genere “la sostanza capace di determinare artificiosi stati di benessere”. In realtà lo stato di benessere, più o meno artificioso, è conseguente anche a una serie di altre cose. Fra cui tutto quanto in grado di attivare non solo i meccanismi di autogratificazione e di compensazione. Dal cibo agli spettacoli, allo sport, praticato o osservato, al possesso di denaro che è tra gli anestetici più efficaci in assoluto nei confronti di qualsiasi forma di ingiustizia o crimine sociale, e così via.

In questo elenco sono incluse anche le apparecchiature destinate alla riproduzione sonora. Si trae gratificazione, da cui uno stato di benessere, dal loro acquisto ma anche nella loro contemplazione, una volta inserite all’interno dell’impianto, e nel loro impiego. Non tanto e non solo in funzione dell’ascolto, quanto delle sensazioni visive, tattili e di compiacimento che da esse si ricavano, secondo la logica del consumismo edonistico.

Di conseguenza, è nel momento in cui dall’oggetto posseduto non si ricavano più determinate sensazioni che si pensa di cambiarlo, anche se dal punto di vista utilitaristico, ossia della capacità di svolgere il suo compito in maniera sufficientemente appropriata, sarebbe ancora in piena efficienza.

O meglio, per una serie di concause di cui abbiamo parlato più volte, inerenti le sue condizioni d’impiego, lo si va a sostituire senza neppure averne verificato le effettive potenzialità.

Del resto se lo si cambiasse solo quando non soddisfa più le nostre esigenze in relazione all’impiego primario, le vendite del nostro settore, come di qualunque altro riguardi i cosiddetti generi voluttuari, calerebbero drasticamente, cosa da evitare nel modo più assoluto.

 

Il predominio degli elementi di contorno sulle funzioni essenziali

Ecco perché, allora, ha sempre meno senso spingere sulle qualità intrinseche di un prodotto, che tanto nessuno si cura di verificare a fondo, e si attribuisce un’importanza sempre maggiore a quelle di facciata. Ovvero le più dirette ed efficaci nel suscitare gratificazione, soddisfando l’istinto di possesso sollecitato non certo da qualità nascoste e che per essere apprezzate a fondo necessitano di un retroterra culturale ormai asportato alla maggior parte delle persone. Neppure esistono ormai i mezzi atti a ricostituirlo, proprio in quanto si vive in un sisterma proteso a magnificare unicamente l’immagine, l’immediato e così via.

Così quello che conta veramente, e quindi diventa l’argomento primario dell’azione di marketing, sono l’estetica, o meglio la cosmesi mediante cui le apparecchiature assumono le doti visive necessarie a proporsi al pubblico, o meglio ad affascinarlo, catturandolo nel modo più efficace, lo status symbol e il cosiddetto sogno.

Della qualità sonora, in sostanza, e dunque della capacità di riproporre in maniera sufficientemente vicina a quelle che s’immaginerebbe siano le prerogative dell’evento originario come in un’esibizione del vivo, non importa più niente a nessuno. Anche perché ormai quasi nessuno è in grado di prospettarsi un obiettivo concreto in termini simili, riguardo alla qualità della riproduzione sonora.

Quell’obiettivo, anzi, viene da sempre definito come irrealizzabile proprio dalla pubblicistica di settore, in funzione del suo interesse a far passare per il non plus ultra oggetti sostanzialmente mediocri, sia pure caratterizzati da una veste estetica curatissima. Propagandando e persino escogitando improbabili giustificazioni pseudo tecniche a modalità di utilizzo che di fatto vanno a penalizzare ulteriormente le loro migliorabili prerogative.

Tanto l’importante è appagare l’occhio. E soprattutto che le mogli, cui si è attribuito strumentalmente un diritto di veto insidacabile su qualsiasi scelta mediante il pretesto del WAF – mai visto nulla di più idiota e autolesionista, non a caso per i componenti del Coro Degli Entusiasti A Prescindere è criterio di valutazione d’importanza fondamentale – non abbiano mai a lamentarsi.

Dunque è un regresso plateale, quello perseguito con metodica scientificità nel corso dei decenni e concretizzato in maniera altrettanto evidente, come testimoniano le condizioni del settore, rilevabili in una qualsiasi mostra ad esso dedicata.

L’alta fedeltà, allora, se intesa nel suo significato più diretto, ossia in termini di similitudine spinta ai massimi livelli possibili rispetto a un evento sonoro che abbia avuto luogo in precedenza, non esiste più.

Proprio perché si è fatto di tutto per arrivare a questo risultato, innanzitutto ripetendo a oltranza che certe cose non sono alla sua portata. In base alla legge secondo cui è sufficiente raccontare la stessa frottola il numero di volte opportuno per trasformarla in realtà.

Dopodiché si è proposta una serie di obiettivi alternativi, che fossero meno complessi da raggiungere e soprattutto presupponessero un impegno minore, da parte dell’industria e in prima persona di ciascun utilizzatore del prodotto. In base al falso concetto che oggi tutto deve essere omogeneizzato e predigerito, altrimenti le difficoltà insite nel percorso di perfezionamento allontanano il pubblico di cui invece si ha bisogno.

Solo che invece di appianare le difficoltà si è proprio eliminato l’obiettivo che in origine ci si era proposti. Ma senza dirlo, naturalmente. Esempio migliore della logica implacabile che pervade i nostri tempi.

Insomma, si fa pensare agli appassionati di essere protesi all’ottenimento del massimo dei massimi, ai fini del quale però manca sempre un piccolo, fatidico, passettino. Come tale meritevole di spese sempre più rilevanti. E’ la stessa identica logica per cui la ripresa dalla crisi economica, resa deliberatamente infinita secondo il più genuino crisma orwelliano, è sempre per l’anno venturo.

Mentre invece, come si è fatto capire alle fasce sociali da essa più colpite che il regresso della loro qualità della vita va ormai considerato definitivo, agli appassionati è stato insegnato ad accontentarsi.

Di un basso strabordante e amorfo, più simile un muggito ma che faccia muovere il divano su cui si è seduti. Dell’acuto bucatimpani necessario per mascherare la povertà armonica di timbriche cui si è asportato ogni elemento vitale, ma che al primo comparire di uno strumento a fiato mostra tutta la sua inascoltabilità. Oppure di un medio irreale ma di facile presa, buono appunto per far spalancare la bocca a un pubblico da forzare all’acquisizione e al mantenimento di gusti grossolani.

Anche questi indotti artificialmente mediante la ripetizione a oltranza dei soliti luoghi comuni. Formulati per mezzo di una neolingua da iniziati, coniata appositamente allo scopo di far credere che il vero obiettivo non fosse l’avvicinarsi quanto possibile alla verosimiglianza dell’evento riprodotto ma l’effetto speciale. Molto più facile da generare, da riconoscere e soprattutto da lasciarsene conquistare. Pertanto più vendibile e ancor meglio pubblicizzabile.

In conseguenza di tutto quanto descritto finora, si è arrivati persino a far credere all’appassionato che l’industria di settore sia nata e sopravviva non per produrre utili, come in qualsiasi altro settore merceologico, ma per soddisfare la sua passione.

Allo scopo si è utilizzata la tecnica della rana bollita, che salta via se la temperatura dell’acqua nella pentola si alza troppo rapidamente, ma vi resta dentro fino a cottura ultimata se il calore aumenta con la giusta gradualità. Così un passo alla volta lo si è portato a credere all’inverosimile.

Condizione migliore per fargli accettare roba peggio che mediocre ma racchiusa in una veste oltremodo vistosa, proprio allo scopo di convincerlo che si tratti invece di quanto di meglio sia possibile desiderare. Condizione che si riesce a concretizzare nel modo più efficace togliendo di mezzo innanzitutto qualsiasi pietra di paragone scomoda e poi spendendo in pubblicità. Che per forza di cose va a formare una delle voci più importanti nella determinazione del prezzo al pubblico.

Proprio in esso si concretizza un’altra presa in giro surreale, testimonianza migliore di quanto detto fin qui. Quella riguardante gli sconti sempre più vistosi praticati nei confronti del listino “ufficiale”. Elemento che denota la presunzione di far passare le persone per stupide, anche se più di qualcuno sembra accettarlo di buon grado.

Se il prezzo di listino fosse realistico, ossia attenesse per davvero a una serie di voci concrete, costi di produzione, trasporto, necessario ricarico del produttore, del dettagliante e così via, sconti come quelli che ci si vede praticare al giorno d’oggi non potrebbero esistere. Se ci sono è solo perché i listini sono gonfiati, proprio in loro previsione.

Qualcuno tuttavia è ancora convinto che vedendosi proporre una riduzione del 40-50% sul prezzo “ufficiale” sta concludendo un grosso affare. In realtà sta solo partecipando a una farsa, della quale è vittima. Proprio in quanto a fronte di una spesa quasi mai indifferente, viene anche fatto segno di una presa in giro, oltretutto grossolana.

 

Come rendersi detestabili

Nel corso degli anni ho imparato che il modo più efficace per essere malvisti dalle persone è provare ad aprire loro gli occhi sull’autoinganno che attuano continuamente, alfine di rendere accettabili le condizioni di vita in cui sono calate. Ossia costruendosi una realtà parallela, a uso e consumo della propria tranquillità mentale, che poi altri si occupano di consolidare. George Orwell ha descritto con estrema efficacia questo meccanismo, nel suo capolavoro “1984”, assieme alle condizioni di base per le quali un simile meccanismo si rende necessario. A loro volta analizzate nelle loro origini e nei metodi con cui le si impone in “La fattoria degli animali“.

Curioso notare come il genere letterario in cui s’includono opere del genere lo si definisca distopico. Malgrado ciò trova un’applicazione fedele nel mondo di oggi, persino oltre quanto preconizzato dai suoi autori più profetici. Le utopie, viceversa, si continua a ritenerle del tutto irrealizzabili.

Se queste sono le condizioni di fondo, proprio in quanto tale il sistema di (dis) informazione ha perseguito sistematicamente la regressione del pubblico, sbandierando ipocritamente le proprie velleità di divulgazione pseudo scientifica. Morte in realtà nella culla, poiché degenerate fin da subito nella forma peggiore di scientismo, stante la forma mentale pretesca, o meglio vescovile, dei suoi artefici.

 

Il mezzo innalzato a fine

In tal sede non si è fatto altro che produrre la necessaria trasformazione dell’amore per la musica e la sua riproduzione in ambiente domestico nelle migliori condizioni possibili in idolatria rivolta alle apparecchiature. Doveroso ripeterlo ancora una volta, in base a precisi interessi economici. A tal fine si è frantumata la platea degli appassionati in una miriade di tifoserie in perenne lotta intestina le une con le altre, malgrado condividano gli stessi interessi di fondo, appunto per la musica riprodotta in ambiente domestico.

Questo in applicazione del “divide et impera” già noto al tempo degli antichi romani, consci di poter dominare più facilmente su quelle che a tutti gli effetti sono loro vittime più o meno consapevoli.

Dunque la passione per la musica riprodotta la si è trasformata di fatto in passione per le apparecchiature. Non solo volendo far credere che il mezzo fosse il fine, ma generando nei suoi confronti una sorta di adorazione a sfondo feticistico.

D’altronde è su di esse che si guadagna. Sulla passione in senso stretto, invece, non si fa una lira. Quindi è sulle apparecchiature che si deve spingere, o meglio martellare senza requie.

Con la scusa che proprio quello è il desiderio del pubblico, nascondendo a sé stessi di aver fatto di tutto per indurlo a volere ciò che meglio combacia con i propri interessi. Realizzando così il paradigma per eccellenza o meglio la quintessenza dell’autoinganno orwelliano. Altrimenti detto bispensiero.

Ecco perché del modo corretto di utilizzare le apparecchiature non si parla mai, con la scusa che non interessi a nessuno.

Proprio in quanto si è fatto in modo che nessuno vi fosse interessato, sviando ogni volta l’attenzione sull’ultimo prodotto del marchio venerato, perché ha i vu meter più belli e più grandi che pria, illuminati nel blu sempre più dipinto di blu.

Del resto basta infilare la spina, spingere il pulsante di attivazione e regolare la manopola del volume, giusto? Per poi scoprire che gli impianti della maggior parte degli appassionati suonano in maniera tanto evidentemente migliorabile. Malgrado l’impiego di apparecchiature ogni giorno più costose e apparentemente raffinate.

Che a nessuno passi mai per la testa di provare a far rendere ciò che ha per quello che può veramente. Guai se accadesse. Ogni miglioramento deve avvenire esclusivamente dietro versamento dell’obolo più sostanzioso possibile, altrimenti detto tangente, nelle casse di chi di dovere. Che a sua volta ne reinvestirà una parte nel sistema di idiotizzazione di massa fatto apposta per mantenere attivo tutto il meccanismo.

Non sia mai che, una volta soddisfatte determinate condizioni, il fatidico miglioramento lo si possa ottenere per altre vie, inerenti in primo luogo un impegno personale che nessuno ha più voglia di profondere, ma che anche volendo non si saprebbe neppure da che parte cominciare.

Oggi del resto l’importante non è più godere in prima persona di una qualità del suono tale da suscitare la sensazione di essere di fronte all’evento reale, ma pubblicare sui social la foto dell’impianto.

Quindi deve essere innanzitutto bello da vedere, affinché i mi piace arrivino in numero maggiore. Con tanto di cuoricini, smile con la bocca aperta dallo stupore e così via.

Facciamoci caso: in occasioni del genere mai nessuno si chiede o dubita di come suoni quell’impianto, anche se in diverse occasioni già dalla foto si vedono errori di composizione o installazione.

Ma tanto il suono per fotografia non passa. Dunque a che serve?

Senza contare che qualora il miglioramento fosse ottenuto per mezzo dell’impegno personale, la casta di officianti tanto indaffarata a spacciare ogni genere di mistificazione rischierebbe di essere riconosciuta per quello che è.  A quel punto basterebbe poco per comprendere che non è solo inutile ma proprio dannosa. Proprio in quanto una percentuale considerevole della spesa affrontata dall’appassionato finisce nelle sue tasche, ma senza che offra un qualche servizio. A meno che tale possa essere definita l’inganno che persegue, in primo luogo ai danni dell’utente finale.

Eliminandola si otterrebbero almeno due vantaggi: la fine di una presa in giro vergognosa e la diminuizione del costo delle apparecchiature. Mi sembrano entrambe cose non da poco. Anche perché chi si procura il denaro con il sudore della fronte, sa perfettamente quanto gli è costato ogni centesimo speso per cose simili e quali rinunce ha dovuto fare allo scopo.

Oltretutto la maggior parte delle volte il miglioramento ottenuto dietro versamento dell’obolo è solo uno spostamento laterale, se non un vero e proprio regresso. Da un lato perché centrato sulla sostituzione, a fronte di una spesa quasi mai irrisoria, tra due oggetti gravati dalle stesse limitazioni di fondo. Scelti oltretutto in base all’estetica, che più è appariscente e più per forza di cose dietro di sé ha il vuoto. Dall’altro perché le limitazioni che mediante tale sostituzione ci si propone di rimuovere risiedono spesso altrove.

Le conseguenze del martellamento pluridecennale sono evidenti: una quantità sempre maggiore di appassionati che di musica non sa nulla e neppure s’interessa, il cui unico vero scopo sono le apparecchiature, o meglio i loro marchi e le loro caratteristiche più vistose, dei quali si fa una bandiera, secondo una logica tipicamente consumistica.

Di tali apparecchiature oltretutto non si è neppure in grado di valutare le qualità, proprio perché di musica se ne ascolta troppo poca, e sempre la stessa.

Ecco a cosa servono i numeri: quest’amplificatore ha 150 watt invece dei 200 dell’altro, la tal cassa scende a 35 Hz invece che a 28 e così via. Il loro scopo è costituire una gerarchia di merito sostitutiva, basata su termini insussistenti, rispetto a quella espressa sul campo, che nessuno più è in grado di valutare, prima ancora che di comprendere.

E’ evidente allora che su questo spazio sarebbe bastato mettere in linea una galleria infinita di belle foto di casse, amplificatori, sorgenti o impianti completi, corredate di frasette insulse e compiacenti, e di sicuro il numero che oggi stiamo festeggiando sarebbe pari a un suo multiplo.

Oltretutto mi sarei risparmiato tempo e fatica in grandi quantità.

Invece no: questo non è un sito in cui il mezzo si fa diventare fine e tantomeno si confondono le cause con gli effetti.

Pertanto non è dedicato alle apparecchiature, se non in proporzioni fisiologiche, ma allo scopo per il quale sono realizzate: l’ascolto di musica, nelle migliori condizioni possibili.

Poi se anche fossi il solo a pensarla in questo modo, non mi interesserebbe un bel nulla: oggi più che mai la giustezza di un’idea non è data dal numero dei suoi assertori ma dalla capacità di rispondere a problemi reali e di ottemperare a ben precisi criteri di logica. Parola ormai caduta in disuso in quanto scomoda e soprattutto invisa ai burattini operanti in qualsiasi settore dello scibile umano e  anche nel nostro, in quanto consci che, se la si usasse, di loro non si saprebbe proprio cosa farsene.

Ecco spiegato il motivo per cui questo sito si definisce Della Passione Audio e in quanto tale ha un fine ben preciso che non c’è alcuna intenzione di confondere con lo strumento mediante il quale viene perseguito, e men che meno invertire le loro parti e la loro scala d’importanza e di priorità.

Non fosse altro perché a quel punto sarebbe un sito come ce ne sono tanti. Anzi fin troppi.

Dunque sarebbe inutile. Brutta copia delle pubblicazioni che a fine di lucro hanno desertificato il settore cui pretendono tuttora di porsi al servizio e distrutto la passione di tanti, al punto di indurli ad abbandonarla per disperazione e sfinimento.

Non avrebbe alcun senso allora dedicarvi tanto tempo, risorse, denaro e impegno personale.

Credo sia giusto rilevare che il risultato da cui trae spunto questo articolo, bello o brutto che sia è stato ottenuto senza eseguire la profilazione dei visitatori, a parte quanto necessario al loro conteggio, e soprattutto accondiscendere a forma di pubblicità alcuna.

Nel Sito Della Passione Audio non ci sono subdoli link a negozi, marchi, distributori, siti di vendita online o peggio a mezzi di imposizione del neoschiavismo anarcoide su persone ridotte in povertà proprio per farne un suo  ingranaggio, come Amazon. Che in quanto tale è pronto a riconoscere percentuali sul venduto a chiunque faciliti l’accesso alla sua piattaforma.

Si è rinunciato di conseguenza ai proventi economici che derivano dal farsi complici di tale sistema, e anche alla ricerca dei link incrociati con altri siti che sono tra gli accorgimenti di base atti alla generazione di traffico.

Dunque, tutti i costi del sito se li sobbarca il suo amministratore. A iniziare dai mesi passati a cercare di raccapezzarsi su come metterlo prima in piedi e poi in linea, passando per quelli di hosting, di generazione dei contenuti e, negli ultimi tempi, di produzione del materiale iconografico a corredo e della documentazione di supporto delle prove d’ascolto, secondo modalità che a quanto mi consta sono uniche.

Inutile nascondere che si tratta di costi rilevanti, anche se oggi si è abituati a dare tutto per scontato, se non per dovuto, quando invece non lo è assolutamente, in applicazione della logica falsamente rivoluzionaria del tutto gratis.

Dietro alla sua facciata invitante e falsamente libertaria si nasconde quanto di più distopico si possa immaginare, come la riduzione dell’individuo a merce.

Non solo da sfruttare ma da piegare alle abitudini e persino alla dipendenza da un sistema che vi si rapporta secondo criteri squisitamente zootecnici, non dissimili da quelli tipici della conduzione di un gregge. Proprio in quanto si è immersi in un contesto in cui se il servizio è gratis, quel che è effettivamente in vendita, e genera profitti. è il suo fruitore. Riducendo così la più ampia moltitudine di individui al prodotto scambiato in un mercato delle vacche globale, per poi definire tutto questo come progresso.

Il Sito Della Passione Audio, pertanto, ha il suo scopo nella condivisione.

Molto probabilmente sono anch’io un illuso, proprio come quanti credono che le apparecchiature audio e tutto quanto ruota ad esse intorno lo si realizzi per compiacere la loro passione. Sono però altrettanto convinto che di queste 100.000 letture, buona parte sia stata effettuata da persone che come me insistono nella ricerca del fine invece che nell’adorazione del mezzo.

Come tali ritengo desiderino e confidino in qualcosa di completamente diverso dall’odierna realtà deprimente del settore riguardante la riproduzione sonora.

Dunque siano alla ricerca di un’altra fedeltà.

 

 

 

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